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In età repubblicana avanzata, un nuovo tipo di edificio abitativo a più piani (insulae) venne costruito sempre più spesso, e anche spesso locato. La caduta dalle finestre di questi edifici superabitati di oggetti di varia natura costituiva un continuo pericolo per i passanti e poteva suscitare loro timore. Conseguentemente, il pretore fu indotto dalla nuova situazione urbanistica ed edilizia a intervenire, e a prevedere l’actio de deiectis vel effusis per risolvere le esigenze della securitas.84

L’actio è stata prevista dal pretore nell’edictum de his qui deiecerint vel effuderint, il quale è stato tramandato da un frammento del commentario ulpianeo, riportato nel D.9,3,1 pr.:

D.9,3,1 pr. (Ulpianus libro 23 ad edictum): Praetor ait de his, qui deiecerint vel effuderint: “Unde in eum locum, quo volgo iter fiet vel in quo consistetur, deiectum vel effusum quid erit, quantum ex ea re damnum datum factumve erit, in eum, qui ibi habitaverit, in duplum iudicium dabo. Si eo ictu homo liber perisse dicetur, quinquaginta aureorum iudicium dabo. Si vivet nocitumque ei esse dicetur, quantum ob eam rem aequum iudici videbitur eum cum quo agetur condemnari, tanti iudicium dabo. Si servus insciente domino fecisse dicetur, in iudicio adiciam: aut noxam dedere.”

Come si vede, il pretore stabiliva la responsabilità dell’habitator di una casa per il danno prodotto alle cose o alle persone da ciò che era stato gettato o versato dalla casa stessa in un luogo per dove la gente passava o dove soleva fermarsi.

Secondo i termini dell’editto, l’habitator è tenuto perché alcunché è stato deiectum vel effusum; ma è tenuto anche in assenza di un atto, cioè viene attribuito ai termini dell’editto il significato più esteso possibile e viene incluso anche il cum suspenderetur, decidit, o il quod suspensum decidit, o il quid pendens effusum sit,

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sebbene nemo hoc effudent (D.9,3,1,3).85

Nell’editto, viene posto in evidenza che l’azione è data contro colui che abita la casa nel momento in cui l’effusio o la deiectio si è verificata, cioè contro l’habitator. L’individuazione del convenuto è esposta in una serie di passi ulpianei. In D.9,3,1,4, il dominus aedium è escluso;86

in D.9,3,1,9, si precisa l’habitator attraverso l’interpretazione del termine abitare, sia in casa propria, sia presa in locazione, sia gratuitamente; ma l’ospite è escluso dall’habitator;87 in D.9,3,5,3, si trova una ulteriore dimostrazione di come la giurisprudenza interpretò estensivamente il termine habitator, in modo da ritenere esperibile l’azione contro chiunque altro si trovasse nella situazione di godere dell’uso di un immobile, anche se non destinato ad abitazione;88 inoltre, anche se l’habitator è persona sottoposta alla potestà altrui, se è un figlio in potestà che abita per suo conto, anche in affitto, è lui il soggetto passivo dell’azione, non il paterfamilias in base all’actio de peculio.89 Insomma, il responsabile è colui che ha la disponibilità della casa, sia di abitazione, sia altrimenti utilizzata (deposito merci, opificio, scuola), sia in forma divisa o indivisa, sia egli il proprietario o meno, sia che paghi o non paghi un canone, sia egli alieni iuris o sia sui iuris.

Secondo l’analisi precedente, potremmo confermare che l’individuazione del responsabile è compiuta sulla base del criterio oggettivo, ossia la posizione dell’habitator. Quindi, la responsabilità dell’habitator è quella oggettiva.90

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Schipani S., Contributi romanistici al sistema della responsabilità extracontrattuale, cit., 107.

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D.9,3,1,4: Haec in factum actio in eum datur, qui inhabitat, cum quid deiceretur vel effunderetur, non in dominum aedium:....

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D.9,3,1,9: Habitare autem dicimus vel in suo vel in conducto vel in gratuito. Hospes plane non tenebitur, quia non ibi habitat, sed tantisper hospitatur, sed is tenetur, qui hospitium dederit: multum autem interest inter habitatorem et hospitem, quantum interest inter domicilium habentem et peregrinantem.

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D.9,3,5,3: Si horrearius aliquid deiecerit vel effuderit aut conductor apothecae vel qui in hoc dumtaxat conductum locum habebat, ut ibi opus faciat vel doceat, in factum actioni locus est, etiam si quis operantium deiecerit vel effuderit vel si quis discentium.

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D.9,3,1,7: Si filius familias cenaculum conductum habuit et inde deiectum vel effusum quid sit, de peculio in patrem non datur, quia non ex contractu venit: in ipsum itaque filium haec actio competit.

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Riguardo al problema se l’actio de deiectis vel effusis sia o meno la fattispecie della responsabilità per fatto altrui, esistono opinioni diverse tra gli studiosi: secondo alcuni studiosi, quest’actio configura una delle fattispecie della responsabilità per fatto altrui;91 lo Schipani, invece, ritiene di no, perché l’atto di “gettare o versare” può essere altrui, di servi o familiari; ma tale atto può anche mancare perché l’evento del danno può consistere in un danno da cose inanimate o animali. Cioè, si struttura la fattispecie prestando attenzione essenzialmente alla individuazione in modo tipico della caduta di cose solide o liquide da una casa, di cui non costituivano parte, e dei relativi eventi di danno. Ciò è coerente anche con il modo sopra visto di individuare il responsabile.92 Nella presente tesi, preferisco accogliere l’opinione di Schipani, in quanto nell’actio de deiectis vel effusis, come egli osserva, il fatto altrui non è necessario, quindi, l’actio non è conforme al carattere della responsabilità per fatto altrui.