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Un motivo ricorrente nel trattato è offerto dalla teoria dell’emanazione e dall’immagine, ad essa collegata, di una «acqua corrente» (mayim ḥayyim), in grado di vivificare l’intera creazione. L’acqua, proveniente dalla sefirah più elevata, Keter (Corona) si espande sino alla decima

102Lett.: “magnificenza”.

103Per l’uso del termine Qoneh (lett.: “proprietario”) per indicare la divinità, cfr. Mishnah Avot 6, 10. 104ShOr, ed. Ben Shlomo, vol. 1, p. 46.

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emanzione, Malkut (Regno). È questo flusso che regola il corretto funzionamento dei “canali” sefirotici e la vita del creato. Giqaṭilla invita dunque il lettore a risalire alla sorgente di vita, tramite la meditazione dei nomi divini e degi attributi contenuti nella Torah. Esempio eminente di questa procedura è costituito dall’interpretazione del termine Koh («Tale», «Così»), sulla base diGen. 15: 5. Riconoscendo il legame della particella con la decima sefirah e con il nome Adonay a essa presposto, l’uomo sarà in grado di varcare la soglia della prima “porta” del palazzo sefirotico:

לכ רוקמל סנכיתתאזה הדימה ןמ ,רמולכ ,(ה םש) ךערז היהי ה״כ :םהרבאל ךרבתי ה״והי ול רמא

לכל םייח םימ םילזונ ונממש תולזמה לכ לזמ ,ןוילע רתכ ארקנה םוקמה דע תודלותה לכ ןייעמו תורוקמה

.[...] וב יולת לכיהבשהרות רפס וליפאש לזמה והזו .ערז ךל היהי ךכב ;תולזמה

Il Signore (YHWH), sia benedetto, disse ad Abramo: «Così [Khoh] sarà la tua semenza (ibidem 5)»,106il che significa: da questo attributo (middah) avrai accesso alla sorgente di tutte le sorgenti, la causa (lett.: “la fonte”) di tutti gli eventi, fino al luogo chiamato Corona suprema [Keter ‘Elyion], il segno astraledi tutti i segni astrali, da cui l’acqua di vita fluisce [nozalim] verso tutti i segni; così avrai una semenza. E questo è il segno dal quale dipende persino il libro della Legge [Sefer Torah] nel tempio […].

Il lettore di ShOr è dunque invitato a ripercorrere il filo che unisce i vari attributi ai nomi divini, comprendendo a quale sefirah si connetta ciascun nome e risalendo sino a Tetragramma. Si tratta dunque di “sbrogliare” il testo sacro, come suggerito da Elke Morlok.107 Giqaṭilla associa la metafora del «tessuto» a uno dei principali elementi della sua ermeneutica: la nozione della Torah come spiegazione e svolgimento del Tetragramma.108 Segue il tema della chiamata e della risposta, basato sull’esegesi di Sal. 91: 14-15: «Lo libererò, perché a me si è legato, lo porrò al sicuro, perché ha conosciuto il mio nome. Mi invocherà e io gli darò risposta; nell'angoscia io sarò con lui, lo

106Gen 15: 5.

107 Morlok, Gikatilla’s Hermeneutics, p. 236.

108 G. Scholem, Zur Kabbala und ihrer Symbolik, Zürich, Suhrkamp, 1960, pp. 61-62: «Ihm [i.e. Giqaṭilla] zufolge ist

die Tora nicht selber der Name Gottes, sondern die Explikation dieses Names. Für ihn bedeutet der Name selber genau das, was er auch für die jüdische Tradition bedeutet hatte, nämlich des Tetragrammaton […]. Mit anderen Worten: die Phrase Torath JHWH bezieht sich nicht auf die Tora als von Gott gegeben, sondern auf die Tora als eine Anweisung und weitere Ausführung und Belehrung über den Namen Gottes JHWH. Tora wird hier als Hora’a, belehrende Explikation, verstanden. […] Die Tora ist der Name Gottes, weil sie ein lebendiges Gewebe, einen “Textus” im präzisen Verstande darstellt, worin der eine wahre Name, das Tetragrammaton, in verborgener und indirekter Weise eingewebt ist und in dem er auch direkt gleichsam als Leitmotiv des Gewebemusters immer wiederkehrt.» [ora in G. Scholem, “The Meaning of the Torah in Jewish Mysticism,” in L. Fine (ed. by), Essential Papers on Kabbalah, New York, New York University Press, 1995, pp. 179-211: 187-188: «[...] the phrase torath [sic] YHWH does not mean the Torah which God gave but the Torah which explains YHWH, the name of God. Here Torah is understood as hora’a, a didactic exposition. [...] The Torah is the Name of God, because it is a living texture, a ‘textus’ in the literal sense of the word, into which the one true name, the tetragrammaton, is woven in a secret.»].

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libererò e lo renderò glorioso.»109 Giacché ogni parola nel testo biblico è connesso a un nome divino, a sua volta intessuto nel Tetragramma, la conoscenza dei nomi divini consente di introdurre la preghiera nel palazzo di luce delle sefirot e di ascendere di porta in porta. In questo modo, l’uomo “sarà vicino al Tetragramma e la sua preghiera sarà accolta” (ShOr, 1, p. 47). L’immagine del tessuto indica dunque un duplice movimento simultaneo di ascesa e di discesa, basato in primo luogo sulla dottrina delle emanazioni sefirotiche e sulla teoria dei nomi divini.110

Il motivo dell’acqua compare inoltre nella spiegazione dell’itinerario di Abramo (Es. 14: 19-21), episodio interpretato come metafora della procedura ermeneutica:

וניבא םהרבא לש םיראבה דוס והזו ,ולאה םימה שקב םולשה וילע וניבא םהרבא יכ עדת ךכיפלו

ינב ורבע םהבש םירשג םיתשו םיעבש םולשה וילע וניבא םהרבא הנב םינוילעה םימבו .םולשה וילע

ו השביב םיה ךותב לארשי

,די תומש) ט״יו א״ביו ע״סיו דוס אוהזו .םלאמשמו םנימימ המוח םהל םימה

טי

-

אוה ד״סח דוסו .םהרבא ד״סח והזש ,תומש ב״ע ןהמ ןיאצויש תויתוא ב״ע ולאמ קוספ לכ ןמיסש ,(אכ

ןיגראנ םירשגה ולא ךותבו ,םירשג ב״ע םהב םהרבא השע םהרבא לגד תחת םה םימהש יפלו ,ב״ע

לוכ םהש ןייוניכה

לאל םרבא ךורב :וב רמאנש םהרבא לגד דוס והזש ,ל״א םלגדב קוקחו ד״סח לש ם

ויתוילע.(גי ,דק םילהת) ויתוילע םימב הרקמה :בותכו .(כ ,די תישארב) ןוילע

-

םשש ,ןוילא לא םש

ם״יהולא לכ לע לודג ךלמו ה״והי לודג לא יכ :הלעמל רמאש ומכ ם״יהלא םש לעהלוע אוה ן״וילא

׳דסח בר׳ דוס והז יכ ,ם״יהלא םש לע לודג םש אוה ל״א יכ ,תמאב [םיהלא] .(ג ,הצ םילהת)

-

דסח בר׳

.יאדוב

111

Devi dunque sapere che nostro padre Abramo, su di lui sia la pace, chiese quell’acqua. Questo è il segreto delle membra [del corpo] di nostro padre Abramo, su di lui sia la pace. Sulle acque superiori, nostro padre Abramo - su di lui sia la pace - costruì settantadue ponti, attraverso i quali i figli di Israele attraversarono il mare sulla terra ferma, mentre a[lla loro] destra e a[lla loro] sinistra l’acqua formava una

109Giova ricordare la tesi di Elke Morlok, secondo la quale per Gikatilla le lettere costituirebbero un supporto visivo

adeguato a un processo mnemonico. Cfr. Morlok,ibidem, pp. 236-237, con riferimento a M. Carruthers, The Book of Memory: A Study of Memory in Medieval Culture, Cambridge 1990; Eadem, The Craft of Thought: Meditation, Rhetoric, and the Making of Images, 400-1200, Cambridge 2000.Morlok pone in primo piano il ruolo del siman inteso come strumento per organizzare le immagini favorendo la meditazione del testo biblico e il suo itinerario attraverso l’edificio dei nomi divini e delle sefirot. Sempre secondo Morlok, questo elemento avrebbe favorito la fortuna diShOr tra gli interpreti cristiani della cabbala.

110Cfr. Morlok, Gikatilla’s Hermeneutics, p. 233. 111ShOr, ed. Ben Shlomo, vol. 1, p. 224.

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barriera. È questo il segreto d[elle parole]: «Viaggiò», «arrivò», «stese» (Es. 14: 19-21).112 Il segno (siman)

di ogni versetto è costituito da settantadue lettere, dalle quali si formano [lett.: «escono»] settantadue nomi, quindi: «Ḥesed Avraham [La grazia (= settantadue) di Abramo]». Il segreto di Ḥesed è settantadue e, poiché l’acqua si trova sotto il vessillo di Abramo, egli costituì su di essa settantadue ponti. Tra quei ponti sono intessuti gli epiteti che sono tutti di Ḥesed [= di grazie / settantadue]. Sul loro vessillo è inciso il nome El, che rimanda al segreto del vessillo di Abramo, come viene detto: «Benedetto Abramo per il Signore, l’Altissimo [El Elyion]» (Gen. 14: 20). […]». Elyiotaw è il nome di El Elyion, perché il nome Elyion supera il nome Elohim, come detto supra: «Poiché un grande Dio [El] è YHWH, un grande re sopra tutti gli dèi [Elohim] (Sal. 95: 3). In verità è Elohim, poiché El è un grande nome, superiore a Elohim, poiché questo è il segreto d[ella locuzione:] «molta grazia [rav ḥesed].

La visione del carro celeste (Merkavah) e l’adempimento delle mitzwot (ShOr, ed. Ben Shlomo, vol. 1, p. 76).

Nella quinta porta (VI sefirah: Tiferet), la contemplazione della Merkavah, il carro celeste, è vincolata all’osservanza dei precetti terreni, condizione indispensabile per influenzare il livello sefirotico.113 Questo aspetto viene ripetuto nell’ottava porta (III sefirah: Binah), in merito alla relazione tra i precetti e la sefirah Binah (ShOr, ed. Ben Shlomo, vol. 2, pp. 58-59).114La questione dell’osservanza delle mitzwot ha un peso decisivo sulla concezione del rituale e della teurgia in Giqaṭilla.115 A questi temi si aggiunge quello degli antropomorfismi divini, che accomuna l’esegesi di Giqaṭilla a quella di Menaḥem Recanati.116 La corrispondenza tra membra umane e membra divine è stata definita da Maurizio Mottolese117 come una «analogia di significati» (o «analogia di memoria»), secondo una espressione impiegata sia da Giqaṭilla sia da Menaḥem Recanati nel Perush ‘al ha-Torah.118 In ShOr, la questione è strettamente correlata alla relazione tra membra umane e «membra» divine:

112Es. 14: 19-21: «L'angelo di Dio, che precedeva l'accampamento d'Israele, cambiò posto e passò indietro. Anche la

colonna di nube si mosse e dal davanti passò indietro. Venne così a trovarsi tra l'accampamento degli Egiziani e quello d'Israele. Ora la nube era tenebrosa per gli uni, mentre per gli altri illuminava la notte; così gli uni non poterono avvicinarsi agli altri durante tutta la notte. Allora Mosè stese la mano sul mare. E il Signore, durante tutta la notte, risospinse il mare con un forte vento d'oriente, rendendolo asciutto; le acque si divisero.»

113 Morlok, Gikatilla’s Hermeneutics, p. 249. 114 Morlok, ivi.

115 Sul carattere teosofico-teurgico di ShOr, Morlok, Gikatilla’s Hermeneutics, cit., p. 250 e passim.

116 G. Scholem, Zur Kabbala und ihrer Symbolik, Zürich, Rhein-Verlag, 19601 (tr. it., La Kabbalah e il suo simbolismo,

Torino, Einaudi, 19801, p. 160). Su Recanati, M. Idel, Kabbalah in Italy, 1280-1510: A Survey, pp. 106-127 e passim;

C. Mopsik, Les grands textes de la cabale: Les rites qui font Dieu, Lagrasse, Verdier, 1993, pp. 282-287; G. Corazzol, “Introduction”, in Menaḥem Recanati, Commentary on the Daily Prayers, Torino, Aragno, 2008; M. Idel,La Cabbalà in Italia (1280-1510), a cura di F. Lelli, Firenze, Giuntina, 2007, pp. 134-170; Mottolese, Dio nel giudaismo rabbinico, cit., pp. 321-322 e 338-343.

117 Per la questione riguardante l’«analogia di significati», cfr. M. Mottolese, Analogy in Midrash and Kabbalah:

Interpretive Projections on the Sanctuary and Ritual, Los Angeles, Cherub Press, 2007, pp. 328-329.

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םהש ונבש םירבאב תורוצ תנווכ אלא ,תינבתהו םצעה דצמ ןוימד וניניבו וניב ןיאש ןבהו עדו

ומכ :ןורכז ןוימדכ אלא םתעדל הלוכי תעדה ןיאש םינוילע םימותס םיניינע ,םינמיס ןוימדב םייושע

ו תויתואה ולא ןיא ירהש .׳בקעי ןב ןבואר׳ בתוכש

ותינבתו ותרוצ בקעי ןב ןבואר לש המצע הרוצה וז ןיא

ןורכיז אלא ,ותוהמו

-

ןבואר ארקנה עודיה תינבתו םצע ותוא דגנכ ןמיס אוה בותכה בקעי ןב ןבואר הזש

.בקעי ןב

119

Devi sapere e [provare a] comprendere che tra esso e noi non vi è analogia sostanziale né strutturale. Al contrario, il motivo del ricorso alla forma delle membra [del corpo] è dato dall’analogia di

segni/significati. Per le questioni [che riguardano concetti] elevati [e] complessi non vi è conoscenza

possibile, per voi, se non per analogia di memoria, come è scritto: “Ruben figlio di Giacobbe”. Non si sta parlando, infatti, delle lettere o della forma sostanziale di Ruben figlio di Giacobbe, della sua forma, della struttura [fisica] o del carattere. Si tratta, piuttosto, della memoria. Ciò che è scritto, che cioè costui è “Ruben figlio di Giacobbe”, è un segno (syiman) che rimanda alla sostanza e alla struttura [fisica] di Ruben figlio di Giacobbe.

A livello microcosmico, la struttura della Merkavah si riflette nella forma dell’uomo. Ne consegue come, per Giqaṭilla, chi purifichi ritualmente un determinato membro corporeo lo renda in grado di catturare uno specifico influsso celeste.120 Nell’affrontare la questione relativa all’adempimento delle mitzwot, anche il tema dell’osservanza del sabato si rivela decisivo. 121 Coniugandosi al tema dell’unificazione con il divino, in questo passaggio esemplificato dall’immagine del sovrano celeste assiso sul trono, la questione dell’osservanza del sabato viene affrontata attraverso l’esegesi di Gen. 2: 3, Sal. 132: 14 e di Es. 20: 11:122

תשולש יכ עד .דציכ ךעידוהל יל שיו ,תבשה דוס לארשיל ךרבתי י״י ןתנ תאזה הדימה דגנכו

ולאב ולא תורשקנ תוריפסה תויהבו ,הלעמל תודחאתמ ,ה״ניבו ה״מכח ר״תכ םהש ,תונוילעה תוריפסה

ש תארקנו י״ח לא תארקנה וז הריפסה דע היתחתש תוריפסה שש םע הניב תדחאתמ

הז רקיע לעו .תב

תריפס איהש דוסי תריפס דגנכ אוה תבשה הנהו .ת״בש יעיבשה םויבו םימי תשש םלועה תאירב התיה

שדקיו יעיבשה םוי תא םיהלא ךרביו :ורמאכ ,תושודקהו תוכרבה רוקמ תבשה םוי ארקנ ךכיפלו ,יח ל״א

תוכרבה לכ רוקמ תבשה םוי אצמנ .(ג ,ב תישארב) ת״בש וב יכ ותוא

תכשמהו

יכ עדו .הטמל השודקה

תבשה ארקנ ךכיפלו ךרבתי םשל הבכרמל אסיכ ומכ םדא ותוא השענ ,הכלהכ תבש רמושה םדאה

119 ShOr, ed. Ben Shlomo, vol. 1, p. 49.

120 Morlok, Gikatilla’s Hermeneutics, cit., p. 252 n. 556. 121 Morlok, Gikatilla’s Hermeneutics, pp. 273-274. 122 ShOr, ed. Ben Shlomo, vol. 1, p. 106.

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(די ,בלק םילהת) דעידע יתחונמ תאז :ביתכו ,ה״חונמ

-

וילע ןכושו םדא ינב לע חנ ךרבתי י״י וליאכ

(אי ,כ תומש) יעיבשה םויב חניו :ןמיסו ,ואסכ לע ךלמכ

-

.ח״נ ומצעב אוה

Comparabile a questo attributo, il Signore, sia benedetto, affidò a Israele il segreto dello shabbat. Devo spiegarti come. Sappi che le tre sefirot superiori, che sono Keter, Ḥokmah e Binah, si unificano in alto e le sefirot sono collegate le une alle altre Binah con le sei sefirot inferiori fino a questa sefirah [la nona], chiamata El Ḥay e shabbat. In base a questo principio la creazione del mondo fu di sei giorni e il settimo giorno [fu] shabbat. Quindi lo shabbat è comparabile con la sefirah del Fondamento (la nona), che è la sefirah di El Ḥay. Per tale ragione il giorno dello shabbat è definito come la fonte delle benedizioni e delle santificazioni, come fu detto: «Elohim benedì il settimo giorno e lo santificò, perché in esso shabbat [= cessò da ogni lavoro] (Gen. 2: 3)». Il giorno dello shabbat si è rivelato la fonte di ogni benedizione e il proseguimento [hamshakah]123 della santificazione verso il basso. Devi sapere che l’uomo che osserva lo shabbat secondo la Halakhah, si rende simile a un trono per il Carro [Merkavah], per [accogliere] il Nome, sia egli benedetto. Per tale motivo lo shabbat viene chiamato riposo, come è scritto: «Questo è il mio luogo di riposo in eterno (Sal. 132: 14)». È come se il Tetragramma, sia benedetto, giacesse sugli uomini e dimorasse sopra di loro, come un re sul proprio trono. Il segno è: «Si riposò il settimo giorno (Es. 20: 11).124