• Non ci sono risultati.

Accumulo a temperatura inferiore di quella ambiente

3.2 Configurazioni dell’impianto

3.2.2 Accumulo a temperatura inferiore di quella ambiente

Come esposto in 2.2.3, i sistemi "cold TI-PTES" sono stati approcciati in letteratura - ma sono anche oggetto di studio di alcune aziende - e sono ritenuti particolarmente interessanti per vari motivi. Prima di tutto concepire un sistema di accumulo "freddo" significa sfruttare un fluido che si trovi a temperatura Tstminore di quella ambiente Tamb: si utilizzano quindi

tipicamente dei materiali PCM, che sfruttano i passaggi di stato solido-liquido e liquido- solido per acquisire calore in fase di carica e cederlo in fase di scarica. L’energia che viene scambiata dall’accumulo è quindi di tipo latente (e non sensibile come nel caso dell’acqua); in questo modo il volume del serbatoio sarà sensibilmente ridotto. Inoltre, l’interesse per i sistemi "cold TI-PTES" è sempre più crescente in quanto avere a disposizione un accumulo freddo permette di concepire sistemi con ulteriori effetti utili oltre a quello dell’energia elet- trica in output dalla turbina del ciclo ORC: l’energia "fredda" accumulata può essere infatti sfruttata nell’ambito della refrigerazione alimentare e della climatizzazione domestica.

Dal punto di vista termodinamico, le schematizzazioni proposte nello studio di G. F. Frate [20] in 2.2.3 prevedono che il sistema "cold TI-PTES" lavori con una sorgente fredda a Tst rappresentata dall’accumulo, uno sorgente calda aggiuntiva a temperature Tse l’am-

biente a una temperatura Tamb intermedia tra Tst e Ts. Nella configurazione proposta in

questo studio invece, le sorgenti termiche a disposizione sono le seguenti: • L’accumulo, cioè la sorgente a temperatura più bassa, che si trova a Tst

• L’acqua fredda prelevata dal fondale a temperatura Tl superiore a Tst

• L’acqua calda marina superficiale, cioè la sorgente a temperatura più calda, che si trova in condizioni ambiente, cioè a Tamb

In questa configurazione fredda si ha un’inversione di ruolo dei due cicli, in quanto quello inverso esegue la fase di scarica e quello diretto la fase di carica. Il ciclo OTEC, infatti, utilizza come sorgente calda l’acqua marina superficiale a Tambpari a 28 °C per far

avvenire la condensazione. Una volta che l’accumulo ha immagazzinato il calore cedutogli dal ciclo OTEC, è possibile realizzare la scarica, realizzata da un chiller. Quest’ultimo, basato su un ciclo inverso a compressione di vapore, si comporta analogamente a una pompa di calore e possiede gli stessi componenti (evaporatore, compressore, condensatore, valvola di laminazione), con la differenza che il suo effetto utile è quello di asportare calore in fase di evaporazione e non quello di cedere calore con la condensazione. Infatti, l’accumulo, che rappresenta la sorgente a bassa temperatura con cui lavora il chiller, cede calore al fluido di lavoro del ciclo inverso fino a farlo evaporare; successivamente viene compresso fino a essere portato in condizioni di inizio condensazione, dove cede calore all’acqua fredda prelevata dal fondale. Per tornare alle condizioni di inizio ciclo si effettua una laminazione iso-entalpica. Una rappresentazione schematica di quanto avviene è riportata in figura 3.7, mentre in figura 3.8 vengono indicati i cicli di carica e scarica con le relative temperature di riferimento sul diagramma T-s.

Figura 3.7: Rappresentazione schematica della configurazione con accumulo freddo

Per definire l’espressione dell’efficienza di roundtrip ideale, si riportano i parametri di merito dei cicli che fanno parte di questo sistema:

EERid = Tst Tl− Tst (3.6) ηidhe=Tamb− Tst Tamb (3.7)

Figura 3.8: Rappresentazione dei cicli di carica e scarica sul piano T-s in funzione delle sorgenti termiche disponibili

dove EERid è l’indice di prestazione energetica del chiller e ηid

he il rendimento di primo

principio del ciclo OTEC. Ricordando che il rendimento di round trip ideale si esprime come:

ηrtid = ηidstEERidηheid (3.8)

e sostituendo le espressioni 3.7 e 3.6 in 3.8 si ottiene la seguente espressione del rendi- mento di round trip:

ηidrt = η id st Tst Tl− Tst Tamb− Tst Tamb (3.9) Ammesso che il sistema di accumulo sia perfettamente isolato, e quindi che ηrt sia

unitario, non è possibile stabilire a priori se l’efficienza di round trip ideale sia superiore a 1. Infatti, il rapporto Tst/Tamb è minore di 1, e va a moltiplicare il rapporto (Tamb

Tst)/(Tl− Tst) che invece è sempre maggiore di uno. La reale performance termodinamica

del sistema invece continua ad essere definita come il rapporta tra l’energia elettrica in uscita dal sistema (cioè in output dalla turbina del ciclo OTEC) e quella in ingresso (fornita al compressore del chiller).

L’analisi delle performance termodinamiche delle configurazione fredde proposte verrà effettuata variando le temperature dell’accumulo e variando il fluido di lavoro del chiller. I parametri del sistema che restano fissati sono - analogamente alla configurazione calda - la potenza di scarica del ciclo OTEC (10 MW) e i tempi di carica (8 h) e scarica (2 h), come riportato in tabella 3.1 .

Scelta dei fluidi di lavoro

La scelta dei fluidi di lavoro per la configurazione fredda è un grado di libertà abbastanza ampio del sistema, come lo è per la configurazione calda. Il fluido scelto deve comunque soddisfare alcuni standard di prestazione termodinamica e di compatibilità con il chiller e il ciclo OTEC. Per quest’ultimo la scelta è ricaduta sull’ammoniaca per le ragioni già espresse in 3.2.1. Il ciclo inverso in modalità di raffreddamento invece si presta all’associazione di un’ampia scelta di fluidi di lavoro. Infatti, i chiller sono ormai un’affermata tecnologia in ambito industriale e domestico, e numerosi studi e impianti esistenti testimoniano con precisione le performance termodinamiche dei fluidi refrigeranti. Di seguito si riporta la tabella 3.3, in cui sono raccolti i dati relativi ai principali fluidi utilizzati nei cicli inversi con modalità di raffrescamento.

GWP ODP Tossicità (ATEL/ODL) Infiammabilità (LFL) Fluidi refrigeranti sintetici stabili in atmosfera

R32 675 0 Poco tossico Bassa infiammabilità

R134a 1430 0 Poco tossico Non infiammabile

R152a 124 0 Poco tossico Infiammabile

R410A 2090 0 Poco tossico Non infiammabile

R452B 698 0 Poco tossico Bassa infiammabilità

R454B 466 0 Poco tossico Bassa infiammabilità

R513A 631 0 Poco tossico Non infiammabile

Fluidi refrigeranti non stabili in atmosfera

R1234ze <1 0 Poco tossico Bassa infiammabilità

R1234yf <1 0 Poco tossico Bassa infiammabilità

Fluidi refrigeranti naturali

R290 - Propano 3 0 Poco tossico Alta infiammabilità

R717 - Ammoniaca (NH3) 0 0 Molto tossico Bassa infiammabilità

R1270 - Propene 3 0 Poco tossico Alta infiammabilità

R744 - CO2 1 0 Poco tossico Non infiammabile

Tabella 3.3: Tabella riassuntiva delle proprietà ambientali dei fluidi utilizzati principalmente per i chiller

Dal momento che l’impianto viene ipoteticamente istallato in una regione tropicale, non sono vigenti le limitazioni europee che precludono l’utilizzo di alcuni fluidi. Tuttavia, è buona norma studiare e proporre una soluzione impiantistica che sia poi effettivamente rea- lizzabile ovunque, e che rispetti quindi i vincoli ambientali. Per questo motivo è preferibile l’utilizzo di fluidi con un indice ODP pari a 0 e GWP il più basso possibile, preferibilmente inferiore a 1000. Dei fluidi proposti in tabella 3.3 alcuni, anche se ampiamente utilizzati nel mondo della climatizzazione, sono quindi da scartare. L’ammoniaca, l’R152a, l’R1234yf e l’R1234ze risultano essere i fluidi che meglio rispettano i vincoli ambientali, e verranno

pertanto presi in considerazione per le configurazioni con accumulo freddo proposte nelle sezioni 3.2.2 e 3.2.2.

Il sistema di accumulo

A differenza della configurazione con accumulo caldo, quella fredda immagazzina energia sotto forma di calore latente sfruttando il passaggio di stato solido-liquido, pertanto i volumi in gioco sono molto più piccoli rispetto a quelli di un accumulo sensibile con acqua, come adottato in 3.2.1. Per questo motivo non è necessario che sia disponibile un serbatoio di accumulo delle dimensioni della stiva di una petroliera Aframax, ma è sufficiente un sistema di accumulo costruito su una semplice chiatta.

I sistemi "cold TI-PTES" concepiti in questo studio utilizzano, nel sistema di accumulo, un fluido in grado di immagazzinare energia a temperature minori o uguali a 0 °C, a seconda del tipo di impianto proposto. I fluidi candidati sono quindi l’acqua ghiacciata e eventuali miscele di acqua e sali che permettono di sfruttare il passaggio di stato solido-liquido a temperature inferiori a 0 °C.

Accumulo a 0°C

In questa configurazione il fluido di lavoro del ciclo OTEC - in condizioni iniziali di liquido sottoraffreddato - viene portato in pressione da una pompa centrifuga, per poi successi- vamente evaporare - fino ad arrivare a saturazione - grazie al calore cedutogli dall’acqua marina superficiale, che si trova a 28 °C. L’espansione avviene in una turbina monostadio, che permette una produzione di 10 MW netti di potenza elettrica, che abbassa la pressione del ciclo fino al valore di inizio condensazione. Quest’ultima fase è resa possibile grazie all’accumulo, che si trova a una temperatura operativa pari a 0°C. Il contatto tra il fluido dell’accumulo e l’ammoniaca bifase (in fase di condensazione) non avviene direttamente, bensì mediante un circuito ausiliario con una miscela di acqua con glicole al 40%. Utilizzare un circuito di collegamento con acqua - che rimane sempre in fase liquida grazie al glico- le - tra l’accumulo e il condensatore del ciclo OTEC permette di avere un coefficiente di scambio più alto e quindi di ridurre le dimensioni dello scambiatore di calore, contenendo l’ingombro del sistema e abbassando il costo complessivo dell’impianto.

Un analogo circuito ausiliario con acqua e glicole al 40 % è utilizzato anche per l’eva- poratore del chiller. Il fluido di lavoro del ciclo inverso - che varia a seconda delle prove effettuate - evapora fino ad arrivare in condizioni di vapore surriscaldato grazie al calore cedutogli dall’accumulo. Un compressore centrifugo porta in pressione il fluido del ciclo fino a realizzare le condizioni di inizio condensazione. L’acqua marina fredda (a una tempera- tura di circa 5 °C) viene prelevata dal fondale grazie a un sistema di pompaggio analogo a quello della configurazione calda ed asporta calore dal fluido di lavoro del ciclo facendolo

condensare. Successivamente, una valvola di laminazione ristabilisce le condizioni del punto iniziale del ciclo riportando la pressione al valore di evaporazione. Lo schema di riferimento dell’impianto è riportato in figura 3.9.

Figura 3.9: Rappresentazione schematica della configurazione fredda

Il sistema di accumulo di questa configurazione è costituito da ghiaccio, che rimane alla temperatura costante di 0 °C. Durante la fase di condensazione del ciclo OTEC esso accu- mula energia, ipotizzando che arrivi a completa fusione, sfruttando così tutte le potenzialità del passaggio di stato latente. Nella fase di evaporazione del chiller si ipotizza che si realizzi il processo inverso, cioè che tutto il ghiaccio si solidifichi completamente. La temperatura dell’accumulo quindi rimane costantemente pari a 0 °C per il ciclo completo di 10 ore. Al fine di aumentare l’area di scambio - e realizzare quindi degli scambiatori più compatti - si può pensare di realizzare un accumulo in cui il ghiaccio sia racchiuso all’interno di piccole sferette. I sistemi che utilizzano PCM, infatti, presentano uno svantaggio: spesso il materiale che si trova all’esterno della struttura - che entra quindi in contatto con il fluido di scambio - compie il passaggio di stato, mentre quello che si trova all’interno viene difficilmente raggiunto dall’onda termica e presenta un’inerzia maggiore alla solidificazione o liquefazione. Suddividere il ghiaccio dell’accumulo in piccole sferette che vengono lambite dalla miscela di acqua e glicole, invece, garantisce uno scambio termico efficace.

Accumulo a temperatura inferiore a 0°C

La configurazione descritta precedentemente sfrutta un accumulo latente alla temperature di 0 °C: ciò è reso possibile utilizzando acqua pure, che effettua il passaggio di stato proprio a quella temperatura. Tuttavia, al fine di esplorare a pieno la potenzialità di un sistema di accumulo freddo associato a un ciclo OTEC, è interessante analizzare la performance del sistema, in termini di ηrt, al variare della temperatura di stoccaggio dell’energia scendendo

sotto lo 0.

Per mantenere le dimensioni dell’accumulo limitate, è necessario però continuare a far uso di PCM, cioè utilizzare un fluido che sia capace di effettuare il cambiamento di fase solido-liquido a temperature inferiori a 0 °C. Esistono, e sono stati studiati, fluidi che pos- seggono questa caratteristica, ad esempio il glicole etilenico citato in [19], che è in grado di effettuare il passaggio di stato a -15 °C. Tuttavia, al fine di effettuare una stima delle dimensioni del volume di accumulo, verranno prese in considerazione - per lo studio di quest’ulteriore configurazione - miscele costituite da acqua e altri componenti in grado di abbassare il punto di congelamento, per poter stimare il calore latente di fusione/conge- lamento come quello dell’acqua pura. Affinché avvenga il congelamento dell’intera miscela - e non della sola parte acquosa, è necessario che il fluido presenti un punto di eutettico alla temperatura di congelamento desiderata, condizione per cui una miscela si comporta come una sostanza pura. Fluidi del genere attualmente non esistono, ma verrà comunque condotta un’analisi di sensitività di ηrt in un range di temperature inferiori a 0 °C che

arriva fino a -7 °C per capire se la performance del sistema migliora; infatti per tempera- ture inferiori della sorgente fredda il ciclo OTEC incrementa il suo rendimento di primo principio, mentre il chiller riduce il suo EER a fronte di un ∆Tlif tmaggiore.

L’impianto relativo a questa configurazione è analogo a quello descritto in 3.2.2 (schema di riferimento in figura 3.9) per quanto riguarda il ciclo OTEC e il ciclo inverso del chiller, in cui per tutte le prove si utilizza ammoniaca come fluido di lavoro per entrambi.

Sviluppo del modello

Come già spiegato nel capitolo 3, l’obiettivo di questo studio è quello di analizzare - in prima approssimazione - quelle che sono le potenzialità termodinamiche di un sistema costituito dall’accoppiamento PTES/OTEC. Il campo di analisi, di per sé molto ampio, viene ristretto alla valutazione del rendimento di round trip per alcune delle configurazioni impiantistiche possibili per quest’accoppiamento: per ognuna di queste verranno considerati diversi livelli termici del sistema di accumulo e, in alcuni casi, l’utilizzo di fluidi di lavoro differenti.

La valutazione del rendimento di round trip del sistema, e conseguentemente la suo ottimizzazione per ciascuna configurazione impiantistica, viene realizzata grazie a simula- zioni numeriche applicate a un modello matematico dell’impianto. La descrizione di questo modello, delle equazioni e dei parametri operativi utilizzati per realizzare le simulazioni, sono riportati nelle sezioni seguenti. Tutte le simulazioni numeriche sono state realizzate utilizzando il software Aspen Hysys Dynamics, sviluppato da Aspen Tech.