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Sepsi severa e shock settico in terapia intensiva

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DI PISA

DIPARTIMENTO DI PATOLOGIA CHIRURGICA, MEDICA,

MOLECOLARE E DELL’AREA CRITICA

Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia

TESI DI LAUREA:

Sepsi grave e shock settico in terapia intensiva.

Relatore: Professore Francesco Forfori Candidato: Yadiria Fontaine Semanat

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1. Introduzione………pag. 5

2. Definizioni………..pag. 6

3. Concetti generali sulla fisiopatologia della sepsi…………....pag.10 4. Comportamento epidemiologico e mortalità

della sepsi………...pag.16 5. Gestione precoce del paziente

con sepsi grave e shock settico in ogni settino/ i bundles…..pag.22 6. Uso della antibioticoterapia empirica nella sepsi …………...pag.28 7. Approcio clinico del paziente settico………..pag.31 8. Sorveglianza del lavaggio delle mani nel bundles ………….pag.31

9. Sepsi e VAP………pag.33

10. Comportamento glicemico e infezioni………pag.36 11. Considerazione generali della malattia

renale nella sepsis………...pag.36

12. Considerazione nell’efficacia

delle immunoglobulina in shock settico………..pag.39 13. Sepsi e la relazione con la microcircolazione

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14. Caratteristiche peculiari negli anziani………pag.49

15. Considerazioni pediatriche……….pag.51

16. Studio……….pag.56 17. Materiali e metodi ...pag.57 18. Risultati e discussioni……….pag.59 19. Conclusioni………pag.85 20. Bibliografia ...pag.86

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1. INTRODUZIONE

La sepsi è un’ importante causa di mortalità e morbilità specialmente quando si evolve allo shock settico e disfunzione multi organica (MO), e determina elevati costi ospedalieri, soggiorni prolungati tanto in Unità di Terapia Intensiva (UTI) come nell’ospedale, e una diminuzione nella qualità di vita dei sopravvissuti [1,2].

Oggi la sepsi viene considerata come una risposta infiammatoria sistemica esagerata (SIRS) dovuta a una infezione osservata oppure sospetta. La sepsi diventa severa se a questa risposta infiammatoria si associa un danno d’organo, ed infine viene definito shock settico, una condizione in cui l’ipotensione indotta dalla sepsi non è trattabile mediante fluido terapia, anzi necessita di una terapia di supporto (3).

Lo shock settico è la manifestazione più grave di una infezione. Questa si produce come conseguenza di una risposta infiammatoria sistemica severa che porta ad un crollo cardiovascolare e/o micro circolatorio e a ipoperfusione tissulare. L’ipoperfusione costituisce l’elemento centrale che definisce la condizione di shock e questa deve essere rilevata in maniera urgente dall’attenzione iniziale. La valutazione della perfusione periferica, la diuresi, la misurazione del lattato e della saturazione venosa centrale sono i principale strumenti per valutare la perfusione sistemica.

La rianimazione deve cominciare in forma immediata con l’amministrazione aggressiva dei fluidi, la quale può essere guidata per i parametri dinamici di risposta ai fluidi e, continua fino a normalizzare e ottimizzare le mete di perfusione, in forma parallela si deve iniziare la terapia con vasopressori in caso di ipotensione marcata essendo l’agente di elezione noradrenalina e connettare precocemente al paziente a ventilazione meccanica di fronte a ipoperfusione severa che non risponde a fluidi, oppure di fronte ad un aumento nel travaglio respiratorio. Ulteriormente il focolaio contagioso deve essere trattato aggressivamente iniziando antibiotici il prima possibile. (1)

Fino agli anni 90 non è stata uniformata nella definizione, malgrado l’elevato impatto clinico e sociale. Nel corso degli anni internisti, infettivologi, intensivisti hanno usato

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diverse terminologie per individuare situazione cliniche simili e spesso sovrapponibili, a complicare il quadro esistono patologie non infettive che simulano il quadro di sepsi, tra il 1991 e il 2003 nel documento della Consensus Conference dell’American College of Chest Physician (ACCP) e la Society of Critical Care Medicine (SCCM) venne introdotto il concetto di Sindrome della Risposta infiammatoria Sistemica (SIRS) [4], a posteriori sono migliorati altri concetti relazionati a Sepsi, Sepsi grave, Sindrome di disfunzione d’organo multipla (MODS) e Shock settico supportato dalle Linee Guida di Sepsi e shock, basate sulle raccomandazioni per la migliore la cura dei pazienti con sepsi grave. Anche se un numero significativo di aspetti della cura ha il supporto relativamente debole, raccomandazioni basate sull’evidenza per quanto riguarda la gestione della fase acuta della sepsi e shock settico sono alla base del miglioramento dei risultati di questo importante gruppo di pazienti in condizioni critiche.

Nell’epidemiologia e sorveglianza della sepsi/infezioni nelle unità di terapia intensiva (UTI), la sepsi in generale può̀ essere definita una condizione abbastanza comune nei reparti di terapia intensiva. L’epidemiologia è difficile da determinare in quanto si tratta di una sindrome non sempre riconducibile ad una diagnosi primaria ma il più delle volte si manifesta come complicanza di altre patologie per cui è ipotizzabile che il numero dei casi conosciuti sia minore rispetto ai casi reali.

Negli State Uniti è attivo dal 1986 nell’ambito del National Nosocomial Infection Survellance System (NNIS) coordinato dai Centers for Desease Control di Atlanta un programma di sorveglianza specificamente mirato alle terapie intensive (CDC 1999-2001), questo sistema rivela dati su infezione urinarie, polmonite e batteriemia in relazione alla durata dell’esposizione a specifiche procedure invasive e stratifica i dati per tipo di terapia intensiva, per tenere conto di differenze nel case mix, dal 1994 il programma di sorveglianza si è ampliato a includere anche le resistenze in associazione all’uso di antibiotici [5].

La sepsi rappresenta una delle cause più frequenti di ricovero in terapia intensiva e di morte tra la popolazione adulta nei paesi occidentali. In Italia, i dati provenienti dal Progetto Margherita del Gruppo di Valutazione degli Interventi in Terapia Intensiva (GiViTI), indicano che l’incidenza di sepsi grave e shock

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settico nelle Terapie Intensive Italiane è rispettivamente del 2,8% e del 6% con una mortalità̀ intraospedaliera del 60% nei pazienti in shock settico.

Pertanto una sempre maggiore attenzione è stata posta sul management acuto della sepsi grave e dello shock settico, condizioni che rappresentano lo stadio finale del

deterioramento sistemico di infezioni gravi.

Ugualmente a quanto osservato in altre patologie (politrauma, infarto miocardico, ictus cerebrale) la velocità e l’appropriatezza delle terapie messe in atto nelle ore iniziali dopo la diagnosi, influenza in modo determinante il risulto. Trials clinici hanno infatti identificato nuovi approcci metodologici che, quando applicati prontamente, sembrano ridurre la mortalità̀ e molti degli interventi proposti si riferiscono a terapie che vanno oltre agli antibiotici, dirette alla rianimazione emodinamica o indirizzate agli effetti avversi della cascata infiammatoria [6].

Le maggioranza delle Società̀ scientifiche internazionali di cure intensive (International Sepsis Forum, European Society of Intensive Care Medicine, Society of Critical Care Medicine) nel 2004 a Barcellona hanno dato il via ad un progetto internazionale denominato “Surviving Sepsis Campaign” (SSC, www.survivingsepsis.com) con l’obiettivo di trovare le migliore strategie dirette a migliorare la sopravvivenza e di ridurre la mortalità̀ dei pazienti con sepsi del 25% in cinque anni.

Dopo la pubblicazione delle linee guida basate sull’evidenza nel 2004 (aggiornate nell’anno 2008 e 2012,), la SSC è così entrata nella terza fase che prevede la implementazione delle linee guida nelle diverse realtà locali. Questo rappresenta il riferimento essenziale e costituisce il nostro punto di partenza così come la conoscenza della situazione attuale nella nostra realtà̀ ospedaliera [7].

Il GiViTI (Gruppo italiano per la Valutazione degli interventi in Terapia Intensiva), coordinato dal Laboratorio di Epidemiologia Clinica, da anni promuove la ricerca sulla qualità di cura dei reparti di Terapia Intensiva. Fulcro di queste attività è il Progetto Margherita. Si tratta di un progetto di valutazione continua della qualità dell’assistenza, basato su un software di raccolta dati prodotto e sviluppato all’interno del Laboratorio e distribuito gratuitamente a tutte le TI iscritte. Il software è stato realizzato con una

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struttura modulare, che permette di integrare facilmente la raccolta dati di base (il “core” della Margherita) con raccolte dati relative a progetti di ricerca specifici (i “petali” della Margherita). Le Terapie intensive che hanno partecipato allo studio nel 2009 sono 230 e i pazienti registrati più di 77.000.

Nel Novembre 2008 lo studio della qualità dell’assistenza in terapia intensiva è stato aperto ad altri paesi mediante il progetto europeo PROSAFE (Promoting patient safety and quality improvement in critical care http://prosafe.marionegri.it) finanziato dalla DG-SANCO della Commissione Europea. I paesi coinvolti nel progetto sono: Italia, Cipro, Germania, Polonia, Slovenia, Ungheria, UK. Una collaborazione internazionale con il Brasile è inoltre stata messa in atto grazie ad un finanziamento dell’ASL2 di Torino.

Le Terapie intensive coinvolte nel progetto si iscrivono alla rete mediante un sistema di gestione sul web che permette loro di ottenere le credenziali per scaricare ed attivare gratuitamente il software necessario alla raccolta dati. Questo software utilizza un’elaborata architettura che permette ai centri una sincronizzazione automatica dei dati con il centro di coordinamento nazionale ed internazionale. Questo strumento permette il confronto tra la propria performance e quella degli altri reparti aderenti al progetto e promuove un approccio di auto valutazione.

I dati raccolti attraverso il progetto PROSAFE sono stati strutturati in diversi Case Report Form (CRF) per consentire la raccolta obbligatoria delle variabili più importanti (“core data”) e separare le opzionali raccolte dati aggiuntive (i “petali” nazionali ed internazionali). Inoltre il “core data” si divide in “core data internazionale”, comune a tutti gli stati partecipanti, e “core data nazionale” che include le variabili aggiuntive che ogni centro appartenente ad una determinata nazione deve obbligatoriamente compilare. Per contemplare i casi di raccolta dati non permanenti, ma solo per un breve periodo di tempo, ogni CRF e ogni variabile inserita nel CRF è caratterizzata da un periodo di visibilità temporale che consente di visualizzare e compilare il singolo CRF (o variabile) solo all’interno di un intervallo prestabilito di tempo.

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Il sistema PROSAFE contiene inoltre un elaborato strumento di controllo errori e validità di ogni singola variabile assicurando così la qualità dei dati raccolti.

I dati raccolti dalle TI aderenti alla rete PROSAFE vengono analizzati dal centro di coordinamento internazionale GiViTI. Report nazionali e internazionali contengono i risultati delle analisi statistiche consentendo ai partecipanti al progetto di effettuare confronti delle proprie performance con la qualità di cura offerta dalle altre TI aderenti alla raccolta dati.

Il progetto PROSAFE aveva previsto la sua finalizzazione alla fine del 2011 consentendo di avere almeno un anno di raccolta dati. In seguito le TI aderenti al progetto continuarono a raccogliere i dati mediante lo strumento informatico di cui sono state dotate. Ogni centro di coordinamento nazionale sarà in grado di integrare ed aggiornare le schede di raccolta dati ed effettuare le analisi statistiche quando necessario. Il GiViTI porterà avanti l’attività di ricerca sulla qualità dell’assistenza in Terapia intensiva utilizzando come strumento informatico il sistema sviluppato durante il progetto PROSAFE. Ulteriori opportunità per collaborazioni internazionali in questo ambito sono attualmente in valutazione [6].

In questo contesto e importante conoscere l’epidemiologia, presentazione clinica e fattori che influiscono nel pronostico a lungo termine in pazienti settici specialmente vulnerabili come la popolazione anziana con l’obiettivo di orientare le decisione del trattamento e valutare le scale di pronostici così come determinare predittori indipendenti di sopravvivenza nei primi anni dopo la degenza ospedaliera.

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2. DEFINIZIONE

Per interpretare correttamente la clinica e i risultati dei trial terapeutici disponibili, e anche per utilizzare un linguaggio comune, è necessario definire in modo preciso i termini di SEPSI, SEPSI SEVERA, SHOCH SETTICO, MODS, le scale PIRO, SOFA, APACHE, SAPS ADRS,

1. Infezione: Un processo patologico causato dall’invasione di fluidi corporei, tessuti o cavità dell’organismo, normalmente sterili, da parte di microorganismi (virus, batteri, funghi) patogeni o potenzialmente patogeni. La riposta infiammatoria che ne consegue realizza una condizione di malattia localizzata o sistemica con danno delle cellule o tissutale.

2. Batteriemia: Batteri presenti nel sangue, evidenziati di emocultura.

3. Setticemia: E sinonimi di batteriemia, ma spesso viene utilizzato per indicare condizioni clinicamente più gravi. Presenza di microorganismi o delle loro tossine nel sangue.

4. Sepsi Risposta infiammatoria sistemica all’infezione (S.I.R.S. –Systemic inflammatory response syndrome): infezione associata a manifestazioni infiammatorie sistemiche (1991) e/o a segni di sepsi (2001).

5. Sepsi Severa: Sepsi complicata da disfunzione d’organo – sepsi correlata o da ipotensione o da ipoperfusione tissutale. (La “soglia” di questa disfunzione varia da uno studio all’altro).

6. Shock settico: Sepsi complicata da ipotensione – sepsi correlata refrattaria all’adeguato riempimento volemico e/o da ipoperfusione tissutale.

7. Ipotensione sepsi – correlata - PA sistolica < 90 mmHg. - PAM < 60 mmHg. - Riduzione PAS > 40 mmHg rispetto ai valori basali o < di 2 DS al di sotto dei valori

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normali per l’età in assenza di altre cause di ipotensione. Ipoperfusione tissutale sepsi – correlata - Shock settico - Lattati > 4 mml./l. - Oliguria (output urinario < 0,5 ml./Kg./h.)

8. Sindrome da disfunzione d’organo (MODS). Presenza della funzione dell’organo alterata in un paziente in fase acuta, in modo tale che l’omeostasi non può essere mantenuta senza l’intervento. [7, 8]

SIRS con presunto o confermato processo infettivo

Una risposta clinica ad un insulto non specifico che include due dei criteri critici: TC ≥ 38° C o ≤ 36° C FC ≥ 90 bpm FR ≥ 20 apm Globuli bianchi ≥ 12000/mm3 o ≤ 4000/mm3 o Neutrofili immaturi ≥ 10%

La disfunzione degli organi (MOF) è causata da ipoperfusione, che è probabile se coesistono oliguria, acidosi lattica, alterazione dello stato mentale.

Infezione/ Trauma/

Agenti fisici (caldo)

FRAGILITA’

SIRS

SEPSI

SEPSI SEVERA

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Le scale di gravità sono state disegnate principalmente per determinare la mortalità. Tra queste le due più usate e più diffuse sono APACHE (Acute physiology and chronic health evaluation) nelle sue diverse versione e il SAPS (Simplified acute physiology score) I tassi di disfunzione organica nel suo sviluppo, i suoi obbiettivo non sono fissati nella mortalità, anzi rimangono centrati nella morbilità, nelle complicanze e gli eventi sviluppati nel periodo di ricovero

Il SOFA score (sequential organ faillure assement) : da tutti gli indici di disfunzione d’organo è il punteggio più utilizzato. Utilizzando meno variabili di altre scale, è il più semplice da raccogliere. È anche efficace e correla bene con la sopravvivenza quantitativa e oggettiva, che si riflette ampiamente nella letteratura. Ma non solo il SOFA al momento del ricovero, ma i loro punteggi derivati sono stati convalidati per la mortalità, la presentazione da una buona e eccellente discriminatoria.

Multiple organ dysfunction score (MODS). Identifica i descrittori ottimi di ogni organo. È anche un meccanismo di punteggio di sistema organico (respiratorio, cardiovascolare, renale, epatico, ematologico y neurologico).

La principale differenzia tra SOFA y MODS è il modo di valutare il grado di disfunzione cardiovascolare.

SISTEMA DI PUNTEGGIO PIRO: PIRO concept (Predisposition, Infection, Response, Organ dysfuncion) di recente creazione, proposto nell’ anno 2001, stratifica i pazienti sulla base delle loro condizioni

P (predisposizione): età (meno di un anno o più di 65 anni), malnutrizione, ipotermia, malattia cronica, alcolismo, terapia immunosoppressiva, procedure invasive, la presenza di alcuni tra i più di 30 geni che sono stati studiati e le cui polimorfismi sono correlati alla sepsi, infezioni gravi o infiammazione.

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Infezione: la ricerca di un fuoco e culture ottenendo una prognosi peggiore se c’è polmonite, peritonite, cocchi positivi, bacilli batteriemia aerobica o primario gram-negativi.

Risposta: indagare gli indicatori fisiologici di sepsi, sepsi grave e shock settico che riflettono la reazione del paziente alle infezioni e risposta infiammatoria sistemica. Organo: (disfunzione) intensità, numero e successione degli organi coinvolti, “la presenza di disfunzione d’organo equivale alla presenza di tumore metastatizzato”.

Sindrome del distress respiratorio acuto (ARDS): La sindrome del distress respiratorio acuto (ARDS) è una malattia acuta grave del polmone, che di solito si manifesta in terapia intensiva (ICU). Questa definizione è stata sostituita dalla definizione di Berlino del 2012, che ha revisionato i criteri AECC. Il limite iniziale dell’ARDS è ora stabilito nei 7 giorni dall’evento patogeno o dall’insorgenza o peggioramento dei sintomi respiratori. Rimane indispensabile la presenza di “opacità” bilaterali radiologiche, mentre altre cause, come versamenti, noduli e il collasso completo o parziale di un lobo polmonare o di un intero polmone dovrebbero essere escluse [9].

La ARDS valuta una scala di gravità

lieve (rapporto PaO2 / FiO2 superiore a 200mmHg, ma inferiore a 300mmHg moderata ( rapporto di PaO2 superiore a 100mmHg, ma inferiore a 200mmHg grave ( rapporto PaaO2 / FiO2 non superiore a 100mmgHg

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3. CONCETTI GENERALE SULLA FISIOPATOLOGIA DELLA SEPSI

La complessa fisiopatologia della sepsi non è stata ancora completamente chiarita [10]. La risposta infiammatoria inizia con la colonizzazione e proliferazione di microrganismi in un sito tissutale, con rilascio di enzimi esogeni e tossine, che attivano e promuovono il rilascio da parte dei macrofagi di mediatori endogeni (citochine) che, andare oltre la normale risposta infiammatoria, danno vita ad un processo caotico (caratterizzato cioè da una risposta non proporzionale allo stimolo) in cui vari nodi (sistemi molecolari, cellulari e d’organo) e diversi sistemi (infiammazione, coagulazione, fibrinolisi) si influenzano reciprocamente [11].

Ci sono individui che sono suscettibili alle malattie più di altri, esistono dati sufficienti per pensare che sia il rischio di contrarre un’ infezione come il rischio di sviluppare gravi complicazioni che sono determinati da fattori genetici ospitanti. Questi includono difetti di singoli geni che influenzano i recettori delle cellule, varianti genetiche che alterano la funzione dei vari mediatori immunitari, fisiologiche e metaboliche oppure specifici polimorfismi del DNA di alcune regioni del gene.

La patogenesi della sepsi è complessa; l’evento iniziale è l’ingresso nell’organismo di una dose elevata di antigeni batterici nel circolo sanguigno; questo è possibile quando un’infezione severa oltrepassa la soglia limite di difesa dell’ospite.

Il sistema immunitario (SI) dell’ospite riconosce le molecole extracellulari dei microrganismi [12]. La più studiata, in quanto più frequentemente coinvolta, è l’endotossina o lipopoli- saccaride batterico (LPS), molecola della membrana esterna dei batteri gram-negativi; in circolo essa si lega alle lipoproteine ad alta densità (HDL); altri antigeni coinvolti nell’attivazione del SI sono l’acido lipoteicoico (LTA), presente nella membrana dei gram-positivi, e gli ergosteroli, caratteristici delle cellule fungine. Il terzo momento è caratterizzato dall’attivazione del sistema monocitico macrofagico e dei linfociti presenti nei tessuti linfoidi; ciò comporta la produzione di fattori solubili che attivano altre cellule; i meglio caratterizzati sono le citochine proinfiammatorie: Tumor Necrosis Factor-a (TNF-α), Interleuchina (IL) IL-1b e IL-6. Una volta attivati, i macrofagi sono le cellule secretorie per eccellenza del SI; secernono almeno cento

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sostanze, di dimensioni molto variabili, dall’anione superossido (la più piccola) alla fibronettina (la più grande). I macrofagi producono anche IL-12, che attiva le cellule Natural Killer e i linfociti T, che a loro volta producono Interferone-γ che attiva i macrofagi; ciò realizza un processo di amplificazione della reazione infiammatoria. L’ IL-1b, IL-6 e TNF-α predicono il danno tissutale, l’entità della flogosi e la presenza di infezione e batteriemia.

I patogeni classicamente responsabili di sepsi severa sono i batteri Gram-negativi e le loro endotossine (lipopolisaccaride (LPS)). Inoltre, è stato dimostrato che anche il componente della parete batterica dei Gram-positivi (peptidoglicani, acido teicoico) o dei funghi e le esotossine (tossina 1 della sindrome da shock tossico (TSST-1)) possono attivare la cascata infiammatoria. Queste molecole legano recettori sulla membrana cellulare e recettori solubili (CD14, MBP (mannose binding protein), TLR (toll-like receptor), inducendo un’eccessiva produzione e rilascio di mediatori pro-infiammatori come il TNF-alfa (tumor necrosis factor), Interleuchina-1 (IL-1) Interleuchina-6 (IL-6) ed altri. Il primo organo bersaglio nell’attivazione di uno stato settico è proprio l’endotelio vascolare; l’azione sulle cellule endoteliali mediata da citochine e dall’adesione dei batteri all’endotelio stesso porta all’espressione di molecole cui si legano i neutrofili circolanti con lo scopo di fagocitare i batteri adesi alla parete vascolare.

La fagocitosi di cellule batteriche presenti sulla parete vascolare è poi causa di danno alla parete stessa, con fenomeni quali l’uscita di liquidi, la deplezione del volume intravascolare, l’adesione delle piastrine con riduzione delle piastrine circolanti (piastrinopenia) e conseguente attivazione dei processi coagulativi (allungamento del tempo di protrombina, D- Dimero elevato). La compromissione dell’integrità dell’endotelio vascolare induce alterazioni nel trasporto di ossigeno e CO dalle cellule, con conseguente ipossiemia, aumento di acido lattico e acidosi metabolica.

Mentre la fase precoce della sepsi è caratterizzata da una eccesiva reazione iper-infiammatoria del sistema immunitario, successivamente il rilascio di effettori anti-infiammatori (IL-4, IL- 10, IL-13, cortisolo ect, ) può indurre una sindrome compensatoria anti-infiammatoria. A seguito di questa reazione compensatoria possono

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manifestarsi anergia o immunosoppressione. E’ stato infatti osservato anche un esteso processo apoptotico a carico dei linfociti, confermato anche da studi su animali. I pazienti con sepsi sono generalmente linfopenici e dall’analisi autoptica di alcuni tessuti si osserva una riduzione selettiva dei linfociti B e linfociti T CD4. Questo processo e le sue conseguenze funzionali determinano uno stato generale di immunosoppressione, che può essere considerato come una risposta non equilibrata allo stato pro-infiammatorio iniziale, responsabile, in ultima analisi, della inadeguata risposta dell’ospite nel combattere l’infezione e della progressiva insufficienza di molti organi [13].

La disfunzione d’organo nella sepsi severa dipende direttamente dall’effetto citotossico dei mediatori dell’infiammazione, dalle tossine batteriche, dalla ipossia tissutale, dalla contemporanea presenza di processi coagulativi e di depressione dei sistemi inibitori, la coagulazione stessa, che possono evolvere fino ad una vera e propria coagulazione intravascolare disseminata [14]. La deregolazione dell’attività̀ fibrinolitica induce la formazione di microtrombi che alterano la perfusione d’organo, inducendone la disfunzione. Lo stato di insufficienza di numerosi organi risulta essere la causa di morte in pazienti con sepsi. Generalmente questi pazienti sviluppano dapprima la disfunzione di un solo organo, che si trasforma rapidamente in Multiple Organ Failure (MOF). Esiste una stretta correlazione tra il numero di organi coinvolti e il rischio di morte: se quattro o cinque organi sono danneggiati la mortalità è superiore al 90%. La sepsi rappresenta un grave carica per la salute pubblica sia in termini di vite umane che di costi. Risulta difficoltoso avere accurati dati epidemiologici sulla sepsi sia relativamente alla distribuzione demografica che rispetto alle variazioni temporali di incidenza ed esito a causa dell’eterogeneità dei pazienti e perché spesso la sepsi viene indicata come complicanza di altre malattie e non come sindrome a sé stante [13].

La sepsi (SIRS + infezione) si può definire come quella serie di condizioni cliniche determinate dalla reazione immunitaria contro un agente patogeno che determina un susseguirsi di reazioni pro-infiammatorie e pro coagulative che sfociano in una coagulopatia sistemica, la cui manifestazione più grave è la coagulazione intravascolare disseminata (CID) [15].

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Il primo organo bersaglio di un qualsiasi processo settico è l’endotelio vascolare la cui alterazione porta alla formazione di micro trombi, con conseguente occlusione dei capillari, ipossia e necrosi tessutale. Si innesca, quindi, un circolo vizioso sistemico che evolve in breve tempo verso condizioni di progressiva gravità; rapidamente, infatti, dalla sepsi si passa a un quadro di sepsi severa (sepsi + danno d’organo), in cui si manifesta l’insufficienza viscerale. L’estrema gravità è rappresentata dallo shock settico (sepsi severa + ipotensione + farmaci vasoattivi) espressione di insufficienza multiorgano (multi organ dysfunction syndrome (MODS) [16]. La cascata infiammatoria è causata dal rilascio di alcuni composti endogeni chiamate citochine. Questi peptidi danno luogo a reazioni immunologiche complesse, dovrebbero superare i meccanismi di controllo naturale e possono portare a insufficienza d’organo e potenzialmente, la morte. Essi sono descritti con i nomi citochine interleuchina (IL), mentre altri mantengono la loro descrizione biologica originale come è il caso di fattore di necrosi tumorale (TNF-α), esistono citochine che promuovono l’infiammazione e che sono chiamate citochine proinfiammatorie quali TNF - α , IL- 1, IL- 8, altri inibiscono l’attivazione di citochine infiammatorie [17], e sono designati come IL- 6 , IL- 4 , IL- 10 e IL- 13 che agiscono a titolo nei processi biologici . Interferone ( INF - γ ) è un altro esempio di quest’ultimo, anche se di solito tende a considerare come proinfiammatorie perché aumenta l’attività di TNF - α e induce la sintesi di ossido nitrico (NO) [18].

La risposta infiammatoria nonostante la complessità, può produrre un diagramma ragionevole di eventi biochimici che si verificano nella sepsi [19], la presenza di microrganismi o endotossina / lipopolisacaridasa (endotossina /LPS), oltre ad attivare complemento, provoca l’attivazione dei macrofagi, che sintetizzano TNF-α, che è legata soprattutto al polmone, reni e fegato, stimolando la produzione di linfociti, macrofagi e cellule endoteliali (anche se non solo in essi) di interleuchine, interferone, fattore stimolante delle colonie dei neutrofili (FECN) e delle piastrine fattore attivante (PAF ). Interferone e IL-1 stimolano la sintesi e il rilascio di ossido nitrico endoteliale. Tutti questi mediatori menzionati, insieme con il complemento attivato inducono la chemiotassi dei neutrofili in organi bersaglio (polmone, fegato e rene), che porta alla sua attivazione. Attivazione del complemento porta anche a degranulazione dei mastociti,

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rilasciando istamina e serotonina e l’attivazione del sistema callicreina (KK), con produzione di bradichinina. L’attivazione dei neutrofili ha due conseguenze: la degranulazione con l’uscita del loro enzimi proteolitici e la produzione di radicali liberi, perossidazione ultimi derivano fosfolipidi della membrana cellulare, la conseguenza è la produzione di leucotrieni e prostanoidi, ultima stazione della cascata infiammatoria. Tutti questi mediatori infiammatori a causa delle loro azioni [20], sono la causa di disfunzione d’organo che caratterizzano il quadro clinico descritto di shock settico.

La disfunzione metabolica inibisce la respirazione mitocondriale, causando un’alterazione nell’utilizzo di ossigeno tissutale. La situazione di shock, insieme con le azioni di TXA2 e PGE2 9 prostaciclina, sono responsabili di acidosi lattica. A sua volta, il TNF - α stimola il rilascio di ormoni dello stress ( GH , ACTH e cortisolo ), con conseguente iperglicemia fase iniziale di shock settico e IL- 1 stimolato sintesi di ACT, cortisolo e insulina [14].

Grafico 1. La cascata infiammatoria e sock settico. Harrison. Principi di medicina interna 16a edizione (2006). “Capitolo 253. Il paziente in shock”. Harrison -McGraw-Hill.

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4. COMPORTAMENTO EPIDEMILOGICO E MORTALITÀ DELLA SEPSI La sepsi è una patologia molto frequente e presenta un’incidenza di circa 1,3-1,5 casi ogni 1000 abitanti, negli USA la sindrome settica colpisce più di 700.000 persone annualmente ed è responsabile di circa 200.000 morti ogni anno.

Attivazione dei macrofagi Degranulacion mastocitos

(istamina y serotonina) attiv.sist.kalikreina (k-k)

bradichinina

Sintesi del fattore di necrosi tumorale (TNF-a)

interleukinas (il-1,il-6,il-8,il-10) interferon (inf-y) ossido nitrico fattore attivatore plaquetario (paf) fattore stimolante di neutrofilos (fecn)

quimiotaxis neutrofilos en organos diana

attivazione di neutrofilos

degranulazione produzione di radicali liberi

O2

peroxidacion fosfolipidos de la menbrana

prostanoides (pgd2,pge2,pgf2,pgi2,prostaciclina (txa2) b-glucuronidasa elasta micolperoxidasa

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La prevalenza dei ricoveri varia notevolmente con l’età, con un picco a 82.1% per 100.000 individui, ma poi in declino coincide con un aumento della mortalità prima dell’ottavo giorno in pazienti altrimenti ammissibili, Kahn ha stimato un totale di 380.001 casi; 107.880 morti in ospedale e con un tasso alto di costi ospedalieri di 26 miliardi di dollari [21].

La mortalità̀ appare fortemente correlata alla gravità del quadro settico del paziente e aumenta progressivamente al progredire della sepsi verso lo shock settico e parallelamente all’aggravarsi dell’insufficienza multiorgano. Secondo le ultime stime l’incidenza sta aumentando a livelli compresi tra 1,5 e 8% ogni anno, probabilmente a causa dell’aumentato impiego di procedure invasive, di farmaci immunosoppressivi, di chemioterapici, di trapianti, dell’emergenza del virus HIV e di un aumento della resistenza microbica, tale sindrome si colloca al secondo posto come causa di morte in pazienti ricoverati in reparti di terapia intensiva e al decimo posto come causa di morte generale negli Stati Uniti. Inoltre è stato dimostrato come la sepsi riduca la qualità della vita. La sepsi rappresenta uno dei maggiori aggravi per il sistema sanitario americano con costi che si stimano intorno ai 17 miliardi di dollari ogni anno [1].

Negli USA vari studi hanno cercato di stimare l’incidenza della sepsi severa ottenendo diversi risultati. I più recenti gruppi di ricerca hanno confermato come la sepsi severa sia una patologia comune nei pazienti ricoverati nelle ICU. Un recente studio svolto negli Stati Uniti da Linde-Zwirble et al. ha preso in esame i casi di sepsi severa analizzando i dati provenienti dagli ospedali di 7 stati, una rappresentanza di circa il 25% della popolazione. I risultati di questa ricerca indicano che negli USA ci sono più di 750.000 nuovi casi di sepsi ogni anno che rappresentano dal 2,1% al 4,3% dei pazienti ospedalizzati e l’11% dei pazienti ricoverati in terapia intensiva. Le percentuali di mortalità riportate in questi studi nei pazienti con sepsi severa variano dal 28 al 50%, vuole dire che si produce un incremento annuale nell’ incidenza di sepsi dell’ 8.7%, elevando in maniera significativa i costi di attenzione: $ USD 22 100 per caso e $ USD 16 500 milioni di spese all’ anno per questo paese [22].

In Spagna si stima che che ci siano 40.000 casi di sepsi grave e 12.000 decessi all’anno, il numero di pazienti ricoverati nelle UTI è aumentato progressivamente, l’incidenza è di

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gran lunga maggiore negli anziani che nei pazienti giovani, questa differenza aumenta di più nel gruppo di età compreso tra i 75 e 79 anni, da sottolineare che i casi presentano differenza rilevante nelle sue caratteristiche demografiche e presentazione clinica [23] già un precedente lavoro svolto nel CM (Comune di Madrid) ha identificato una incidenza del 33,3 % per 10.000 casi di sepsi in maggiore di 18 anni in tre ospedali che servono una popolazione di 580.000 persone. In questo lavoro sono stati identificati tutti i casi di sepsi, anche se non sono stati ricoverati in terapia intensiva, di questi, il 29% ha sviluppato sepsi grave, si osserva che il costo nei pazienti morti è superiore (11,199.9) a quello dei pazienti che non sono morti (9494.1 euro), probabilmente a causa di una maggiore gravità derivante da questi pazienti e un maggiore sforzo terapeutico ricevuto. Comparativamente, il costo generato della sepsi grave nel Comune di Madrid è più di 70 milioni di €, è molto più alta all’attenzione per infarto miocardico acuto che è di circa 16 milioni di € [24].

Nelle UTI tedesche uno studio prospettico ha rilevato che la prevalenza di sepsi grave associata alla sindrome da disfunzione d’organo (MODS) era di circa il 12% di mortalità, e per coloro che sono sopravvissuti la qualità della vita era diminuita nel successivo anno e mezzo [25].

In Unione Europea si stimano 1,4 milioni di casi di sepsi all’anno con una mortalità variabile fra il 28% e il 50%. La maggior parte dei Paesi europei, inclusa l’Italia, a invece effettuato studi di prevalenza: la prevalenza di pazienti infetti varia da 6,8% a 9,3% nei diversi studi, quella di infezione da 7,6 a 10,3%. In media, quindi, il 5% dei pazienti ospedalizzati contraggono un’infezione durante il ricovero e dal 7% al 9% dei pazienti ricoverati ad un dato momento risulta infetto [26].

Dovuto all’interesse che ha generato la sepsi e i suoi costi, in Italia, la prevalenza di infezione ospedaliera era stata stimata nel 1983 in 131 ospedali a livello nazionale ed essere pari al 6,8% dei pazienti infetti e al 7,6% d’infezione [27]. Due successivi studi della regione Toscana (1986) e della città di Roma (1994) hanno stimato una frequenza di infezioni ospedaliere pari 6,4 e 6,3% rispettivamente. Tali stime sono inferiori a quanto riportato in altri Paesi europei, ciò deve essere probabilmente attribuito a una

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differenza nella popolazione ricoverata e a carenze diagnostiche, piuttosto che a un minor rischio di contrarre un’infezione ospedaliera. Nello studio romano del 1994, il 35% dei pazienti sono risultati essere ricoverati in attesa di trattamento: non essendo stati ancora sottoposti ad alcune procedura invasiva, questi pazienti erano a bassissimo rischio di infezione. Inoltre, la frequenza di pazienti con infezione sottoposti ad accertamenti diagnostici di laboratori era significativamente inferiore a quanto riportato in altri Paesi (ad esempio, la Gran Bretagna). In Italia il tasso di mortalità̀ è piuttosto elevato e compreso fra il 36% della sindrome settica e l’82% in pazienti con shock [27].

Lo studio SEPSI (Italia 1993-1994), analizzando 1/5 delle rianimazioni italiane, ha concluso che l’incidenza di sepsi, sepsi severa e lo shock settico all’ammissione in terapia intensiva è rispettivamente del 4,5%, 2,1% e 3 %. Considerando non solo la presenza di sepsi all’ammissione ma anche la sua comparsa in qualsiasi momento della degenza, queste percentuali salgono rispettivamente al 16,3%, 5,5% e 6,1%. Quindi risulta che la sepsi, a differenti livelli di gravità, interessa più del 20% dei pazienti ricoverati in terapia intensiva per ragioni sia mediche che chirurgiche. Alcuni studi hanno evidenziato come la severità̀ della patologia o la presenza di multiple disfunzioni d’organo influiscono sulla mortalità. Riguardo ai pazienti con la SIRS presentano una mortalità̀ simile a quella dei pazienti che, all’ammissione nelle ICU, non presentano sepsi, rispettivamente 26,5% e 24%. La mortalità aumenta con la severità della patologia: 36% in pazienti con sepsi, 52% nella sepsi severa e 82% nello shock settico [28].

Nella popolazione della Regione Toscana i ricoveri per sepsi grave sono quintuplicati passando dai 566 del 2005 al 2719 del 2012 e secondo le stime dell’Agenzie regionale di sanità i ricoveri attesi per il 2015 sono fra i 10.000 e il 15.000 [29].

Il centro Gestione Rischio Clinico della Regione Toscana, in collaborazione con la Regione Lombardia, ha attivato un gruppo di lavoro tecnico-scientifico per la definizione e l’attivazione di un percorso diagnostico-terapeutico assistenziale per l’intercettazione precoce e il trattamento della Sepsi e lo Shock Settico [29]. In Emilia Romagna 1,0-1,5/1000 abitanti, 4000-6000 casi/anno di mortalità nei pazienti con sepsi grave in Italia corrisponde al 52% di tutti casi. Il percorso è basato sulle linee guida della Surviving

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Sepsis Campaing (SSC) e ha lo scopo di definire l’attività e le competenze necessarie per dare vita nelle singole strutture al percorso sepsi.

Tra altri aspetti che favoriscono all’acutizzazione della sepsi ci sono l’invecchiamento della popolazione, maggiore sopravvivenza dei pazienti con patologie croniche debilitanti, aumento del ricorso ai dispositive intravascolari (CVC) per infusione di farmaci, nutrizione parenterale emodialisi, plasmaferesi, infusione, cateterismo vescicale maggiore indicazione alle terapie di immunosopressione.

Le condizioni cliniche che portano all’insorgenza della SIRS sono varie e solamente il rapido riconoscimento dei segni può bloccare l’evoluzione verso un quadro clinico molto più grave: quello della sepsi.

In un programma prospettico (Malacarne et al 2006) di sorveglianza epidemiologica permanente delle infezioni, condotto da GiViTI per tutto il 2006 in Unità di Terapia Intensiva (UTI), effettuato in 125 unità di terapia intensiva italiane dove tutti i pazienti sono stati inclusi nello studio. Sono state raccolte le informazioni cliniche dettagliate per tutti i pazienti, in casi di infezione su ricovero in terapia intensiva e per il primo episodio specifico che si era verificato durante il soggiorno del paziente, gravità al momento del ricovero, i microorganismi e la loro resistenza ai modelli antibiotici, successivi episodi multipli nello stesso sito, l’origine delle infezioni e la massima severità raggiunta. I criteri diagnostici per tutte le infezioni sono esplicitamente indicati. In conclusione gli autori riportano che l’estensione del software GiViTI “Margherita 2” consente la sorveglianza delle infezioni nell’unità di terapia intensiva italiana, fornendo ogni anno un ampio e aggiornato database, gli interventi per migliorare la prevenzione delle infezioni e la sicurezza dei pazienti dovrebbero essere adattati per ospitare questi dati [30].

In questi ultimi anni, il problema delle infezioni ospedaliere è passato da un interesse marginale a un ruolo di primo piano nelle Aziende Sanitarie e nelle case farmaceutiche. Questo interesse, tuttora in aumento, ha seguito l’evoluzione delle conoscenze nel campo delle infezioni in genere e in particolare dei processi settici; l’attenzione che attualmente si pone in questo campo rispecchia l’attualità del problema negli ospedali, i quali stanno

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impiegando risorse sempre più importanti e mirate per la lotta a questo problema. Basti pensare all’impegno degli enti ospedalieri nell’istituzione di corsi di formazione per il personale sanitario, i meeting e congressi che trattano tale argomento, e alla ricerca da parte delle ditte farmaceutiche di nuovi farmaci atti a contrastare e ridurre le complicanze della sepsi.

Lucioni et al in uno studio prospettico condotto in 99 unità di terapia intensiva (UTI), atto a valutare i costi di ospedalizzazione, accessori e costi immateriali (mortalità) in pazienti con sepsi grave e shock settico in Italia, i dati raccolti hanno portato ad una significativa statistica che vede il costo di ricovero di un paziente con sepsi (21571,88 Euro) sia di gran lunga più elevato (+ 86%) rispetto a quello dei pazienti senza sepsi (11590,84 Euro), anche e soprattutto a causa di una più lunga degenza nel reparto di terapia intensiva (+ 163%). Anche i costi intangibili sono significativamente più elevati, ed il rischio per un paziente in terapia intensiva con sepsi di morire in ospedale è tre volte superiore a quella di un paziente in terapia intensiva senza sepsi [31].

Osservando i dati epidemiologici relativi al problema della sepsi e delle sue complicanze, è possibile definire come essa rappresenti una causa di mortalità molto elevata nelle Unità di Terapia Intensiva mondiali, con un tasso che oscilla dal 30% al 50% [32], ci sono fattori con pronostici sfavorevoli secondo la scala APACHE II (Acute Physiology and Chronic Health Evaluation) che complicherebbero ulteriormente la clinica nei pazienti, fattori che influiscono anche come la età avanzata, comorbidità, cateterismo, alto grado de isogravità, neutropenia severa, lo shock settico e i pazienti sottoposti a cura con immunosoppressori [33].

In generale la letteratura riporta che non ci sono differenze significative per quanto riguarda l’età o il sesso tra i gruppi di pazienti ricoverati per sepsi, l’età media della popolazione in diversi studi corrisponde a 54,5 ± 20 anni, con predominanza del genere maschile, le donne sembrano essere meno esposte (53%) [2, 31,34].

Per seguire il comportamento del paziente con sepsi durante la sua permanenza nell’ UTI sono utili l’applicazione dei diversi punteggi, usando la S.A.P.S. II (Simplified Acute

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Physiology Score), la scala APACHE II e la SOFA score (sequential organ faillure assement scala), in considerazione della complessità del processo settico, e per facilitare l’arruolamento dei paziente nei trial clinici, invece con il modello PIRO concept (Predisposition, Infection, Response, Organ dysfuncion) è possibile predire e stratificare nei pazienti la mortalità in base ai fattori predisposti, al tipo o all’entità della risposta dell’ospite e al grado della concomitante compromissione [35].

Le comorbidità più frequenti in generale sono riportate nella maggioranza della letteratura: precedente intervento chirurgico o un trauma 48%, malattia polmonare ostruttiva cronica, insufficienza cardiaca e diabete (13% ciascuno). All’interno della popolazione totale, la diagnosi primaria di infezione è stato l’infezione intra-addominale in 18,6% dei casi, seguita da polmonite acquisita in ospedale, e polmonite acquisita in comunità, con il 17% e 12,4%, rispettivamente. Una peggiore prognosi riguarda anche la presenza di malattie sottostanti come: neoplasia, cirrosi epatica, insufficienza renale cronica e HIV/AIDS; tra i principali fattori dimostrati che sono stati collegati alla comparsa di MODS: età avanzata, comorbidità, alto grado di isogravità, neutropenia severa, shock settico, sepsi severa trattamento intempestivo e inadeguato, per quanto la portata del problema, il grado di disfunzione e il numero di insufficienza d’organo, è anche riconosciuto che influisce nella mortalità in un tempo prolungato [36,37].

5. GESTIONE PRECOCE DEL PAZIENTE CON SEPSI GRAVE E SHOCK SETTICO IN OGNI SETTING/ I BUNDLES

Tutti coincidono che nella sepsi il tempo è una variabile fondamentale per lo sviluppo della cascata dei processi dalla risposta infiammatoria sistemica che portano alla disfunzione d’organo e allo shock. Come la tempestività degli interventi terapeutici nell’ IMA, target: angioplastica coronarica percutanea trasluminale (PTCA) valutazione

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specialistica in 60 min, la mortalità viene ridotta all’incirca del 60%, nel trauma (the early golden hour, ora d’oro) con l’implementazione del protocollo della ATLS ( Advanced Trauma Life Support ) e lo schema ABCDE primario, che può portare ad una netta riduzione della mortalità e dei costi sociali, e nello stroke, target: valutazione specialistica in 60 min con una riduzione della mortalità del 40% [38, 39], e hanno contribuito a migliorare i risultati clinici dei pazienti, così nella sepsi la diagnosi rapida e gli interventi strategici attuati immediatamente senza attendere il ricovero in terapia intensiva, migliorano gli esiti di risposta in loro, con una mortalità ridotta all’incirca del 25% [1,40].

Nel 2001, Rivers e colleghi presentarono una terapia standardizzata, che dimostrò come essa riduca la mortalità della sepsi grave e dello shock settico in maniera consistente (ogni 6 pazienti trattati si evita un decesso rispetto alla terapia fino ad allora ritenuta convenzionale).

Nell’efficiente gestione della sepsi per la qualità del risultato del paziente, i protocolli basati sull’evidenza, come l’EGDT (Early Goal Directed Therapy), si sono rivelati efficaci nel migliorare i costi e i risultati dei pazienti, nonché per una significativa riduzione dei decessi correlati a sepsi, costribuendo alla guida nella scelta della terapia e consentendo un intervento precoce [38].

L’EGDT con il catetere per ossimetria PreSep si è rivelato utile per: -ridurre la mortalità correlata a sepsi del 46%2

-ridurre il periodo di degenza in ospedale di 5 giorni -ridurre le spese ospedaliere di 5882 dollari per paziente

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Figura 3. Adapted with permission from Rivers et al. Early Goal-Directed Therapy in the Treatment of Severe Sepsis and Septic Shock.

Una valutazione emodinamica iniziale sulla base di riscontri fisici, segni vitali, pressione venosa centrale, dinamica urinaria non sono in grado di rilevare una persistente ipossia tissutale globale nei primi momenti. Una strategia di rianimazione più definitiva coinvolge gli obiettivi diretti al maneggio della funzione cardiaca e consente di trovare un equilibrio tra l’offerta e la richiesta d’ossigeno, ultimi punti sistemici utilizzati per confermare il raggiungimento di questo equilibrio (di seguito, i punti finali di rianimazione) comprende valori standardizzati di saturazione di ossigeno venosa mista, concentrazione di lattato nel sangue, deficit di basi, e pH, quindi oltre alla terapia goal-directed precoce, il ricovero immediato in terapia intensiva migliora notevolmente i risultati dello shock settico nei pazienti [38].

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Dovuto al carattere aggressivo, la natura multifattoriale della sepsi, le sue complicazioni e la evoluzioni che comportano una morbilità e mortalità fino ad oggi nei pazienti colpiti, nasce il concetto di pachetti o “bundles” che permette di identificare chiaramente la popolazione target di pazienti in particolare quelli che saranno beneficiati con un intervento stratificato. L’evoluzione delle definizioni universalmente acettate saranno, quindi, un primo passo vitale nell’aiutare la comunità medica nel corso della sua gestione effettiva nella sepsi [41], si è posta come obiettivo la riduzione del 25% della mortalità per sepsi entro il 2020. La revisione negli anni delle raccomandazioni contenute nelle tre edizioni delle linee guida internazionali ha portato alla definizione insieme di interventi terapeutici di rianimazione (“resuscitation bundle”) da attuare nelle prime 3 e 6 ore dal riconoscimento della sepsi grave e dello shock settico [7].

Particolare attenzione viene rivolta al più recente approccio per facilitare l’attuazione di quelle misure di prevenzione i conosciuti “pacchetti” o bundles di cura. Il bundle è un insieme piccolo (in genere 3 – 5 interventi), semplice (logica del fatto o non fatto) di interventi essenziali estratti dalle Linee Guida internazionali più autorevoli che, se attuati collettivamente e in modo coscienzioso, che dovrebbero determinare un risultato migliore rispetto all’attuazione dei singoli interventi. L’obiettivo dell’adozione di un bundle è di aiutare gli operatori sanitari a migliorare l’erogazione di interventi sanitari essenziali in modo coordinato, consentendo di aumentare sicurezza, efficacia ed efficienza. In particolare, alcuni elementi del processo di gestione del paziente sottoposto a ventilazione meccanica per oltre 72 ore vengono considerate determinanti di maggior rilievo nell’insorgenza delle VAP [42]. Un fattore che è stato notato nella maggior parte di queste pubblicazioni è la difficoltà di garantire che i pazienti eleggibili per il bundle ricevano tutti gli interventi previsti dal bundle / pacchetto (ad esempio, per alcuni pazienti, come quelli sottoposti a chirurgia della colonna vertebrale con lacerazione della dura madre, l’elevazione della testa del letto può̀ essere controindicata).

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Il bundle aggiornato nell’aprile del 2015 della Surviving Sepsis Campaign ha introdotto modalità di valutazione alternative al monitoraggio emodinamico con CVC. In generale, i fattori chiave in grado di determinare un significativo impatto sul decorso della sepsi grave e dello shock settico che si sono dimostrate efficaci nel ridurre la mortalità per shock settico fino al 18%, sono:

• -La tempestività dell’identificazione dei pazienti con sepsi grave (diagnosi precoce);

• -La tempestività dell’intervento terapeutico (inizio della terapia antibiotica e fluidica);

• L’aderenza degli interventi alle indicazioni delle linee guida della Surviving Sepsis Campaign. http://www.survivingsepsis.org/Bundles/Pages/default.aspx accesso del 10 aprile 2015 [7].

A secondo il maneggio e comportamento entro le prime ore del paziente nel dipartimento di emergenza, utilizzando criteri di esclusioni, Liao e coll, studiarono in 1152 pazienti il comportamento diagnostico dei criteri SIRS per malattie grave in pazienti ammessi nel dipartimento di emergenza (DE) con o senza infezione durante un anno, corrispondeva a una presunta SIRS, rappresentando il 2% della mortalità intraospedaliera, il 22% corrispondeva a quelli in UTI più di 24 ore, il 21% corrispondeva a un sospetto di infezione, i criteri SIRS per malattie gravi è stata del 52%, i casi furono classificati di infezione a secondo della prescrizione di antibiotici entro le 48 ore del ricovero. I criteri di SIRS sono stati calcolati utilizzando il triage nel dipartimento di emergenza (ED) secondo i parametri iniziali, concludendo che i criteri di inclusione ed esclusione utilizzati come criteri di triage applicati alla Sindrome da risposta infiammatoria sistemica (SIRS) nel dipartimento di emergenza (DE), ha scarsa sensibilità per malattie gravi nei pazienti ricoverati nel dipartemneto di emergenza [43].

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Parlando delle infezioni correlate all’assistenza in terapia intensiva, si intende per infezione correlata all’assistenza (ICA) in ICU (intensive care unit), l’infezione insorta durante la degenza (>48 ore dal ricovero ) e che non era manifesta clinicamente né in incubazione al momento della ammissione in ICU.

Lo shock settico è una malattia con criticità di tempo con alto tasso di mortalità, che richiede non solo il riconoscimento rapido ma gestione rapida e definitiva. Si è descritto un paradigma supplente di sepsi grave e shock settico che unisce l’attuale conoscenza degli aspetti immunologici e microbiologici di questa malattia con il concetto dello shock irreversibile. In esso, si sottolinea l’importanza della carica microbica come un fattore chiave della mortalità. Ottimizzazione della terapia antimicrobica nella sepsi grave e shock settico è fondamentale per ridurre la carica microbica in modo rapido ed efficace. All’inizio, è la terapia antimicrobica empirica impiegando strategie di dosaggio aggressivo per massimizzare l’indice della farmacocinetica e la farmacodinamica e quindi le strategie di attività sono fondamentali per ridurre la mortalità. La tempestiva intensificazione dell’antimicrobico basato sull’identificazione microbiologica e test di suscettibilità, e miglioramento clinico sono anche le strategie essenziali per preservare l’efficacia di antimicrobici esistenti e prevenire la comparsa di resistenza [44].

È necessario individuare la sepsi nelle sue fasi più precoci, anche se ciò non e semplice in quanto i criteri della SIRS sono aspecifici e la stratificazione del rischio nelle prime ore e difficile, le forme settiche possono presentarsi con segni e sintomi ed evidenza clinica di danno d’organo ovvero segni di ipoperfusione.

La prevalenza di SIRS è molto elevata, colpisce un terzo di tutti i pazienti in ospedale, e oltre del 50% di tutti i pazienti in terapia intensiva; nei pazienti di terapia intensiva chirurgica, SIRS si verifica in 80% dei pazienti. Particolarmente i pazienti traumatizzati sono ad alto rischio di SIRS, e la maggior parte di questi pazienti non hanno documentato l’infezione. La prevalenza di infezione e batteriemia aumenta con il numero dei criteri SIRS incontrato, e con l’aumento della gravità delle sindromi settiche. Circa un terzo dei pazienti con la sepsi evolve alla SIRS. La sepsi può verificarsi in circa il 25% dei pazienti in terapia intensiva, batteriemia e sepsi nel 10%. In questi pazienti, la sepsi grave si sviluppa oltre 50% dei casi, considerando che l’evoluzione a grave in

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pazienti con sepsi in non ricoverati in UTI è di circa 25%. La sepsi grave e lo shock settico si verificano nel 2% -3% dei pazienti comunitari è il 10% -15% o più dei pazienti in terapia intensiva [45].

Per quanto riguarda i microrganismi, la principale causa di sepsi, negli ultimi anni, la letterattura non riporta grandi cambiamenti, inoltre molte infezioni sono polimiocrobiane, e i microrganismi isolati variano tra paese e TI, la metà delle infezioni in TI (62%) sono causate da batteri Gram-positivi 47% che rappresentano circa la metà dei microrganismi isolati rispetto ai batteri Gram-negativi 43% sono la causa più frequente delle infezioni ematiche secondarie a infezioni respiratorie. Oltre ad un incremento medio annuale del 26,3% a favore delle infezioni sostenute dai batteri Gram- positivi, nel 2000 si registra anche un aumento dell’incidenza delle infezioni fungine del 20,7% [46].

Questo incremento è da attribuire all’aumento delle infezioni nosocomiali dovute all’impiego di cateteri oppure alla somministrazione di farmaci immunosoppressivi ed è particolarmente allarmante considerando che è in aumento anche il numero di Staphylococcus aureus meticillino-resistenti isolati da questi il 14% lo occupano le batterie miste Gram-positive e Gram negative. La prognosi delle sindromi settiche è legato alle malattie di base e la gravità della risposta infiammatoria e le sue sequele, che si riflette in urto e la disfunzione d’organo [45].

Nel comportamento nelle Unità di Terapia Intensiva dei microorganismi, è dimostrato l’interazione tra organismo e sito di infezione, circa il 25 % delle infezioni sono confermate da Gram negativi e Gram positivo 25 % , Gram misto di funghi positivo 20% / Gram misto di funghi negativi 3%. Degli organismi gram negativi, gli organismi in ordine di probabilità sono Pseudomonas aeuroginosa (70%) con un alta mortalità, E.coli (25%) e klebsiellla / Citrobacter (20%), Enterobacter (10 %) e Proteus (5 %); il restante 25 % è costituito da decine di differenti batteri, delle infezioni Gram positivi, di gran lunga la più comune è Staphylococcus aureus (resistente alla meticillina MRSA) (35%), seguita da Enterococcus vancomicina-resistenti (VRE) (20%), Staphylococcus

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coagulasi negativi (15%) e Streptococcus pneumoniae multiresistente (10 %). La stragrande maggioranza delle infezioni fungine sono da candida (43%) [1,47].

Negli studi la gran maggioranza degli autori coincidevano che in quanto a comportamento dei patogeni non esistono delle grandi variazioni nonostante il loro comportamento negli anni [1], tra i siti più comuni di infezione nei pazienti con sepsi grave: Apparato Respiratorio 25 %, Addominale / pelvica 25% , Batteriemia 15 % , Malattie Genito-urinarie 10 % Pelle 5%, IV catetere 5 % , altra fonte del 15%, pelle, tessuti molli, sistema nervoso centrale in particolare gli uomini alcolisti sono inclini a sviluppare una polmonite, mentre le infezioni genito-urinario sono più comuni tra le donne [46].

6. USO DELLA ANTIBIOTICOTERAPIA EMPIRICA NELLA SEPSI

Nei pazienti critici alcuni processi non infetti possono rimediare alla sepsi; questi includono grave trauma o pancreatite. La rapida identificazione dei pazienti settici è fondamentale per iniziare al più presto una terapia adeguata e una approccio terapeutico diagnostico efficace. Recentemente i dati pubblicati su come migliorare la sopravvivenza dei pazienti critici hanno dato alla rianimazione emodinamica precoce in base a criteri, il supporto adatto più efficace [38].

In tre grandi studi retrospettivi con mortalità totale che va da 30-47%, la somministrazione ritardata di antibiotici è stato associato ad un aumento della mortalità, che ha portato alla consulenza in Surviving Sepsis Campaign (SSC) per somministrare antibiotici entro tre ore nel dipartimento di emergenza (DE) ai pazienti settici [1,38].

Diversi studi hanno inoltre dimostrato che il ritardo nella somministrazione di antibiotici è associata a esiti più poveri (Iregui e coll, 2002), per cui la prescrizione di un trattamento senza la conferma microbiologica deve essere basata su una diagnosi clinica. In un gruppo di studio, Kollef et al, confermano che la terapia empirica è indispensabile perché̀ la diagnosi eziologica è complessa e l’esito degli esami colturali tardivo; ma un trattamento inappropriato è un fattore indipendente di mortalità e il ritardo ad iniziare il trattamento appropriato in polmonite associata a ventilazione (VAP) di 28,6 ± 5,8 vs 12,5

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± 4,2 ore, è stato il fattore di rischio indipendente per la mortalità ospedaliera con un maggiore impatto [48].

Nel tema antibiotici, secondo gli autori consultati gli antibiotici scelti devono essere iniziati alla dose massima raccomandata per ogni infezione associata con la concentrazione plasmatica ottimale, continuando con dosi adeguate ai parametri renale o epatica del paziente, in tutti i casi la via endovenosa deve essere usata per assicurare il più presto possibile, una concentrazione plasmatica e tessutale elevata. L’uso di dosi basse o subcliniche sono state associate non solo con fallimento del trattamento, ma anche nella selezione di flora multi resistenti [1,48].

Ci sono diverse raccomandazioni di esperti e società scientifiche sulla durata del trattamento antibiotico che varia a seconda dell’agente eziologico [7], tuttavia, gli studi basati su raccomandazioni sono scarsi e meno utilizzati in pazienti critici [1].

Nasce come principale inconveniente l’impossibilità di selezionare i batteri resistenti, facilitando così la presenza di ceppi resistenti, da mutazione cromosomica in una popolazione precedentemente sensibile [38].

Tutto questo è relazionato con l’aumento del rischio da effetti nocivi e aumenti dei costi, per esempio descrive Kollet 1995, una delle complicazioni del malato settico in UTI più frequente è la polmonite del paziente accoppiato a ventilatore (ventilator-associated pneumonia, VAP) con un’incidenza dall’8 al 28% ed è associata ad aumento della degenza, della mortalità e dei costi [49].

L’uso di monoterapia o in associazione è un punto di contesa [50] la terapia combinata in teoria, oltre ad ampliare lo spettro di patogeni particolarmente resistenti, eventualmente, riduce lo sviluppo di resistenza e favorisce lo sviluppo di infezione da associazioni sinergiche; gli svantaggi sono il rischio di effetti collaterali, più interazioni e un costo elevato [51] tuttavia, ci sono risultati contrastanti che non consentono il supporto senza discussione nella combinazione di antibiotici, probabilmente perché includono popolazioni eterogenee, con diversi tipi di infezioni e la variabilità nei criteri diagnostici [52].

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Nelle fasi iniziali della sepsi, il trattamento ottimale potrebbero contribuire a prevenire la progressione della sepsi grave. Numerosi autori discrepano in quanto all’uso precoce di antibiotico empirico nelle prime ore del coinvolgimento della sepsi grave, Bas de Groot, riferisce che l’associazione tra il tempo gli antibiotici e relativi risultati clinici nel dipartimento di emergenza (ED) nei pazienti con lieve fasi di sepsi grave, che hanno ricevuto antibiotici entro sei ore dopo l’ammissione, e la riduzione del tempo agli antibiotici non è stato trovato per essere associati a un miglioramento dei risultati clinici rilevanti, ne a una maggiore mortalità ai 28 giorni.

A causa dei molti fattori potenziali ed interazioni, è stato impiegato il punteggio PIRO

per discriminare la morbilità nata dall’infezione e valutare la sua risposta, concludendo che non si è trovato relazione tra la riduzione del tempo agli antibiotici e una riduzione della mortalità a 28 giorni in pazienti trattati con lieve fasi di sepsi grave nel dipartimento di emergenza, raccomandando che studi futuri dovrebbero indagare su altri aspetti, in particolare l’adeguatezza degli antibiotici iniziali, coincidendo che la rianimazione iniziale con fluidi e ossigeno, è più importante nelle fasi di sepsi precedenti allo shock settico [53].

Finalmente secondo la bibliografia consultata la terapia antibiotica iniziale empirica, deve includere uno o più farmaci attivi contro i possibili patogeni (batteri o funghi) e deve essere in grado di penetrare efficacemente nei presunti focolai di sepsi, la scelta degli antibiotici deve rispecchiare la sensibilità all’agente antimicrobico dei microrganismi presenti nella comunità e nell’ospedale di appartenenza, [54] così come un ritardo nella somministrazione di antimicrobici appropriati, l’età e il punteggio APACHE II sono anche correlati indipendentemente dalla mortalità.

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7. APPROCIO CLINICO AL PAZIENTE CON SEPSI

La SIRS non è causata solo da agenti infettivi, ma anche da insulti di tipo chimico, traumatico, immunologico, termico, ecc, la SIRS non è altro che la sepsi non ancora complicata, cioè in fase iniziale. La SIRS è presente quando coesistono almeno due dei criteri; ed è possibile stratificare i pazienti in base ai fattori predisponenti, al tipo o all’entità della risposta dell’ospite e al grado della concomitante compromissione d’organo, anche con l’uso di strumenti che aiutano a migliorare il pronostico dei malati [8].

E’ possibile che i pazienti anziani, debilitati o immunodepressi non esprimano le caratteristiche evidenti di una infezione localizzata, dal momento che in essi i meccanismi infiammatori sono diminuiti, e l’incapacità rende più difficile il dimostrare l’origine di sepsi con o senza i segni. È anche probabile che le persone con scarsa funzionalità cardiaca o ipovolemica sperimentino l’ipotensione più grave indotta da sepsi, e il freddo, simile a quello visto in shock cardiogeno o ipovolemico, l’oliguria e letargia, sono manifestazioni non specifiche di sepsi, e nemmeno la sonnolenza o la confusione che precede l’insorgenza di ipotensione grave è anche prodotta [55].

8. SORVEGLIANZA DEL LAVAGGIO DELLE MANI NEL BUNDLES

Non si può parlare di sepsi senza fare allusione alle stime sull’entità complessiva del fenomeno delle infezione correlate all’assistenza, sono difficili a causa della scarsa disponibilità̀ di dati, l’impatto delle infezioni all’interno degli ospedali e nelle strutture territoriali è sconosciuto in molti paesi, nessun ospedale, nessun paese, nessun sistema sanitario nel mondo può dichiarare di aver risolto il problema.

I bundles sono implementati come sistemi di sorveglianza e prove di efficacia, nella prevenzione VAP, lavaggio delle mani, sepsi correlata a catetere (CRBSI), infezioni delle vie urinarie, infezioni del sito chirurgico, infezioni delle vie respiratorie, batteriemie.

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Le mani del personale sanitario sono il veicolo più frequentemente implicato nella trasmissione dei patogeni nosocomiali. La trasmissione dei patogeni nosocomiali dall’ambiente ospedaliero o da un paziente all’altro tramite le mani del personale sanitario implica 5 tappe fondamentali:

1. Prima del contatto con il paziente 2. Prima di una manovra asettica 3. Esposizione a un liquido biologico 4. Dopo il contatto con il paziente

5. Dopo il contatto con i mezzi che circondano il paziente

Le autorità̀ sanitarie di parecchie nazioni industrializzate si sono mobilitate per utilizzare le loro conoscenze, capacità e risorse per ridurre l’impatto devastante delle ICA grazie alle pratiche di igiene delle mani, in particolare negli ospedali.

I germi (Staphylococcus aureus, Proteus mirabilis, Klebsiella spp and Acinetobacter spp.) presenti sulla cute integra di alcuni pazienti: 100-1 milioni unità formanti colonie (CFU)/cm, si riporta la chepercentuale di MRSA (Stafiloccocus meticilline resistente) che ospitano la pelle del paziente: ascelle 13-25%. mani 40%, 30-39% zona dell’inguine nei pazienti ricoverati, i fattori di tempo come una scarsa aderenza, l’adeguato lavaggio con acqua e sapone richiede: 1 minuto/1 minuto e mezzo, tempo di solito impiegato dagli operatori sanitari: < 10 secondi [56].

Riferendosi alla trasmissione delle infezione attraverso le mani, in uno studio fatto in bambini ricoverati in terapia intensiva pediatrica, subito dopo il trapianto di un organo solido, dove si verificò che l’aumento del lavaggio delle mani fu associato ad una riduzione delle infezioni nosocomiali, il camice e l’isolamento dei guanti sembrò avere un effetto protettivo aggiuntivo [57].

La fonte di infezione sembra essere un’importante determinante di esito clinico. Il rischio maggiore di sviluppare sepsi severa si verifica in pazienti con batteriemia nosocomiale associato con la polmonite, in pazienti con infezione intra addominale la batteriemia è polimicrobica da infezione della ferita chirurgica, la batteriemia è un rischio significativo di sviluppare sepsi grave. Nei casi che la batteriemia è associata a catetere intravascolare

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