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AMORE E SESSO: L’ESEMPIO DI BOCCACCIO

L’amore è strettamente legato al sesso. E in una tesi che, è vero, parla di sentimenti può sembrare fuori luogo trattare questo argomento, ma quante volte ci siamo ritrovati a sentire di storie finite per mancanza di intesa sessuale, o di chimica, come più elegantemente siamo soliti chiamarla oggi. Dopo capitoli in cui si parla di amori forti, spesso platonici, scaturiti solamente da uno sguardo o da un saluto, questo incipit sembra essere veramente superficiale. Quando però ci innamoriamo, inevitabilmente siamo portati verso persone che ci attraggono, fisicamente e sessualmente; l’amore nasce dal nulla certe volte, ma l’amore senza il sesso non esiste.

Pensiamo che la nostra società su questo tema sia molto più aperta rispetto a epoche precedenti che spesso vengono considerate ‘‘bacchettone’’. E quando si pensa al tabù sul sesso si tende il più delle volte ad accostarlo ad un’epoca in particolare, il Medioevo. Infatti quando si vuole definire una persona dagli atteggiamenti conservatori e oscurantisti sul tema, è immancabile l’aggettivo ‘‘medievale’’ o la perifrasi ‘‘ma vivi nel Medioevo?’’. E se non fosse così?

Partendo dagli esempi che ci propone Boccaccio nel Decameron, e arricchendoli di altre testimonianze, cercheremo di dare una nuova visione del tema in epoca medievale.

Alla fine della novella X inserita nella giornata Quinta, che narra le vicende di Pietro da Vinciolo, si legge: che la mattina vegnente infino in su la Piazza fu il giovane, non assai certo qual più stato si fosse la notte o moglie o marito, accompagnato92

Ora, Pietro da Vinciolo è un omosessuale, ma per nasconderlo si sposa. Sua moglie però non è soddisfatta della loro vita sessuale poiché «la moglie la quale egli prese era un giovane compressa, di pelo rosso e accesa, la quale due mariti più tosto che uno avrebbe voluti, là dove ella s'avvenne a uno che molto più ad altro che a lei l'animo avea disposto»93 e capisce che l'unico modo per ricevere soddisfazioni è tradire il marito.

La trama è questa: una sera il marito esce a cena, al che la moglie, felice, fa arrivare a casa il suo amante; come nelle più classiche di queste vicende, proprio quel giorno il marito rientra prima. Allora l’amante si nasconde velocemente nella stalla, ma poco dopo un asino gli calpesta le dita facendolo gridare di dolore. Pietro, precipitatosi nella stalla e trovando l'amante della moglie, si rallegra del fatto che quello è un garzone che piace anche a lui. Dopo aver perdonato la moglie dice

92 G.Boccaccio, V.Branca (a cura di), Decameron, Milano 1985, p.625 93 Branca, Decameron p.615

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Or va dunque, fa che noi ceniamo, e appresso io disporrò di questa cosa in guisa che tu non t'avrai che ramaricare. La donna levata su, udendo il marito contento, prestamente fatta rimetter la tavola, fece venir la cena la quale apparecchiata avea, e insieme col suo cattivo marito e col giovane lietamente cenò94

I tre passano la notte insieme. E così si arriva al finale che abbiamo inserito all’inizio del capitolo.

Boccaccio è un uomo nel medioevo, non dimentichiamolo. Quindi forse basterebbe solo questo per far ricredere coloro i quali ritengono che il Medioevo sia un’epoca di chiusura e oppressione95. Ma andiamo ovviamente oltre.

In questa novella abbiamo due elementi fondamentali: l’omosessualità e il tradimento della moglie. Non può essere un’epoca sessuofoba quella in cui viene scritta una novella del genere, del sesso si può parlare liberamente poiché è una cosa naturale che riguarda tutti, sia le donne che gli uomini. Leggiamo cosa dice la moglie di Pietro

se io non avessi creduto ch'è fosse stato uomo, io non lo avrei mai preso. Egli che sapeva che io era femina, perché per moglie mi prendeva se le femine contro all'animo gli erano? Questo non è da sofferire. Se io non avessi voluto essere al mondo, io mi sarei fatta monaca.96

In ogni società bisogna pensare che ci sia il binario delle norme scritte e ufficiali e il binario della realtà, che sicuramente si influenzano a vicenda, ma viaggiano comunque su due linee differenti: Pietro da Vinciolo è omosessuale, i teologi spiegano che l’omosessualità è peccato, le leggi iniziano in questo periodo a trattare questo argomento cercando di limitarlo, ma a Perugia tutti sapevano che lui era omosessuale, e questo non pregiudicava i suoi affari e la sua vita.

A questo punto viene da chiedersi se la Chiesa non proibisse, come si pensa in modo rigido, comportamenti considerati devianti e se la Chiesa demonizzasse il sesso, considerandolo una tentazione del demonio. Bisogna avere un’idea non falsata sulla Chiesa medievale per cercare di entrare in questa ottica di non totale repressione ecclesiastica: vi sono certo i monaci che hanno fatto voto di castità, per i quali il sesso e la promiscuità tra uomo e donna diventa peccato, avendo donato la loro vita a Dio e al suo amore.

94 Branca, Decameron, .624

95 R.M. Karras, Sexuality in medieval Europe, New York 2017, p.1 96 Branca, Decameron, p.615

52 Diversa è la situazione del clero composto da vescovi e sacerdoti. Nei primi secoli del Medioevo i chierici potevano addirittura sposarsi. Il celibato sacerdotale si impose solo dopo l’anno 1000, da quel momento in avanti quindi i preti, in teoria, non potevano più avere moglie, ma vivevano stati di concubinato regolare.

Quindi i preti facevano sesso, i vescovi stessi, che avrebbero dovuto sorvegliare la vita del loro clero, non rispettavano gli obblighi imposti. Essere un ecclesiastico non implicava avere rifiuto o disprezzo nei confronti del sesso. Non dimentichiamoci, per esempio, che Boccaccio, oltre essere un uomo medievale, era anche un chierico, e molte sono le sue novelle che parlano proprio di sesso all’interno del mondo religioso.

Ne vediamo un esempio lampante nella novella numero IV della giornata Prima: in Lunigiana, in un monastero, un giovane monaco bello e prestante

in sul mezzodì, quando gli altri monaci tutti dormivano, andandosi tutto solo dattorno alla sua chiesa, la quale in luogo assai solitario era, gli venne veduta una giovinetta assai bella, forse figliuola d'alcuno de' lavoratori della contrada, la quale andava per gli campi certe erbe cogliendo; né prima veduta l'ebbe, che egli fieramente assalito fu dalla concupiscenza carnale97

Si recarono nella cella del monaco, se vuole qui può usare il presente ma l’abate del monastero si svegliò durante la notte e, sentito lo schiamazzo proveniente dalla camera del monaco, si accorse del fatto. L’indomani, l’abate entra di soppiatto nella camera per accertarsi delle sue congetture, trovandovi la ragazza.

Tuttavia, Messer l'abate, postole l'occhio addosso «e veggendola bella e fresca, ancora che vecchio fosse, sentì subitamente non meno cocenti gli stimoli della carne che sentiti avesse il suo giovane monaco» 98

Vedendo la bella nel fiore degli anni, preoccupata di essere stata scoperta, l’abate iniziò a consolarla e a cedere anche lui al piacere, «abbracciatala e baciatala più volte, in sul letticello del monaco salitosene per lungo spazio con lei si trastullò».99

Anche qui, come ogni volta che riporta una novella, può usare il presente Boccaccio ci mostra anche che le donne di Chiesa potevano lasciarsi andare a passioni carnali. E’ il caso di Isabetta, una giovane e bella suora che un giorno si innamorò di un giovane; insieme al suo amante escogitarono un passaggio nascosto per potersi incontrare nel convento. Un giorno però «egli da una delle donne di là

97 Branca, Decameron, p.81 98 Branca, Decameron, p.83 99 Branca, Decameron, pp.83-84

53 entro fu veduto, senza avvedersene egli o ella, dall'Isabetta partirsi e andarsene»100. Immediatamente,

quindi, con le altre suore, si precipitò per mettere al corrente la badessa. «Era quella notte la badessa accompagnata d'un prete»101 e, nella fretta di accorrere da Isabetta, sbagliò e indossò i vestiti del prete invece che suoi. In un primo momento la badessa riuscì a passare inosservata, ma fu proprio Isabetta a far notare alle sorelle il vestito della badessa che, messa alle strette,

conchiudendo venne impossibile essere il potersi dagli stimoli della carne difendere; e per ciò chetamente, come infino a quel dì fatto s'era, disse che ciascuna si desse buon tempo quando potesse.102

Da un chierico quale era il Boccaccio ci si aspetterebbe di tutto tranne novelle di questo genere, tant’è che la presenza dell’argomento erotico nel Decameron ha contribuito nei secoli a creare intorno a Boccaccio una fama di oscenità. Al contrario, la fame della carne e la sensualità sono considerate forze naturali alle quali non ci si deve sottrarre, e delle quali si deve parlare liberamente senza malizia. Boccaccio infatti non indugia mai a descrivere con malsana curiosità il momento dell’amplesso, né insiste su particolari crudi non sfociando mai in grossolana oscenità.103 Una delle caratteristiche che lo allontanano dalla letteratura erotica presente per esempio nei flabieux francesi del XII secolo era l’utilizzo delle parolacce. In nessuna novella del Decameron troveremo mai una parolaccia: il gusto della società letteraria del Trecento italiano era ostile non alla materia o ai temi toccati, bensì al linguaggio utilizzato. Per questo Boccaccio per esprimere determinate parti del corpo utilizza perifrasi o metafore. Facciamo qualche esempio.

Nella novella di Donno Gianni, la decima della Nona giornata si legge così : «elevata levata la camicia e preso il piuolo con il quale egli piantava gli uomini, prestamente nel solco per ciò fatto messolo».104 Oppure nella novella IV della giornata quarta troviamo queste parole: «avendo a Caterina col destro braccio abbracciato sotto il collo Ricciardo, e con la sinistra mano presolo per quella cosa che voi tra gli uomini più vi vergognate di nominare» e ancora «lasciami vedere come l'usignuolo ha fatto questa notte dormir la Caterina»105

100 Branca, Decameron p.933 101 Branca, Decameron, p.933 102 Branca, Decameron, p.935 103 Baldi, Giusso, Letteratura, p.485 104 Branca, Decameron, pp.988-89 105 Branca, Decameron p.567

54 Non bisogna pensare che delle regole da parte della Chiesa non ci fossero: vi erano, ma non erano state create al fine di opprimere e reprimere la vita degli individui, avevano il fine piuttosto di cercare di mettere ordine all’interno della vasta gamma dei comportamenti umani.

I testi dei canonisti del XII vanno letti in questo senso, non hanno, come afferma Barbero furore di proibizione. Uguccione da Pisa, alla fine del XII secolo, si chiedeva se fosse lecito fare sesso per dare piacere alla moglie, senza lo scopo di ricreare. La risposta immediata che ci viene in mente è ovviamente no. Ma lo stesso Uguccione afferma che non si tratta di un peccato poi così grave, portando l’esempio di ciò che scriveva S. Paolo nella Prima lettera ai Corinzi:

Il marito compia il suo dovere verso la moglie; ugualmente la moglie verso il marito. La moglie non è arbitra del proprio corpo, ma lo è il marito; allo stesso modo anche il marito non è arbitro del proprio corpo, ma lo è la moglie, non astenetevi se non di comune accordo e temporaneamente per la preghiere, satana non tenti nei momenti di passione

Lo scopo era quello di evitare a una persona di essere spinta dall’astinenza nella perdizione. A proposito di questo tema, bisogna sottolineare che contro ogni previsione la Chiesa approvava i bordelli, che considerava un male necessario. Glauco Cantarella nel suo libro Una sera nell’anno

Mille ci spiega che la Chiesa, infatti, tollerava la prostituzione perché affermava che godere pagando

significava godere senza peccato. Una nota curiosa? I bordelli chiudevano un solo giorno l’anno, il Venerdì santo. Tommaso d’Aquino considera il bordello «come fogna di un palazzo, che non è bella a vedersi ma necessaria».

Praticamente tutti i canonisti medievali si ponevano domande su eventi che potevano succedere nella realtà, chiedendosi cosa potesse essere lecito, illecito e fonte di peccato; stilavano i cosiddetti libri penitenziali, guide che stabilivano quali penitenze dovesse svolgere il peccatore diventando così fonti preziose per lo studio del sesso nell’Europa medievale.106

Un decreto del canonista tedesco Burcardo di Worms nell’XI secolo ammoniva per esempio: «Ti sei unito a tua moglie mentre aveva le mestruazioni? Farai penitenza per altri 10 giorni con pane e acqua. [...] Hai peccato con lei in giorno di Quaresima? Devi fare penitenza 40 giorni con pane e acqua o dare 26 soldi di elemosina; ma se ti è capitato quando eri ubriaco, farai penitenza per solo 20 giorni»107. Cantarella scrive che è infatti il clero a pronunciarsi sui giorni settimanali in cui il sesso

106 V. L. Bullough, J. Brundage, Handbook of medieval sexuality, New York 1996, p.64

55 è concesso: no al venerdì, no al sabato, no la domenica. Idem nei giorni di Pasqua, Natale e Pentecoste. L’astinenza più lunga cadeva il giorno della Pentecoste e durava sessanta giorni108.

Leggendo tutti questi passi emerge l’immagine di un medioevo molto diversa da quella che generalmente si ha. Se ci pensiamo bene quest’epoca è un’epoca molto meno oppressiva rispetto per esempio all’Ottocento vittoriano, in cui il sesso era esclusivo degli uomini e inavvicinabile per le donne. Nel Medioevo se ne parla come qualcosa che fa parte dei bisogni naturali di uomini e donne. Si poteva parlare, scrivere e discutere di sesso liberante, essendo esso un qualcosa che toccava il quotidiano degli individui. Talmente tanto quotidiano che a Massa Marittima negli anni Novanta del Novecento fu riportato alla luce nella piazza pubblica, dietro la fontana centrale un affresco, coperto per secoli, di fine Duecento che rappresenta un enorme albero sotto al quale vediamo delle donne che raccolgono i suoi frutti. La cosa particolare è che questi frutti in realtà sono peni: ovviamente il tema centrale è quello della celebrazione e dell’invocazione della fecondità e della prosperità della cittadina toscana. Ma rimane il fatto che oggi probabilmente un’opera del genere non la porremo in nessuna delle nostre piazze, mentre all’epoca nessuno si stupiva.