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Disabilità visiva

Nel documento il nuoto (pagine 131-135)

Nella disabilità visiva, lo sport è strumento fondamentale per contrastare gli inconvenienti di una vita troppo sedentaria e gli stereotipi comportamentali tipici delle persone non ve-denti.

• Il confronto con gli altri e la necessità di in-staurare un rapporto inter-personale basato sulla reciproca stima e fiducia aiutano a su-perare quello che viene definito “ciechismo di relazione”, che è quell’atteggiamento di

diffidenza, timidezza, scontrosità e, talvolta, di chiusura verso chi vede.

• L’abilità di muoversi nello spazio, data dalla pratica sportiva, aiuta a vincere esitazioni, incertezze e timori, oltre a superare il “ciechismo spaziale”, che consiste nel modo di camminare esitante e a piccoli passi, o nella gestualità caratterizzata da movimenti delle braccia trattenuti entro distanze minime rispetto al proprio corpo, tipici di chi tende a vivere lo spazio come “ignoto”, in quanto non direttamente conoscibile con i sensi residui. L’udito e il tatto aiutano, ma solo entro un piccolo raggio e consentono di acquisire infor-mazioni che rimangono settoriali e incomplete.

• Acquistare fiducia in se stessi, concentrando la propria attenzione non su ciò che non si è in grado di fare, bensì su tutto ciò che si riesce ugualmente a fare, aiuta a superare il “ciechismo psicologico”: senso di insicurezza, sfi-ducia, e scoraggiamento che portano alla passività e all’isolamento.

• Abituarsi a fatiche e sofferenze non imposte “dal fato”, ma scelte e accettate per conseguire migliori risultati, e la consapevolezza di limiti fisiologici co-muni a tutti gli esseri umani e non patologici, aiutano a superare il “ciechi-smo comportamentale”: atteggiamento masochistico e, talora, di sterile re-vanscismo verso la vita e il prossimo, che porta ad esibire ed esaltare quei limiti, quasi in segno di sfida.

Uso del “bastone di segnalazione”

Cieco o non vedente?

Definire ciechi i “visuolesi” appartiene alla logica di ritenere che utilizzare delle perifrasi possa rendere meno pesante la realtà, ma le parole non possono mo-dificare la sostanza delle cose: ciechi e non vedenti sono sinonimi, e si possono usare indifferentemente. Quello che conta è il tono con cui lo si dice, da cui traspare inequivocabilmente l’atteggiamento di chi parla nei confronti di una persona cieca. Chi vede, talvolta, prova disagio nel relazionarsi con loro a causa di opinioni errate, ansie sociali, cattive abitudini o assunzioni erronee: per esempio, quella che i ciechi presentino sempre altre disabilità correlate o che, viceversa, proprio in ragione della cecità, siano persone assolutamente eccezio-nali. Vista l’importanza di assumere un comportamento adeguato, verranno fornite alcune semplici indicazioni generali.

Quando s’incontra una persona non vedente per la prima volta:

• È bene pensare che si è di fronte a una persona che ha qualche difficoltà in più nell’esplorare la realtà circostante, noi stessi compresi. Se sentite di do-verlo aiutare, avvicinatevi con garbo: se si trova in difficoltà non rifiuterà il vostro aiuto. Se dovesse rifiutarlo, non abbiatevene a male: tra i ciechi, come fra tutte le persone del mondo, ci sono quelli più socievoli e quelli più soli-tari.

• Informare della propria presenza e quando ci si accomiata.

• Porre attenzione ai rumori: se il silenzio corrisponde al buio totale per un non vedente, il troppo rumore rende difficile l’orientamento e la conoscenza dell’ambiente circostante.

• Usare un linguaggio essenziale, evitando di essere prolissi.

• Utilizzare termini chiari e precisi usando anche le parole legate al senso della vista.

• Fornire indicazione precise: non “là”, “qua”, “su”, “giù”, ma destra, sinistra, alto, basso.

• Chiedere sempre alla persona se e quanto sia in grado di vedere.

• Chiedere in che modo vuole essere aiutato.

• Evitare di essere troppo solleciti o protettivi: devono poter fare sbagli come gli altri.

• Rispettare l’individualità: la qualità e le caratteristiche della persona cieca sono infatti prettamente personali come lo sono quelle delle persone ve-denti.

• Se ci si sente a disagio vicino ad un cieco, ammetterlo apertamente: nessuno dei due trarrebbe vantaggio da un imbarazzato silenzio.

• Parlare con un tono normale di voce.

• Se si parla con una persona cieca, qualsiasi sia l’argomento, rivolgersi diret-tamente all’interessato e non al compagno vedente.

Accortezze nell’interazione con la persona non vedente

• Nell’accompagnarla, offrirgli il braccio e camminare al suo fianco appena un poco più avanti di lui.

• Non prenderla mai per il braccio spingendola avanti.

• Camminare con un passo normale, come si farebbe con qualsiasi altra per-sona.

• Quando ci si accomiata lungo il percorso, fornirgli indicazioni esatte circa il luogo e la direzione in cui si trova e la direzione verso cui è rivolto.

• Entrare per primi dalle porte, spiegando, se necessario, in che modo si apre il battente; spostate leggermente il braccio dietro la schiena se l’entrata è stretta, per evitare incidenti alla persona accompagnata.

• Entrando in un qualsiasi ambiente, darne una descrizione il più accurata possibile, avvertendo circa le presenze di altre persone e le eventuali moda-lità del servizio a cui è deputato.

Tipologie di disabilità visiva

È bene chiarire che le persone possono avere un deficit visivo dalla nascita op-pure acquisito nel tempo, e possono essere: non vedenti assoluti o ipovedenti.

Cecità congenita o acquisita: si dice cieca una persona con residuo visivo pari a zero in entrambi gli occhi anche con eventuale correzione. Sussiste una dif-ferenza sostanziale fra la persona cieca alla nascita e quella che lo è diventata.

La disabilità visiva totale, congenita o insorta nei primi anna di vita, ha impli-cazioni rilevanti sull’elaborazione cognitiva dello spazio, determinando la ri-duzione della motivazione all’esplorazione dell’ambiente e dei ritardi nello svi-luppo cognitivo e motorio, con difficoltà di orientamento nello spazio e nel-l’acquisizione dell’autonomia.

Lo stato di cecità o ipovisione grave inibisce il movimento e limita l’attività esplorativa; ciò ritarda la formazione di rappresentazioni spaziali dell’ambiente e rallenta il raggiungimento di alcune tappe dello sviluppo sensomotorio.

Se invece la cecità è subentrata dopo l’infanzia la persona è perfettamente in grado di svilupparsi armoniosamente, integrando con gli altri sensi una rap-presentazione del mondo esterno che già esiste.

IPOVEDENTE: vedremo ora in cosa può consistere il residuo visivo e come e cosa può vedere la persona ipovedente.

VISIONE PERIFERICA: la persona vede una macchia centrale, ma ha una buona visione periferica. Gli oggetti vengono visti in modo distorto, i colori alterati oppure vi è una zona scura nel mezzo del campo visivo.

VISIONE CENTRALE: il punto focale è centrato nel mezzo del campo vi-sivo e la persona colpita non ha nessuna visione di quanto si trova ai bordi.

PERDITA PARZIALE DEL CAMPO VISIVO: il campo visivo è ridotto in alcuni punti ciechi, dei “buchi neri” in cui manca qualsiasi tipo di visione.

L’insegnamento del nuoto

Le persone con disabilità visiva possono ottenere dall’attività fisica lo stesso piacere che ne traggono quelle vedenti. In acqua, poi, trovano occasioni di svi-luppo della capacità di orientamento, agevolati dal mezzo che stimola i loro propriocettori e i recettori tattili di tutto il corpo. Chi ha una cecità acquisita, che generalmente riduce sensibilmente l’attività personale per timore di perdere il possesso dello spazio, trova nella piscina un ambiente estremamente favore-vole: circoscritto, dove deve tenere sotto controllo un numero limitato di fattori spaziali; protetto, l’acqua attutisce gli impatti.

Questa sensazione rassicurante favorisce la curiosità e la voglia di sperimentare;

è importante altresì ricordare che la mancanza di feedback visivo gli impedisce di cogliere e rispondere in modo immediato ed automatico ad un ostacolo.

L’intero organismo sviluppa una maggiore vigilanza che, entro limiti ragione-voli, è certamente benefica, ma un eccessivo livello di attivazione dell’ansia ten-de ad innescare comportamenti di evitamento e di rinuncia.

L’ambiente piscina, con le sue corsie ben delimitate, è quindi particolarmente adatto, ma per partecipare con successo all’attività, le persone non vedenti hanno bisogno di alcuni accorgimenti. Ad esempio ogniqualvolta che un atleta appartenente alla classe S11 effettua una virata o termina la vasca, ha bisogno che ciò gli venga segnalato attraverso un gesto convenzionale eseguito per il tramite di un “bastone di segnalazione” - con all’estremità una pallina di spu-gna o di gomma - con cui una persona preposta (il “tapper”) tocca la sua spalla o la testa.

Tale adattamento è obbligatorio per i nuotatori S11 ma facoltativo per quelli S12 e S13. L’altro adattamento necessario per gli atleti S11 è l’impiego degli occhialini oscurati.

È fondamentale far familiarizzare l’atleta con l’ambiente piscina e l’area rela-tiva: se ha un buon grado di autonomia potrebbe preferire fare l’esplorazione per conto proprio, altrimenti l’istruttore lo accompagna a fare un giro di per-lustrazione per apprendere, attraverso il tatto e l’udito, le caratteristiche essen-ziali di: ingresso, corridoi e scale, segreteria, bar, spogliatoi, bagni, vaschette lava piedi e relative docce, piano vasca, bordo della piscina con relative corsie, scalette e blocchi di partenza; in pratica tutti gli ambienti che dovrà percorrere e utilizzare. È opportuno ridurre al minimo rumori estranei (cosa molto diffi-cile in piscina) e ostacoli pericolosi, soprattutto se temporanei; è importante prestare attenzione per ricordare ostacoli o pericoli, o la disposizione di corridoi e stanze, spiegando i percorsi sia all’andata che al ritorno.

Nel documento il nuoto (pagine 131-135)