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Tra le figurazioni zoomorfe presenti nella produzione tessile occidentale ed orientale, uno spazio decisamente di rilievo è occupato dalle rappresentazioni di cavalli alati, di cui si sono conservati alcuni notevoli esemplari in stoffe preziose, eseguite, nella quasi totalità, fra il V e la fine del XII sec. d.C. ed in ambiti culturali eterogenei (dal mondo mediterraneo alle civiltà dell’estremo Oriente). Salvo alcune eccezioni, inoltre, è doveroso sottolineare che l’impostazione ed il

modo in cui questa figurazione viene riproposta, tanto nelle sete, quanto nelle opere realizzate in altri media artistici, non subiscono nel tempo profonde e sostanziali modifiche iconografiche. La qual cosa è ancor più interessante se si tiene conto del fatto che sia i tessuti, che gli oggetti riproducenti questa immagine, furono eseguiti in tempi e luoghi diversi da, e

per, ambienti culturali distinti. La raffigurazione del cavallo alato, testimoniata in queste opere, è, con molta probabilità, riconducibile ad un’idea figurativa di riferimento che prese forma e sostanza nell’ambito della produzione dell’arte sassanide. Proprio all’interno di questo mondo culturale la figura, già ampiamente conosciuta ed attestata nel mondo classico e vicino-orientale, trovò una nuova definizione iconografica che

→(23) D’AGOSTINO M.R., 1994, p. 156; →(24) D’AGOSTINO M.R., 1994, p. 157;

Disegno ricostruttivo di una seta proveniente dalla necropoli di Astana del VII sec., raffigurante serie di rotae perlate tangenti, al cui interno sono disposte coppie di cavalli alati; (da Lucidi M.T, 1994).

avrebbe oltrepassato sia i confini reali, che quelli d’influenza dell’impero, grazie anche alle sete che ne veicolarono l’immagine. Questo “animale composito”, perciò, grazie alla sua caratteristica di “essere alato”, che riunisce in sé le valenze proprie della terra e del cielo, e quindi si offre come tramite simbolico fra il mondo della realtà naturale e quello della realtà trascendente, fu accolto nella sua veste più facilmente di altri. Oltre a questa principale funzione, tale figura può essere letta come l’ideale veicolo dell’eroe, e del re, vittoriosi sulle forze negative e sulle pulsioni dell’istinto e, dunque, promotori dell’ordine rispetto al caos. E ancora, grazie al suo stringente collegamento solare (le ali), in alcuni casi può assolvere il compito di animale psicopompo(25).

Dopo l’avvento dei Sassanidi (224-642 d.C.) nel mondo iranico, la rappresentazione del cavallo alato conobbe una fortuna ed una capacità di diffusione, come motivo decorativo, che prima non aveva avuto, anche se non era sconosciuta nella realtà artistica precedente. Probabilmente ciò fu dovuto agli aspetti legati alla “regalità” di cui l’immagine venne caricata: il cavallo con il crescente e gli altri “realia” che lo adornavano

rappresentava, per analogia, il Re, oltre che indicare un concetto di vittoria, positivo ed augurale. Fra le immagini in seta pervenute fino a noi, di cavalli alati, colti nell’atto di muoversi sia verso destra, che verso sinistra, bardati secondo il gusto sassanide, si segnalano quelle della fine del VI – inizi VII sec. ritrovate negli scavi di Antinoe (vedi cat. n. 36, pagg. 214-215). La postura della figura, sia pure semplificata o modificata in alcuni particolari, si ritrova in numerosi tessuti copti, ed in oggetti forgiati in materiali anche diversi dalla seta sia durante il periodo sassanide, che dopo.

Le sete raffiguranti cavalli alati sono infine riconoscibili negli inserti di diversi abiti dei personaggi ritratti negli affreschi della sala I, edificio IX,

Frammento di broccato in seta dalla necropoli di Astana (tomba n. 77), oasi di Turfan, raffigurante un cavaliere su un cavallo alato. VII sec., Urumqi, Museo della Provincia autonoma Uighur del Xinjiang; (da Lucidi M.T, 1994).

del Palazzo di Afrasiab del VII sec., e, ancora, nei ritrovamenti di sete e frammenti tessili effettuati seguendo il percorso settentrionale della via carovaniera del commercio della seta. Ad esempio, si possono segnalare le immagini dei cavalli affrontati, rinvenuti nell’oasi di Turfan, nella necropoli di Astana, e risalenti nuovamente all’VIII sec. Questo sito ha restituito un elevato numero di sete con cavalli alati disposti in coppia o singolarmente all’interno di rotae perlate. Proprio ad Astana, inoltre, sono state riportate alla luce delle sete che, oltre a presentare il motivo del cavallo passante – affrontato o meno ad un altro –, raffigurano anche quello dei due cavalli affrontati che si abbeverano presso una fonte, da cui sembra emergere l’Albero della Vita.

Ma il motivo del cavallo alato penetrò anche nell’impero cinese (anche a causa degli avvenimenti storici del VII sec. che indussero transfughi dell’impero sassanide, travolto dalla

conquista araba, a trovare accoglienza presso la corte Tang); il più importante documento in seta pervenutoci è il cosiddetto “Stendardo del Mikado Shomu” (vedi cat. n. 39, pagg. 220-222). Per questa figurazione di cacciatori su cavalli alati è stata ipotizzata l’esistenza di un modello sassanide, o anche siriaco, andato perduto; purtroppo però le uniche

testimonianze reali su tessuto che possono essere relazionate a questa figurazione sono un frammento, di medesimo gusto compositivo, proveniente sempre dalle necropoli di Astana, e riferibile allo stesso periodo, dove si riconosce un cavaliere molto simile a quelli dello stendardo dell’Hōryū-ji, (anche se in questo caso cinge le braccia intorno al collo del cavallo alato), e la complessa caccia del VII-VIII sec. già a Berlino(26).

Anche nel mondo mediterraneo, intorno all’anno 1000, l’immagine del cavallo alato data dai sassanidi , pur avendo perso il suo carattere legato alla regalità, e certamente avendone acquistati o ritrovati altri

riconducibili al carattere sacro che la figura poteva comunque indicare, esercitò una capacità di penetrazione e di espansione cospicue, stimolate anche dalle attività mercantili svolte dalle Repubbliche marinare.

Comunque nel XII sec. il tema del cavallo alato gradiente, inserito, o meno, all’interno di rotae, sembra esaurire la sua capacità di diffusione; mentre, allo stesso tempo, mantiene una propria vitalità tutta una serie di raffigurazioni di cavalli alati in manoscritti di carattere astronomico, bestiari, miniature di opere letterarie, che ne attestano l’importanza e la continuità fino alle soglie del Rinascimento che “riscoprirà” e reinterpreterà ancora una volta questa immagine, il cui itinerario artistico è arrivato fino ai nostri giorni, mantenendo una vitalità ed una capacità di attrazione tali da essere indicato come un simbolo ancora valido per comunicare significati e tematiche profonde dell’uomo(27).

3.9) IL MOTIVO DEI VOLATILI AFFRONTATI ALL’ALBERO DELLA