Contaminazione tra mondi adottivi.
3.1 L’ incontro/scontro fra l’ adozione italiana e la kafalah islamica
Il confronto operato in questa ricerca tra i sistemi giuridici e culturali, relativamente alla tutela dei minori e in riferimento al contesto italiano e a quello
islamico, punta a finalità più ampie del mero paragone didattico. La descrizione dei due mondi adottivi, realizzata nei capitoli precedenti, ha messo
in luce più di qualche differenza, pur non mancando talvolta dei punti in comune. Partendo dal riconoscimento internazionale, ottenuto attraverso le varie convenzioni, degli strumenti di tutela afferenti sia all’ uno che all’ altro sistema adottivo analizzato, è stato possibile stabilire che per entrambi un punto imprescindibile è rappresentato dalla volontà di tutelare il diritto del fanciullo a crescere in un ambiente famigliare idoneo al suo sviluppo psicofisico.
Si è visto come, nei sistemi eurocentrici e in particolare in quello italiano, il legislatore si sia basato sui principi costituzionali e sovranazionali per affermare:
- l’ inalienabilità del diritto alla vita del fanciullo,
- la garanzia che la tutela dei minori da parte dello Stato prescinda da qualsiasi considerazione discriminatoria;
- la priorità, in tutte le decisioni che coinvolgano il minore, dell’interesse di quest’ ultimo su ogni altro interesse.
Approfondendo il sistema adottivo italiano è stata data una definizione di quella che è la condizione necessaria affinché si apra una procedura di adottabilità; si è chiarito che l’ abbandono del minore viene inteso come mancanza di sostegno materiale ma soprattutto morale, e che lo Stato è tenuto ad intervenire affinché possa aiutare le famiglie a ripristinare le condizioni favorevoli alla crescita sana del bambino. Qualora per il minore non fosse tutelante rimanere nel nucleo famigliare originario, gli organi statali preposti sono incaricati di individuare una
64 famiglia che possa sostituirsi a quella nativa.
Nei presupposti all’ adottabilità o affidabilità di un minore si inserisce la prima importante differenza riscontrata nel confronto tra sistema di tutela italiano e sistema islamico. Quest’ultimo, strettamente fondato sulla legge di interpretazione religiosa e sui precetti coranici, stabilisce che oltre all’ abbandono in senso stretto, è da considerarsi motivo di ricorso all’ affidamento la semplice eventualità di essere nati al di fuori del matrimonio. Quindi vengono affidati in kafalah non solo quei bambini il cui sostegno morale e materiale viene meno, così come in Italia, ma anche e soprattutto quei bambini che pagano per i genitori l’onta di una relazione extra coniugale. A ciò si aggiunga anche la fattispecie di kafalah consensuale che prevede un esplicito accordo tra famiglie, realizzato quando la famiglia naturale non è in grado di provvedere all’ adeguata crescita del minore.
Tuttavia, la ratio è la medesima, ovvero quella di intervenire affinché i minori non rimangano senza famiglia, offrendo loro l’ opportunità di vivere una vita che non contempli maltrattamenti o mancanze affettive, morali e materiali. Nonostante il divieto a dare luogo ad una filiazione adottiva artificiale, imposto dal Corano, i legislatori islamici hanno inteso garantire comunque una famiglia a quei minori che ne fossero privi, a prescindere dalle motivazioni. Ed è per questo che il sistema di tutela dei minori musulmani si regge su un istituto come la kafalah, la quale non da luogo ad una filiazione a tutti gli effetti e non comporta la nascita di legami parentali riconosciuti come legittimanti. L’unico vincolo è l’ obbligo di rispettare il contratto sottoscritto dalla famiglia affidataria, o con la famiglia naturale in caso di kafalah consensuale o con lo Stato in caso di kafalah giudiziale, e garantire al minore il mantenimento e le cure necessarie.
È utile, a questo punto, tornare a ribadire che la kafalah è a tutti gli effetti un contratto che termina al raggiungimento del diciottesimo anno di età da parte dell’affidato, poiché non è previsto dalla legge religiosa che possano nascere legami di filiazione in modalità diverse da quella biologica. I minori affidati tramite kafalah non recidono i rapporti con la famiglia d’origine, qualora quest’ ultima sia nota, né possono essere considerati come figli legittimi del nucleo affidatario.
Fatti salvi i casi di abusi e maltrattamenti, nei quali ovviamente è previsto l’ intervento degli organi di tutela e il ricorso alla kafalah giudiziale, ciò che sottende
65 alle peculiarità della kafalah consensuale non è il tentativo dello Stato di riparare ai deficit genitoriali, poiché in questo caso lo Stato, nella figura del giudice di famiglia, ha il mero compito di convalidare un accordo di natura privatistica già stabilito tra le due famiglie. La mancata nascita di una filiazione adottiva legittimante fa in modo che la kafalah non trovi, negli ordinamenti occidentali, un istituto che possa essere considerato equipollente.
Per quanto riguarda nello specifico il sistema italiano, viene istintivo pensare che la kafalah altro non sia che l’ istituto dell’ affidamento etero familiare, anche grazie alle significative analogie con esso; pur tuttavia, permangono delle differenze giuridiche tra i due istituti che non permettono loro di combaciare pienamente.
Come accennato in precedenza, questo lavoro mira non solo a sottolineare le differenze tra i due istituti sopra citati, ma ad individuare innanzitutto in quali situazioni i due strumenti possono venire a trovarsi fianco a fianco, e in secondo luogo in che modo essi, così diversi fra di loro, possano coesistere.
Il fatto che si tratti di strumenti appartenenti a due differenti ordinamenti non esclude la possibilità che essi vengano ad incontrarsi (e a scontrarsi) nell’ uno o nell’ altro sistema normativo. I fenomeni migratori, da questo punto di vista, hanno contribuito ad avvicinare e a contaminare fra di loro mondi giuridici e culturali distanti non solo fisicamente ma anche ideologicamente.
A titolo di esempio si possono citare quelle situazioni in cui una famiglia musulmana di nazionalità marocchina o algerina, che abbia tra i suoi membri un bambino preso in affido mediante kafalah, decida di spostarsi in Italia; oppure il caso di un cittadino extracomunitario con permesso di soggiorno italiano che faccia richiesta di ricongiungimento famigliare, in Italia, nei confronti del makfoul residente in Marocco e affidato con pronuncia di un giudice marocchino. E come queste, tante altre possono essere le configurazioni che comportano inevitabilmente il contatto tra istituti di tutela dei minori appartenenti a sistemi normativi differenti. Nel quarto capitolo verranno presentati i casi in cui una coppia mista (matrimonio tra un musulmano e un cristiano) ottiene l’ affidamento in kafalah ma non gli è consentito il ricongiungimento familiare in Italia.
66 medesimo obiettivo ma con presupposti e caratteristiche divergenti, si trovano a dover coesistere, lasciando in capo al legislatore italiano il delicato compito di valutare di volta in volta il caso di specie.
A questo punto la ricerca arriva allo snodo fondamentale, poiché finalmente si dispone di tutti gli strumenti e le basi necessarie per poter comprendere in che modo i due sistemi di adozione presentati vengono a collidere ma anche ad integrarsi fra di loro. Prima di scendere nel dettaglio della casistica, della quale si tratterà analizzando le sentenze emesse negli ultimi anni, è il caso di approfondire preliminarmente alcuni concetti fondamentali che un tema come questo chiama inevitabilmente in causa.