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6.4) AFFRESCHI COME TESTIMONIANZA PER LA RICOSTRUZIONE DEI TESSUTI: L’ESEMPIO SOGDIANO

Gli scavi di Pendzhikent, Afrasiab, Varakhsha, Dzhar-tepa II, Kalai- Kakhkakha I, hanno portato alla luce diversi dipinti murali davvero utili per ricostruire le caratteristiche tipiche dei tessili in ambito sogdiano. In particolare, a Pendzhikent, gli abiti indossati dalle divinità sulle pitture murali presentano diverse fasi storiche riguardanti l’arte tessile sogdiana. Le vesti più antiche (V secolo) sono colorate ma prive di decori, mentre quelle di VI e VII secolo sono abbellite da piccole ornamentazioni. Dal secolo VII prevalgono poi decori di più ampie dimensioni, di origine sassanide (motivi animali entro medaglioni perlati). I damaschi serici cinesi, e le sete con motivi a rosette, tipici della Cina dei Tang fanno la loro comparsa, qui come a Verakhsha, all’inizio dell’VIII secolo. Le rotae, infatti, scompaiono a partire dalla metà del secolo VIII, per essere soppiantate da decori floreali. La descrizione di una donna dipinta nell’VIII secolo a Pendzhikent (blocco XVII, stanza 8, in riferimento agli scavi archeologici), ci può chiarire meglio l’aspetto delle stoffe e dei costumi dell’epoca. Essa indossa un caffettano decorato da pavoni, e motivi floreali entro compassi lungo i bordi. Sullo stesso abito, molto probabilmente serico, sono presenti poi dei pegasi, dei quali ci rimane solo una parte della testa, l’ala, e la zampa anteriore destra ornata di nastro(52).

I dipinti di Afrasiab suppliscono alla mancanza di esempi di tessuti di VII secolo delle pitture di Pendzhikent, e mostrano chiaramente come i motivi sassanidi fossero popolari in Sogdiana fin dal 650 d.C. Sono presenti, infatti, tessuti con animali entro rotae perlate, sicuramente presenti nella Sogdiana della seconda metà del secolo VII – prima metà del secolo VIII. Impossibile specificare però il luogo d’origine di questi decori, dal momento che essi, una volta creati nell’Iran sassanide, si sono propagati in molti territori dell’Asia centrale. Un motivo iranico riconoscibile ad Afrasiab è, ad esempio, il senmurv, insieme ad altre creature animali e ai piccoli decori presenti negli interstizi dei medaglioni(53).

Cerchiamo ora di descrivere più in dettaglio la cosiddetta “sala degli

→(52) KAGEYAMA E., 2006, pp. 319-320; →(53) KAGEYAMA E., 2006, pp. 319-321;

ambasciatori”(54) del complesso palaziale di Afrasiab, cercando di individuare i decori presenti sugli abiti dei protagonisti. Questa sala, denominata “Sala I” dagli archeologi russi, si trova nell’ambiente 23 del sito di Afrasiab, un’area posta pressappoco al suo centro. Si tratta di una sala a pianta quadrata, di circa 11 m di lato, di un edificio privato le cui decorazioni dovevano essere visibili solo a poche persone, dal momento che il medesimo non era così sfarzoso da poter essere utilizzato per dei ricevimenti. La qualità dei dipinti è, tuttavia, elevata; è evidente, quindi, che il committente doveva essere un facoltoso membro della società locale, in grado di scegliere un’artista, (o un gruppo di artisti), assai dotato(55). Le quattro pareti della sala presentano altrettante scene a cui prendono parte parecchi personaggi riconducibili a diversi gruppi etnici in contatto con la Sogdiana prima dell’avvento dell’invasione araba. La parete di fronte all’ingresso è quella ovest, dove riconosciamo una scena di presentazione di doni: è anche quella dedicata a Samarcanda, insieme alla parete sud. Quest’ultima continua e completa la scena precedente, anche da un punto di vista cronologico, dal momento che gli eventi in essa narrati, cioè una parata in direzione di un piccolo edificio, dovevano ricorrere a breve distanza rispetto a quelli della parete ovest. La parete settentrionale, che risulta la meglio conservata, è associata alla Cina, e si presenta divisa in due porzioni: una scena acquatica a sinistra, e una caccia a destra. In entrambe domina una figura di dimensioni maggiori, molto probabilmente l’imperatore e l’imperatrice. La scena più lacunosa è quella rivolta ad est, dove è localizzato anche l’ingresso. Molti indizi lasciano intravedere personaggi abbigliati e acconciati come indiani intenti a compiere azioni di difficile lettura. Assieme agli indiani dovevano essere presenti pure alcuni turchi, sebbene la loro identificazione resti tuttora davvero ipotetica. I soli turchi facilmente riconoscibili in tutto il programma pittorico della sala sono quelli presenti in gran numero nella scena della parete ovest(56).

→(54) “Si è pensato di chiamarla “sala degli ambasciatori” in quanto un fatto appariva molto chiaro: sulla parete principale, quella che un osservatore notava immediatamente varcando la soglia (cioè quella occidentale), si potevano notare personaggi abbigliati a seconda della loro provenienza nell’atto di presentare alcuni omaggi portati in mano” (vedi COMPARETI M., 2009, p. 60);

→(55) COMPARETI M., 2009, p. 59; →(56) COMPARETI M., 2009, pp. 67-68;

Complesso palaziale di Afrasiab, “sala degli ambasciatori”, dettaglio della parete ovest:: Turchi e personaggi di probabile origine iranica; (da Compareti M., 2009).

La parete che doveva attirare subito l’attenzione di chi entrava nella sala, comunque, resta la ovest, che racchiude la scena principale dell’intero ciclo, cioè la scena di presentazione di doni da parte di stranieri provenienti da vari paesi, forse veri e propri ambasciatori posti a capo di delegazioni, intenti a rendere omaggio ad una figura chiaramente posta nella porzione superiore, oggi perduta. Sono tre ambasciatori a costituire oggetto di interesse per i loro caffettani che indossano, perché, seppur molto rovinati, lasciano ancora intravedere il motivo decorativo della rota perlata. Questo non deve assolutamente stupirci, dal momento che la parete ovest era dedicata alla Persia e a Bisanzio, cioè ai paesi posti a ovest rispetto alla Sogdiana, ed è quindi plausibile attribuire a questi tre personaggi una probabile origine iranica(57).

Ma è la parete sud a rivestire ancor più spiccato interesse nella ricostruzione ipotetica dei sontuosi costumi dell’epoca. Anche qui notiamo subito personaggi a piedi, a cavallo, o in groppa ad altri animali da soma: tutti procedono nella stessa direzione partendo dal muro occidentale, pertanto si tratta di una processione volta a oriente. Il cavaliere, (conservatosi solo parzialmente), che presenta dimensioni colossali, può essere inteso come il personaggio principale attorno al quale ruota tutta la vicenda; porzioni di altri cavalieri non ben conservati chiudono la processione a destra, e anche le sole zampe e gli zoccoli di parecchi animali si possono osservare al di sopra della scena centrale. A sinistra un elefante su cui è montato un baldacchino, seguito da tre dame a cavallo con entrambe le gambe su un solo lato, precede la processione. Possiamo poi individuare la parte inferiore di un piccolo edificio a gradini all’estrema

Complesso palaziale di Afrasiab, “sala degli ambasciatori”, dettaglio della parete sud: edificio posto alla fine della processione e resti di personaggi al suo interno; (da Compareti, 2009).

sinistra, nonché le parti inferiori di tre figure al suo interno, e di un uomo corazzato al suo esterno(58).

È proprio dai frammenti rimasti di quest’ultime figure, forse sacerdoti o attendenti, o aristocratici presenti ad officiare un eventuale sacrificio, che possiamo individuare le decorazioni a medaglioni perlati che ornano i loro abiti. Poiché sono rimasti solo alcuni frammenti delle loro estremità inferiori, si può parlare in via altamente ipotetica. Le decorazioni a rotae racchiudono vari soggetti: si tratta di ornamenti tipicamente iranici i quali, tuttavia, non devono essere ricondotti unicamente a manifatture sassanidi dal momento che pure in Sogdiana erano ben noti e sfruttati. Anche in altre regioni dell’Asia Centrale si sono ritrovati resti di tessuti così decorati in contesti archeologici databili al VII-VIII secolo(59).

In particolare, alcuni frammenti tessili, ornati con medaglioni perlati, dalla zona di Turfan (Provincia Autonoma degli Uighuri del Xinjiang, Cina), e da Dulan (Provincia del Qinghai, Cina), risultano davvero interessanti per il loro impiego in contesto funerario. Infatti, la preferenza accordata a specifici elementi decorativi, quali il pegaso, potrebbe essere spiegata in quanto allusione al transito dell’anima del defunto che, in ambiente indoeuropeo, era portata nell’aldilà da vari psicopompi. I pegasi di Turfan tornano pressoché identici anche nelle decorazioni tessili rinvenute presso altri complessi cimiteriali egiziani e caucasici, forse in relazione proprio alle attività commerciali dei Sogdiani. Le considerazioni appena esposte sono altrettanto valide per Samarcanda e la “sala degli ambasciatori”: se i personaggi raffigurati nelle vicinanze dell’edificio, identificato come il tempio degli antenati, possono essere ritenuti divinità, allora anche le decorazioni degli abiti, (con presenza, entro i compassi, di uccelli, cavalli, e forse, ipoteticamente, tori o elefanti: tutti animali sacri legati alle divinità venerate in loco), potrebbero alludere

→(58) COMPARETI M., 2009, pp. 100-101; →(59) COMPARETI M., 2009, p. 109;

Complesso palaziale di Afrasiab, “sala degli ambasciatori”, processione della parete sud: tre dame; (da Compareti M., 2009).

alla loro natura ultraterrena(60).

Non possiamo tralasciare nemmeno la presenza, sulle medesime vesti, di altri motivi decorativi zoomorfi, quali arieti, con nastri legati al collo, all’esterno dei medaglioni, riempiti con volatili, dell’abito di una delle divinità, e teste di cinghiale all’interno di orbicoli sul caftano di un altro dio; anche se, in questo caso, non si tratterebbero di elementi associabili agli specifici personaggi che li indossano (identificati con gli dei Zurvān e Mithra). Tutti questi dettagli non dovevano assolutamente passare in secondo piano, considerando, poi, che la Sogdiana era un paese abitato per buona parte da mercanti di stoffe(61).

→(60) COMPARETI M., 2009, pp. 110-111; →(61) COMPARETI M., 2009, p. 115;

Aquile e leoni clipeati con motivi di pietre preziose, affresco frammentario. Verona, chiesa di Santo Stefano, abside; (da Flores d’Arcais F., 2004).

6.5) STOFFE E PITTURA NEL VENETO MEDIEVALE: DALLE ORIGINI