Contaminazione tra mondi adottivi.
3.2 I diritti umani coinvolt
3.2.1 Il diritto di emigrare
Il primo diritto umano che in qualche modo è trasversale a tutta la tematica di questa ricerca è quello relativo alla libertà di emigrazione. Come abbiamo già accennato, senza spostamento dei consociati non si avrebbe l’ incontro tra gli ordinamenti in questione. Più avanti vedremo come il tema della kafalah e della sua incompatibilità con altri strumenti eurocentrici abbia in realtà delle ripercussioni anche sulla decisione di una famiglia o di un cittadino di spostarsi o meno in un determinato Paese.
L’ articolo 13 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’ Uomo, approvata e proclamata il 10 dicembre 1948 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, introduce e afferma i punti cardine del cosiddetto ius migrandi.
”Ogni individuo ha diritto alla libertà di movimento e di residenza entro i
confini di ogni Stato. Ogni individuo ha diritto di lasciare qualsiasi paese, incluso il proprio, e di ritornare nel proprio paese.”66
Questa formula sottende il diritto positivo di una persona di spostarsi non solo all’interno del proprio Paese ma anche oltre i confini statali, scegliendo liberamente lo Stato nel quale stabilire la propria residenza. Con l’enunciazione dello ius migrandi si intende “che ogni individuo, esattamente allo stesso modo,
deve poter cercare per sé le migliori condizioni di vita possibili, indipendentemente dalla propria cittadinanza”.67
Nella quasi totalità dei casi, le migrazioni fluiscono in base ai movimenti del mercato del lavoro e gli ultimi decenni hanno visto “l’affermarsi di continue
66
Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, art.13 comma 1 e 2 67
Macioce F., Il nuovo noi. La migrazione e l’integrazione come problemi di giustizia, Torino, Giappichelli Editore, 2014, p.137
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peregrinazioni nel mondo contemporaneo”68
.
Proprio per la vastità del fenomeno, negli ordinamenti sia nazionali che sovranazionali, non mancano i meccanismi di regolamentazione dell’ immigrazione. Trattandosi di paesi Islamici e per ovvie motivazioni di attinenza alla tematica, questo lavoro non prende in considerazione la disciplina degli ingressi dei cittadini di paesi aderenti all’ Unione Europea, ma si focalizza solo su quella dei cittadini extracomunitari.
Questo breve excursus sulla disciplina degli ingressi si rende necessario affinché la tematica del ricongiungimento familiare in regime di kafalah, non scevra di tecnicismi riguardanti il diritto dell’ immigrazione, possa poi essere compresa più a fondo. E’ doveroso specificare, per contestualizzare meglio l’ oggetto della ricerca, che il tema dell’ immigrazione viene affrontato limitatamente ai flussi provenienti da quei Paesi che professano la religione islamica, ovvero alcuni grandi Paesi dell’ Asia (come Indonesia, Pakistan, India e Bangladesh), parte dell’Africa sub-sahariana e del Medio Oriente.
Ormai da decenni l’ Europa, grazie alle favorevoli condizioni economiche e lavorative, rappresenta la meta delle migrazioni di molti cittadini extracomunitari provenienti in gran parte dai Paesi sopra citati. Al fine di regolamentare gli ingressi, gli Stati europei hanno provveduto a mettere in campo una serie di istituti volti ad assicurare la legalità dell’ ingresso e del soggiorno dei migranti. Di seguito, ne ripercorriamo i più importanti.
Nel 1995 entrava in vigore l’ accordo di Schengen, tramite il quale si è provveduto ad abrogare i controlli di confine e a garantire la libera circolazione di merci e lavoratori. I Paesi firmatari dell’ accordo, che rientrano nel cosiddetto Spazio Schengen, hanno omologato la normativa riguardante i controlli alle frontiere, gli ingressi e la materia del soggiorno e dell’ asilo in generale. La conseguenza è stata quella di aver dato vita ad “una frontiera esterna unica lungo
la quale i controlli all’ingresso dell’ area Schengen vengono effettuati secondo
68
Dusi P., Flussi migratori e problematiche di vita sociale: verso una pedagogia dell’intercultura, Milano,
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procedure identiche”69. Quindi le frontiere interne all’ area dell’ accordo sono state
svincolate delle operazioni di controllo, mentre la frontiera esterna sopra citata è stata potenziata.
Concretamente, in seguito all’ accordo si è venuta a creare una distinzione fondamentale, ovvero “la separazione, negli aeroporti e nei porti, dei viaggiatori
che si spostano all’ interno dello spazio Schengen da quelli di diversa provenienza”70. E’ possibile riassumere sostenendo che, in seguito all’ Accordo, a
quegli immigrati che riescono a fare ingresso nell’ Unione Europea è garantita la libera circolazione all’interno dei Paesi membri.
Nel caso dell’ Italia, il Testo Unico dell’ Immigrazione va ad integrare i dettati del Codice delle frontiere Schengen per quanto riguarda la disciplina degli ingressi, nel territorio di Stato, dei cittadini di Paesi non facenti parte dell’ Unione Europea. Fra i vari requisiti, a questi ultimi è riservato l’ingresso in Italia e nello Spazio Schengen se in possesso di un passaporto valido o del visto d’ingresso.
“Il visto d’ingresso è un’ autorizzazione amministrativa rilasciata dalle
rappresentanze diplomatiche o consolari italiane all’estero che consente al cittadino di Paese non appartenente all’UE di fare ingresso in Italia, entro un determinato limite di tempo, variabile secondo le tipologie di visto”.71
Diversamente, la permanenza sul territorio italiano è subordinata ad un altro tipo di autorizzazione, il permesso di soggiorno, rilasciato stavolta dalla questura e anch’ esso soggetto dei limiti temporali sulla base delle motivazioni presentate.
Il visto d’ ingresso e il permesso di soggiorno, disciplinati dalle normative nazionali ed europee citate, rappresentano gli ineludibili presupposti basilari affinché la permanenza del cittadino extracomunitario possa perdurare in condizioni di legalità. Con l’ incremento della stabilità del progetto migratorio, iniziano a configurarsi dei passaggi intermedi sulla base dei quali il soggiornante può avanzare la richiesta di garanzie che non riguardino solo l’ ambito lavorativo, motivo principale dell’ arrivo in Italia, ma che si estendono alla sfera affettiva e
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Benedetti E., Il diritto di asilo e la protezione dei rifugiati nell’ordinamento comunitario dopo l’entrata in
vigore del Trattato di Lisbona, Padova, Cedam, 2010, p.118
70
Ivi, p. 119 71
Morozzo Della Rocca P. (a cura di), Manuale breve di diritto dell’immigrazione, Santarcangelo di Romagna, Maggioli Editore, 2013, p. 19
70 relativa all’ esercizio del diritto all’ unita familiare. Si tratta, sostanzialmente, delle istanze di ricongiungimento famigliare.
Tuttavia, va specificato che la richiesta di ricongiungimento familiare è solo una delle possibili configurazioni. In realtà, il problema sta in generale nella disciplina italiana degli ingressi, poiché se non viene riconosciuta la kafalah come modalità di tutela a tutti gli effetti si riscontrano delle difficoltà nell’ingresso del minore con provvedimento di kafalah anche quando egli si presenta per la prima volta alla frontiera insieme alla famiglia affidataria, e non si tratta dunque di ricongiungimento.