Il trasporto della pietra dalle cave ai cantieri (soprattutto
i grandi blocchi) ha sempre costituito, come si può
facilmente immaginare, un aspetto particolarmente delicato di questa attività, non soltanto per gli accorgimenti tecnici richiesti ma anche e soprattutto per il grave problema del
logoramento delle strade interessate da questo traffico
pesante, per il cui mantenimento le magistrature locali
avevano sempre dovuto sopportare forti spese.
Nelle carte del podestà troviamo riferimenti a tale problema fin dalla seconda metà del Cinquecento, quando sempre più frequenti si fanno i tentativi delle autorità di addossare agli scalpellini di Fiesole e di Settignano una parte almeno dei costi di mantenimento delle strade da loro maggiormente utilizzate. Nell'ottobre del 1584, per fare un solo esempio,
l'ufficiale dei Fiumi di Firenze ordina ai rettori dei popoli di quella lega di redigere e far poi pervenire al podestà una
nota di tutti gli scalpellini che avevano cave sul
Montececeri (in conduzione o in proprietà), e un'altra dei carradori di cui si servivano quegli artigiani "et che per condurre le pietre a Firenze si servono della strada de Teghiacci (...). Et poi che harai hauta la nota - specificava
147
l'ufficiale al podestà - vedrai d'haverli a te e per parte nostra significherai loro che il Magistrato intende che concorrino per qualche ratha alla spesa dell'acconcimi da farsi alla d.a strada". E già presagendo la loro opposizione
si invitano ad eleggere "dua persone intelligenti et
comparischino al Magistrato", in loro rappresentanza, per
discutere della questione 116 .
Ma la questione, lungi dall'essere risolta in
quell'occasione, sarebbe rimasta aperta ancora a lungo. Per tutto il secolo XVII l'attività estrattiva e in particolare
quella relativa al trasporto dei materiali rimane
sostanzialmente al di fuori di qualsiasi inquadramento
legislativo. Sarà, infatti, soltanto all'inizio del terzo
decennio del Settecento che le autorità si risolveranno ad intervenire per porre fine alla secolare anarchia che regnava in un settore cosi delicato, allo scopo di garantire a un tempo la massima sicurezza delle strade utilizzate per il
trasporto delle pietre e di regolare l'afflusso di un
materiale così ingombrante nella città di Firenze. Lo spunto è offerto dalla constatazione che i nuovi mezzi di trasporto dotati di ruote grandi e piccole, "introdotti da poco tempo in qua", arrecavano danni considerevoli alle strade. La legge che gli "Ufiziali de Fiumi" di Firenze emanano nel 1731 proibisce quindi "a qualunque persona di qualsivoglia stato, grado e condizione il passare per quelle strade di campagna con carri, carretti, barocci di ruote alte e strascichi con ruote piccole, tanto carichi che scarichi, che conducono alle cave di pietre di Fiesole, di Settignano ed altri luoghi, ove
siano cave, senza espressa licenza in scritto, da farsi
gratis dal loro provveditore (in quei casi però, che non si potessero condur pietre per la loro grandezza in altra forma)
ma solo sia permesso trasportarle da dette Cave con
strascichi senza ruote, come si è praticato per il tempo passato"; il divieto non doveva applicarsi a quei carri "che
116
trasportano le lastre per servizio de' lastrice di questa città di Firenze". Ogni trasgressione sarebbe stata punita
. . . . 117
con la pesante multa di "scudi dieci, arbitrio e cattura" .
Anche questa legge tuttavia non risolve affatto il problema. Non solo essa verrà sistematicamente ignorata, come vedremo, ma non vi si affronta neppure la questione, cruciale per i proprietari, di far partecipare scalpellini e carradori ai costi di manutenzione delle strade. Quattro decenni più tardi, tuttavia, il clima è ormai maturo e gli scalpellini non sono più in grado di opporsi all'introduzione di una tassa di concessione delle licenze per il trasporto delle pietre con carri. Tali licenze dovevano essere concesse e
firmate dal cancelliere comunitativo, il quale doveva
"tenerne distinta nota". I carradori dovevano pagare il
tributo al camarlingo il quale a sua volta avrebbe dovuto versare alla Camera delle Comunità le somme incassate. La
tassa (fissata in 4 soldi per "carrata") all'inizio
riguardava soltanto i carri; ma pochi anni dopo la "gravezza" viene estesa anche ai barrocci e a tutti gli altri veicoli a ruote con la seguente motivazione: "fatta reflessione che fino del 1731 essendo stato riconosciuto il danno che si faceva alle strade provenienti dalle cave di Fiesole e Settignano con veicoli da rote di qualunque sorte con carichi di pietre, per Bando del sud.o anno fù proibito il trasporto di dette pietre per le sud.e strade con qualunque sorte di veicoli. E che per Benigno rescritto di S.A.R. de 17 aprile 1771 fù ordinato che ferma stante la proibizione (...) per la strada detta dell'Arcolaio si concedesse l'uso dei carri per l'altre strade per comodo del pubblico a condizione che
venisse soldi quattro per carrata come attualmente si
pratica. Perciò inerendo al sud.o grazioso Motuproprio del 1771, ed avuto reflesso al maggior comodo del pubblico e per rendere eguali le condizioni dei manifattori", si accorda "il passo sud.o anco a tutti gl'altri veicoli e barocci (...) a
117
149
condizione che paghino soldi 1*8 per carrata alla cassa delle Comunità"118 .
Non è un caso che la resistenza opposta dagli scalpellini ai tentativi di tassare la loro attività (che di questo in fondo si tratta) venga meno proprio negli anni in cui essi perdono il controllo del governo locale a vantaggio della grande proprietà, con la riforma comunitativa leopoldina.
Cosi, nel 1777, a seguito di una supplica di alcuni maestri scalpellini (della quale purtroppo non ho trovato traccia) in
cui essi richiedevano la possibilità di usare per il
trasporto delle pietre carri "a rota legata", per loro
maggior sicurezza, si accorda si quanto richiesto ma, data la asserita maggior usura che tale tecnica avrebbe comportato per le strade, si coglie l'occasione per aumentare la tassa sulle licenze, portandola rispettivamente a 5 soldi per i
, , , ilo
carri e a 2 per i barrocci
L'insofferenza degli artigiani alla normativa si manifesta, come appena detto, nella sua sistematica violazione. Sempre nel 1777, dopo aver constatato che "contro il disposto della
legge del 1731 si era introdotto l'abuso che molti
carreggiavano per le strade di Fiesole con carichi si pietre
con veicoli e barrocci senza riportarne la necessaria
licenza" e dunque con grave pregiudizio delle casse della
loro comunità, il magistrato comunitativo affida al
cancelliere il compito di agire di concerto con l'auditore fiscale (cioè con il capo della polizia) per porre un freno a
simili abusi . Tale iniziativa porta all'emanazione di un
decreto in cui il Consiglio (ormai saldamente in mano ai rappresentanti della grande proprietà) ribadisce i principi del 1731 e del 1771: "per il presente editto si fa intendere e notificare a chiunque come per decreto del Magistrato della
ACF Preunitario 7, Adunanza 8 maggio 1775. ACF Preunitario 7, Adunanza 31 gennaio 1777.
ACF Preunitario 7, Adunanza 3 luglio 1777. oltre un anno dopo ei è costretti a tornare sul medesimo problema (Ivi, Adunanza 27 novembre 1778); e poi ancora l'anno successivo (Adunanza 15 marzo 1779).
Comunità di Fiesole 10 marzo 1777 resta a chiunque concesso il poter carreggiar pietre con carretto o baroccio purché sia
munito della licenza necessaria da prendersi nella
cancelleria previo il pagamento di soldi due per ogni licenza, conforme si pratica per le licenze dei carri che si concedano per soldi cinque l'una? che però chiunque vorrà far praticare un simil carreggio potrà ottenere la licenza sud.a senza la quale essendo trovato caderà nella pena della legge
del 1731”121 122 .
Ben presto, tuttavia, per assicurare alla comunità un'entrata
certa e costante nel tempo si opta per il sistema
dell*affitto (o appalto) del provento dell'introduzione delle
pietre in Firenze: il 4 luglio 1783 il magistrato
comunitativo di Fiesole stipula un contratto con il maestro
scalpellino Sebastiano Tortoli, a cui fornisce la
mallevadoria suo padre Jacopo . Si tratta dei
rappresentanti di un ramo della famiglia che vive da tempo alla Lastra nel popolo di S. Domenico (fino al 1774? della Badia di Fiesole), strettamente imparentato con quello di Fiesole che abbiamo incontrato in precedenza: una sorella di Sebastiano è sposata con Gio Batta Tortoli, un nipote del
123
maestro Romolo
Il canone che Sebastiano doveva corrispondere in tre rate viene stabilito in 44 scudi annui e la durata del contratto in cinque anni, con la clausola del rinnovo tacito di cinque anni in cinque anni in mancanza di disdetta di una delle due parti entro un anno dal termine. Esso prevede inoltre che l'appaltatore non possa alterare a suo arbitrio i prezzi
121
ACF Preunitario 7, Adunanza 15 marzo 1779. 122
Nel testamento Jacopo è calzolaio ma nei "partiti" lo troviamo come maestro lastricatore (a meno che non si tratti di un’omonimia t ), con frequenti incarichi da parte dell'amministrazione per il mantenimento delle strade della comunità (cfr. ACF Preunitario 7, 3-10-1774, 28-8- 1775). Dopo la riforma comunitativa il suo interesse a rimanere ai vertici della vita pubblica locale è testimoniato dalle due istanze da lui presentate per essere ammesso nella borsa della tassa del macinato e i^quella dei rappresentanti "per esser proprietario..." (Ibid.).
151
delle licenze che rimangono fissati in soldi 5 per ogni carro
124
e soldi due per ogni barroccio "o altro piccolo veicolo” ,
ne variarne la forma già predisposta in speciali moduli a
stampa . Tra gli obblighi del titolare dell1appalto c 1 è
infine quello "di mantenere per comodo pubblico lo smercio
delle sud. e licenze presso la Porta a S. Gallo ed in
126
qualunque altro luogo, che ad esso piaccia”
Alla scadenza del primo quinquennio, nel 1788, l'affitto
viene rinnovato al Tortoli alle medesime condizioni. In
questo modo Sebastiano mantiene ininterrottamente l'appalto per oltre mezzo secolo. Gli subentra nel 1837 Giuseppe di Gaetano Lori, anch'esso abitante nel popolo di S. Domenico di
Fiesole in località S. Croce al Pino, aggiudicandosi
1 * incanto per "l'accollo del provento delle pietre" per tre anni e per un canone annuo inferiore a quello con cui si era dato avvio al sistema nel 1783: 250 lire, pari a poco più di 35 scudi. Il nuovo accollatario presenta come mallevadore lo zio paterno, il possidente Antonio di Vincenzo Lori. Questa famiglia è strettamente legata ai Tortoli, come si può vedere dai testamenti di Sebastiano e di Jacopo suo padre). Fino alla metà dell'Ottocento, dunque, l'appalto delle licenze per
1 ' introduzione delle pietre in Firenze rimane sotto il
controllo di un unico gruppo parentale, un affare di famiglia si potrebbe dire.
Strettamente intrecciato con il problema della manutenzione e della sicurezza delle strade è quello relativo alla apertura
di impianti estrattivi in prossimità di importanti e
frequentate arterie di comunicazione. Per mettere ordine in tale materia e a completamento di un cammino legislativo iniziato nel 1731, nell'estate del 1787 Pietro leopoldo emana una nuova legge che regola, appunto, l'apertura di cave nei pressi delle strade e affida ai provveditori delle comunità
124 125 126
ACF Preunitario 378, Scritte di affitto del provento delle pietre. Se ne vedano alcuni esemplari in ACF Preunitario 7(7).
il compito di effettuare dei controlli periodici a tutti gli
impianti che potessero "interessare le strade Regie e
. . 1 9 7
Comunitative"
.
L'esistenza della legge naturalmente non è di per sè garanzia sufficiente alla sua osservanza e anche in questo caso le violazioni non mancarono. Una denuncia sporta nel 1817 nei
confronti di alcuni maestri scalpellini accusati di
danneggiare una strada di grande traffico, dà il via a un lungo contenzioso che si concluderà soltanto tre anni dopo, con la chiusura degli impianti ritenuti più pericolosi e con la condanna ad una multa dei trasgressori.
6 - L'agricoltura* Una risorsa complementare?
Fino a questo momento Fiesole è apparsa nella sua
connotazione artigiana, ma essa è stata sempre presentata come una realtà eminentemente agricola (un solo esempio: La
memoria del territorio Rombai e Calzolai). In effetti, se si
guarda all'insieme dei popoli che formavano la Lega e
Podesteria (poi dal 1774 comunità), il suo carattere
prevalentemente rurale balza agli occhi con tutta evidenza. E, in ogni caso, la presenza di contadini sia all'interno che soprattutto al di fuori delle mura cittadine era, come si è visto, piuttosto consistente almeno fino alla metà del secolo scorso. Che ruolo aveva dunque l'agricoltura dal punto di
Bandi e ordini del Granducato di Toscana, Cod. XIII, n. LXXXII, Firenze, 1789. "Sua Altezza Reale - si legge nella notificazione - informata dei danni che possono derivare ai passeggieri ed alle strade regie e comunitative dalle cave superiori o inferiori e prossime alle strade predette, quando la loro escavazione sia, come il più delle volte accade, regolata unicamente dalla troppa avidità del guadagno delli Escavatori, ed independentemente dal riguardo che deve aversi alla manutenzione delle medesime strade ed alla sicurezza dei viandanti", ordina che per il futuro chiunque voglia aprire nuove cave o continuare a scavare in quelle già aperte, "o nella parte superiore o nell'inferiore e prossima alle strade predette", dovrà chiedere "la respettiva licenza del Giusdicente" nel cui territorio sia posta la cava.
153
vista economico per la città? Quali erano le condizioni dei contadini? Quale posto occupavano nell'ambito della società fiesolana? E ancora, che tipo di rapporti avevano con gli altri gruppi sociali, artigiani in primo luogo, commercianti e proprietari?
Come ho già accennato in precedenza non mancano gli spazi rurali in ambito cittadino. Essi sono costituiti in larga prevalenza da orti e da altre colture specializzate (olivo, vite, alberi da frutto). In genere sono gli artigiani stessi che coltivano orti, oliveti é frutteti, contigui alle loro
abitazioni. Ce lo dicono i registri della decima e
soprattutto le liste fiscali (nel 1755 al fabbro Arcangiolo Bini, viene addebitato un supplemento di imposta di L. -.1.9 perchè "fà terre"; e supplementi variabili devono pagare anche gli scalpellini Giovanni Cappelli, i fratelli Ferrucci,
Giuseppe Sandrini, i fratelli Squarcini ; non è
infrequente tuttavia trovare scalpellini proprietari che
» . . , l o g
affidano ì loro terreni a contadini mezzadri
In una società ancora dominata dall'incubo delle carestie e comunque dall'incertezza del futuro, la possibilità di poter integrare il reddito con i prodotti eccedenti e di avere scorte alimentari era, come si intuisce facilmente, di grande importanza.
I mezzadri risiedono nelle case coloniche al centro dei poderi; di conseguenza nelle pendici fiesolane predomina
l'insediamento sparso. Generalmente, data l'impervia e
l'angustia del territorio, troviamo poderi di piccole
dimensioni (spesso al di sotto dei 5 ettari: da un prospetto
della seconda metà dell'Ottocento l'estensione poderale
risulta mediamente di 19 ettari in pianura, 8 in collina e 6 nella parte più montuosa del territorio comunale 130 , non
ACF Preunitario 176, lista delle teste che possono pagare il dazio
Sgè 1755*
Testamento Della Bella 1656; inoltre registri fiscali a varie epoche; Decima Granducale, Catasto lorenese ecc.
organizzati in fattorie ma piuttosto gravitanti attorno alle ville padronali disseminate nella campagna circostante. In città, se non manca qualche colono (vi sono piccoli poderi
anche all'interno del circuito murario), si concentrano
soprattutto gli artigiani e i cosiddetti pigionali (cosi
denominati perchè stanno in case "a pigione", cioè in
affitto) lavoratori non specializzati che trovano impiego
saltuario tanto nei lavori agricoli, quanto nelle cave e nel settore edilizio in generale (nelle campagne costituiscono invece la massa dei braccianti, reclutati solo nei periodi di più intenso lavoro). Fiesole quindi (come in genere i centri urbani anche di piccole dimensioni dell'Italia mezzadrile) non sembra assimilabile alla tipologia delle cosiddette agro- towns meridionali o (pur con qualche differenza da queste) della Valle Padana, caratterizzate invece da una popolazione anche molto numerosa di contadini che lavorano nei grandi latifondi circostanti 131 .
Secondo i dati del catasto lorenese, attivato tra il 1832 e
il 1834 (Biagioli, Pazzagli), l'assetto colturale del
territorio di Fiesole (corrispondente alla sez. K, v. Tab. 18
e fig. £ ) è caratterizzato per quasi due terzi dalla
coltura promiscua: il 64% della superficie è infatti
destinata al seminativo arborato (praticamente assente il seminativo nudo, solo l'l%); e per l'altro terzo da boschi e
132
pasture (rispettivamente il 20% e il 9%)
INSERIRE: Fig. 4 - Catasto 1832. Sezione K. Destinazione
colturale *1973
* A. Blok (1969); R. Rowland (1971); L. Allegra (1987); A. Carrino (1995). Su questi aspetti cfr. soprattutto E. SERENI, Il capitalismo nelle campagne (1860-1900), Torino, 1947 e dello stesso Storia del paesaggio agrario italiano, Bari, 1961.
ASF, Catasto generale della Toscana, Tab. indicativa. Per l'intera comunità cfr. C. PAZZAGLI, L'agricoltura toscana nella prima metà dell'Ottocento. Tecniche di produzione e rapporti mezzadrili, Firenze, 1973 e G. Biagioli. Sul catasto v. G. BIAGIOLI, L'agricoltura e la popolazione in Toscana all'inizio dell’Ottocento. Un'indagine sul catasto particellare, Pisa, 1975.