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L’istruttore - allenatore - animatore

Nel documento il nuoto (pagine 41-48)

Il punto di svolta del processo di rinnovamento della didattica del nuoto sta nell’introduzione del “metodo attivo” di Jean Piaget nel mondo sportivo da parte di Raymond Catteau, proseguito in Italia da Gabriele Salvadori ed effi-cacemente rappresentato in questa citazione di Piaget:

“Il ricorso al metodo attivo esige che ogni nozione da acquisire sia reinventata dall’allievo o almeno da lui ricostruita e non semplicemente trasmessa”.

Di qui la centralità del ruolo dell’istruttore come catalizzatore di situazioni pe-dagogiche, più che semplice propositore di esercizi, coinvolgendo la sfera affet-tiva e mentale degli allievi, guidando l’insorgere dei problemi motori da risolvere e orientando le proposte, le domande e il dialogo all’interno dei gruppi, siano essi numerosi o che si tratti di piccoli gruppi di tre o quattro allievi. La stessa predisposizione mentale si può riproporre anche nell’ambito di un rapporto in-dividuale istruttore/allievo, tenendo nel dovuto conto le difficoltà che possono anche essere molto rilevanti in relazione alla tipologia di disabilità presente.

Poiché il punto non è ovviamente l’abdicare al ruolo propositivo di insegnante, ma l’individuare quelle modalità operative che consentano all’allievo l’espres-sione di un ruolo attivo e partecipe.

a) Clima didattico positivo

L’istruttore deve diventare l’animatore del gruppo. Ciò che consente l’evolu-zione del gruppo e in definitiva l’apprendimento delle varie tecniche natatorie è proprio l’instaurarsi di una dinamica coinvolgente e finalizzata. E’ ormai ri-saputo che può essere controproducente insistere troppo sulla correzione in-dividuale degli errori, dato che la spinta ad apprendere è costituita dalla volontà motivata al superamento di un problema concreto.

Una finestra didattica nella seduta di allenamento

Compito dell’istruttore è individuare secondo le varie fasi qual è il problema dell’allievo e stimolarlo alla ricerca attiva delle possibili soluzioni, creando un clima affettivo di fiducia e di attesa positiva.

Questo non significa che gli errori non devono essere corretti, significa che non è produttivo basare la propria lezione sulle azioni non corrette degli allievi piut-tosto che sugli obiettivi che intendiamo raggiungere; se l’allievo non percepisce il suo problema motorio, e men che meno ne intravede la soluzione, non è solo un problema suo, è soprattutto un problema dell’istruttore, che dovrà attivare una modalità diversa per coinvolgere l’allievo a superare l’empasse, guidandolo verso diverse strategie di percezione. Occorre inoltre distinguere le azioni di compensazione di limitazioni costituzionali dagli errori veri e propri prima di attivare le strategie di correzione individuale.

b) Riduzione dei tempi morti

Al fine di aumentare il tempo di azione è opportuno concentrare le informa-zioni e le spiegainforma-zioni da dare agli allievi: due o tre minuti sono più che suffi-cienti per spiegare un determinato esercizio o per raccogliere le impressioni dopo l’esecuzione.

c) Variazione delle proposte didattiche

E’ noto che è proprio la ripetizione delle attività che porta all’acquisizione di un gesto motorio. Questo però non significa che la lezione deve diventare uno stereotipo, ma che bisogna ripetere variando continuamente le condizioni e le modalità di esecuzione, con o senza sussidi didattici, in quanto è proprio la ricchezza di situazioni motorie vissute che aumenta l’abilità di esecuzione del movimento.

d) Posizione dell’istruttore sul bordo vasca (prossemica)

L’istruttore si avvicina e si abbassa verso gli allievi quando parla e spiega in modo di non alzare la voce e di creare un clima affettivo positivo.

Quando gli allievi provano le azioni proposte occorre che si porti ad una certa distanza, sia per osservare meglio che per non far sentire in maniera troppo opprimente la sua figura.

E’ bene non interrompere continuamente la prova dell’allievo anche se continua a sbagliare: meglio fargli terminare la vasca dopo di ché gli spieghiamo l’errore cercando di correggerlo; in uno stato d’animo più sereno recepirà le indicazioni dell’istruttore invece di subirle.

e) Quando scendere in acqua con gli allievi?

L’istruttore di nuoto per disabili non deve lesinare le entrate in acqua con gli allievi anzi, in diversi casi di una certa gravità, occorre mettere in conto la ne-cessità di continuare ad assistere l’allievo in acqua per un lungo periodo.

Nei casi molto gravi non è affatto scontata la conquista dell’autonomia nata-toria e l’attività didattica viene a trovarsi al limite con una pratica di tipo assi-stenziale terapeutica, da svolgere presso centri di riabilitazione e il cui fine è sostanzialmente il rilassamento e il benessere della persona.

D’altra parte non sono pochi i casi ove grazie alla perizia, alla determinazione dell’istruttore e al senso di fiducia che ha saputo infondere all’allievo, si sono raggiunti traguardi che sembravano inizialmente irraggiungibili.

L’obiettivo primario è comunque quello di ottenere l’autonomia di spostamento nell’ambiente acquatico, quindi va da sé che, trattando con bambini e persone che hanno delle difficoltà psicofisiche di varia natura, si possa rendere necessaria la presenza in acqua dell’istruttore, specialmente nella prima fase di accoglienza e ambientamento. La distanza fisica con l’allievo deve poi tendere ad aumentare progressivamente in funzione dell’acquisizione di sempre maggiore sicurezza, abilità ed autosufficienza.

Tentare di accelerare questa fase cruciale è un errore tanto quanto il suo prolungamento all’infinito; sta alla sensibilità ed esperienza dell’istruttore la ricerca di questo delicato equilibrio, che dipende sia dalla con-dizione di svantaggio iniziale dell’allievo che dalla vo-lontà e dalla carica motivazionale di entrambi.

E’ consigliato l’utilizzo di mute leggere in neoprene o di maglie in lycra per contrastare temperature dell’ac-qua troppo fredde e pertanto ottenere un maggiore comfort di lavoro. L’istrut-tore intirizzito non può certo trasmettere una sensazione di benessere e d’amo-re per l’ambiente acquatico.

f ) La correzione degli errori

Posto che l’efficacia dell’insegnamento si realizza attraverso il raggiungimento di un equilibrio nella dinamica istruttore / allievo, esaminiamo la questione in termini di polarità, dove da una parte si tende ad esaltare il ruolo dell’inse-gnante animatore-motivatore e dall’altra si considera valida unicamente la mo-dalità di correzione continua e inflessibile degli errori.

Molto utile in questo senso la proposta di Ga-briele Salvadori in un articolo uscito sulla rivista

“La Tecnica del nuoto”: Il Rapporto tra Tecnica e Didattica.

Il contributo è incentrato proprio sul ruolo del-l’istruttore nella complessa dinamica dell’insegna-mento, dove tecnica e didattica si intrecciano in un equilibrio non sempre facile da raggiungere.

Per una comprensione non superficiale è oppor-tuno chiarire e semplificare a modo di glossario alcuni concetti e definizioni:

Tecnica:l’abuso di questo termine lo rende di difficile definizione, occorre sfrondarlo per arrivare al concetto. La tecnica è il bagaglio conoscitivo aggiornato di una determinata azione, ovvero la cultura, il sapere sviluppato dall’intelligenza che interagisce con le leggi della natura al fine di compiere un’azione nella ma-niera più proficua e con il minor dispendio di energia.

La sua funzione è quella di non dover reinventare tutto da capo, ma di essere un modello trasmissibile e disponibile per tutti.

Adattamento:superamento della tecnica utilizzata fino a un dato momento mediante nuovi modi di interagire con le leggi della natura, attività perlopiù inconscia degli atleti quotidianamente a confronto con nuove barriere da in-frangere. Da non confondere con gli adattamenti dell’A.P.A. (Adapted Physical Activity), anche se il concetto presenta curiosi punti di contatto.

Errore:ogni deviazione dal modello proposto.

Correzione dell’errore:Si dice “sbagliando si impara”, infatti l’adattamento av-viene attraverso tentativi successivi, necessariamente errati in quanto è impen-sabile realizzare un atto motorio complesso di primo acchito. Ma ciò che deve essere evidenziato non è “l’errore”, ma il limite percettivo o di altra natura che impedisce la progressione, e che deve essere superato mediante un’azione mo-toria che dimostri come sia falsa la rappresentazione mentale precedente.

Dire ad un allievo che sta “sbagliando”, che sta solo producendo errori su errori, facendogli vedere quanto è produttivo ed elegante il gesto corretto, non fa che aumentargli il senso di incapacità e di impotenza senza fornirgli gli strumenti per progredire. Il che equivale a mettere una persona davanti al proprio insu-perabile (solo in apparenza, ma senza la coscienza di poterlo superare) scoglio e dirle: “avanti, sforzati, superalo, fai come ti faccio vedere io!”

Esistono brutti anatroccoli?

L’istruttore che viceversa stabilisce un contatto con l’allievo, rendendogli per-cepibile ciò che gli impedisce di migliorare, riuscirà facilmente a superare il blocco e a rafforzare l’autostima e la capacità di progredire, anche nelle situa-zioni che sembrano irrimediabili (…questo ragazzino è negato!…).

Ma non esistono allievi negati, esistono allievi con difficoltà di percezione, a vari livelli: poniamo il caso, ad esempio, di una persona con cerebrolesione, ov-vero con lesione al sistema motorio da paralisi cerebrale. Il modello descrittivo qui va palesemente in crisi, l’allievo disabile non può identificarsi con l’istrut-tore perciò non può imitarlo, allora come si procede?

A piccoli, piccolissimi passi si evidenziano e si infrangono gli schemi motori condizionati e patologici (..“perché quando sei tranquillo sulla tua sedia a ro-telle le braccia ti si distendono e in acqua no?… proviamo ora con questo gal-leggiante, o in quest’altra postura, facciamo dello stretching assistito, forse l’ac-qua è troppo fredda ...” e così via…). L’allievo percepisce il suo limite e la mo-dalità da applicare per superarlo; ora ci sono le condizioni e si può quindi ve-rificare la progressione. E’ un caso significativo rispetto alla differenza tra due modalità didattiche.

Consideriamo ora una fase più avanzata del rapporto istruttore / allievo - o meglio - allenatore / atleta, laddove la figura dell’allenatore assume un ruolo molto importante, soprattutto tra i più giovani che desiderano non solo di voler essere incoraggiati dal proprio allenatore, ma anche di voler ricevere suggeri-menti di carattere tecnico che possano favorire il loro miglioramento. A questo punto la correzione dell’errore / difetto del nuotatore può assumere un’altra connotazione: può diventare lo strumento che innesca un nuovo processo co-gnitivo e motivazionale di apprendimento.

Rielaborando il piano motorio, l’allievo si mette alla prova e cerca il successo attraverso un feed-back di risposta al progetto motorio. Se la correzione viene modulata nel timbro di voce, è chiara, semplice, concisa, pratica, l’allievo viene messo in condizione di mantenere l’interesse per quello che sta facendo.

Rispettando le caratteristiche appropriate della comunicazione - prossemica corretta, mimica coinvolgente ed empatia - la correzione dell’errore diventa lo stimolo principe del processo didattico.

Una modalità “didattica” molto diffusa è la dinamica “bastone e carota”, le pu-nizioni e i premi, ma si può adottare sistematicamente? In quali casi?

E’ efficace sul lungo periodo?

Questa definizione si riferisce al fatto che i muli cocciuti possono essere in-dotti a procedere sia prendendoli per la gola, premiando gli sforzi (la carota), sia con le bastonate.

In genere si dice usare il bastone e la

carota per indicare che un utile metodo sia quello di alternare punizioni e ri-compense al fine di ottenere qualcosa da qualcuno. Sottintende il fatto che solo premi o solo punizioni non siano efficaci quanto la loro alternanza.

In realtà, pensare di motivare all’azione e all’azione corretta tecnicamente -un allievo con questi mezzi (p-unizioni, premi o l’alternanza dei due) è -un vero e proprio non sense didattico, un vicolo cieco che si è purtroppo tentati ad im-boccare quando non si trovano le soluzioni adatte a sbloccare problematiche o rapporti difficili.

La chiave giusta si trova nell’osservazione e nella capacità di adattare il proprio registro didattico in funzione delle esigenze dell’allievo.

La formazione dovrebbe puntare a sviluppare nei tecnici la flessibilità cognitiva, ovvero la capacità di affrontare le situazioni che di volta in volta si presentano come diverse. Questo concetto è basilare in una società come quella odierna, in cui i fenomeni si presentano sempre con i caratteri dell’incertezza e della variabilità. Per rispondere alle esigenze della nostra società non basta più quindi essere “informati”: è invece necessario essere “formati”. L’ “uomo informato” è lo specialista, che possiede molte nozioni, ma le applica in modo rigido; mentre l’ “uomo formato” è l’uomo polivalente, che non solo possiede le giuste nozioni, ma sa anche rispondere efficacemente alle novità e sa risolvere situazioni in condizioni di incertezza, dove non è possibile applicare i protocolli standard.

g) La comunicazione didattica

Consideriamo alcune linee guida della comunicazione didattica efficace, in pri-mo luogo il concetto di feedback, ovvero il “ritorno” del messaggio che si è voluto comunicare. Un feedback positivo comunica l’avvenuta percezione e compren-sione del messaggio ricevuto. L’allievo comunica continuamente all’istruttore, in maniera verbale o più spesso non verbale, la richiesta di apprezzamento sulle azioni svolte.

L’istruttore deve essere in grado di rispondere adeguatamente, di fornirgli a sua volta un feedback positivo adeguato, centrato sulla relazione tra le azioni e i risultati ottenuti, nonché sul rispetto dei tempi previsti e sulla qualità e l’en-tusiasmo della collaborazione.

La comunicazione efficace è di tipo “assertivo”, caratterizzata dalla fermezza nella modalità e dalla chiarezza nei contenuti. L’ascolto attivo, la ridefinizione dei confini e dei ruoli reciproci, la comprensione ed infine la fiducia e la re-sponsabilizzazione danno il giusto orientamento alla comunicazione.

Nel documento il nuoto (pagine 41-48)