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Introduzione

Questo saggio ha il duplice obiettivo di presentare i risultati delle ricerche condotte in Senegal nell’ambito del progetto Iao/Gender1 e di proporre una ri-

flessione sull’associazionismo contadino quale strumento di interpretazione, di rappresentanza e di traduzione degli interessi e dei vissuti dei contadini – ed in particolare delle contadine – senegalesi nella negoziazione e nell’implementazio- ne di politiche e programmi di sviluppo in ambito rurale.

La ricerca ha preso avvio dall’analisi degli impatti materiali e delle dinamiche sociali connesse al programma Fondo Italia-Cilss di Lotta Contro la Desertifi-

cazione e di Riduzione della Povertà nel Sahel2, promosso dalla Cooperazione Italiana e realizzato tra il 2005 e il 2011 in quattro paesi dell’Africa Occidentale (Burkina Faso, Mali, Niger e Senegal). Il programma aveva come obiettivo princi- pale quello di migliorare le condizioni socio-economiche delle popolazioni rurali vulnerabili attraverso il finanziamento di micro-progetti coerenti con le politiche nazionali di riduzione della povertà e di lotta alla desertificazione, nonché con le priorità di sviluppo individuate a livello locale. L’obiettivo specifico del Fondo Italia-Cilss era di promuovere e realizzare degli investimenti in grado di miglio-

rare le capacità produttive, di diversificare le produzioni e di accrescere i redditi delle famiglie rurali vulnerabili residenti nelle Zone a Rischio Sociale e Ambien-

1 Le ricerche di terreno sono state svolte attraverso due missioni a Dakar e nella zarese di Louga

(gennaio-aprile e settembre-ottobre 2011), a cui ha fatto seguito un seminario di restituzione e validazione dei risultati a Dakar (settembre 2012) in presenza di alcune/i rappresentanti del mondo femminista, del Collegio delle Donne del CnCr, delle Ong coinvolte nel Fondo, delle associazioni

di promozione delle donne nei contesti rurali. La raccolta dei dati e delle informazioni riguardanti il Fondo, i progetti e la vita associativa è stata realizzata attraverso interviste semi-strutturata ai membri del Cnp, del CzgF e dell’IaC, focus groups con i membri dei comitati di gestione dei micro-

progetti e delle associazioni di base, questionari con risposte chiuse e aperte somministrati ad una ventina di donne in quattro villaggi della zarese di Louga.

tale Elevato (Zarese) precedentemente individuate (per un approfondimento, si

veda Dansero in questo volume).

Nella prima parte del saggio mi propongo di analizzare il contesto politico- istituzionale ed economico nel quale è andato costituendosi il movimento con- tadino – in Senegal e in Africa occidentale – e nel quale si trova attualmente ad operare. Successivamente invece sposto il mio punto di osservazione ad un livello micro-locale e locale nel tentativo di cogliere, nella vita quotidiana degli indivi- dui e delle organizzazioni, quei meccanismi relazionali e di potere che possono influenzare gli esiti sociali e territoriali di politiche e pratiche di sviluppo – siano esse promosse dal governo, da un attore della cooperazione o da una federazione contadina.

Organizzazioni contadine e politiche di sviluppo rurale in Senegal

Se si considerano gli spazi rurali contemporanei come il complesso prodotto di “diversi e dinamici processi di immaginazione, rappresentazione, materializ- zazione e contestazione” (Woods 2011: 30), attivati da una molteplicità di attori attraverso una pluralità di scale, appare evidente come le traiettorie di empowerment individuali, collettive e territoriali, in un contesto come quello senegalese, siano in- fluenzate da un sempre più ampio insieme di fattori: dalle politiche di sviluppo agricolo e rurale governative alle pratiche di sviluppo multi e bi-laterali, dall’azio- ne collettiva delle organizzazioni della società civile alle pratiche sociali familiari e comunitarie, dagli interventi top-down alle iniziative dal basso fondate sulle spe- cificità territoriali locali, solo per menzionarne alcuni.

Il modello proposto dal geografo Halfacree (2006) costituisce un quadro di riferimento adatto per tenere in considerazione tale complessità, dal momento che concepisce gli spazi rurali come

il risultato dell’intersecarsi di tre componenti: i) le rural localities, costruite attraverso distinte pratiche spaziali connesse alla produzione e al consumo; ii) le rappresenta-

zioni formali del rurale, come quelle espresse dagli interessi capitalistici o dal mondo

politico, che si riferiscono ai modi in cui il rurale è concepito ed inserito nei processi capitalistici di produzione e scambio; iii) le quotidiane vite del rurale, che incorporano elementi sia individuali che collettivi all’interno della negoziazione e dell’interpreta- zione del rurale, e che sono inevitabilmente incoerenti e frammentate (ivi: 51). Queste tre componenti non danno necessariamente origine ad un unico e co- erente spazio rurale: le logiche proprie a ciascuna di esse determinano infatti una continua tensione tra loro, lasciando così delle finestre di opportunità per una ri- definizione degli spazi rurali, per una “politica del rurale” (Woods 2003). È all’in- terno di questo spazio rurale simbolico, materiale e, soprattutto, praticato che si

Meccanismi di rappresentazione del vissuto delle donne e interventi di sviluppo 173 muovono le organizzazioni contadine di base e le federazioni nazionali, regionali e transnazionali, andando a costituire un attore importante nella produzione quo- tidiana degli spazi rurali africani, nella traduzione alle scale superiori delle istanze del mondo contadino, nella negoziazione di politiche e programmi di sviluppo che promuovano una modernizzazione quanto più possibile favorevole ai sistemi di produzione agricola familiari.

I contesti rurali senegalesi – e più in generale dell’Africa occidentale – sono stati attraversati, negli ultimi tre decenni, da una serie di importanti trasformazio- ni di carattere politico-istituzionale ed economico. Le prime hanno riguardato, da un lato, l’intensificarsi dei processi di integrazione sovra-nazionale e, dall’altro, la decentralizzazione politico-amministrativa e la promozione di nuove forme di

governance politica e territoriale. Le seconde sono costituite invece dal duplice

processo di liberalizzazione delle economie nazionali: esternamente, attraver- so la sigla di accordi multilaterali all’interno dell’Organizzazione Mondiale del Commercio e degli Accordi di Partenariato con l’Unione Europea; internamente, attraverso le politiche di disimpegno statale e di privatizzazione connesse alle politiche di aggiustamento strutturale concordate con il Fondo Monetario Inter- nazionale e la Banca Mondiale.

In stretta connessione con queste trasformazioni, si sono inoltre verificati alcu- ni importanti cambiamenti nella sfera delle politiche e delle pratiche di sviluppo e cooperazione. Essi hanno riguardato principalmente la transizione da approcci di tipo top-down ad approcci maggiormente bottom-up, costruiti intorno ai concetti di empowerment (individuale e comunitario), di sviluppo locale o di community

driven development, e che hanno prediletto – almeno formalmente – il supporto

diretto ed il protagonismo di comunità ed associazioni di base. Tale insieme di fattori ha favorito l’emergere e l’integrarsi di attori e reti del mondo contadino ed il loro progressivo posizionamento come interlocutori legittimi all’interno di uno spazio pubblico multiscalare. È così che in Senegal si assiste alla costituzione, nel 1993, del Comitato Nazionale di Concertazione e cooperazione dei Rurali (CnCr)

che riunisce le molteplici federazioni di piccoli produttori che – con origini e per- corsi anche molto differenti – sono andate costituendosi, a partire dagli anni ’60- ’70, in base alla filiera produttiva di appartenenza, alla localizzazione geografica o al genere3. Tra il ’93 e il 2000, grazie anche alla pressione esercitata dai finanziato- ri internazionali per una maggiore partecipazione della “società civile” ai processi politici, il CnCr è riuscito a consolidare la propria presenza nello spazio pubblico

3 Si tratta in particolare della Federazione delle Ong del Senegal (Fongs), dell’Unione Nazionale

delle Cooperative Agricole del Senegal (UnCas), della Federazione Nazionale dei Gruppi Femminili

(FngpF), delle Federazioni Nazionali dei Gruppi di Interesse Economico di allevatori, pescatori,

orticoltori e forestali. A queste federazioni fondatrici se ne sono aggiunte altre per un totale di ventisei.

senegalese (McKeon et al. 2004). In questo periodo la piattaforma contadina ha dunque partecipato ad una serie di negoziati tra lo Stato, la Banca Mondiale e la Food and Agriculture Organization (Fao), contribuendo all’elaborazione del Pro-

gramme National d’Infrastructures Rurales (Pnir), del Poverty Reduction Strategy

Paper (Prsp), del Programme des Services Agricoles et des Organisations Paysannes

(Psaop), ed infine del Programma Speciale di Sicurezza Alimentare della Fao.

Tuttavia, il delicato equilibrio nei rapporti con lo Stato durerà solo pochi anni. Con l’avvento dell’amministrazione Wade (2000-2012) – e per tutta la sua durata – il governo senegalese ha dimostrato di considerare il CnCr più come un elemen-

to necessario a soddisfare le esigenze dei finanziatori internazionali piuttosto che un interlocutore legittimo nella costruzione delle sue politiche in ambito rurale (Dahou, Foucher 2004). L’emergere di un clima nazionalesfavorevole per la pro- mozione delle istanze delle organizzazioni contadine va però di pari passo con una riuscita operazione di transnazionalizzazione dell’azione collettiva dei movi- menti contadini in Africa Occidentale. Essa si concretizza nel 2000 con la nascita della Reseau des Organisations Paysannes et des Producteurs de l’Afrique de l’Ou-

est (Roppa), strettamente connessa agli incipienti negoziati della Politica Agricola

Comune (ECoWap) dell’Unione Economica e Monetaria dell’Africa Occidentale,

a sua volta strumento di implementazione del Programma Dettagliato per lo Svi- luppo dell’Agricoltura in Africa (Pddaa)4. A questo proposito, in uno studio di

valutazione condotto dall’Initiative Prospective Agricole et Rurale (Ipar 2011)

sul processo di elaborazione dell’ECoWap, si rileva come il Roppa sia riuscito a

difendere – almeno a livello formale – una visione di sviluppo basata sull’unità di produzione familiare e sulla sovranità alimentare. Restano però aperte le sfide relative all’implementazione effettiva di tale politica nei diversi contesti nazionali, quanto alle scelte di allocazione geografica e settoriale dei co-finanziamenti regio- nali oltre che alle modalità di individuazione dei beneficiari.

Per quanto riguarda il Senegal, il compito di tradurre in termini operativi le indicazioni del pddaa e dell’ECoWap spetta al Piano Nazionale di Investimento

Agricolo (Pnia) e al suo Piano di Investimento (Pi) 2011-2015, presentato a Da-

kar nel giugno 2010, insieme ai piani nazionali degli altri Paesi membri e al Piano di Investimento Regionale. Con una previsione di budget globale stimata intorno 1.309 miliardi di Fcfa (quasi 2 miliardi di euro), il Pnia è chiaramente orientato

verso un aumento della produzione agricola (59,4% del costo totale del Pi), del-

la gestione dell’acqua (19,9%) e della preservazione e gestione sostenibile delle risorse naturali (11,1%). Gli altri programmi riguardanti la trasformazione agro- alimentare, la commercializzazione, la ricerca e il trasferimento di tecnologie, il

4 Programma elaborato nel 2002 dai Ministri dell’Agricoltura a livello continentale all’interno del

Meccanismi di rappresentazione del vissuto delle donne e interventi di sviluppo 175 rafforzamento delle capacità degli attori e la coordinazione inter-settoriale non ricevono che il 9,6% del budget globale.

Se al Pnia va riconosciuto il merito di aver tentato di dare coerenza ai diversi

programmi governativi5 elaborati nel quadro della Loi d’Orientation Agro-Sylvo

Pastoral (Loasp) del 2004, è opportuno rilevare che questi programmi si presen-

tano più come un portafoglio di progetti che come delle politiche in grado di orientare sul lungo periodo l’evoluzione di ciascun settore. La modernizzazione dell’agricoltura familiare e l’appoggio alle filiere, ad esempio, vengono considera- ti unicamente in una prospettiva di meccanizzazione e di intensificazione produt- tiva, senza procedere ad un’analisi differenziata delle potenzialità e dei limiti di ciascuna filiera e ad una definizione di politiche specifiche. Allo stesso modo, gli orientamenti politici indicati nella Loasp, nella Stratégié de Croissance Accéllérée

(SCa) e nella Stratégie Nationale pour l’Egalité et l’Equité de Genre (Sneeg), sono

solo parzialmente integrate nel Pi6.

In questo senso, le voci di spesa che attraggono la maggior parte delle risorse costituiscono un importante indicatore del modello di sviluppo agricolo promos- so dallo Stato senegalese: aumento delle infrastrutture idro-agricole (15,8% del Pi), fornitura di concimi chimici (19%), di prodotti fitosanitari (6,9%), di semen-

ti migliorate (11,5%) e di materiale agricolo (16%). Se tale strategia può risulta- re pertinente nell’ottica di un rapido aumento della produzione, essa rischia di incontrare dei forti limiti dal punto di vista della sostenibilità economica, sociale ed ambientale. Dal punto di vista economico, la fornitura diretta di input agricoli da parte dello Stato, così come è avvenuta con i programmi agricoli dell’ammi- nistrazione Wade7, presenta dei costi difficilmente sostenibili sul lungo periodo (20 miliardi di Fcfa, ovvero 30,5 milioni di euro, in media all’anno tra il 2003 e il 2010), oltre al fatto di risolvere solo temporaneamente il problema dell’approvvi- gionamento degli input da parte dei piccoli produttori ad un prezzo accessibile. Per quanto riguarda invece l’impatto sociale del Pnia, nel Pi le modalità di distri-

buzione degli input non vengono precisate con il rischio che tali risorse non rag- giungano direttamente le unità familiari ma vengano in gran parte accaparrate da altri attori della filiera (commercianti all’ingrosso, membri del sindacato contadi-

5 Programme Nationale de Développement Agricole, Plan National de Développement de l’Elevage,

Grande Offensive Agricole pour la Nourriture et l’Abondance, Plan d’Action Forestier et Plan d’Ac- tion pour le Développement de la Pêche et de l’Aquaculture.

6 Restano esclusi ad esempio gli aspetti riguardanti il riconoscimento formale dei mestieri agricoli e

delle organizzazioni agricole professionali, la definizione di uno statuto giuridico delle unità di pro- duzione familiare, la creazione di strumenti e dispositivi che garantiscano un equo accesso da parte delle donne alle risorse messe a disposizione dai programmi, la riforma della politica fondiaria).

7 Si fa qui riferimento alla Grande Offensiva Agricola per il Cibo e l’Abbondanza (Goana), al Piano

no creato dal governo). A questo proposito, il piano regionale d’investimento nel suo programma di co-finanziamento per l’intensificazione della produzione agri- cola suggerisce la realizzazione di alcuni dispositivi atti a garantire una maggiore equità distributiva: creazione di un sistema di voucher per l’ottenimento degli input, gestione delegata ad una banca, uso di una rete di distributori autorizzati e definizione di un dispositivo di monitoraggio del programma che coinvolga tutti gli attori interessati dal programma. Infine, dal punto di vista della gestione sostenibile dei suoli e della protezione delle colture, il piano prevede solamente un programma di ripristino della fertilità dei suoli degradati per un totale di 5,8 miliardi di Fcfa (circa 8,8 milioni di euro), una cifra relativamente bassa rispetto all’ampiezza del fenomeno. Non è stato inserito nel Pi alcun tipo di misura che

vada nel senso di un’intensificazione “ecologica” (produzione di compost, in- tegrazione agricoltura/allevamento, tecniche di lotta agro-ecologiche, sviluppo dell’agro-foresteria, etc.).

Si può dunque rilevare come il Pnia si limiti spesso a proporre degli investi-

menti (materiali o immateriali) senza spingersi però troppo lontano nella formu- lazione di strumenti politici che possano garantire dei migliori risultati in ter- mini di efficacia ed equità. Lo Stato senegalese sembra reticente ad assumere una chiara posizione politica circa i futuri sviluppi del settore primario, ed in particolare dell’agricoltura familiare: formalmente la si sostiene, ma nella pratica non si definiscono delle misure specifiche di promozione e di tutela dei suoi inte- ressi nei confronti degli attori forti che popolano il settore (grossisti, importatori, investitori privati stranieri e nazionali, grandi aziende che operano nel settore della trasformazione agro-alimentare). Questo atteggiamento bivalente ha carat- terizzato gran parte della precedente amministrazione Wade e ha determinato un clima di diffidenza nelle relazioni tra lo Stato e il movimento contadino, se non di interruzione totale dei rapporti. La non partecipazione delle organizzazioni della società civile all’elaborazione del Pnia ne è solo un esempio. Gli orientamenti

politici della nuova amministrazione Sall, insieme a quelli dei paesi donatori che contribuiranno a finanziare il Pnia ed altri programmi di sviluppo rurale, saranno

dunque determinanti nel fornire al movimento contadino maggiori spazi di effet- tiva negoziazione circa l’implementazione delle politiche rurali e di rappresenta- zione degli interessi dell’agricoltura familiare.

La Zarese di Louga: incrociando micro-progetti e organizzazioni contadine L’analisi del contesto nazionale e regionale in cui si muove la piattaforma con- tadina senegalese mi permette di concentrare ora l’attenzione a livello locale, e in particolare sulle organizzazioni contadine coinvolte dal Fondo Italia-Cilss nella

Meccanismi di rappresentazione del vissuto delle donne e interventi di sviluppo 177 zarese di Louga8 (Dipartimento di Louga nell’omonima Regione). L’adozione di

una prospettiva territoriale permette di mettere in luce in che modo luoghi, risor- se, reti, scale influenzino lo sviluppo, le strategie e i risultati delle organizzazioni contadine di base, andando inoltre a cogliere potenzialità e limiti del sostegno che viene fornito dalla cooperazione e dalle Federazioni di rango superiore. Paralle- lamente, l’analisi di genere delle associazioni incontrate fa emergere le disugua- glianze e le differenze esistenti al loro interno in termini di potere decisionale, di mobilità attraverso le scale e le reti, di accesso alle risorse produttive e a quelle prodotte dall’azione collettiva, permettendo un’analisi critica dei rapporti tra mo- vimenti sociali, territorio e cooperazione allo sviluppo.

La zarese di Louga9 si trova a cavallo di tre zone agro-ecologiche differenti:

la zona silvo-pastorale che occupa il 90% circa della Comunità Rurale (Cr) di

Gandé; la zona delle Niayes che occupa il 40% circa della Cr di Léona; e il ba-

cino arachidi ero che occupa la totalità della Cr di Mbédiènne, una parte della

Cr di Léona e una piccola parte di quella di Gandé. Nella zona silvo-pastorale di

Gandé, caratterizzata da un basso tasso di pluviometria (<300 mm all’anno) e da una presenza solo temporanea di risorse idriche di superficie, sono predominanti le attività economiche legate all’allevamento estensivo e transumante praticato dai membri dell’etnia peuhl, rispetto alle attività agricole quali l’arachide (coltura commerciale), il miglio e il fagiolo niébé (colture di sussistenza), l’ibisco, la ma- nioca e il sesamo (colture di diversificazione). Nella zona arachidiera di Mbédièn- ne è prevalente la coltura intensiva dell’arachide (introdotta in epoca coloniale) che, abbinata ad una diminuzione della pluviometria, ha portato nel corso dei decenni ad un grave deterioramento dei suoli, ad un abbassamento dei rendi- menti produttivi e ad un deciso impoverimento economico della zona. L’etnia dominante qui è quella wolof, nonostante si possa incontrare qua e là qualche piccolo insediamento peuhl. La Cr di Léona risulta sostanzialmente divisa in due

parti, attraversate perpendicolarmente dall’asse stradale (asfaltato) Louga-Potou. Esistono dunque la fascia costiera e delle Niayes, caratterizzata dalle attività alie- utiche e dall’orticoltura (cipolla, patata, melanzana dolce e amara, pomodoro, cavolo, peperoncino, manioca) nelle zone inter-dunarie; e la zona djeri10, in cui

8 Delle tre zone di intervento individuate dal Fondo Italia-Cilss in Senegal, ci siamo concentrati

sulla zarese di Louga sulla base di alcune considerazioni di carattere logistico (buona accessibilità

rispetto alla remota regione di Matam o alla conflittuale regione della Casamance) e scientifico (buon livello di conoscenza pregressa dell’area, buona qualità degli interventi realizzati nell’area e della partecipazione degli attori locali indicatami dalle interviste ai membri del Comitato Nazionale di Pilotaggio a Dakar).

9 I limiti di tale area sono quelli del Dipartimento di Louga, ma l’effettiva implementazione del

progetto è avvenuta solo in 3 delle Comunità Rurali che lo compongono.

10 Aree non soggette alla piena dei fiumi durante la stagione delle piogge in cui si praticano dunque

vengono praticate le culture pluviali tipiche (arachide, miglio e niébé), ma che gode di una pluviometria più favorevole rispetto alle altre due Cr grazie alla sua

vicinanza al mare.

Questo breve quadro, seppur molto parziale, delle tre Cr nelle quali è inter-

venuto il Fondo Italia-Cilss consente di mettere in luce la loro diversità, sia in

termini di attività economiche che di condizioni sociali e ambientali. Tale diver- sità si è riflessa nella tipologia e nei contenuti dei micro-progetti richiesti dalle popolazioni locali, nei loro impatti e nel livello di dinamismo dei Groupements de

Promotion Feminin (GpF) e delle organizzazioni contadine miste.

Per quanto riguarda gli attori coinvolti dalla ricerca (organizzazioni contadine miste e GpF), nelle due Cr di Mbédiènne e di Léona (sulle quali, in particolare, si

è concentrata la ricerca), hanno beneficiato del Fondo Italia-Cilss le seguenti or-

ganizzazioni: i GpF di villaggio appartenenti alla Federazione Nazionale dei GpF

(FngpF), i Groupements d’Intérêt Economique (Gie), l’unione locale di Potou del-

la Federazione Nazionale dei Gie della pesca (Fenagie-Pêche), l’unione locale di

Potou della Federazione delle Maisons Familiales Rurales (MFr) e la Federazione

delle Associazioni Contadine della Regione di Louga (Fapal, appartenente alla

Fongs-CnCr). Nella sezione successiva vengono fornite alcune informazioni sulle

Federazioni nazionali, o regionali, a cui appartengono i gruppi di base coinvolti

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