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Adattamenti allo stile libero per diverse disabilità

Nel documento il nuoto (pagine 95-104)

Tetraplegici

Gli atleti con disabilità grave (classe S1-S2 e parte degli S3), non riescono a nuotare il crawl, ma si cimentano nel dorso, sfruttando il regolamento tecnico che consente nelle gare di stile libero di nuotare lo stile che si vuole.

Posizione del corpo in acqua:

• Abbastanza verticalizzata, in quanto sia il bacino che gli arti inferiori, si tro-vano decisamente sotto il livello dell’acqua.

• Impossibilità ad eseguire un rollio utile.

• L’atleta “sente” con difficoltà la posizione del suo corpo in acqua a causa dell’inefficienza degli analizzatori specifici, tattile e cinestetico.

Arti inferiori:

• Propulsione assente.

• Le gambe flesse o distese creano una forte resistenza, aumentando il carico di lavoro sulla muscolatura degli arti superiori, già peraltro deficitaria. Es-sendo, inoltre, la velocità natatoria non elevata, difficilmente le gambe rie-scono ad orizzontalizzarsi.

Arti superiori:

• L’assetto verticalizzato del corpo rende difficoltoso il movimento delle brac-cia per uscire dall’acqua alla fine della spinta (sweep-up). La distanza tra la posizione della mano a fine spinta e la superficie dell’acqua è significativa.

Recupero del braccio a stile libero di Carlo Ludovici

• Solo gli atleti dotati di un buon tricipite possono cimentarsi in questo stile.

• Le limitazioni maggiori si riscontrano nella mancanza di controllo delle mani e del polso. Quest’ultimo cede, con una flessione dorsale, alla forza dell’acqua durante la trazione e la spinta della fase subacquea.

• La flessione classica delle dita (mani quasi chiuse), riduce notevolmente la presa in acqua.

• La mano agisce con movimenti grossolani e non precisi.

• Difficoltà a ritmare il movimento delle braccia.

• Difficoltà a mantenere disteso un braccio in avanti quando l’altro inizia la fase aerea.

Respirazione:

• La mancanza del rollio e la scarsa azione delle mani rende difficile il movi-mento di torsione del capo durante la respirazione.

• Difficoltà a coordinare la respirazione con l’azione degli arti superiori.

Partenza:

• Viene eseguita dall’acqua.

• Assenza di spinta degli arti inferiori dalla parete.

• Partenza con tecnica feet start: l’atleta parte a dorso e dopo un paio di brac-ciate si gira in posizione prona e continua la gara a stile libero.

• Partenza con una mano sul bordo o sulla maniglia del blocco di partenza e l’altro braccio disteso verso avanti.

Virata:

• Non viene eseguita la capovolta.

• L’angolo di entrata deve essere il maggiore possibile, altrimenti il corpo do-po che una mano ha toccato la parete, si verticalizzerà del tutto rendendo difficoltoso il distacco dal bordo e la ripresa della nuotata.

Nota:In allenamento utilizzare il pull-boy oppure, poco sopra le ginocchia, dei braccioli non del tutto gonfi, al fine di agevolare il galleggiamento dell’atleta.

Questi, in tal modo, potrà migliorare la tecnica e coprire distanze maggiori, evitando di affaticare gli arti superiori in breve tempo.

Le palette sono utili per una migliore percezione della presa e di tutta la fase subacquea. Non bisogna però farne un uso eccessivo per non creare un’imma-gine della nuotata differente da quella reale.

Paraplegici

Posizione del corpo in acqua:

• Rispetto ai tetraplegici, si avvicina alla superficie dell’acqua.

• Anche il rollio è attuabile nelle lesioni basse (classi S6-S7-S8).

Arti inferiori:

• Propulsione assente, ma taluni riescono a controllarli (distesi ed addotti).

• Nelle lesioni fino a D8 (classe S5) le gambe assumono la tipica posizione a V o a sedia, che aumenta la resistenza e crea, durante l’azione natatoria, delle oscillazioni che si ri-percuotono sul tronco e, di conseguenza, su tutta la nuotata.

• Nelle lesioni più basse, le gambe, pur ondeg-giando, sono distese ed abbastanza in super-ficie.

Arti superiori:

• La difficoltà maggiore è nell’esecuzione di una bracciata alternata costante che dipende dalla minore o maggiore funzionalità del busto.

• La funzionalità delle mani e dei polsi è buo-na, quindi l’esecuzione delle bracciate è più precisa e potente rispetto ai tetraplegici.

• Più la lesione midollare è bassa, maggiore è la possibilità di variare il ritmo di nuotata.

Respirazione:

• Il rollio e la presenza dei dorsali alti permet-te l’esecuzione di una buona respirazione.

Partenza:

• Dall’acqua, con una mano sul bordo o sulla maniglia del blocco di partenza e l’altro braccio disteso verso avanti.

Marco Catania impegnato nel crawl, ripreso dai finestroni della piscina

della Fondazione S.Lucia.

• Dal blocco, in posizione seduta (al segnale di partenza l’atleta si sbilancia in avanti cadendo in acqua).

Virata:

• L’angolo d’entrata si riduce in proporzione alla funzionalità del busto e delle gambe (possibilità di fletterle ed estenderle durante la virata), abbassando in tal modo il tempo necessario a virare.

• Può essere eseguita la capovolta (classi alte).

Cerebrolesi

• Tetraplegico

• Paraplegico

• Diplegico

• Emiplegico

• Monoplegico

Problematiche legate al tipo di disabilità e loro percentuale di presenza:

• 60% SPASTICITA’: Ipertensione permanente dei muscoli. Compromis-sione del fascio piramidale.

• 19% ATETOSI: Movimenti lenti e con torsioni, incontrollabili, involontari e imprevedibili.

• 8% ATASSIA: Turbe all’equilibrio, lesioni al cervelletto e alle sue connes-sioni.

• 4% RIGIDITA’: Resistenza ad un movimento passivo e lento.

• 2% TREMORE: Frequenti movimenti involontari e incontrollabili, ma re-ciproci e di ritmo regolare.

La virata a stile libero di Marco Catania

Dall’osservazione delle sopra indicate problematiche si intuisce che le maggiori difficoltà che i cerebrolesi incontrano nell’esecuzione del crawl (i più gravi nuo-tano a dorso con doppia bracciata), sono relative ai vari tipi di coordinazioni presenti in questo tipo di nuotata (tra i due arti inferiori, tra i due arti superiori, tra tutti e quattro gli arti e nell’inserimento della respirazione).

Si riscontrano, inoltre, problemi legati all’esecuzione di gesti tecnici precisi, co-stanti e ritmati.

Anche nei casi meno gravi, questi atleti sono spesso penalizzati rispetto ai con-correnti presenti nella stessa classe d’appartenenza, ma con patologie differenti.

Molti, infatti, a basse andature riescono ad eseguire uno stile ortodosso, ma al momento di velocizzare la nuotata, come gli viene richiesto in gara, vedono aumentare esponenzialmente le problematiche legate al loro tipo di disabilità.

Per contro, alcuni hanno serie difficoltà a nuotare mantenendo dei ritmi bassi, con conseguente “spreco” di energie. Ciò comporta, ad esempio, la difficoltà di proporre in allenamento dei lavori su lunghe distanze.

Partenza:

• Dall’acqua (anche feet-start).

• Dalla posizione seduti dal blocco.

• Con tuffo.

Virata:

• L’angolo d’entrata si riduce in proporzione alla funzionalità del busto e delle gambe (possibilità di fletterle ed estenderle durante la virata), abbassando in tal modo il tempo necessario a virare.

• Può essere eseguita la capovolta (classi alte).

Note:

• In allenamento proporre esercizi di coordinazione per lo più di semplice at-tuazione.

• Nei casi più gravi evitare l’utilizzo delle palette.

La virata semplice dell’atleta Daria D’Ottavi

Amputati (casi più frequenti) Posizione del corpo in acqua:

• Abbastanza soddisfacente. Condizionata dal tipo di amputazione/i Arti inferiori:

• Singola amputazione. Quando il moncone della coscia è corto, l’arto contro laterale tende a produrre una gambata delfinata, essendo impossibilitati gli arti ad eseguire un movimento alternato. L’azione delle gamba sana tende a direzionarsi lateralmente rispetto la verticale, trascinando con sé le anche.

All’inizio dell’apprendimento, il movimento della gamba è finalizzato alla sola stabilizzazione del corpo in acqua. In seguito, però, dovrà fornire la mi-gliore propulsione possibile. Se la differenza di lunghezza tra i due arti è minima sarà possibile un movimento alternato.

• Doppia amputazione. La mancanza di entrambi i piedi limita notevolmente l’azione delle gambe, anche nel caso in cui il livello di amputazione sia basso (es. altezza caviglie).

Arti superiori:

• Singola amputazione. Il moncone, anche se corto, permette il rollio. Il brac-cio sano avrà un’azione molto potente a discapito della frequenza. Per equi-librare la nuotata e mantenere la direzione in linea retta bisogna agire sul-l’inclinazione della mano in fase di trazione/spinta.

• Doppia amputazione. Movimento meno preciso per la mancanza di en-trambe le mani. La propulsione è direttamente proporzionale alla lunghezza dei monconi. Quando le braccia sono entrambe corte vengono utilizzate soprattutto come appoggio per la respirazione.

Il crawl di Gianluca Cacciamano

Respirazione:

• Nel caso di amputazione di un arto superiore, l’atleta di norma predilige re-spirare sul lato corrispondente all’arto sano, in quanto trae dall’esecuzione della fase subacquea dello stesso un valido appoggio. Ma in alcuni casi, per un migliore bilanciamento della nuotata, risulta preferibile la respirazione contro laterale, pertanto è consigliabile un’attenta valutazione individuale.

Partenze:

• Dall’acqua.

• Dalla posizione seduti dal blocco (al segnale di par-tenza l’atleta si sbilancia in avanti cadendo in acqua).

• Con tuffo.

Virata:

• Capovolta (a meno che non vi sia una doppia am-putazione agli arti inferiori senza moncherini).

Sara Rivosecchi sfrutta in scivolamento l’abbrivio iniziale

Vanessa Cicchi in fase di partenza con il braccio leso posizionato a protezione dietro la schiena La virata a stile libero di Gianluca Cacciamano

S

tesso discorso della rana vale per il delfino, che non presenta problema-tiche di controllo del rollio, ma che necessita di un’ottima capacità pro-pulsiva nella bracciata simultanea per poi riuscire ad elevare il capo e le braccia nella respirazione con recupero aereo. Anche il movimento di gambe necessita di un buon controllo del tronco e degli arti inferiori. Se il movimento degli arti inferiori non è presente o non è efficace può essere controindicato l’insegnamento e la pratica del delfino; caso per caso va valutata l’incidenza di una ripetuta iperestensione del capo in fase respiratoria.

E’ consigliabile, qualora vi siano le condizioni, iniziare con i propedeutici più semplici del delfino senza attendere di aver completato l’iter di apprendimento degli stili precedenti. Questi inserimenti, oltre a variare il contenuto tecnico delle lezioni, servono ad acquisire nuovi schemi motori e - attraverso il movi-mento ondulatorio del delfino - ancora più fluidità e adattamovi-mento acquatico.

N.B. Naturalmente, anche nel delfino come per gli altri stili, è basilare ed è punto di partenza per l’apprendimento il movimento delle gambe, per chi ne ha facoltà; questa scaletta è adattata ad allievi con difficoltà principalmente agli arti inferiori:

1. Remate con le braccia

2. Delfino con un braccio (l’altro braccio fermo in avanti o lungo il fianco) 3. Recupero bracciata delfino in 2 tempi:

a) sollevamento delle spalle

b) recupero rapido lanciato (da eseguire senza respirazione inizialmente e senza dare importanza alla fase subacquea)

4. Delfino completo senza respirazione 5. Delfino completo

Delfino

Fabrizio Sottile durante i Campionati Italiani Giovanili FINP Sesto Calende

Storia

La farfalla nasce in Giappone negli anni ’50 come evoluzione della rana; esiste infatti uno stretto collegamento con la rana anche a livello tecnico, infatti sono i due stili che presentano una simultaneità di esecuzione invece dell’alternanza dx-sx di dorso e stile libero. Dato che il regolamento allora lo consentiva, molti atleti hanno cominciato a nuotare la rana col recupero aereo; in seguito a ciò è stato introdotto il nuovo stile con la denominazione di “butterfly” (farfalla), che viene tuttora usata in tutto il mondo.

In Italia viene usata la denominazione “delfino” da quando la gambata rana venne soppiantata dalla più efficace gambata a piedi uniti, mentre la farfalla è rimasta a denominare lo stile delfino eseguito con gambata a rana.

I requisiti

Come per la rana, la farfalla presuppone una dotazione fisica non comune per arrivare ad alti livelli agonistici. Occorrono:

- una grande mobilità articolare, in particolar modo a livello delle caviglie, della colonna vertebrale e delle scapole.

- una grande forza, il recupero aereo simultaneo e “lanciato” delle braccia comporta una notevole dotazione muscolare (trapezio, deltoide).

- una conoscenza preliminare, soprattutto dell’assetto di galleggiamento orizzontale, ma anche dei tuffi, per l’entrata in acqua a tuffo che avviene ad ogni bracciata.

Fase di entrata a tuffo con presa-appoggio

Nel documento il nuoto (pagine 95-104)