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Accumulo a temperatura superiore di quella ambiente

3.2 Configurazioni dell’impianto

3.2.1 Accumulo a temperatura superiore di quella ambiente

La configurazione con accumulo caldo proposta può considerarsi come parte del gruppo TI- PTES, ma con alcune differenze. Considerando un ipotetico posizionamento dell’impianto in una zona tropicale, le condizioni ambiente di riferimento sono quelle dell’acqua marina superficiale (che si trova a 28 °C). La pompa di calore, durante la fase di carica, scalda un dato volume di acqua per portarlo fino alla temperatura Tst dell’accumulo, superiore a

Tamb. Il ciclo ORC esegue quindi la fase di scarica lavorando tra la temperatura Tst e la

temperatura dell’acqua fredda prelevata dal fondale Tl, che è inferiore a Tamb. Uno schema

concettuale di quanto appena descritto è riportato in figura 3.1, in cui per semplicità si rappresentano tutte le sorgenti termiche (acqua marina superficiale, acqua marina in profondità e accumulo) come iso-terme: in realtà, essendo serbatoi con capacità termiche finite, subiscono delle variazioni di temperatura durante gli scambi di calore.

A differenza quindi del sistema "hot TI-PTES" proposto in letteratura da G. F. Frate [18] e riportato in 2.2.3, la temperatura ambiente Tamb non è la temperatura più bassa,

ma si trova a un livello intermedio. Si riporta, in analogia con 2.32, la rappresentazione dei livelli termici sul piano T-s in figura 3.2.

Questa particolare configurazione permette comunque al sistema di comportarsi come un "hot TI-PTES" e di ottenere efficienze di round trip maggiori dell’unità. Infatti - dati i livelli termici in gioco - si può scrivere che, in caso ideale:

Figura 3.1: Rappresentazione schematica della configurazione con accumulo caldo

Figura 3.2: Rappresentazione dei livelli termici sul piano T-s per la configurazione calda

COPid = Tst Tst− Tamb (3.2) ηheid = Tst− Tl Tst (3.3) Dato che il sistema è composto da tre componenti disposti in serie - cioè la pompa di calore, l’accumulo e il motore termico - l’efficienza di round trip è data dal prodotto dei tre parametri di prestazione:

ηidrt = η id stCOP id ηidhe (3.4) dove ηid

st è unitario in questo caso ideale. Sostituendo 3.2 e 3.3 in 3.4 si ottiene:

ηidrt = ηidst Tst− Tl

Tst− Tamb

(3.5) Dal momento che Tst−Tl> Tst−Tamb, idealmente l’efficienza di un sistema così compo-

sto può essere anche maggiore di uno, se il sistema di accumulo è perfettamente isolato. In questo caso l’effetto positivo è dovuto alla presenza dell’acqua marina prelevata dal fondale, che si trova a temperatura inferiore a quella ambiente: in questo modo, la pompa di calore può trasferire potenza termica alla sorgente calda - rappresentata dall’accumulo - partendo dalla temperatura dell’acqua di mare superficiale (che si trova adesso a un livello termico intermedio) e non dalla temperatura della sorgente fredda (acqua in profondità). Il ∆T che sussiste tra la temperatura ambiente e la temperatura della sorgente fredda rappresenta quindi l’input termico aggiuntivo al sistema, oltre a quello elettrico fornito al compressore della pompa di calore. Come si può vedere dall’equazione 3.5, l’efficienza di round trip aumenta all’aumentare di Tamb; fissata invece Tamb, ηrtid è tanto più grande quanto più Tst

tende a Tamb.

L’analisi termodinamica appena proposta è relativa al caso ideale in cui la pompa di calore e il motore termico compiono cicli di Carnot. Nella cicli reali sono invece presenti numerose irreversibilità, come gli scambi di calore sotto un ∆T finito e gli attriti viscosi nelle macchine motrici e operatrici; tutti questi aspetti contribuiscono a un importante deterioramento dell’efficienza di round trip reale ηrt, che viene calcolata con 2.18.

Scelta dei fluidi di lavoro

La scelta dei fluidi di lavoro del sistema in esame deve esser fatta tenendo conto delle esigenze di un sistema PTES che lavora con un particolare ciclo ORC, cioè un ciclo OTEC. Le basse temperature che caratterizzano i cicli OTEC impongono l’utilizzo di un fluido che abbia valori di temperatura e pressione critici idonei all’accoppiamento. Infatti, la temperatura critica deve essere maggiore della curva di raffreddamento dell’acqua di mare superficiale che permette al fluido di lavoro di evaporare, ma comunque non troppo bassa al fine di limitare le irreversibilità dovute a un ∆T di scambio troppo grande. Il fluido scelto deve inoltre rispettare determinati standard di compatibilità ambientale: anche se gli impianti OTEC non sono soggetti a restrizioni legislative (data la loro collocazione isolata e non in competizione con altri impianti), è ragionevole proporre un impianto enviromentally

friendly.

In riferimento a quanto detto in 2.1.5, i fluidi di lavoro compatibili con le necessità termodinamiche e ambientali di un ciclo OTEC sono quelli presentati nella tabella 2.18. La

scelta è ricaduta sull’ammoniaca, in quanto è uno dei fluidi con il maggior calore latente di evaporazione, aspetto che determina un ingombro molto ridotto degli scambiatori di calore e degli altri componenti del ciclo; inoltre, i risultati dello studio [2] mostrano che un ciclo OTEC ad ammoniaca comporta un buon rendimento di primo principio. Infine, ma aspetto non meno importante, l’ammoniaca è il fluido con gli indici GWP e ODP più bassi in assoluto, cioè pari a 0.

Considerazioni analoghe a quelle del ciclo OTEC possono esser fatte per quanto riguarda la scelta del fluido di lavoro del ciclo della pompa di calore. La tecnologia dei cicli inversi è ormai affermata da decenni, e si conoscono molto bene le performance e le risposte dinamiche di molti fluidi refrigeranti, tra cui l’ammoniaca, che ancora una volta è la scelta vincente in termini di prestazioni ambientali.

Concludendo, tutte le configurazioni impiantistiche con accumulo caldo che verranno analizzate utilizzeranno ammoniaca sia per il ciclo inverso della pompa di calore sia per il ciclo diretto ORC.

Il sistema di accumulo

I sistemi di accumulo proposti tradizionalmente negli impianti PTES sono serbatoi di dimensione variabile - consona a contenere il volume di fluido stabilito - e opportunamente coibentati, al fine di limitare al massimo le perdite termiche. Solitamente i volumi in gioco non eccedono qualche decina di metri cubi: la compattezza è dovuta al fatto che spesso si utilizzano materiali PCM - che accumulano e cedono energia sotto forma latente (quindi con alta densità energetica) - e le taglie in gioco sono di qualche decina o al massimo centinaia di kW.

L’impianto preso in esame presenta invece qualche differenza rispetto ai sistemi PTES analizzati in letteratura. In primo luogo, la taglia (potenza in output dalla turbina) è fissata a 10 MW, valore che, abbinato ai salti di pressione limitati sul ciclo OTEC, determina un ingombro importante dei componenti e valori più alti di portate di fluido di lavoro e flui- do di accumulo. Inoltre, per le configurazioni con accumulo caldo si è ritenuto opportuno utilizzare direttamente acqua di mare come fluido per l’accumulo, dato che è disponibile in loco in quantità illimitata e gratuita. Considerando quindi di utilizzare un accumulo sensibile, quale è l’acqua, i volumi in gioco saranno molto più grandi rispetto a un analogo accumulo che utilizza PCM. Per questo motivo, costruire appositamente un accumulo con le dimensioni opportune potrebbe risultare complicato; una delle alternative possibili - ed è quella presa in considerazione per l’impianto in oggetto - è sfruttare una petroliera dismessa per contenere tutta l’acqua da scaldare e raffreddare duranti le fasi di carica e scarica. Que- ste imbarcazioni infatti, sono appositamente costruite per stoccare e trasportare centinaia di tonnellate di combustibile liquido, quindi la loro struttura è assolutamente idonea per immagazzinare acqua; inoltre, utilizzare un volume di accumulo già costruito va a ridurre

i costi complessivi dell’impianto. L’aspetto negativo dell’adottare questa soluzione è che le pareti delle petroliere non sono coibentate, quindi il rendimento dell’accumulo ηst sarà

sicuramente minore dell’unità; le perdite termiche non saranno comunque troppo grandi, poiché i ∆T tra il fluido di accumulo e l’ambiente rimarranno comunque limitati a poche decine di K.

Esistono petroliere di varie dimensioni, e solitamente il loro nome indica la dimensione massima dello stretto commerciale in cui riescono a transitare (ad esempio Panamax, Sue- zmax e Aframax). Di seguito si riportano le principali caratteristiche (consultabili in [24]) di due tipologie di petroliere che si trovano più frequentemente. L’acronimo DWT sta per

Deadweight Tonnage, e indica la massa lorda che la stiva è in grado di ospitare.

Suezmax Aframax

Lunghezza [m] 275 248

Larghezza [m] 48 43

DWT [ton] 157954 107115

Tabella 3.2: Principali caratteristiche di petroliere Suezmax e Aframax

Ciclo semplice con serbatoio intero

La prima configurazione proposta per il sistema con accumulo caldo è quella che presenta la struttura impiantistica più semplice. Il ciclo di carica è un ciclo inverso a compressione di vapore, ed è realizzato dalla pompa di calore. I componenti principali che lo costituiscono sono:

Evaporatore Gli scambiatori usati per la fase di evaporazione sono solitamente di tipo tubo e mantello, poiché sono molto adatti per taglie in gioco molto grandi (da 3 kW a 35 MW) e sono facili da sostituire.

Compressore I compressori utilizzati possono essere di vario tipo: volumetrici (a pistone, rotativi, scroll e a vite) e dinamici. La scelta del tipo di macchina dipende dalle condizioni di aspirazione del fluido e dal salto di pressione da compiere tra le fasi di evaporazione e condensazione.

Condensatore Analogamente all’evaporatore, gli scambiatori di calore usati in fase di condensazione sono di tipo tubo e mantello.

Valvola di laminazione È il dispositivo che permette di espandere in maniera iso- entalpica il fluido condensato per riportarlo nelle condizioni di ingresso all’evapora- tore.

Il ciclo comincia dalla fase di carica, che resta attiva per 8 ore. Durante questo lasso di tempo, la pompa di calore a compressione di vapore di ammoniaca si occupa di innal- zare la temperatura dell’acqua marina superficiale, che in condizioni naturali si trova a 28 °C. In fase di evaporazione, l’ammoniaca entra nello scambiatore di calore in condizioni bifase (con titolo molto basso), ed assorbe energia dall’acqua marina calda a 28 °C fino a raggiungere lo stato di vapore saturo o leggermente surriscaldato in modo che il fluido in ingresso al compressore non abbia parte liquida, che altrimenti andrebbe a danneggiare la macchina. Il vapore di ammoniaca ottenuto viene poi aspirato dal compressore; in quest’o- perazione si instaura così il salto di pressione necessario a portare il fluido di lavoro nelle condizioni ottimali di fine compressione, in cui l’ammoniaca si trova nel campo del vapore surriscaldato. Successivamente avviene la fase di condensazione, in cui il calore rilasciato dal ciclo inverso (effetto utile) viene utilizzato per scaldare il fluido contenuto nel sistema di accumulo predisposto. In questo modo, l’acqua di mare subisce un innalzamento di tem- peratura di qualche decina di K, passando da 28 °C fino ad arrivare a un massimo di 60 °C.

La pompa di calore, rimasta attiva per 8 ore, viene quindi spenta una volta caricato il volume di accumulo con il fluido alla temperatura stabilita, e inizia quindi la fase di scarica, eseguita dal ciclo OTEC. L’ammoniaca del ciclo diretto si trova inizialmente in condizioni

di liquido sottoraffreddato; viene quindi portata in pressione da una pompa centrifuga che permette al fluido di raggiungere le condizioni di ingresso all’evaporatore. L’evaporazione del fluido avviene grazie al calore ceduto all’ammoniaca dall’acqua in temperatura dell’ac- cumulo, che fluisce in uno scambiatore di calore shell and tube per il tempo di scarica, pari a 2 ore. Il vapore surriscaldato di ammoniaca ottenuto in questa fase entra poi in una turbina monostadio e viene espanso fino alla pressione di condensazione. Nell’ultima fase del ciclo, il vapore di ammoniaca riesce a condensare completamente cedendo calore all’acqua di mare prelevata dal fondale, che si trova a temperatura variabile a seconda della particolare configurazione, ma che si aggira intorno ai 5-6 °C. L’operazione di estrazione dell’acqua fredda dal fondale rende necessaria l’installazione di un adeguato sistema di pompaggio. Infatti, per avere la risorsa alle basse temperature (5-6 °C) che rendono pos- sibile il ciclo OTEC, è necessario pescare l’acqua a profondità comprese tra 800 e 1200 m sotto il livello del mare. La lunghezza del sistema di tubazioni e le ingenti portate di acqua di raffreddamento - necessarie per realizzare la condensazione con piccoli ∆T e scambiatori di calore compatti - comportano una spesa di pompaggio molto consistente, che incide in maniera significativa sia sull’efficienza termodinamica del ciclo sia sui costi complessivi dell’impianto. Lo schema di riferimento dell’impianto è riportata in figura 3.4.

È da notare che il ciclo OTEC lavora in condizioni particolarmente favorevoli durante le 2 ore in cui l’accumulo di acqua calda cede calore all’evaporatore: in queste condizioni infatti, il sistema lavora con un ∆T molto più grande di quello con cui lavorerebbe in condizioni naturali, dato che utilizza come sorgente calda l’acqua in temperatura dell’ac- cumulo e non più l’acqua di mare in superficie. In questo modo il rendimento di primo principio subisce notevoli benefici, superando i valori del 4-5 % che si verificherebbero se il sistema utilizzasse come sorgente calda l’acqua di mare a 28 °C e come sorgente fredda l’acqua di mare a 5 °C. Durante le 8 ore in cui l’accumulo è sotto carica - e quindi non può fornire potenza termica all’evaporatore - il ciclo OTEC continua comunque a lavorare in condizioni standard, come se la pompa di calore non ci fosse.

Un sistema così concepito permette quindi di continuare a sfruttare l’aspetto principale dei cicli OTEC, cioè quello di lavorare con un capacity factor molto alto, in quanto produce potenza in maniera continuativa per tutto l’anno, seppur con un rendimento molto basso. La possibilità di lavorare con un ∆T maggiorato per una parte delle 8760 ore annuali per- mette di innalzare il valore del rendimento di primo principio di qualche punto percentuale - come verrà mostrato in seguito - ottenendo così un valore medio annuale dell’efficienza più alto.

Il sistema di accumulo è il componente che comunica con entrambi i sistemi, la pom- pa di calore e il ciclo diretto, e elabora le fasi di carica e scarica in maniera alternativa, non contemporanea: tutta l’acqua viene prima scaldata dalla pompa di calore in 8 ore, e poi, quando tutto il fluido è in temperatura fluisce nell’evaporatore del ciclo OTEC per

Figura 3.4: Rappresentazione schematica della configurazione calda con ciclo semplice e serbatoio intero

2 h. L’acqua accumulata in un ciclo completo di 10 ore (8 di carica e 2 di scarica) vie- ne poi re-iniettata in mare. Al fine di non alterare l’ecosistema marino, l’acqua scaricata dall’accumulo deve avere una temperatura superiore di al massimo 3 K rispetto all’acqua superficiale a 28 °C. Se ciò non accade, è necessario predisporre un sistema di re-iniezione che permette di re-introdurre l’acqua nell’oceano a una profondità di almeno 200 m. Dal momento che, finita la fase di scarica, l’accumulo viene completamente svuotato e carica- to con acqua nuova, si parla di configurazione a serbatoio intero (viene infatti sfruttato interamente il volume disponibile).

Ciclo semplice con metà serbatoio

Re-iniettare l’intero fluido contenuto nel serbatoio di accumulo alla fine di ogni ciclo com- pleto di 10 ore - come avviene nella configurazione a ciclo semplice con serbatoio intero - implica che all’inizio di ogni nuovo ciclo la pompa di calore debba scaldare l’acqua che si trova a 28 °C, essendo così costretta a compiere l’intero ∆T tra Tamb e Tst. Per evi-

tare di riportare ogni volta la temperatura iniziale dell’accumulo pari a quella dell’acqua marina superficiale, si propone una diversa configurazione dell’impianto, che prevede di re-immettere l’acqua in uscita dall’evaporatore del ciclo OTEC di nuovo nel serbatoio di accumulo, in cui verrà scaldata dalla pompa di calore al ciclo successivo. Il sistema di accumulo previsto, dunque deve essere costituito da due settori: il primo in grado di con- tenere tutta l’acqua portata in temperatura dalla pompa di calore, e il secondo in grado di accogliere tutta l’acqua in uscita dall’evaporatore del ciclo OTEC. Già a priori, quindi, è evidente che i volumi in gioco per questa configurazione saranno molto più grandi rispetto alla precedente, mentre il rendimento di round trip subirà dei benefici a causa delle potenze termiche agli scambiatori molto ridotte. Uno schema dell’impianto è mostrato in figura 3.4. I cicli termodinamici in gioco sono analoghi a quelli della configurazione proposta pre- cedentemente, e cioè ciclo inverso a compressione di vapore di ammoniaca per la pompa di calore e ciclo Rankine con surriscaldamento per l’OTEC. La fase di scarica avviene facendo fluire nell’evaporatore del ciclo diretto l’acqua in temperatura immagazzinata nel serbatoio che si trova a Tst, cedendo calore all’ammonica del ciclo OTEC e raffreddandosi fino a una

temperatura Tout maggiore di Tamb. Una volta completata l’evaporazione dell’ammoniaca,

l’acqua dell’accumulo non viene re-iniettata in mare, ma viene trasferita di nuovo nel ser- batoio, pronta per ripartire con il ciclo di carica. La pompa di calore, quindi, si trova a ogni nuovo ciclo a dovere coprire un ∆T pari a Tst− Tout, che è minore del precedente ∆T

pari a Tst− Tamb. Lo schema di riferimento dell’impianto è riportato in figura 3.5.

Utilizzando questa configurazione si ottengono numerosi benefici. La pompa di calore, riducendo il ∆T con cui lavora, aumenta il suo coefficiente di prestazione. Analogamen- te, il ciclo ORC scambia calore con una sorgente calda non iso-terma, che subisce però un raffreddamento limitato rispetto alla configurazione precedente aumentando così il suo rendimento di primo principio. Dal momento che l’efficienza di round trip ηrt è definita

come il prodotto tra il COP e ηhe si avrà una prestazione migliore complessiva del siste-

ma. Dall’altro lato, dal momento che si riduce il salto di temperatura che compie l’acqua dell’accumulo sull’evaporatore del ciclo OTEC, è necessario aumentare la portata del flui- do caldo - al fine di mantenere la stessa potenza termica scambiata - arrivando così a un ingombro maggiore dello scambiatore. Essendo il numero di variabili in gioco molto alto, è difficile concludere a priori se il rendimento di round trip di questo sistema subirà un miglioramento sensibile rispetto a quello della configurazione precedente. Le simulazioni numeriche illustrate nel capitolo 5 daranno una risposta a questa domanda.

Figura 3.5: Rappresentazione schematica della configurazione calda con ciclo semplice senza re- iniezione dell’acqua di scarica

Ciclo rigenerato con metà serbatoio

La configurazione con ciclo semplice e serbatoio intero, dovendo ad ogni ciclo di carica coprire tutto il ∆T presente tra l’acqua superficiale marina, avrà prestazioni più scaden- ti rispetto all’analoga configurazione senza re-iniezione in mare dell’acqua di scarica. In particolare, ηrt sarà tanto più basso quanto più alta sarà il livello termico del serbatoio

di accumulo; per questo motivo, la temperatura massima presa in considerazione per la configurazione proposta in 5.1.1 èdi 60 °C. Tale livello termico, che rappresenta la sorgente calda del ciclo ORC, è insufficiente per pensare di poter introdurre un ciclo di scarica a più livelli di pressione per inserire un’eventuale rigenerazione a spillamento di vapore, poiché la pressione di evaporazione del ciclo OTEC è troppo bassa. Tale soluzione, invece, può essere proposta per la configurazione con metà serbatoio, poiché le temperature analizzate per l’accumulo sono più alte, arrivando fino a 80 °C, portando la pressione di evaporazione del ciclo OEC a livelli accettabili per pensare a una rigenerazione con spillamento di vapore.

Il ciclo di carica eseguito dalla pompa di calore non subisce variazioni, così come le modalità di carica e scarica dell’accumulo. Il ciclo OTEC subisce invece alcune modifiche. L’ammoniaca evaporata grazie allo scambio termico con l’acqua calda del serbatoio, entra nello stadio ad alta pressione della turbina; una volta che la pressione è scesa a un valore intermedio pint, compreso tra la pressione di condensazione pcond e quella di evaporazione

pevap. A questo punto viene spillata una frazione di vapore, che si va a miscelare con

l’ammoniaca sotto-raffreddata del punto iniziale del ciclo (che è stata precedentemente portata alla pressione pint per eseguire correttamente il mixing). Il rimanente vapore di

ammoniaca prosegue poi l’espansione nello stadio a bassa pressione della turbina fino ad arrivare in condizioni di inizio condensazione. Lo schema di riferimento dell’impianto è riportato in figura 3.6.

Figura 3.6: Rappresentazione schematica della configurazione calda con ciclo rigenerato e uso di