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L’ esperienza dell’ affidamento familiare rappresenta per i bambini in situazione temporanea di vulnerabilità l’ opportunità di sperimentare quelle cure adeguate che nella propria famiglia di origine sono attualmente disfunzionali o non disponibili. Dall’ altra parte, le famiglie che si aprono all’ accoglienza, all’ accompagnamento di questi bambini per un periodo della loro vita, hanno la possibilità di vivere un percorso da cui trarre una ricchezza d’ animo difficilmente raggiungibile in altri modi. L’ auspicio è quello che le famiglie affidatarie diventino sempre più numerose, poiché c’è bisogno di una comunità attenta e disponibile ad aiutare la ricostruzione di un progetto familiare che ad un certo punto può interrompersi, perdersi, e danneggiare il minore, soprattutto oggi che il sistema famiglia è vulnerabile come non mai.

“E’ urgente oggi ampliare l’ambito delle azioni di micro-solidarietà presenti

nell’accezione più ampia di affido familiare, quali affidi parziali, pomeridiani, sostegni di vario tipo e forme di prossimità e sostegno tra famiglie, ecc..: l’affido funziona dentro una comunità attiva anche attraverso le diverse pratiche possibili nell’ affido.46

A trentadue anni dall’ istituzione dell’affidamento familiare esso rimane ancora un mondo parzialmente inesplorato, sia per le legittime esitazioni di un nucleo famigliare che non sa fino a che punto è davvero disposto ad accogliere, sia perché una buona riuscita del progetto di affidamento richiede un’ elevata concertazione fra Servizi e famiglie. Infatti, “sono tanti i soggetti ed è impresa

ardua, aldilà delle difficoltà tecniche, armonizzare gli operati dei vari attori, con il frequente risultato che quella che dovrebbe essere una rete di protezione del bambino, rischia di diventare per lui una dolorosa trappola”.47

Naturalmente i Servizi sono chiamati a svolgere un ruolo importante che preveda una risposta individualizzata e ad hoc per quel minore, senza ricorrere a progetti standard e preconfezionati. Non sempre, tuttavia, è possibile realizzare un

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Linee guida 2008, Affido in veneto, p. 47

Giordano M., Iavarone M., Rossi C., A Babele non si parla di affido. Costruzione e gestione dei progetti

40 affidamento familiare e in quei casi l’ alternativa è il collocamento presso i servizi residenziali.

1.4.1 La disciplina giuridica dell’ affidamento familiare

L’ affidamento familiare viene regolamentato in maniera organica dalla legge 184/83, con la quale è stato disposto che quando il minore si trovi temporaneamente privo di un ambiente famigliare consono può essere affidato ad un’ altra famiglia (che possibilmente abbia già figli minori), ad una singola persona o ad una comunità di tipo familiare. La normativa distingue tra affidamento consensuale e affidamento giudiziale. Il primo, il cui provvedimento è gestito dal servizio sociale locale, prevede il consenso dei genitori al fatto che il figlio venga temporaneamente cresciuto ed educato da un’ altra famiglia; nel secondo caso, invece, è l’ autorità giudiziaria a disporre l’ affidamento per ragioni di tutela del minore, senza il consenso genitoriale.

Inoltre, all’ art.5 viene stabilito che: “L' affidatario deve accogliere presso di

sé il minore e provvedere al suo mantenimento e alla sua educazione e istruzione, tenendo conto delle indicazioni dei genitori per i quali non vi sia stata pronuncia ai sensi degli articoli 330 e 333 del codice civile, o del tutore, ed osservando le prescrizioni eventualmente stabilite dall'autorità affidante. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dell'articolo 316 del codice civile. L' affidatario deve agevolare i rapporti tra il minore e i suoi genitori e favorirne il reinserimento nella famiglia di origine. Le norme di cui ai commi precedenti si applicano, in quanto compatibili, nel caso di minori ospitati presso una comunità alloggio o ricoverati presso un istituto.”48

Per una descrizione più puntuale del profilo degli affidatari e delle procedure di affidamento interviene la legge 149/01 la quale intende rendere effettivo il diritto del minore a crescere ed essere educato nella propria famiglia d’ origine aiutandola sia con interventi diretti sia con la previsione dell’ affidamento,

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41 che in questo caso fornisce la possibilità al nucleo famigliare in difficoltà di superare il momento critico senza il rischio che il minore ne venga danneggiato ulteriormente.

“Ciò che può sembrare una espressione logica e banale è invece frutto di

un percorso molto lungo e faticoso, viene posto l’accento sulla famiglia “propria” del minore non tanto al fine di preservare il legame di sangue a qualsiasi costo, quanto piuttosto perché se l’obiettivo è il benessere del bambino, la condizione migliore per garantire ciò consiste appunto nell’attribuirgli il diritto di mantenere il proprio mondo, ovvero nel rispettare la sua storia, i suoi legami familiari, l’ambiente sociale e affettivo che concorrono a costituirne l’identità”.49

Per diventare affidatari non sono presenti requisiti perentori riguardo l’ età, lo stato civile o il numero di figli naturali, ma è fondamentale che il progetto sia condiviso e voluto da tutti i membri della famiglia. Come per l’ adozione, è previsto uno studio valutativo e un percorso di formazione.

Infine, la legge 149/01 sottolinea il carattere temporaneo dell’ affido familiare, stabilendone la durata a breve, medio e lungo termine, oppure a tempo parziale. Tuttavia, attualmente, nella gran parte dei casi la pratica si discosta dalla teoria poiché gli affidi finiscono per non avere una durata effettiva ma per essere sine die, ovvero fino al raggiungimento della maggiore età.

1.4.2 Le differenze fra l’ adozione e l’ affidamento familiare

Adozione e affidamento familiare rappresentano entrambi due modalità di tutela del minore in caso di inadeguatezza della famiglia d’ origine. Le differenze tra i due istituti sono però numerose ed è bene che vengano approfondite per avere ben chiari i due concetti.

Innanzitutto il percorso adottivo porta ad una risoluzione definitiva, nel senso che i rapporti del minore con la famiglia d’ origine cessano per ordine del Tribunale che ha dichiarato lo stato di adottabilità e il bambino diventa a tutti gli

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42 effetti figlio della nuova coppia, acquisendone il cognome. L’ affidamento invece, che ha come finalità la tutela temporanea del minore in attesa che la famiglia d’ origine recuperi le sue competenze genitoriali, prevede che i contatti con la famiglia da cui si proviene continuino proprio in quest’ ottica riparativa. Di conseguenza, la differenza principale sta nel diverso aspetto giuridico, nel fatto che l’ affidamento prevede il rientro del bambino nel proprio nucleo famigliare mentre per l’ adozione viene individuato una nuova famiglia per il minore, il quale non può più avere a che fare con la quella d’ origine.

Questo significa che i due istituti sono diversi anche per quanto riguarda il carattere temporale, ma va sottolineato che gli affidi sine die sono oggi sempre più diffusi, di conseguenza anche se non cambia lo status giuridico o il cognome, l’ affido diventa molto simile all’ adozione per la durata fino ai 18 anni.

Inoltre, l’ adozione prevede dei requisiti da parte delle coppie aspiranti molto restrittivi (per età, per status economico ecc) diversamente da quanto avviene per l’ affido che da questo punto di vista è molto più flessibile.

In conclusione, questo capitolo ha permesso di presentare e approfondire due delle modalità di protezione sostitutiva individuate dalla Convenzione Onu sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza, in modo tale da poterle confrontare con l’ altra grande protagonista di questa ricerca, ovvero la kafalah di diritto islamico, la quale si può identificare come una sorta di via di mezzo tra i due istituti ma con tutta una serie di basi culturali e di risvolti giuridici interessanti, soprattutto nei casi in cui è richiesto il ricongiungimento famigliare in Italia.

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Capitolo secondo.