1 1 Una specializzazione di mestiere che stimola lo sviluppo di una
erano 22 le botteghe di scalpellini in Firenze, è assai probabile che la
72 ACF Preunitario 3 Importo stabilito in 600 scudi, come si può vedere nella tab n 00 (ASF Farine 376).
ASF Podesteria Sesto e Fiesole 208.
74 ACF Preunitario 4; durante l ’epidemia di colera del 1855, due
scalpellini fiesolani vengono colpiti dal morbo mentre si trovano a lavorare a Firenze, cfr. A. LARI, Jl colera a Fiesole, pp....
quanto riguarda l'ubicazione degli impianti, che la maggior parte era situata "sulle colline tra Fiesole e Settignano, soprattutto sul Monte Céceri sopra San Domenico, a Maiano e
nei dintorni di Vincigliata" . Non si conosce invece il
numero delle cave attive fino alla metà dell'Ottocento. Ma si può ipotizzare che questo abbia oscillato, a seconda dei momenti di maggiore o minore espansione, da un minino di 4 5-
50 ad un massimo di 90-100.
Dobbiamo attendere la prima statistica industriale del
Granducato, effettuata nel 1850, e poi quelle ancor più
analitiche dei primi decenni postunitari, per avere
finalmente un quadro abbastanza esauriente di questo settore produttivo (vedi tabella). Mentre le inchieste del periodo napoleonico, di solito piuttosto dettagliate, sono su questo punto assai deludenti. Esse si limitano infatti a rilevare la
preminenza dell'industria estrattiva nell'ambito
dell'economia fiesolana senza fornire dati quantitativi in proposito 76 .
Le cave aperte, alla metà del secolo scorso, erano 50 con una produzione di due tipi principali di "macigno", il sereno c il bigio (una collezione "di pietrame delle cave" e delle località di provenienza era esposta nel Municipio di Fiesole
77
, quasi per intero destinata ai cantieri edilizi della capitale. Gli estensori dell'inchiesta davano la cifra di 90.000 lire annue per quanto riguarda il valore globale della
produzione, senza tuttavia indicarne l'entità . Gli anni
quaranta e cinquanta coincidono con una fase prolungata di
R. GOLDTHWAITE, La costruzione della Firenze rinascimentale, p. 310
(passo già citatol); in seguito, tra Sette e Ottocento, se ne «prono diversi sulle balze superiori del "fiume" Mugnone, dove si era «coperta
una qualità di pietra particolarmente pregiata: C. DEL ROSSO, Una
giornata d ' istruzione a Fiesole, pp. 172-74 e S. òBORCI, Statistica del
Comune di Fiesole, Firenze, 1871, pp. 22-23 e 34.
ACF Preunitario 235; in precedenza si vedano le relazioni del podestà
Giovanni Lapini del 1800, 1802 e 1805; cfr. inoltre ASF Pref. Arno 589.
7 ACF Postunitario, S. IV, 440.
131
79 * . *
crisi economica . Già all*inizio dei sessanta tuttavia la
situazione appare radicalmente cambiata: Firenze, che di lì a poco sarebbe divenuta la nuova capitale del Regno d'Italia,
vede una forte espansione del settore edilizio. Le
ripercussioni sull'attività estrattiva fiesolana sono
ovviamente benefiche e quasi immediate. Nel 1862 le cave aperte sono salite a 92 (la punta massima registrata tra il 1850 e il 1900) con una produzione complessiva calcolata in 6.198,72 metri cubi.
A differenza della prima, in questa seconda inchiesta non si calcola l'importo complessivo della produzione ma ci si limita soltanto a fornire il valore per unità di prodotto, che oscilla tra le 30 e le oltre 70 lire al metro cubo, a seconda della qualità del macigno. Dalla cava delle Colonne di proprietà dei signori Tempie-Leader, per fare un esempio, si estraeva "macigno, o pietra serena arenaria" ritenuta tra
le migliori tra quelle scavate in Toscana; adatta per
qualsiasi lavoro "architettonico, siccome di statuarj e
scultura ornamentale", costava 40 lire il metro cubo compreso
il trasporto a Firenze . Con i "pietrami da fabbrica"
estratti nelle cave lunghe si facevano spesso "lavori di lusso, attesa la buona qualità del materiale". Il prezzo
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allora variava molto "secondo la finezza del lavoro"
Per quanto riguarda la conduzione degli impianti, mentre l'inchiesta granducale indicava genericamente in "circa 40" i maestri scarpellini a cui appartenevano "dette cave" e in 200 il numero degli operai alle loro dipendenze; quella del 1862
è molto più particolareggiata e consente dunque di
tratteggiare un quadro esauriente non solo di questo aspetto ma dell'intera organizzazione del lavoro nelle cave: numero
ASF Acquisti e doni 319, Rapporti di polizia 1853 e la citata
relazione del dott. Lari sul colera (pp. 48-49); in generale M. ROMANI,
Storia economica d'Italia nel secolo XIX (1815-1882), Bologna, 1982, pp.
W
8 g g *ACF Postunitario, sez. IV, 440, 22-3-1862.
di addetti per impianto, salari e giornate lavorative, condizioni di lavoro, quantità qualità e costi di produzione,
principali vie di comunicazione per il trasporto dei
materiali. Ma andiamo per ordine. Va rilevata innanzi tutto la persistente tendenza a confondere la figura del conduttore con quella del proprietario, identificando il primo con il secondo. In realtà, come ho già detto, anche se non mancavano scalpellini proprietari, dato il basso valore catastale degli
impianti estrattivi , la maggior parte di essi le teneva
semplicemente in affitto (una tale confusione era
probabilmente favorita dal fatto che i contratti di locazione
erano di solito a lungo termine ) . Lo si constata con
molta evidenza nel caso della nuova cava aperta nei primi anni dell'Ottocento nel Poggio alla Cicala, sulle balze del
fiume Mugnone, da Gaetano Pellucci Bini , proprietario
della stessa secondo l'architetto Giuseppe Del Rosso, ma in realtà affittuario del vescovado di Fiesole e di un privato,
8 5
certo Nicola Valecchi
Dall'inchiesta del 1862 (che distingue tra proprietà del
fondo e conduttore) risulta che solo 10 cave, sulle 92 in attività, appartengono a scalpellini (e 4 di essi sono anche affittuari di altri impianti); tutti discendenti di antiche famiglie artigiane: Bozzolini, Nenciolini, Sandrini, Barbi,
Manuelli, Ranfagni. Le altre sono possedute da enti
ecclesiastici, nobili e cittadini borghesi di Firenze e più raramente di Fiesole, è il caso del farmacista Alessandro
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83 ASF Declina Granducale 5756, 5757, 5758.
R. GOLDTHWAITE, La costruzione delle Firenze rinascimentale, p. 317.