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Accumulo elettro-termico mediante sistemi di conversione dell'energia termica marina

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Academic year: 2021

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(1)

Corso di Laurea in Ingegneria Energetica

Tesi di Laurea Magistrale

Accumulo elettro-termico mediante

sistemi di conversione dell’energia

termica marina

Relatore

Ing. Lorenzo Ferrari

Correlatori:

Ing. Andrea Baccioli

Ing. Guido Francesco Frate

Laureanda

(2)

Indice

Elenco delle figure iv

Elenco delle tabelle ix

1 Introduzione 1

1.1 Motivazione dello studio effettuato . . . 1

2 Stato dell’arte 4 2.1 Sistemi OTEC: Ocean Thermal Energy Conversion . . . . 4

2.1.1 Il profilo batimetrico . . . 5

2.1.2 La struttura di un sistema OTEC . . . 7

2.1.3 Analisi termodinamica di un ciclo OTEC . . . 9

2.1.4 Configurazioni impiantistiche . . . 15

2.1.5 Scelta del fluido di lavoro per i cicli OTEC chiusi . . . 21

2.1.6 Impatto ambientale . . . 26

2.1.7 Situazione attuale sugli impianti e prospettive future . . . 28

2.2 Sistemi PTES:Pumped Thermal Energy Storage . . . . 29

2.2.1 Generalità sui sistemi di accumulo . . . 29

2.2.2 Classificazione delle Carnot Batteries . . . 31

2.2.3 Termodinamica dei sistemi PTES . . . 37

2.2.4 Sistemi PTES: principali risultati ottenuti in letteratura . . . 43

2.2.5 Situazione attuale sugli impianti e prospettive future . . . 51

3 Descrizione del caso studio 53 3.1 Analisi e obiettivi . . . 54

3.2 Configurazioni dell’impianto . . . 55

3.2.1 Accumulo a temperatura superiore di quella ambiente . . . 55

(3)

4.1 Descrizione del modello . . . 73

4.1.1 Ottimizzatore e definizione della funzione obiettivo . . . 73

4.1.2 Proprietà dei fluidi su Aspen Hysys . . . 76

4.1.3 Equazioni implementate tramite spreadsheet nel modello . . . 76

4.2 Configurazione con accumulo caldo . . . 79

4.2.1 Ciclo semplice con serbatoio intero . . . 79

4.2.2 Ciclo semplice con metà serbatoio . . . 85

4.2.3 Ciclo rigenerato con metà serbatoio . . . 88

4.3 Configurazione con accumulo freddo . . . 92

4.3.1 Accumulo a 0°C . . . 92

4.3.2 Accumulo a temperatura inferiore a 0°C . . . 95

5 Risultati principali 99 5.1 Configurazione con accumulo caldo . . . 99

5.1.1 Ciclo semplice serbatoio intero . . . 100

5.1.2 Ciclo semplice metà serbatoio . . . 105

5.1.3 Ciclo rigenerato metà serbatoio . . . 110

5.1.4 Confronto e considerazioni . . . 114

5.2 Configurazione con accumulo freddo . . . 117

5.2.1 Accumulo a 0 °C . . . 117

5.2.2 Accumulo a temperatura inferiore a 0 °C . . . 121

5.2.3 Confronto e considerazioni . . . 125

6 Conclusioni 127

A Appendice A: schemi dell’impianto 129

(4)

Elenco delle figure

2.1 Profilo batimetrico di riferimento [2] . . . 5

2.2 Andamento della temperatura superficiale dell’acqua durante l’anno [2] . . 6

2.3 Distribuzione della risorsa sul Pianeta [3] . . . 6

2.4 Sistema OTEC on-shore [4] . . . 7

2.5 Impianto OTEC off-shore . . . 8

2.6 Ciclo OTEC rappresentato sul diagramma T-s . . . 10

2.7 Scambiatore di calore shell and tube [6] . . . 13

2.8 Schema di prelievo dell’acqua di raffreddamento [6] . . . 14

2.9 Diagramma di Moody . . . 15

2.10 Ciclo OTEC aperto . . . 16

2.11 Ciclo OTEC aperto rappresentato sul piano T-s [6] . . . 16

2.12 Schema di de-areazione in un sistema OTEC a ciclo aperto . . . 17

2.13 Ciclo OTEC chiuso [6] . . . 18

2.14 Ciclo OTEC Uheara . . . 19

2.15 Ciclo OTEC kalina . . . 20

2.16 Ciclo OTEC ibrido . . . 21

2.17 Ciclo OTEC ibrido rappresentato sul piano T-s . . . 21

2.18 Caratteristiche termodinamiche di alcuni fluidi organici [2] . . . 22

2.19 Calore latente di alcuni fluidi organici . . . 23

2.20 Rendimento del ciclo e rendimento elettrico ottenuti con diversi fluidi . . . 23

2.21 Influenza della temperatura dell’acqua in profondità su alcuni parametri del ciclo [2] . . . 24

2.22 Influenza della temperatura dell’acqua superficiale su alcuni parametri del ciclo . . . 25

2.23 Utilizzo del ∆T in funzione della potenza estratta . . . . 27

2.24 Variazione del profilo di temperatura nel tempo . . . 27

2.25 Panoramica degli impianti OTEC presenti nel mondo . . . 28

(5)

2.28 Configurazione di un sistema Rankine PTES ibrido [13] . . . 35 2.29 Schema delle due principali soluzioni di una batteria di Carnot con

integra-zione termica . . . 36 2.30 Tabella di confronto delle varie tipologie di accumulo [17] . . . 37 2.31 Da sinistra verso destra: sistema PTES tradizionale con entrambe le

sorgen-te a sorgen-temperatura maggiore dell’ambiensorgen-te, sissorgen-tema PTES con insorgen-tegrazione termica "calda" (Hot TI-PTES), sistema PTES con integrazione termica "fredda" (Cold TI-PTES) . . . . 38 2.32 Rappresentazione nel piano T-s dei cicli ideali di Carnot. Da sinistra verso

destra: sistema PTES tradizionale, Hot TI-PTES, Cold TI-PTES . . . 38 2.33 Schema di un sistema PTES tradizionale che lavora tra le temperature Tst

e Tamb . . . 39

2.34 Schema di un sistema TI-PTES tradizionale che lavora con le temperature

Tst e Tamb e trae vantaggio da una terza sorgente a temperatura Ts . . . . 40

2.35 Parametri di un sistema "hot" TI-PTES al variare di Ts e Tst. Da sinistra

verso destra: COP della pompa di calore, η del ciclo ORC e efficienza di round trip ηrt . . . 43

2.36 Parametri di un sistema "cold" TI-PTES al variare di Ts e Tst. Da sinistra

verso destra: COP della pompa di calore, η del ciclo ORC e efficienza di round trip ηrt . . . 43

2.37 Schema dell’impianto proposto e rappresentazione delle fasi di carica e sca-rica sul diagramma T-s . . . 44 2.38 Andamento dell’efficienza di round trip al variare dell’efficienza iso-entropica

di compressori e turbine per due materiali diversi dell’accumulo . . . 45 2.39 Fasi di carica e scarica di un sistema trans-critico a CO2 . . . 46

2.40 Andamento dell’efficienza di round trip in funzione dell’efficienza iso-entropica di compressore espansore . . . 47 2.41 Andamento dell’efficienza di round trip in funzione della temperatura dello

storage (sinistra) per una temperatura della sorgente fissata a 100 °C. A sinistra l’efficienza di round trip al variare della temperatura della sorgente con temperatura dello storage superiore di 10 K a quella della sorgente . . 48 2.42 Schema dell’impianto del sistema cold TI-PTES . . . 49 2.43 Andamento dell’efficienza di round trip al variare del rendimento iso-entropico

dell’espansore . . . 50 2.44 Andamento dell’efficienza di round trip al variare del ∆T di scambio negli

scambiatori . . . 51 2.45 Carnot batteries: prototipi realizzati [17] . . . 51

(6)

3.3 Immagine di una petroliera Suezmax (Minerva Marina) . . . 59 3.4 Rappresentazione schematica della configurazione calda con ciclo semplice e

serbatoio intero . . . 62 3.5 Rappresentazione schematica della configurazione calda con ciclo semplice

senza re-iniezione dell’acqua di scarica . . . 64 3.6 Rappresentazione schematica della configurazione calda con ciclo rigenerato

e uso di metà serbatoio . . . 65 3.7 Rappresentazione schematica della configurazione con accumulo freddo . . 67 3.8 Rappresentazione dei cicli di carica e scarica sul piano T-s in funzione delle

sorgenti termiche disponibili . . . 68 3.9 Rappresentazione schematica della configurazione fredda . . . 71 4.1 Variabili da ottimizzare con relativo range di ottimizzazione . . . 83 5.1 Andamento di ηrt al variare della temperatura dell’acqua in uscita dal

con-densatore della pompa di calore, Tout,conde del ∆T compiuto sull’evaporatore

del ciclo OTEC . . . 101 5.2 Andamento del COP della pompa di calore al variare della temperatura

dell’acqua in uscita dal condensatore della pompa di calore, Tout,cond e del

∆T compiuto sull’evaporatore del ciclo OTEC . . . . 102 5.3 Andamento di ηOT EC al variare della temperatura dell’acqua in uscita dal

condensatore della pompa di calore, Tout,cond e del ∆T compiuto

sull’evapo-ratore del ciclo OTEC . . . 102 5.4 Andamento di Vacc al variare della temperatura dell’acqua in uscita dal

con-densatore della pompa di calore, Tout,conde del ∆T compiuto sull’evaporatore

del ciclo OTEC . . . 104 5.5 Andamento di zp al variare della temperatura dell’acqua in uscita dal

con-densatore della pompa di calore, Tout,conde del ∆T compiuto sull’evaporatore

del ciclo OTEC . . . 105 5.6 Andamento dell’efficienza di round trip al variare della temperatura

del-l’acqua in uscita dal condensatore della pompa di calore, Tin,cond, e del

∆T compiuto dall’acqua sul condensatore della pompa di calore (e quindi successivamente sull’evaporatore del ciclo OTEC) . . . 106 5.7 Andamento del COP della pompa di calore (a sinistra) e del rendimento

del ciclo OTEC, ηOT EC (a destra, al variare della temperatura dell’acqua in

(7)

in ingresso al condensatore della pompa di calore, Tin,cond, e del ∆T compiuto

dall’acqua sul condensatore della pompa di calore (e quindi successivamente sull’evaporatore del ciclo OTEC) . . . 108 5.9 Andamento della profondità di prelievo zp dell’acqua fredda marina in

fun-zione della temperatura in ingresso al condensatore della pompa di calore,

Tin,cond, e del ∆T compiuto su di esso per la configurazione con accumulo

caldo e ciclo semplice con utilizzo di metà serbatoio . . . 109 5.10 Andamento del rendimento di round trip al variare della temperatura

dell’ac-qua in uscita dal condensatore della pompa di calore, Tout,cond e del ∆T che

l’acqua compie sul condensatore stesso per la configurazione con accumulo caldo ciclo rigenerato e utilizzo di metà serbatoio . . . 111 5.11 Andamento del rendimento del COP della pompa di calore (a sinistra) e del

rendimento del ciclo OTEC (a destra) al variare della temperatura dell’acqua in uscita dal condensatore della pompa di calore, Tout,cond e del ∆T che

l’acqua compie sul condensatore stesso per la configurazione con accumulo caldo ciclo rigenerato e utilizzo di metà serbatoio . . . 112 5.12 Andamento del volume di accumulo al variare della temperatura dell’acqua

in ingresso al condensatore della pompa di calore, Tin,cond e del ∆T che

l’acqua compie sul condensatore stesso per la configurazione con accumulo caldo ciclo rigenerato e utilizzo di metà serbatoio . . . 113 5.13 Variazione della profondità di prelievo dell’acqua al variare della

temperatu-ra dell’acqua in ingresso alla pompa di calore, Tin,conde del ∆T compiuto su

di esso per la configurazione con ciclo rigenerato e utilizzo di metà serbatoio 113 5.14 Confronto tra ηrt ottenuto con ciclo semplice e rigenerato . . . 114

5.15 Confronto del ηOT EC ottenuto con ciclo semplice e rigenerato . . . 115

5.16 Confronto del Vacc ottenuto con ciclo semplice e rigenerato . . . 115

5.17 Confronto di ηrt ottenuto al variare del fluido di lavoro utilizzato nel chiller 118

5.18 Valori del rendimento di primo principio del ciclo OTEC, ηOT EC e EER del

chiller . . . 118 5.19 Confronto del volume di accumulo, Vacc, ottenuto al variare del fluido di

lavoro utilizzato nel chiller . . . 119 5.20 Profondità di prelievo, zp ottenute al variare del fluido di lavoro del chiller 120

5.21 Andamento del rendimento di round trip elettrico al variare della tempera-tura dell’accumulo, Tacc. . . 122

5.22 Andamento del EER del chiller (a sinistra) e del rendimento del ciclo OTEC (a destra) al variare della temperatura dell’accumulo, Tacc . . . 122

(8)

5.24 Andamento della profondità di prelievo dell’acqua marina fredda al variare della temperatura dell’accumulo, Tacc . . . 124

A.1 Schema dell’impianto per la configurazione con accumulo caldo, ciclo sem-plice e utilizzo dell’intero volume di accumulo . . . 130 A.2 Schema dell’impianto per la configurazione con accumulo caldo, ciclo

sem-plice e utilizzo di metà volume di accumulo . . . 131 A.3 Schema dell’impianto per la configurazione con accumulo caldo, ciclo

rige-nerato e utilizzo di metà volume di accumulo . . . 132 A.4 Schema dell’impianto per la configurazione con accumulo freddo . . . 133

(9)

Elenco delle tabelle

3.1 Parametri fissati per i cicli di carica e scarica . . . 55

3.2 Principali caratteristiche di petroliere Suezmax e Aframax . . . 59

3.3 Tabella riassuntiva delle proprietà ambientali dei fluidi utilizzati principal-mente per i chiller . . . 69

4.1 Parametri di ottimizzazione . . . 74

4.2 Algoritmi di ottimizzazione utilizzati nelle varie configurazioni . . . 74

4.3 Fluid packages utilizzati per i fluidi in esame . . . 76

4.4 Grandezze fisiche fissate per la configurazione di accumulo caldo con ciclo semplice e utilizzo dell’intero serbatoio . . . 81

4.5 Variabili di ottimizzazione per la configurazione con ciclo semplice e serba-toio intero . . . 82

4.6 Tabella riassuntiva con i vincoli imposti all’ottimizzatore per la configu-razione con accumulo caldo ciclo semplice e uso dell’intero serbatoio di accumulo . . . 84

4.7 Matrice delle temperature utilizzate per la configurazione a ciclo semplice con serbatoio intero. In grigio in verticale i tre valori della temperatura in uscita dal condensatore della pompa di calore Tout,cond; in grigio in orizzon-tale il salto di temperatura ∆Tevap che compie l’acqua sull’evaporatore del ciclo OTEC; in giallo al centro i dodici valori ottenuti che si ottengono per la temperatura di uscita dell’acqua dall’evaporatore del ciclo OTEC. . . 84

4.8 Grandezze fisiche fissate per la configurazione di accumulo caldo con ciclo semplice e utilizzo di metà serbatoio . . . 86

4.9 Variabili di ottimizzazione per la configurazione con ciclo semplice e metà serbatoio . . . 86

4.10 Tabella riassuntiva con i vincoli imposti all’ottimizzatore per la configura-zione con accumulo caldo ciclo semplice e uso di metà serbatoio . . . 87

(10)

per la temperatura di uscita dell’acqua dal condensatore della pompa di calore Tout,cond. . . 87

4.12 Grandezze fisiche fissate per la configurazione di accumulo caldo con ciclo rigenerato e utilizzo di metà serbatoio . . . 89 4.13 Variabili di ottimizzazione per la configurazione con ciclo rigenerato e metà

serbatoio . . . 90 4.14 Tabella riassuntiva con i vincoli imposti all’ottimizzatore per la

configura-zione con accumulo caldo, ciclo rigenerato e utilizzo di metà serbatoio . . . 91 4.15 Matrice delle temperature utilizzate per le simulazioni della configurazione

con accumulo caldo, ciclo rigenerato con utilizzo di metà serbatoio. In giallo al centro i dodici valori ottenuti che si ottengono per la temperatura di uscita dell’acqua dal condensatore della pompa di calore Tout,cond. . . 91

4.16 Tabella riassuntiva con le grandezze fissate per la configurazione con accu-mulo freddo a 0 °C . . . 93 4.17 Variabili di ottimizzazione per la configurazione con accumulo freddo a 0 °C 94 4.18 Tabella riassuntiva con i vincoli imposti all’ottimizzatore per la

configura-zione con accumulo freddo a 0 °C . . . 94 4.19 Tabella riassuntiva con le grandezze fissate per la configurazione con

accu-mulo freddo a temperatura inferiore a 0 °C . . . 96 4.20 Variabili di ottimizzazione per la configurazione con accumulo freddo minore

di 0 °C . . . 97 4.21 Tabella riassuntiva con i vincoli imposti all’ottimizzatore per la

configura-zione con accumulo freddo a temperatura inferiore a 0 °C . . . 97 5.1 Tabella riassuntiva dei risultati ottenuti per la configurazione calda con

ser-batoio intero e ciclo semplice: rendimento di round trip elettrico, ηrt, COP

della pompa di calore, rendimento di primo principio del ciclo OTEC, ηOT EC,

e volume dell’accumulo, Vacc, in funzione della temperatura dell’acqua in

uscita dalla pompa di calore, Tout,cond, e del ∆T compiuto sull’evaporatore

del ciclo OTEC . . . 100 5.2 Tabella riassuntiva dei risultati ottenuti per la configurazione calda con metà

serbatoio e ciclo semplice: rendimento di round trip elettrico, ηrt, COP della

pompa di calore, rendimento di primo principio del ciclo OTEC, ηOT EC,

e volume dell’accumulo, Vacc in funzione della temperatura dell’acqua in

ingresso alla pompa di calore, Tin,cond, e del ∆T compiuto sul condensatore

(11)

serbatoio e ciclo rigenerato: rendimento di round trip elettrico, ηrt, COP

della pompa di calore, rendimento di primo principio del ciclo OTEC, ηOT EC

e volume dell’accumulo, Vacc in funzione della temperatura dell’acqua in

ingresso alla pompa di calore Tin,cond e del ∆T compiuto sul condensatore

della pompa di calore . . . 110 5.4 Tabella riassuntiva con i dati relativi alla configurazione con accumulo freddo

a 0 °C: rendimento di round trip elettrico, ηrt, indice di prestazione

ener-getica del chiller, EER, volume dell’accumulo, Vacc e profondità di prelievo

dell’acqua marina fredda, zp . . . 117

5.5 Tabella riassuntiva con i dati relativi alla configurazione con accumulo fred-do a temperatura inferiore a 0 °C: rendimento di round trip elettrico, ηrt,

indice di prestazione energetica del chiller, EER, volume dell’accumulo, Vacc

(12)

Introduzione

1.1 Motivazione dello studio effettuato

La transizione verso un futuro più verde e sostenibile è una priorità a livello globale e l’indu-stria energetica è tra i settori più coinvolti nel sostenere questa causa con nuove ricerche. L’obiettivo principale, individuato nell’Agenda 2030 promossa dall’ONU, è un conside-revole aumento della quota di energia da fonti rinnovabili che, insieme a un incremento dell’efficienza dei sistemi tradizionali a combustibile fossile, permetterà un abbassamen-to della concentrazione di sostanze clima-alteranti presenti nell’atmosfera. Nel decennio 2010-2020 si è registrato un forte incremento nell’istallazione di impianti di grande taglia per la produzione di energia rinnovabile che hanno immesso nuovi flussi di potenza nelle reti elettriche: campi fotovoltaici, sistemi Concentrated Solar Power (CSP) e parchi eolici (sia on-shore che off-shore). La nota aleatorietà produttiva di questi impianti comporta numerose problematiche a un sistema che deve fare i conti con dei picchi di produzione poco prevedibili e indipendente dalla richiesta dei consumatori.

La sfida del prossimo decennio sarà, dunque, trovare soluzioni di gestione e compensa-zione della rete elettrica. Attualmente, il campo di studi più stimolante in ambito Research and Development (RD) è lo sviluppo di sistemi di accumulo che riescano a ridurre lo sfasamento tra produzione e utilizzazione, affiancati da affidabili modelli di previsione di domanda e offerta noti come Energy Forecasting. L’energia in eccesso presente sulla re-te, dovuta principalmente all’oscillazione della produzione da fonti rinnovabili, può essere immagazzinata e restituita nei momenti in cui la richiesta supera l’offerta. I sistemi di accumulo oggi più noti e studiati sono quelli elettrochimici, in cui l’energia in eccesso viene stoccata sotto forma elettrica. Dopo una prima fase di successo, però, lo sviluppo di que-sta tecnologia si è fermato a causa della difficoltà nella realizzazione di sistemi ad elevata capacità e al problema relativo al successivo smaltimento.

(13)

Un’interessante tecnologia emergente, che si propone come alternativa ai sistemi di accu-mulo elettrochimici, è rappresentata dai sistemi Pumped Thermal Energy Storage (PTES ), noti anche come Carnot Batteries, che prevedono lo stoccaggio di energia termica. La potenza elettrica in eccesso viene utilizzata per portare in temperatura – tramite una pom-pa di calore – un fluido racchiuso all’interno di un serbatoio opportunamente coibentato, tipicamente acqua o Phase Changing Materials (PCM). L’energia accumulata sotto forma termica viene successivamente restituita in forma elettrica utilizzando cicli termodinamici a fluido organico, noti come Organic Rankine Cycles (ORC): il livello termico dell’accumulo infatti, se pur limitato, è sufficiente a portare questi particolari fluidi in stato vapore per alimentare una turbomacchina e far quindi girare un alternatore. Inoltre, i sistemi PTES -utilizzando la stessa tecnologia con pompa di calore e ciclo ORC - possono essere utilizzati non solo per immagazzinare dei fluidi a temperatura maggiore di quella ambiente ma anche per realizzare accumuli di energia a temperatura inferiore di quella ambiente, realizzando così un sistema in grado di produrre sia potenza elettrica sia una risorsa criogenica di cui usufruire.

Nell’ottica di un futuro più verde, i cicli ORC sono una soluzione interessante da in-vestigare, poiché permettono la produzione di potenza elettrica free-emission sfruttando fonti termiche a bassa temperatura, quali, ad esempio, cascami termici, scarti industriali e risorse geotermiche a bassa entalpia. Un’altra tecnologia emergente – anch’essa basata su cicli termodinamici a fluido organico – è quella dei sistemi Ocean Thermal Energy Conver-sion (OTEC): in questi particolari impianti si sfrutta il gradiente termico oceanico che si viene a creare in particolari zone geografiche del pianeta (generalmente vicino ai tropici), utilizzando l’acqua marina superficiale come sorgente calda per far evaporare il fluido, e l’acqua in profondità come sorgente fredda. Le latitudini tropicali sono particolarmente fa-vorevoli per l’istallazione di questi sistemi perché il gradiente termico oceanico si mantiene costante per tutto l’anno, garantendo una produzione di energia elettrica green proprio in quelle zone del pianeta dove ancora oggi si fa largo uso di sistemi a olio combustibile fortemente inquinanti.

In letteratura sono stati investigati sistemi OTEC e PTES sia con simulazioni nume-riche che tramite la realizzazione di alcuni impianti pilota. Non si è invece mai studiato adeguatamente un sistema complesso che integri le due tecnologie. La pompa di calore del sistema PTES potrebbe infatti essere utilizzata per aumentare ulteriormente la tempera-tura dell’acqua marina superficiale quando si verificano i picchi di disponibilità di energia elettrica; il fluido, così portato in temperatura, verrebbe quindi immagazzinato in un serba-toio coibentato per poi essere iniettato successivamente nell’evaporatore del sistema OTEC e produrre potenza. Così facendo, il ciclo a fluido organico potrebbe lavorare in alcune ore del giorno in condizioni termodinamiche più favorevoli di quelle ambiente, che comporte-rebbero un incremento del rendimento di primo principio. Nel caso invece di accumulo di

(14)

energia "fredda", l’acqua marina prelevata dal fondale potrebbe essere utilizzata come sor-gente calda della pompa di calore, che, tramite l’evaporatore, manterrebbe lo storage alla temperatura desiderata, che verrebbe utilizzato a sua volta anche per condensare il fluido di lavoro del ciclo OTEC in uscita dall’evaporatore, incrementandone così il ∆T operativo e quindi il rendimento.

Lo studio presentato in questa tesi si pone quindi l’obiettivo di analizzare, dal punto di vista termodinamico, la performance di un sistema di stoccaggio termo-elettrico abbinato a un ciclo OTEC, al fine di esplorare l’accoppiamento di questa tecnologia con i sistemi PTES, nell’ottica di conferirgli una maggiore flessibilità operativa. Verranno analizzate quindi varie configurazioni - che prendono in considerazione l’accumulo di energia sia a temperature maggiori di quella ambiente sia a temperature inferiori - che si differenziano per la modalità di utilizzo del volume del serbatoio a disposizione, per le temperature di stoccaggio e per i fluidi di lavoro utilizzati. Tramite simulazioni numeriche realizzate con il software Aspen Hysys verranno quindi condotte delle analisi di sensitività sul parametro più rappresentativo dei sistemi di accumulo termo-elettrico, il rendimento di round trip, che rappresenta quanta dell’energia elettrica accumulata viene restituita dal ciclo di scarica.

(15)

Capitolo 2

Stato dell’arte

2.1 Sistemi OTEC: Ocean Thermal Energy

Conver-sion

L’acronimo OTEC sta per Ocean Thermal Energy Conversion: questa tecnologia indica tutti quei sistemi in grado di produrre energia elettrica sfruttando il gradiente termico oceanico - tra la superficie e le acque più profonde - che si realizza in particolari configu-razioni climatiche e geografiche. Le regioni che possiedono tali caratteristiche si trovano tipicamente a latitudini tropicali, dove la temperatura dell’acqua di mare superficiale si mantiene pressoché costante durante tutto l’anno, garantendo così un gradiente termico verticale oceanico disponibile in ogni stagione. In queste zone l’acqua marina in superficie si trova a circa 26-28 °C grazie al forte contributo dell’irraggiamento solare che è intenso e costante, mentre a profondità comprese tra 800 e 1200 metri sotto il livello del mare si trova acqua intorno ai 5-6 °C (2.1). Una così bassa temperatura dell’acqua in prossimità del fondale è causata principalmente dalla rotazione terrestre, che, insieme ai moti convet-tivi, provoca lo scorrimento di acqua fredda dai poli verso le profondità delle zone della fascia equatoriale. Il gradiente termico disponibile nelle zone tropicali è quindi di circa 20 °C (tra superficie e fondale): questa piccola differenza di temperatura però, se abbinata a opportuni cicli termodinamici, ha un grande potenziale energetico, considerando inoltre che gli oceani tropicali hanno una notevole estensione sulla superficie terrestre. Le altre zone oceaniche e i mari chiusi presenti sulla Terra presentano invece condizioni meno favo-revoli all’utilizzo di questi sistemi, poiché il gradiente termico di circa 20 °C tra superficie e acque profonde si verifica solamente durante la stagione estiva, mentre in quella invernale e nelle intermedie si raggiungono i 12-13°C superficiali, che costituiscono un livello termico insufficiente ai fini della produzione energetica; realizzare un impianto basato su un ciclo OTEC in zone diverse da quelle tropicali, significherebbe infatti lavorare in condizioni di

(16)

off-design per gran parte dell’anno, avendo così un funzionamento con condizioni molto variabili da stagione a stagione, complicando enormemente i costi e le modalità di gestione e compromettendo l’efficienza termodinamica complessiva dell’impianto. Un’ulteriore con-dizione geografica necessaria alla costruzione di questi sistemi è la presenza di un profilo batimetrico adeguato: infatti, per limitare i costi di trasmissione e di estrazione dell’acqua, il gradiente termico deve realizzarsi in maniera fortemente accentuata, in modo da avere fondali con profondità adeguate vicino alla costa, così da limitare l’ingombro del sistema e facilitare l’estrazione dell’acqua fredda.

2.1.1 Il profilo batimetrico

Lo studio della batimetria dei mari e degli oceani si occupa di definire la morfologia dello sviluppo dei fondali marini. Ai fini dello studio proposto, l’aspetto più interessante della batimetria è la definizione dei profili di temperatura che si verificano tra la superficie del mare e il fondale. Avere a disposizione il profilo batimetrico di un sito è un passo fondamentale per la valutazione dell’installazione di un sistema OTEC: è necessario, infatti, che si verifichi una differenza di temperatura di 20 °C, tale da consentire l’utilizzo di un ciclo termodinamico a fluido organico per la produzione di energia elettrica. Un profilo batimetrico adeguato è come quello riportato nella figura 2.1, relativo all’arcipelago di San Blas (Panama) [2]. I dati presentati sono inoltre stati presi come riferimento per questo studio.

(17)

Come è possibile vedere dalla figura 2.1, un profilo del genere permette di passare dai 26-28 °C superficiali a temperature intorno a 5°C a profondità relativamente ridotte (intorno ai 1000 - 1200 metri sotto il livello del mare), aspetto che garantisce soprattutto la facilità di installazione del sistema di pompaggio necessario al trasporto dell’acqua dal fondale alla superficie. Le variazioni della temperatura superficiale sono limitate a 1,5-2 °C in più o in meno rispetto alla media annuale, che è pari a 28,5 °C. Nella figura 2.2 è riportato un andamento tipico della temperatura superficiale dell’acqua durante un anno [2].

Figura 2.2: Andamento della temperatura superficiale dell’acqua durante l’anno [2]

Come già detto nella parte introduttiva, queste particolari conformazioni geografiche dei fondali sono presenti prevalentemente nelle zone tropicali. Il report annuale rilasciato da IEA [3] relativo alle tecnologie OES (Ocean Energy Systems) presenta una mappa approssimativa che mostra le aree geografiche presenti sulla Terra potenzialmente adatte per l’installazione di un sistema OTEC (Figura 2.3).

(18)

2.1.2 La struttura di un sistema OTEC

Sistemi on-shore

I sistemi OTEC on-shore hanno la struttura costruita sulla terraferma e sono costituiti da: • Un ciclo termodinamico diretto che utilizza tipicamente un fluido organico per ef-fettuare la conversione da energia termica a energia meccanica e successivamente a energia elettrica con un alternatore

• Un sistema di prelievo dell’acqua marina che si trova in profondità (prelevata a circa 800-1000 m sotto il livello del mare), costituito da un sistema di pompaggio che deve vincere le ingenti perdite di carico distribuite su tutta la lunghezza del tubo di prelievo e quelle concentrate in particolari punti di snodo o di congiunzione del sistema di tubazioni

• Un sistema di conversione che permetta di trasformare la rotazione dell’albero della turbina in potenza elettrica disponibile.

Figura 2.4: Sistema OTEC on-shore [4]

Costruire un sistema on-shore presenta numerosi vantaggi. I componenti strutturali che contengono il ciclo termodinamico sono quelli di un sistema tradizionale di produzione di energia elettrica, quindi non necessitano di progettualità specifiche, aspetto che contribuisce a contenere i costi dell’impianto. Anche l’infrastruttura elettrica per il trasporto dell’energia dal punto di produzione a quello di utilizzazione è standard, dato che non è necessario usare cavi sottomarini. Le condutture di prelievo e re-iniezione dell’acqua marina rappresentano

(19)

invece l’aspetto più complicato di un sistema OTEC, ma avere l’impianto costruito sulla costa semplifica la configurazione. A causa delle grandi portate di acqua di raffreddamento da far confluire al condensatore del ciclo, le taglie degli impianti on-shore per ora costruite rimangono limitate a qualche decina di kW. Prelevare grandi quantità di acqua fredda infatti comporta problemi non trascurabili alla fauna e alla flora marina, nonché potenziali modifiche permanenti all’ambiente costiero. Nonostante ciò, i costi contenuti e la facilità di costruzione hanno portato allo sviluppo e alla costruzione di piccoli impianti pilota on-shore.

Sistemi off-shore

Oltre ai componenti appena citati, indispensabili sia per il caso on-shore che per quello off-shore, nel caso di installazione di un sistema OTEC lontano dalla costa si aggiungono anche i seguenti:

• Una piattaforma galleggiante, dedicata ad ospitare la struttura dell’impianto, tipi-camente una chiatta o una struttura già utilizzata per estrazioni di combustibili fossili

• Una linea di trasmissione che permette di trasferire l’energia elettrica dal punto di produzione a quello di utilizzazione

• Un sistema di ancoraggio che conferisce stabilità alla piattaforma che ospita l’impian-to.

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Nonostante la tecnologia odierna metta a disposizione gli strumenti necessari per la costruzione di un impianto su piattaforma galleggiante, non sono ancora stati realizzati sistemi off-shore. È stato stimato, ad esempio, che un impianto da 100 MW posizionato a 10 km dalla costa avrebbe un costo di 4000 $/kW, cifra che aumenterebbe a 6000 $/kW per 100 km dalla costa e 13200 $/kW per 400 km dalla costa . Il costo elevato è dovuto alla notevole lunghezza che avrebbe la linea di trasmissione elettrica dal mare aperto alla costa[5].

In generale, un impianto installato su piattaforma galleggiante richiede più attenzione in fase di progettazione per diversi motivi: le condizioni metereologiche più instabili e l’ambiente fortemente corrosivo spingono a porsi il problema dell’insorgere di eventuali fenomeni di risonanza a causa dei moti ondosi e numerosi problemi strutturali. Inoltre, le condizioni morfologiche del fondale marino devono essere analizzate in fase preliminare, al fine di prevedere i costi e le modalità di ancoraggio e di ormeggio. Anche i problemi appena descritti determinano un aumento dei costi sia in fase di progettazione che di manutenzione. Nonostante ciò, negli ultimi anni numerosi progetti hanno focalizzato l’attenzione sui sistemi off-shore. Sfruttare la risorsa a una distanza considerevole dalla costa permette infatti di utilizzare un gradiente di temperatura più ampio e più stabile di quello vicino alla costa, aspetto da cui trarrebbe beneficio l’efficienza del ciclo termodinamico. Inoltre, estrarre acqua fredda vicino alla costa comporterebbe un disturbo all’ecosistema marino presente e alle attività umane che vi si svolgono, come ad esempio pesca e turismo. Uno dei limiti più grandi degli impianti OTEC è infatti la necessità di grandi portate di acqua di raffreddamento al condensatore: quest’operazione, se fatta su larga scala, va a intaccare l’equilibrio dell’ecosistema marino ed è proprio per questo motivo che gli impianti OTEC

on-shore costruiti fino ad adesso sono di piccola taglia (dell’ordine di 10-100 kW).

Utiliz-zare configurazioni off-shore consentirebbe invece di avere limitazioni meno stringenti sulle portate di acqua di raffreddamento da estrarre dal fondale marino, rendendo possibile la realizzazione di impianti con potenza più importanti, dell’ordine di 10-100 MW.

2.1.3 Analisi termodinamica di un ciclo OTEC

La struttura di un sistema OTEC

Il ciclo termodinamico che sta alla base di un sistema OTEC opera tra due sorgenti termiche a temperature diverse; come in tutti i cicli diretti, la produzione di potenza è resa possibile grazie all’utilizzo di un espansore. Prendendo in considerazione un ciclo ideale, quindi completamente reversibile, l’efficienza massima di primo principio può essere valutata con la formula di Carnot:

η = 1 − TL TH

(21)

dove TL è la temperatura della sorgente termica a bassa temperatura, cioè l’acqua fredda

estratta dal fondale (5-6 °C), e TH la temperatura della sorgente ad alta temperatura,

cioè l’acqua di mare superficiale (26-28 °C). Dati i livelli termici in gioco, il valore del rendimento non supera mai il 7-8 %. Questo significa che la quantità di calore da fornire all’evaporatore è circa 12 volte superiore alla potenza prodotta e il calore da smaltire al condensatore 11 volte superiore. Tutte le considerazioni fatte valgono nel caso di un ciclo di Carnot. Nella realtà i cicli sono soggetti ad alcune irreversibilità che ne deteriorano ulteriormente il rendimento. Tali irreversibilità sono dovute principalmente a:

• Scambi termici (al condensatore e all’evaporatore) sotto una differenza finita di tem-peratura. Per massimizzare il rendimento del ciclo, infatti, la differenza di tempe-ratura tra le due sorgenti dovrebbe essere la massima possibile: la tempetempe-ratura di evaporazione dovrebbe essere al limite uguale a quella dell’acqua superficiale e quella di condensazione uguale a quella dell’acqua prelevata dal fondale. Così facendo pe-rò si avrebbero differenze di temperatura troppo piccole negli scambiatori, rendendo necessaria un’area di scambio troppo grande

• Irreversibilità presenti nelle macchine (pompe ed espansore) dovute agli attriti mec-canici

A seguito delle irreversibilità descritte, il rendimento η di un ciclo reale si riduce fino al 4,5-5 %. Il ciclo reale di riferimento è riportato in figura 2.6.

(22)

In riferimento alla figura 2.6, il rendimento di un ciclo OTEC reale può essere espresso come: η = W˙net ˙ Qin = W˙esp− ˙Wp,orc ˙ morc∆hevap (2.2) dove: ˙ Wesp = ˙morc(h4− h5) (2.3) ˙ Wp,orc= ˙morc(h2− h1) (2.4)

dove h4-h5 rappresenta la variazione di entalpia del fluido dovuto all’espansione e h2

-h1 quella dovuta al pompaggio. Oltre alla pompa necessaria per passare dal punto 1 al

punto 2 (e raggiungere quindi le condizioni di ingresso all’evaporatore), è presente anche la pompa di estrazione dell’acqua fredda dal fondale (che andrà a raffreddare il fluido in fase di condensazione), che rappresenta la spesa energetica più importante del sistema. La pompa di estrazione viene alimentata dalla potenza meccanica in uscita dall’espansore. Si fa riferimento quindi al termine ˙Wnet, che rappresenta la potenza elettrica netta in uscita

dal sistema, data dalla potenza elettrica generata dall’espansore, ˙Wesp, meno la potenza

della pompa del ciclo, ˙Wp,orc e le pompe relative al pompaggio dell’acqua calda e fredda,

rispettivamente ˙Wp,ww e ˙Wp,cw:

˙

Wnet= ˙Wesp− ˙Wp,orc− ˙Wp,ww − ˙Wp,cw (2.5)

La potenza elettrica generata è espressa da: ˙

Wesp= Wespηmηgen (2.6)

dove ηm è il rendimento isoentropico della macchina e ηgen quello dell’alternatore. La

potenza della pompa principale del ciclo è invece data da: ˙

Wp,orc=

Wp,orc

ηm

(2.7) Si definisce quindi anche il rendimento elettrico del sistema, dato da:

ηe= ˙ Wnet ˙ Qevap (2.8) Nonostante il basso valore dell’efficienza, la messa in opera di questi impianti è comunque giustificata perché la potenza termica fornita all’evaporatore non ha origini fossili, e ciò rende l’impianto free-emission, aspetto non secondario nell’ottica di una decarbonizzazione generalizzata. Anche dal punto di vista economico i sistemi OTEC risultano essere compe-titivi: le basse pressioni in gioco infatti permettono di ridurre il costo dei componenti - sia

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scambiatori che turbomacchine - che sono invece più costosi negli impianti di generazione termo-elettrica tradizionali. Un altro aspetto molto vantaggioso è rappresentato dal fatto che gli impianti OTEC lavorano in maniera continuativa tutto il giorno per tutto l’anno, per circa 7900 ore/anno, il che rende il capacity factor del sistema molto elevato. Il capacity factor può essere infatti definito come:

CF = heq hyear

(2.9)

dove heq sono le ore effettive di lavoro dell’impianto e hyear le ore totali dell’anno (8760).

Nel caso di un impianto OTEC il CF è quindi intorno a 0,9. Le ore dell’anno in cui la produzione è sospesa sono dedicate a interventi di manutenzione.

A livello costruttivo e di progettazione i cicli OTEC sono competitivi e standardizzati. I componenti sono infatti quelli di un ciclo standard ORC, tecnologia assodata e matura da ormai un decennio. La parte di condutture per il prelievo e la re-immissione dell’acqua marina presentano aspetti progettuali più specifici, ma possono essere messe in campo le numerose soluzioni conosciute nell’industria petrolifera e in tutti quei settori energetici che utilizzano piattaforme off-shore.

Scambiatori di calore

Il condensatore e l’evaporatore dei cicli OTEC sono scambiatori di calore, solitamente di tipo shell and tube, in cui l’acqua di mare scorre nei tubi e l’ammoniaca (o il generico fluido di lavoro) evapora o condensa nel mantello. Uno schema sintetico della struttura di uno scambiatore shell and tube è riportato nella figura 2.7.

Per massimizzare l’efficienza del ciclo e ridurre le irreversibilità negli scambiatori di calore, nei cicli OTEC il ∆T tra fluido di lavoro e sorgente termica viene portato fino a 2-3 K. Fissata la potenza termica da acquisire o da cedere, e fissato il ∆T , che in questo caso è molto piccolo, l’area di scambio risulta essere elevata. Per contenere l’ingombro - e quindi il costo degli scambiatori - si ricorre all’uso di superfici corrugate o alettate.

Potenza di pompaggio dell’acqua di raffreddamento

Come detto nel paragrafo precedente, il contributo più grande alla spesa energetica in un sistema OTEC è la potenza di pompaggio necessaria per l’estrazione dell’acqua di raffreddamento. Il tubo di prelievo, infatti, ha una lunghezza tipicamente intorno a 800-1000 m, e, viste le portate considerevoli, le perdite di carico sono ingenti. La scelta della profondità di prelievo deve essere quindi un compromesso che tenda a minimizzare la potenza di pompaggio (realizzando una condotta il più corta possibile) e a massimizzare il rendimento di primo principio del ciclo (più si pesca in profondità più la temperatura

(24)

Figura 2.7: Scambiatore di calore shell and tube [6]

dell’acqua è bassa e migliore è l’efficienza). Nella figura 2.8 è riportato lo schema di prelievo dell’acqua di raffreddamento.

Scrivendo il teorema di Bernoulli tra il punto di prelievo dell’acqua sul fondale (i termini corrispondenti hanno il pedice f ) e il punto di rilascio (i termini corrispondenti hanno il pedice d si ottiene che:

P0+ Pf + ρ

Wf2

2 + (−ρgzf) + Pp= P0+ Pd+ ρ

Wd2

2 + (−ρgzd) + R (2.10) dove il termine R rappresenta le perdite di carico, Pp la potenza della pompa, wf e wd

le velocità rispettivamente nelle sezioni f di prelievo e d di rilascio. I termini Pf e Pd sono

le pressioni idrostatiche che insistono sui punti f e d.

Pf = ρgzf (2.11)

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Figura 2.8: Schema di prelievo dell’acqua di raffreddamento [6]

Sostituendo queste ultime due espressioni nel bilancio di Bernoulli e semplificando i termini si ottiene che:

Pp = R (2.13)

cioè la potenza di pompaggio dipende solamente dalle perdite di carico del circuito. Il termine R si riferisce solamente alle perdite distribuite, che, essendo la condotta molto lunga, rappresentano il contributo principale. Le perdite di pressione distribuite posso

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essere espresse con la formula seguente:

R = f ρL w

2

2Dh

(2.14) dove Dhè il diametro idraulico, coincidente con il diametro geometrico nel caso di condotta

a sezione circolare, ρ la densità dell’acqua di mare, f il fattore di attrito e w la velocità dell’acqua nel condotto. Per determinare il fattore di attrito f si utilizza solitamente la formula derivante dall’abaco di Moody (riportato nella figura 2.9) per flussi in regime puramente turbolento. La grandezza  rappresenta la rugosità della tubazione.

Figura 2.9: Diagramma di Moody

2.1.4 Configurazioni impiantistiche

OTEC a ciclo aperto

In questo tipo di sistemi l’acqua marina funziona sia da fluido termovettore sia da fluido di lavoro del ciclo. L’acqua marina superficiale calda viene introdotta in una valvola di laminazione: la caduta di pressione permette di ottenere una miscela liquido-vapore, che passa successivamente in un separatore a flash. Per ogni kg di acqua marina superficiale

(27)

prelevato, a seguito della laminazione (considerando un abbassamento della temperatura di circa 3 °C durante questa operazione) vengono prodotti appena 0,005 kg di vapore. La parte di vapore della miscela viene guidata verso la turbina e successivamente raffreddata dalla parte liquida (derivata dalla separazione) in un condensatore. L’acqua condensata così ottenuta può essere raccolta e ri-utilizzata per vari scopi. La configurazione impiantistica dei sistemi OTEC a ciclo aperto e il relativo diagramma sul piano T-s sono riportati rispettivamente in figura 2.10 e in figura 2.11.

Figura 2.10: Ciclo OTEC aperto

(28)

L’acqua fredda prelevata dal fondale marino viene utilizzata principalmente per contri-buire alla condensazione del fluido di lavoro, ma anche per fini secondari, ad esempio la produzione di aria fredda per sistemi di raffrescamento. Una configurazione così descritta riesce a produrre potenza elettrica, acqua fredda, che può essere utilizzata anche per scopi agricoli data la sua particolare composizione chimica ricca di sostanze nutrienti - come azoto e fosforo - e aria fredda per sistemi di raffrescamento [7].

Il principale svantaggio dei sistemi a ciclo aperto è che il salto di pressione disponibile per produrre potenza è molto basso, dato che la precedente operazione di laminazione porta all’ottenimento di una miscela liquido-vapore con un titolo esiguo. Per avere quindi una produzione consistente di potenza elettrica è richiesta una grande quantità di acqua superficiale. Inoltre, è necessario estrarre gli incondensabili presenti nell’acqua, mantenendo un grado di vuoto estremamente basso sia nell’evaporatore a flash che nel condensatore, aumentando così la spesa energetica. La presenza di gas incondensabili, infatti, andrebbe a ridurre notevolmente i coefficienti di scambio. Si utilizzano quindi dei degasatori posti a monte dell’evaporatore a flash, mentre gli incondensabili rimasti e l’aria infiltrata vengono rimossi con un ulteriore degasatore posizionato nel condensatore. Lo schema di de-areazione è riportato in figura 2.12. Inoltre, essendo la densità del vapore molto bassa, la palettatura della turbina dovrà essere molto grandi. Dall’altro lato, utilizzare acqua marina come fluido di lavoro permette di avere una temperatura molto vicina a quella dell’acqua superficiale, riducendo i ∆T e quindi le irreversibilità. Infine, l’assenza di un evaporatore con superficie di scambio riduce notevolmente sia i costi dell’impianto sia i problemi di depotenziamento legati allo sporcamento delle superfici.

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OTEC a ciclo chiuso

In questo tipo di sistemi l’acqua marina è il fluido termovettore utilizzato negli scambiatori di calore (condensatore ed evaporatore), mentre il fluido di lavoro del ciclo è di natura or-ganica (tipicamente ammoniaca). L’acqua marina superficiale (sorgente calda), è utilizzata per trasferire potenza termica al fluido di lavoro del ciclo nell’evaporatore. Lo schema di riferimento è riportato in figura 2.13. Il fluido organico presente deve avere una tempera-tura di ebollizione bassa (i fluidi organici utilizzati fanno infatti parte della categoria low

boiling temperature fluids) al fine di poter arrivare a completa evaporazione anche con una

sorgente termica calda a temperatura relativamente bassa (26-28 °C). Il vapore ottenuto viene espanso in turbina e successivamente raffreddato nel condensatore grazie all’acqua marina prelevata dal fondale (800-1000 m sotto il livello del mare), per poi tornare al punto di partenza del ciclo termodinamico.

Figura 2.13: Ciclo OTEC chiuso [6]

Il punto di forza dei sistemi chiusi rispetto a quelli aperti è che consentono di avere diametri più piccoli delle tubazioni e dimensioni più contenute della turbina. Inoltre, anche le dimensioni degli scambiatori di calore necessitano di un’area di scambio più piccola rispetto a quelli relativi a un ciclo aperto. Tutte queste caratteristiche positive rendono i sistemi OTEC a ciclo chiuso più performanti in termini di efficienza termodinamica e quindi preferibili agli altri, dato che consentono di sfruttare al massimo la risorsa dal punto di vista termico.

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Ciclo OTEC Uheara

Alcuni sistemi OTEC utilizzano cicli alternativi al ciclo Rankine, come ad esempio il ciclo Uheara [6]. In questo caso si fa uso di una miscela di acqua e ammoniaca, che possiede par-ticolari proprietà termodinamiche che portano benefici al rendimento di primo principio. L’acqua in ingresso alla turbina si trova infatti alla stessa temperatura dell’ammoniaca, e può essere utilizzata per rigenerare il ciclo, incrementandone l’efficienza e riducendo sia il calore richiesto all’evaporatore (a parità di potenza prodotta) che quello ceduto all’am-biente in fase di condensazione: quest’ultimo aspetto permette di prelevare meno acqua dal fondale, riducendo i costi delle tubazioni e la potenza di pompaggio. In figura 2.14 è riportato uno schema sintetico dell’impianto.

Figura 2.14: Ciclo OTEC Uheara

Ciclo OTEC Kalina

Il ciclo OTEC Kalina (mostrato in figura 2.15) è una variante dei sistemi chiusi, molto simile al ciclo Uheara descritto in precedenza. Invece di utilizzare ammoniaca pura, anche in questo caso il fluido di lavoro è una miscela di acqua e ammoniaca. La separazione dei due componenti avviene nella parte del ciclo a temperatura più bassa (in corrispondenza del rigeneratore) e non in quello a temperatura più alta come avviene nel ciclo Uheara. la soluzione acqua-ammoniaca non ha un vero e proprio punto di ebollizione ma una serie

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di valori saturazione che segue una determinata traiettoria. Lo scambio termico nell’eva-poratore presenta quindi meno irreversibilità e una migliore performance termodinamica. Questo particolare ciclo è ottimizzato per lavorare con un salto di temperatura molto più alto rispetto al ciclo Uheara.

Figura 2.15: Ciclo OTEC kalina

Ciclo OTEC ibrido

Il ciclo OTEC ibrido consiste in una combinazione tra ciclo aperto e ciclo chiuso, in cui il ciclo aperto è utilizzato come recupero sulla parte calda non utilizzata dal ciclo chiuso. In primo luogo, viene generata energia elettrica grazie a un sistema chiuso, come descritto in 2.1.4; successivamente l’acqua marina superficiale calda in uscita dall’evaporatore viene laminata e fatta evaporare in un separatore a flash, producendo una parte di liquido e una parte di vapore, che viene raffreddata con l’acqua fredda in uscita dal condensatore del ciclo chiuso. In questo modo si produce acqua fredda potabile, come mostrato nelle figure 2.16 2.17.

La peculiarità di questo ciclo consiste nell’avere uno scambio di calore dell’ammoniaca direttamente con il vapore condensante, che può essere considerato come fluido bifase: ha quindi una capacità termica infinita e un coefficiente di scambio di un ordine di grandezza superiore a quello dell’acqua liquida. In questo modo le dimensioni dell’evaporatore risulta-no ridotte, a fronte di un’area di scambio più piccola, portando quindi a un mirisulta-nor ingombro e a una maggior convenienza economica dell’impianto.

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Figura 2.16: Ciclo OTEC ibrido

Figura 2.17: Ciclo OTEC ibrido rappresentato sul piano T-s

2.1.5 Scelta del fluido di lavoro per i cicli OTEC chiusi

La scelta del fluido di lavoro di un ciclo OTEC rappresenta il più grande grado di libertà del sistema. La scelta del fluido, infatti, influenza il ciclo termodinamico, e quindi il rendimento di primo principio, la performance e il costo dei componenti (principalmente della turbina e degli scambiatori di calore), la configurazione dell’impianto, i requisiti di sicurezza e le normative ambientali. Gli studi proposti in letteratura [8] mostrano che non c’è un solo fluido che soddisfa tutti i requisiti richiesti. Tuttavia, ci sono alcuni fattori determinanti sulla scelta definitiva, come ad esempio la disponibilità commerciale, il costo contenuto, la

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non infiammabilità, la non tossicità e la compatibilità con gli altri materiali e con l’am-biente. Dal punto di vista termodinamico il fluido scelto deve invece avere opportuni valori del punto critico (compatibili con i valori di temperatura e pressione degli scambiatori di calore), e una temperatura di condensazione accettabile [9]. Inoltre, i bassi salti di tempe-ratura con cui lavora il ciclo implicano l’utilizzo di un fluido con un elevato calore latente, in modo da limitarne la portata. L’acqua non può essere presa in considerazione come fluido per un ciclo OTEC: infatti, nonostante abbia un calore latente elevato, ha valori di densità troppo bassi e l’ingombro dei componenti del sistema risulterebbe inaccettabile. In generale l’ammoniaca risulta essere il fluido più adatto in virtù dell’elevato calore latente e del buon coefficiente di scambio che possiede. Le proprietà ambientali e termodinamiche dei fluidi potenzialmente utilizzabili sono riportati in figura 2.18.

Figura 2.18: Caratteristiche termodinamiche di alcuni fluidi organici [2]

I valori del calore latente di alcuni fluidi adatti sono riportati nel seguente grafico (figura 2.19) al variare della portata.

Come è evidente dalla figura 2.19 l’ammoniaca è il fluido con il maggior calore latente, escludendo l’acqua per i motivi espressi sopra. L’ammoniaca presenta anche ottime perfor-mance da cui il ciclo trae beneficio: lo studio condotto da David Vera Candeas [2] mette infatti a confronto tre fluidi (scelti tra i più adatti per le caratteristiche descritte prima), evidenziando che il ciclo OTEC ha un’efficienza tra le più alte se si utilizza ammoniaca. I risultati riportati in figura 2.20 sono relativi all’impianto oggetto dello studio, con potenza elettrica netta di 100 kW.

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Lo studio prosegue comparando i tre fluidi considerati migliori, cioè ammoniaca, R1234yf e decafluorobutano, per analizzare il loro comportamento al variare di alcuni parametri del ciclo.

Figura 2.19: Calore latente di alcuni fluidi organici

Figura 2.20: Rendimento del ciclo e rendimento elettrico ottenuti con diversi fluidi

Influenza della temperatura dell’acqua fredda in profondità sui parametri del ciclo

Sempre in riferimento allo studio [2], si riportano i dati relativi ad alcuni parametri termo-dinamici del ciclo in funzione della variazione della temperatura dell’acqua in profondità.

Al crescere della temperatura dell’acqua aumenta la temperatura di condensazione ot-timale che deve esserci nello scambiatore di calore per garantire il pinch point desiderato,

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Figura 2.21: Influenza della temperatura dell’acqua in profondità su alcuni parametri del ciclo [2]

aumentando così la pressione di uscita dalla turbina. La temperatura di condensazione è praticamente la stessa per i tre fluidi considerati. È da notare che lavorare con ∆T di

pinch point minori di 5 °C significa aumentare la taglia e i costi degli scambiatori di

calo-re. Dai grafici 2.21 si nota come aumentare la temperatura di condensazione produca un incremento della portata massica di fluido di lavoro, aumentando di conseguenza anche la potenza elettrica netta in uscita dalla turbina (poiché diminuisce la potenza di pompaggio necessaria per estrarre l’acqua in profondità, che rappresenta l’elemento di maggior con-sumo di potenza elettrica del ciclo). Come mostrato in figura il fluido R1234yz porta il ciclo ad avere un’efficienza più alta ma anche la più bassa potenza elettrica Pe, parametro

che è invece più alto se si usa ammoniaca, che è anche il fluido più conforme agli indici ambientali GWP e ODP.

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Influenza della temperatura dell’acqua calda superficiale sui parametri del ciclo

È stata condotta la stessa analisi sui soliti parametri anche al variare della temperatura superficiale dell’acqua, prendendo in considerazione il range che va da 26 °C a 30 °C. I risultati sono riportati in figura 2.22.

Figura 2.22: Influenza della temperatura dell’acqua superficiale su alcuni parametri del ciclo

Al diminuire della temperatura superficiale dell’acqua la temperatura di evaporazione ottimale del fluido cala per permettere di avere il ∆T di pinch point desiderato nello scam-biatore, mentre la portata di fluido di lavoro cresce per mantenere la produzione di energia stabilita; ciò comporta una diminuzione del rendimento del ciclo ηorc e del rendimento

elettrico ηe. Dall’altro lato, la riduzione della pressione di uscita dalla pompa fa calare la

spesa elettrica di pompaggio Pe,orc. La potenza elettrica netta Pe rimane invece costante

al variare della temperatura superficiale. La temperatura di evaporazione dell’ammoniaca si mantiene più bassa rispetto a quella degli altri fluidi, soprattutto alle temperature più basse del range considerato (26 °C), provocando un aumento della portata di fluido di

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lavoro ˙morc pe raggiungere la potenza elettrica netta Pefissata a 125 kW in questo studio.

In generale, la temperatura dell’acqua fredda in profondità incide in modo più marcato la temperatura di condensazione Tcond e la potenza netta Pe rispetto all’influenza che ha la

temperatura superficiale dell’acqua sulla temperatura di evaporazione Tevap.

2.1.6 Impatto ambientale

Da decenni i sistemi OTEC sono una tecnologia studiata in ambito RD. L’idea di sfrut-tare l’energia solare accumulata negli oceani risale infatti agli anni della crisi economica dei combustibili fossili. Negli ultimi decenni l’interesse per questi sistemi si è ridestato, poiché rappresentano un modo per produrre energia a emissioni zero. Inoltre, data la loro particolare collocazione geografica, rappresentano un’alternativa emission-free ai metodi di elettrificazione tipicamente usati in molte isole caraibiche, ad esempio gruppi di generazione a olio combustibile (particolarmente dannosi in termini di emissioni).

I sistemi OTEC potrebbero rilevarsi interessanti soprattutto se costruiti su larga scala, con taglie di qualche decina o centinaia di MW: impianti di questo tipo sono oggetto di molti studi di fattibilità tecnica ed economica [10] [11]. Impianti di taglie così elevate comportano però l’estrazione di enormi portate di acqua di raffreddamento (necessarie per condensare il fluido di lavoro del ciclo), che vengono estratte dalle profondità marine. La comunità scientifica ha quindi iniziato a indagare su quali potrebbero essere le conseguenze di un utilizzo massivo per un tempo prolungato di cicli OTEC di grande taglia sull’ambiente oceanico.

Uno studio presente in letteratura, condotto da Gérard C. Nihous [12], si è posto l’obiet-tivo di verificare, tramite un modello mono dimensionale, cosa succede al profilo di tempe-ratura verticale dell’oceano dopo uno sfruttamento massiccio da parte dei cicli OTEC. Il modello schematizza la stratificazione verticale del come riportato nella figura 2.23.

Il parametro γ presente in figura è definito come il rapporto tra la portata volumetrica di acqua calda Qww e la portata volumetrica di acqua fredda Qcw, cioè viene rappresentato

il profilo di temperatura in funzione della potenza termica estratta. Nella figura 2.24 viene invece riportato il cambiamento del profilo di temperatura oceanico nel tempo.

I risultati mostrano che, per un dato valore di portata di acqua fredda estratta, si ha un innalzamento della temperatura dell’acqua negli strati intermedi della colonna non trascurabile (considerando un tempo di estrazione pari a dieci anni).

In conclusione, i risultati di questo studio mostrano che le potenzialità di estrazione di acqua fredda in profondità sono limitate. Un utilizzo spropositato della risorsa andrebbe a modificare la struttura termica verticale dell’acqua in maniera irreversibile. Le taglie che permettono uno sfruttamento della risorsa sono stimate intorno ai 3-5 TW complessivi di potenza installata. Questo primo approccio mette quindi in luce un grande limite allo sfruttamento di questi sistemi, ma sono comunque in corso ulteriori analisi che si basano

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Figura 2.23: Utilizzo del ∆T in funzione della potenza estratta

Figura 2.24: Variazione del profilo di temperatura nel tempo

su modelli tridimensionali, in modo da poter tenere conto anche delle correnti marine orizzontali per avere risultati più precisi.

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2.1.7 Situazione attuale sugli impianti e prospettive future

Attualmente, l’impianto OTEC più grande costruito è situato nelle isole Hawaii: si tratta di un impianto da 1 MW che è rimasto in funzione nel periodo compreso tra il 1993 e il 1998. Ci sono invece numerosi impianti di taglia compresa tra 1 e 10 MW che si trovano a vari stadi di sviluppo. Di seguito si riporta una mappa (figura 2.25), proposta dal report più recente rilasciato da OES [3], in cui sono presenti tutti gli impianti installati o in fase di costruzione o di sviluppo presenti nel mondo.

Figura 2.25: Panoramica degli impianti OTEC presenti nel mondo

Uno dei progetti più attivi del 2019 è stato quello proposto dal gruppo di ricerca del Korea Research Institute of Ships and Ocean Engineering (KRISO), che, finanziato del ministero dell’oceano e della pesca, ha proposto la costruzione e l’istallazione di un impianto OTEC da 1 MW per verificarne le performance nell’oceano equatoriale. I componenti dell’impianto sono stati costruiti nel corso di vari anni (2016-2019). Durante l’estate del 2019 l’impianto è stato assemblato sulla petroliera Hundai Boryeong nel porto di Busan, per poi salpare alla volta del mar Pohangsi, luogo destinato al test, a fine settembre. I risultati delle prove hanno evidenziato una produzione di 338 kW a fronte di un ∆T compreso tra 24.8 e 6,1 °C. Attualmente, l’impianto è stato smontato e attende di essere nuovamente istallato a Tarawa, Kiribati, dove verranno condotti test tra il 2020 e il 2021 in condizioni di ∆T di 24 °C. In più, il sistema verrà integrato nella rete elettrica locale, al fine di ridurre l’utilizzo, e quindi le emissioni, dei generatori diesel là utilizzati. La messa appunto di questa tecnologia di taglia 1 MW, se avrà successo nei prossimi test, darà un forte contributo alla via verso uno sviluppo energetico sostenibile nelle regioni tropicali.

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2.2 Sistemi PTES:Pumped Thermal Energy Storage

2.2.1 Generalità sui sistemi di accumulo

La spinta alla decarbonizzazione che sta avvenendo negli ultimi decenni ha portato a una forte compenetrazione dell’energia proveniente dalle RES (Renewable Energy Sources) nel-la rete elettrica. Nonostante siano stati fatti grandi progressi sulle tecnologie di regonel-lazione del sistema elettrico, come la maggiore flessibilità degli impianti di generazione termoelet-trica tradizionali e lo sviluppo di sistemi di accumulo elettrochimici sempre più sofisticati, il problema dell’introduzione delle RES nel sistema rimane irrisolto, data l’aleatorietà intrin-seca di queste risorse. La produzione di energia proveniente da fonti rinnovabili ha subito infatti forti incrementi negli ultimi anni, passando dal 14% al 29% della produzione totale per quanto riguarda la comunità europea.

I sistemi di accumulo elettrochimici sono attualmente la soluzione più utilizzata, ma presentano ancora molti problemi di fattibilità tecnico-economica, aspetto che ha limitato lo sviluppo e la diffusione di questa tecnologia. Esistono invece numerosi sistemi di ac-cumulo alternativi alle batterie, alcuni tra i quali ormai assodati e ampiamente sfruttati: per applicazioni che richiedono piccole capacità si utilizzano volani (flywheels) e super-condensatori, mentre per usi stagionali si prediligono i sistemi che convertono la potenza elettrica in combustibile (tecnologie power to fuel e power to chemical); infine, per usi gior-nalieri (relativi a cicli di scarica di 4-8 ore) vengono utilizzati i sistemi esposti in seguito nei paragrafi 2.2.1 2.2.1, utili soprattutto per utilizzare di notte l’energia solare accumulata di giorno. Appartengono a questa categoria i sistemi PHES, CAES e le Carnot Batteries [13]. Di seguito si riporta una breve panoramica dei principali sistemi di accumulo utilizzati.

Sistemi PHES: Pumped Hydro Energy Storage

I sistemi PHES accumulano energia elettrica sotto forma di energia potenziale di un deter-minato volume d’acqua pronto a compiere un salto geodetico. Sono il sistema di accumulo con la più grande capacità installata a livello globale, ammontando a 159 GW di potenza totale installata (96% della potenza di storage totale nel mondo), e quello utilizzato da più tempo. Essendo una tecnologia strettamente legata alla posizione geografica, non ha grandi prospettive future di sviluppo, dato che gran parte dei siti presenti nei paesi sviluppati sono esauriti.

Sistemi CAES: Compressed Air Energy Storage

I sistemi CAES sfruttano cavità naturali o artificiali, come miniere dismesse, per accumu-lare aria compressa da compressori rotativi alimentati dall’energia elettrica in eccesso. Il ciclo di scarica viene effettuato successivamente utilizzando il flusso di aria in pressione per

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far girare una turbina; talvolta si brucia gas naturale per avere un boost sulla produzione dell’impianto. Come nel caso dei PHES, i CAES dipendono fortemente dalla collocazione geografica, e, dato che gran parte dei giacimenti idonei sono già in uso come sistemi di accumulo, non hanno grandi prospettive future di sviluppo.

Carnot batteries

Alla categoria delle Carnot Batteries (verranno indicate successivamente con l’acronimo CBs) appartengono diverse tecnologie, ed è quindi difficile trovare una definizione univoca che le comprenda tutte quante; a questo proposito è stato pubblicato uno studio - a cura di Olivier Dumont [13] - che ha l’intento di stabilire quali tecnologie siano o non siano classificabili come CBs. Una Carnot battery è definita tale se è in grado di accumulare principalmente energia elettrica e possiede almeno un input e un output elettrici; succes-sivamente la performance della batteria può essere incrementata usando ulteriori input o output termici mantenendo però lo scopo principale, cioè quello di immagazzinare energia elettrica.

In generale, l’energia elettrica in ingresso viene usata per instaurare una differenza di temperatura tra le sorgenti calda e fredda (rispettivamente LT e HT). In questo modo l’accumulo viene caricato, e l’energia elettrica viene stoccata come exergia termica; è op-portuno precisare che in questa fase è richiesta una spesa energetica - soddisfatta da una pompa di calore o da un riscaldatore elettrico -, dato che il flusso termico ha direzione opposta al gradiente di temperatura. Durante la fase di scarica, invece, il flusso di calore si muove naturalmente dalla riserva ad alta temperatura verso quella a bassa temperatura, convertendo di nuovo l’exergia termica - grazie a un generico ciclo termodinamico diretto - in una frazione dell’input elettrico iniziale. Le operazioni di carica e scarica descritte possono essere realizzate in diversi modi e con diverse tecnologie: in particolare, le sorgenti LT e HT possono essere serbatoi pieni di gas, liquido, solido o materiali PCM. In alcuni casi l’ambiente stesso fa le veci di sorgente termica.

Fissata la quota di exergia termica di carica, il lavoro specifico richiesto da una batteria di Carnot aumenta all’aumentare della differenza di temperatura tra le due sorgenti HT e LT, mentre la quota di lavoro recuperato in fase di scarica diminuisce al diminuire del ∆T tra le due sorgenti. In virtù di ciò possono essere sfruttati degli input termici aggiuntivi per modificare la differenza tra le due temperature operative del sistema. Ulteriori ap-profondimenti sul funzionamento delle Carnot batteries verranno presentati nella sezione successiva. 2.2.2.

Nella definizione di Carnot battery esposta durante la sezione 2.2.1 rientrano anche i sistemi LAES (Liquefied Air Energy Storage). Nei sistemi LAES l’input elettrico è usato per portare l’aria a liquefazione tramite il processo Linde, che prevede di comprimere il gas e raffreddarlo con un pre-cooling e un espansione finché non arriva allo stato liquido.

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L’aria liquida non viene immagazzinata in pressione, quindi non c’è accumulo di energia meccanica, mentre è presente exergia termica associata al calore latente di vaporizzazione. Durante la fase di scarica l’aria viene compressa, portata a evaporazione (il calore richiesto può venire dall’ambiente o da una generica fonte termica) e espansa in una turbina. Lo schema appena esposto è quindi del tutto coerente con il funzionamento generale di una batteria di Carnot.

2.2.2 Classificazione delle Carnot Batteries

Uno dei sottogruppi più importanti delle batterie di Carnot sono i sistemi PTES (Pumped

Thermal Energy Storage), che possono essere indicati anche con gli acronimi PHES (Pum-ped Heat Energy Storage) e CHEST (Compressed Heat Energy Storage). I sistemi PTES si

dividono in due principali categorie, a seconda del ciclo termodinamico con cui è realizzata la fase di scarica: si parla quindi di sistemi PTES Brayton e sistemi PTES Rankine. Inoltre, in letteratura sono stati proposti ulteriori sistemi con cicli termodinamici alternativi, come il processo Lamm Honigman. Le varie tipologie di sistemi PTES verranno discusse nelle sezioni 2.2.2 2.2.2 2.2.2.

Sistemi PTES con ciclo Brayton

Di seguito si riporta un elenco delle principali configurazioni dei sistemi Brayton PTES: • Pompa di calore a ciclo Brayton inverso con motore Brayton. Questa è la soluzione più

utilizzata, e consiste in un sistema costituito da una pompa di calore - basata su un ciclo Brayton inverso con due fonti di calore sensibili - e da un motore Brayton; questa configurazione presenta quindi in totale due sorgenti termiche e quattro macchine (due compressori e due espansori), ma il sistema può essere realizzato utilizzando anche un solo compressore e un solo espansore. Uno schema semplificativo delle fasi di carica e scarica di un sistema PTES Brayton è mostrato in figura 2.26.

• Ciclo Brayton inverso. Quest’ulteriore configurazione proposta in letteratura [15] pre-vede invece l’utilizzo di una macchina a due pistoni; durante la fase di carica viene trasferito calore dalla sorgente fredda a quella calda tramite la compressione di un gas, mentre nella fase di scarica, grazie alla differenza di pressione che si è creata tra le due sorgenti nell’operazione precedente, si procede con l’espansione del gas. • Riscaldatore elettrico con motore Brayton. In questo caso la differenza di temperatura

tra la sorgente fredda e quella calda viene instaurata grazie alla spesa energetica di un riscaldatore elettrico; la fase di scarica avviene in modo analogo alla prima configurazione. Le efficienze di questo sistema sono basse, intorno al 40-50 %, quindi non è stato preso particolarmente in considerazione.

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