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ADDEBITO DELLA SEPARAZIONE

Nel documento illecito endofamiliare (pagine 66-71)

E’ la Suprema Corte con la sentenza n. 9801 del 10 maggio 200557 che ha

affermato per la prima volta, in modo esplicito, la configurabilità di una responsabilità extracontrattuale in caso di violazione dei doveri nascenti dal matrimonio.

Non si tace, a sostegno della logica necessità di un percorso giurisprudenziale, che la I sezione della Cassazione ha approfondito le indicazioni che pure era dato cogliere nella Cass. 5866/199558 e ha superato la contraria posizione espressa da Cass. 3367/199359 e 4108/199360, pur

riconoscendo, senza precedenti, in modo deciso l’operatività della clausola generale di responsabilità civile nelle relazioni familiari.

La pronuncia afferma la responsabilità di un coniuge che dolosamente, prima delle nozze, ha taciuto alla consorte la propria incapacità couendi. I giudici di legittimità sottolineano come la problematica in esame debba essere collocata nel contesto più generale della lesione dei valori di rango costituzionale, suscettibili di riparazione ex art.2059 cc, alla luce del nuovo assetto del danno alla persona, delineatosi in seguito alle pronunce della S.C del 31 maggio 2003, n.8827 e 8828.

57C. Cass 10 maggio 2005, n.9801, in Fam e dir 4, 2005, pagg. 365. 58

C. Cass. 26 maggio 1995, n. 5866, cit. 59

La massima delinea i tratti del nuovo illecito e al contempo lo delimita. Afferma, infatti, la Suprema Corte “il rispetto della dignità e della personalità di ogni componente del nucleo familiare assume i connotati di diritto inviolabile, la cui lesione da parte di altro componente del nucleo della famiglia, così come da parte del terzo, costituisce il presupposto logico della responsabilità civile, non potendo ritenersi che diritti definiti come inviolabili ricevano diversa tutela a seconda che i loro titolari si pongono o meno all’interno di un contesto familiare…”61.

La Corte ribadisce la giuridicità dei doveri nascenti dal matrimonio, ai sensi dell’art. 143 cc, come dimostrato non solo dalla letterale formulazione di quest’ultima norma in termini di doveri, ma dalla previsione della loro inderogabilità, ai sensi dell’art. 160 cc e dalle conseguenze previste per il caso di loro violazione, ex art. 151 cpv cc; rafforza poi dette conclusioni muovendo dalla premessa che gli artt. 3 e 29 della Cost, comportano il riconoscimento di uguali responsabilità dei coniugi e di pari diritti di sviluppo e di arricchimento della personalità, sia all’interno del nucleo che della vita di relazione.

Si chiarisce che presupposto logico della responsabilità civile in ambito endofamiliare è la lesione di diritti inviolabili. La previsione dell’illecito è conseguenza dell’offesa di valori di rango costituzionale.

Si esclude che il sistema del “diritto di famiglia”possa ritenersi completo, trovando al proprio interno la completa tutela in caso di ogni qualsivoglia

patologia. Si afferma, a tal proposito, che “ la circostanza che il comportamento di un coniuge costituisca causa della separazione o del divorzio non esclude che esso possa integrare gli estremi di un illecito civile; che l’assegno di separazione e di divorzio hanno funzione assistenziale, e non risarcitoria; che la perdita del diritto all’assegno di separazione a causa dell’addebito può trovare applicazione soltanto in via eventuale, in quanto colpisce soltanto il coniuge che ne avrebbe diritto, e non quello che deve corrisponderlo, e non opera quando il soggetto responsabile non sia titolare di mezzi. La natura, la funzione ed i diritti di ciascuno degli istituti innanzi richiamati rendono evidente che essi non sono strutturalmente incompatibili con la tutela generale dei diritti costituzionalmente garantiti, non escludendo la rilevanza che un determinato comportamento può rivestire ai fini della separazione o della cessazione del vincolo coniugale e delle conseguenti statuizioni di natura patrimoniale la concorrente rilevanza dello stesso comportamento quale fatto generatore di responsabilità aquiliana”62.

Alla luce delle coordinate tracciate, non può ritenersi che il rimedio risarcitorio e l’addebito della separazione rispondano alla medesima finalità e siano pertanto alternativi.

La corresponsione dell’assegno di mantenimento non può comunque escludere l’esperibilità di un’azione di responsabilità ex art. 2043 cc, stanti la diversità delle funzioni, e dunque delle esigenze a cui fanno fronte, dei

due rimedi giuridici. L’addebito della separazione, oltre ai requisiti di natura economica, richiede altresì che la violazione dei doveri coniugali determini l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza o rechi grave pregiudizio all’educazione della prole, mentre il rimprovero extracontrattuale si incentra sulla violazione di un diritto inviolabile e sulle evenienze lesive che da tale offesa siano scaturite.

L’ordinamento giusfamiliare, nel prescrivere misure speciali in ipotesi di trasgressione dei precetti dai medesimi posti, non intende diminuire la protezione accordata al singolo dagli altri rami del sistema del diritto civile, bensì implementare la stessa aggiungendo ulteriori rimedi specifici, che operano nella ricorrenza dei presupposti di legge.

Sul punto della mancanza di una sovrapposizione rimediale tra tutela risarcitoria e separazione con addebito anche pronunce successive ( Tribunale di Milano 4 febbraio 200263; Tribunale di Milano 24 settembre

200264 e Tribunale di Venezia 3 luglio 200665). Esiste, in proposito,

un’attenta riflessione del Tribunale di Venezia ( 3 luglio 2006) che, pronunciandosi su un caso di inadempimento ai doveri coniugali, osserva “se non ogni violazione degli obblighi derivanti dal matrimonio, e neppure la pronuncia di addebito, permettono di fondare una valutazione in termini di ingiustizia del danno, deve valere anche la proposizione inversa:la

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Trib. Di Milano 4 febbraio 2002, in Danno e Resp.2002, p.1027. 64

mancanza di addebito della separazione di per sé non esclude il ricorso allo strumento risarcitorio”66.

CAPITOLO 4

SOMMARIO: PROFILI COMPARATISTICI: UNO SGUARDO AL PANORAMA EUROPEO DEI TORTI

Nel documento illecito endofamiliare (pagine 66-71)