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LA VIOLAZIONE DEL DOVERE DI FEDELTA’

Nel documento illecito endofamiliare (pagine 106-110)

DANNI INTRAFAMILIARI EMERGENTI DALLA GIURISPRUDENZA

5.3 LA VIOLAZIONE DEL DOVERE DI FEDELTA’

Nell’ordinamento romano il dovere di fedeltà era assunto quale situazione soggettiva gravante sul coniuge a fronte della quale spettava all’altro coniuge uno ius in corpus, la cui natura giuridica era peraltro dibattuta, in quanto mentre i canonisti ritenevano che si trattasse di un diritto di credito, altra parte della dottrina civilistica propendeva per la natura reale dello stesso.

Del resto, fino alle sentenze n.121/1968 e n.147/1969 della Consulta, che hanno dichiarato l’illegittimità costituzionale degli artt. 559 e 560 cp, i quali tipizzavano come reati l’adulterio ed il concubinato, il dovere in commento aveva, altresì, una valenza pubblicistica.

L’impostazione ora riferita è profondamente mutata: istanze solidaristiche sottese alla nuova visione del rapporto coniugale hanno escluso che l’obbligo di fedeltà possa condensarsi nella mera esclusività sessuale.

Esso è ora più propriamente definito come “ impegno ricadente su ciascun coniuge di non tradire la fiducia reciproca ovvero di non tradire il rapporto di dedizione fisica e spirituale tra i coniugi e (…) non deve essere intesa soltanto come astensione da relazioni sessuali extraconiugali…La nozione di fedeltà va avvicinata a quella di lealtà…che si traduce nella capacità di saper sacrificare le proprie scelte personali a quelle imposte dal legame di coppia e dal sodalizio che su di esso si fonda…”113.

Nel caso trattato dalla Suprema Corte è stato escluso che la violazione del dovere di fedeltà – che pure rientra tra i doveri coniugali inderogabili ex art. 160 cc - potesse essere causa di addebito della separazione e del risarcimento del danno ex art. 2043 cc non essendo stato accertato in fatto che a quella violazione risale la crisi dell’unione.

In tale ambito è interessante il problema, concretamente posto in giurisprudenza, concernente la ravvisabilità di un titolo di responsabilità in capo al terzo che, intrattenendo una relazione con il coniuge infedele, consenta al medesimo la violazione del dovere di fedeltà coniugale.

Un’impostazione risalente, ancorché non priva di riscontro in sede applicativa, propendeva per la tesi affermativa. Tanto si asseriva in virtù di un’assimilazione del vincolo matrimoniale alla vicenda contrattuale, per la quale si ammette generalmente la responsabilità aquiliana del terzo che induca uno dei contraenti all’inadempimento ( si faceva l’esempio al caso di doppia alienazione immobiliare o di storno di dipendenti).

Tale orientamento è stato superato dalla giurisprudenza più recente sulla base di alcune considerazioni: la prima, che “ il terzo non è titolare del dovere di fedeltà, di guisa che non può rispondere in via principale della violazione del vincolo coniugale a causa della relazione adulterina”114 né in

via extracontrattuale per aver indotto uno dei coniugi a non rispettare il dovere di fedeltà, in quanto il contegno in ipotesi perfezionato da parte dell’ “amante” non è eziologicamente riconducibile, a norma dell’art. 41

comma 2 del cp, al danno non patrimoniale sofferto dal partner fedele; secondariamente, “ la condotta posta in essere dal coniuge inadempiente è idonea a recidere il nesso di causalità tra il fatto del terzo ed il danno conseguente all’offesa inferta alla dignità ed all’onore dell’altro coniuge”115. La possibilità del familiare infedele di autodeterminarsi

secondo motivi ad esso propri collide con l’imputabilità al terzo della scelta del coniuge di non tenere fede al vincolo coniugale e ai dveri che ad esso si accompagnano.

Infine, ed in terzo luogo, si osserva “ la configurabilità del concorso del terzo nella violazione dei diritti relativi trova un limite nel principio di autoresponsabilità, per il quale ciascuno risponde delle proprie azioni deliberate in modo libero e responsabile (…)”116

Anche in un caso deciso dal Tribunale di Milano, ove un marito cita in giudizio il datore di lavoro della ex moglie con il quale quest’ultima aveva intrattenuto una relazione extraconiugale chiedendo il risarcimento danni per l’avvenuta separazione, il Tribunale di Milano117, esclude la

responsabilità del terzo per “induzione all’inadempimento”118, affermando

che “ questo particolare strumento di tutela del diritto di credito, utilizzato

115

Tribunale di Monza, 15 marzo 1997, cit. 116Tribunale di Monza, 15 marzo 1997, cit

117Tribunale di Milano, 24 settembre 2002, in Danno e Resp 2003, pagg. 1132 ss. 118

L’espressione è stata utilizzata dal Tribunale di Roma nella pronuncia del 17 settembre 1988, ove aveva affermato, con decisione singolare, che “ il soggetto che induce o istiga la moglie di un terzo ad avere con sé relazioni sessuali contribuisce e coopera, col suo comportamento, a produrre il fatto lesivo dell’obbligo di fedeltà, concorrendo così con la moglie nella violazione di tale obbligo”, tuttavia, “dal momento che un coniuge non ha diritto di essere garantito contro i rischi del tradimento ai quali è già esposto per il fatto che si è sposato, il problema della responsabilità del terzo danneggiante sussiste solo nel caso in cui quest’ultimo, con la sua condotta, determini un ampliamento delle probabilità che si verifichi tale violazione dell’obbligo di fedeltà”, pertanto, conclude il Tribunale capitolino, “ può senz’altro configurarsi una responsabilità del terzo che positivamente induca la moglie ( o il

in materia di obbligazioni contrattuali, non può (…) essere esteso agli obblighi inerenti il matrimonio, ed a quello di fedeltà in particolare, rispetto ai quali le componenti emotive e lo scambio connaturato alle relazioni (…) d’amore e di sesso escludono che possa ravvisarsi in capo al terzo il ruolo di “induttore” ed in capo al coniuge trasgressore quello di “indotto”. Ed escludono anche l’esistenza a carico del terzo di un dovere di astensione che, per quanto possa richiamarsi con riferimento ai valori costituzionali di solidarietà o di tutela della famiglia, deve comunque misurarsi col diritto, pure esso costituzionalmente garantito, alla libera espressione della propria personalità”.

Affronteremo in un capitolo a sé la responsabilità di uno dei coniugi per infedeltà omossessuale119.

5.4 RESPONSABILITA’ DEL GENITORE NON AFFIDATARIO

Nel documento illecito endofamiliare (pagine 106-110)