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Comportamento dei predittori di mortalità

ACIDO LATTICO

Enfatizziamo che i livelli di lattato nelle prime 24 ore di evoluzione si raccolsero nei malati del nostro campione con MODS, e in questi pazienti si utilizzò più frequentemente la ventilazione meccanica invasiva. Ulteriormente nel nostro campione tutti quelli hanno compiuto i criteri di SDRA hanno associato fallimento multiorgano. I livelli di lattato sono stati relazionati con un indice di sopravvivenza. I ricoverati che hanno registrato maggior lattacidemia durante le prime 24 ore associarono un alto tasso di mortalità (lactato >7, 76.7% vs lactato< 7, 41.8%, p.000). infatti i malati con un maggior livello di lattato al momento del ricovero (lactato >7) presentarono più alto tasso di morte o di dipendenza (82.8% vs 64.3%, p.05).

Trzeeciak et al in uno studio condotto in 87 pazienti con shock e misurazione dei valori di lattato alla ammissione in UTI, dove posteriormente, dopo il recupero o la morte degli pazienti, hanno trovato che i sopravvissuti hanno presentato ridotti valori di lattato nelle prime 24 ore, rispetto ai morti, ma senza mostrare una significazione statistica. Secondo il momento della valutazione i valori elevati di lattato sono stati predittore di mortalità, concludendo che il lattato come valore tempestivo e valore evolutivo può essere utile, come marcatori comunemente utilizzati, durante l’esame fisico e come scale di valutazione con una corretta rianimazione nei pazienti con shock settico. Ciò permette di valutare il grado di aggressività del trattamento, e anche può oggettivare e anticipare situazioni fatali [117].

L’acido lattico si è guadagnato con il tempo un riconoscimento sempre maggiore come marker prognostico del paziente acuto. La disponibilità di sistemi point-of-care per dosarlo garantisce la possibilità di conoscerne i valori in tempo reale, permettendo di agire tempestivamente nei pazienti instabili. Valori superiori di lattato sono asociati a una maggiore mortalità in una ampia coorte di pazienti ricoverati con più di 65 anni independentemente della presenza o assenza di sepsi [118].

Consultando la bibliografia, il lattato come marcatore di sopravvivenza e mortalità sempre è stato misurato in pazienti politraumatizzati o chirurgici e l’impiego di acido lattico come marcatore nella ipoperfusione occulta e il suo rapporto con l’insufficienza multipla d’organo (MODS) e / o la mortalità sono oggetto di dibattito. Secondo Monany et al, non vi è alcuna differenza tra l’acido lattico iniziale in pazienti con e senza MODS, aumentando alle 24 ore in quelli con MODS (17,8 vs 26,7), in pazienti con acido lattico o con peggioramento della malattia rimane più alta la mortalità 24h, (25% contro il -17,1% 6,3% -0,8%), in aumento anche la percentuale di pazienti con MODS ei pazienti emodinamicamente stabili, anche la mortalità è più elevata quando l’acido lattico peggiora o rimane patologico nelle prime 24 ore (23,8% -19,2% vs 8,8% -0%) con più alta percentuale di MODS (38 , 1% vs 10,9% -26,9% - 7,6%). Si concluse che l’evoluzione di acido lattico nelle prime 24 ore nei traumi multipli è correlata alla mortalità e MODS, anche quando il paziente è emodinamicamente stabile. [119].

In uno studio prospettico, osservazionale Marty et al, inclussero novantaquattro pazienti ricoverati in terapia intensiva chirurgica, per sepsi grave o shock settico, in questa coorte

settica, si è misurato la concentrazione di lattato nel sangue nelle prime 24 ore al ricovero in terapia intensiva e il lattato tardivo, risultando che nelle prime 24 ore in terapia intensiva, la clearance del lattato è stato il migliore parametro associato con un di tasso di mortalità ai 28 giorni nei pazienti settici, raccomandando che l’uso nel protocollo di terapia il lattato deve essere considerato in pazienti settici, anche dopo “the early golden hour”[120], anche per noi il lattato ha avuto il ruolo di marcatore predittivo nel nostro campione.

VAP

L’incidenza delle VAP in Italia nel 2010 è stata di 9.3 casi x 1000 giornate di ventilazione meccanica ed il dato è sovrapponibile [69]. Nel nostro campione lo sviluppo di eventi infettivi concomitanti a implicato un aumento del rischio di morte, ma senza raggiungere la significatività statistica. Nel caso di VAP il tasso di morte o di dipendenza è stata 74,1%.

Nello studio di 34472 pazienti, l’infezione era presente nel 12,6%, con un elevato livello in UTI e mortalità ospedaliera 29,4% e 38,7%, rispettivamente. In 3148 pazienti sono stati segnalati una o più infezioni come acquisite in UTI con un’incidenza complessiva del 9,1% e una mortalità in terapia intensiva e ospedaliera del 27,2% e 35,1%, rispettivamente, la polmonite associata a ventilazione è stata l’infezione più frequentemente diagnosticata (8,9 / 1000 giorni di ventilazione), l’infezione da catetere è stata segnalata con una bassa incidenza (1,9 / 1000 centrali giorni catetere venoso), dei quasi più di 5000 microrganismi isolati 20% sono stati classificati come multi resistenti ai farmaci, il microorganismo più frequente fu il meticillino-resistente Staphylococcus aureus [30].

Dal rapporto GIVITI (Gruppo Italiano per la Valutazione degli Interventi in Terapia Intensiva) del 2010 risulta che il 70% circa dei pazienti ricoverati nelle UTI viene sottoposto a ventilazione meccanica. Coincidendo con lo riportato per alti autori, sul tema, dove la polmonite nosocomiale è causa di alcuni microrganismi ad alto rischio: Pseudomonas aeruginosa, Acinetobacter sp, Xanthomonas maltophilia, comportando un fattore di rischio indipendente per la mortalità ospedaliera tra i pazienti che necessitano di ventilazione meccanica prolungata.

Uno studio francese (Chastre 2003) di trattamento associato a VAP, confrontò fra 8 e 15 giorni di trattamento 401 pazienti con VAP dove la sepsi documentata microbiologicamente, non mostrò alcuna differenza nella mortalità 18,8 e 17,2%, o la presenza ripetuta di infezione 28,9 e 26%. Il pronostico di sepsi in relazione con Gram negativi come Pseudomona aeruginosa presentò un tasso elevato di recidiva 40,6% vs. 25,4% nel trattamento di 8 giorni [121].

Un totale di 34,914 pazienti controllati dei quali 3.450 (9,9%) aveva acquisito un’infezione nosocomiale durante la sua degenza in terapia intensiva (16.0 infezioni per 100 pazienti). In 682 (19,8%) pazienti, per un totale di 775 episodi infettivi in cui uno dei microrganismi isolati è S. aureus, sono stati documentati (incidenza cumulativa 2,2 episodi di S. aureus 100 pazienti). C’era una predominanza di infezione da S. aureus in pazienti con polmonite associata a ventilazione meccanica (21,4%) e in pazienti con batteremia da catetere (13%). La mortalità in pazienti con infezione da S. aureus era significativamente superiore a infezioni causate da altri microrganismi, e in entrambi i casi superiori rispetto ai pazienti senza infezione (34,5%, 30,3% e 10,7%, rispettivamente). In 208 (30,5%) pazienti, le infezioni dovute a Staphylococcus aureus meticillino resistente sono stati diagnosticati, che a sua volta aveva aumentato significativamente nel corso degli anni (p = 0.001). La mortalità nei pazienti con infezione da S. aureus meticillino-resistente è stata pari al 35,1% rispetto al 34,2% nei pazienti con infezioni da S. aureus sensibili alla meticillina.

S. aureus è stato isolato in 19,8% dei pazienti con infezione ICU acquisita, in particolare in relazione alla polmonite nei pazienti sottoposti a ventilazione meccanica. La mortalità in pazienti con infezione da S. aureus era superiore a quella nei pazienti con infezioni dovute ad altri microrganismi. Al contrario, le differenze nella prognosi di pazienti con infezioni causate da meticillina-sensibili o meticillina-resistenti di S. aureus non sono stati trovati. [68].

Rello e coll 2003, in un studio nell’ Ospedale Universitario Joan XXIII, Tarragona, Spagna, riguardante al comportamento dei patogeni in pazienti con VAP e polmoniti fanno riferimento che Pseudomonas aeruginosa è il patogeno più rappresentato come complicazione infettiva in pazienti critici sottoposti a ventilazione meccanica e richiedenti una tracheostomia.[122].

Nei nostri pazienti la percentuale di VAP è stata riportata elevata dovuta alle caratteristiche di questi pazienti e in relazione ad alcune peculiarità cliniche che fanno di questa terapeutica il suo uso in particolari situazioni.