• Non ci sono risultati.

L’agricoltura e la sicurezza alimentare al centro del dibattito internazionale1

A Camp David, nel corso dell’incontro G8 del maggio 20122, non si è solo discusso di priorità per l’economia mondiale e come affrontare le numerose crisi internazionali. In un vertice con i leader di Benin, Ghana, Etiopia e Tanzania, gli otto hanno anche parlato di sicurezza alimentare e del coinvolgimento del settore privato per accrescere gli investimenti nell’agricoltura africana. Benché i media abbiano poco evidenziato questo importante momento, tra coloro che si occupano dei problemi dello sviluppo vi sono molti che hanno visto il G8 di Camp David come un ulteriore e significativo passo per combattere la povertà in Africa. È necessario tuttavia analizzare come questo passo sarà fatto, quali saran- no le opportunità per il mondo rurale africano, con quali costi, quali sfide dovrà affrontare il mondo della Cooperazione allo sviluppo ed anche il settore privato.

Al vertice di Camp David si è comunque arrivati con la consapevolezza che la povertà oggi è soprattutto rurale. Il 70% del miliardo e mezzo di persone che

al mondo vivono in condizioni di povertà assoluta – con meno di 1,25 dollari al giorno – risiede, infatti, in aree rurali e si concentra in alcuni Paesi asiatici ed in particolar modo in Africa sub-sahariana. I cambiamenti nel settore rurale e le tra- sformazioni nella produzione agricola possono pertanto avere un diretto impatto nel determinare una crescita economica maggiormente a favore dei poveri, favo- rendo contemporaneamente la sostenibilità ambientale ed una migliore gestione delle risorse naturali. Trasformare e modernizzare l’agricoltura vuol dire quindi migliorare la vita dei poveri.

1 Le opinioni espresse in questo testo sono quelle dell’autore e non riflettono necessariamente quel-

le della Direzione Generale per la Cooperazione allo Sviluppo del Ministero degli Affari Esteri italiano.

Il ruolo del settore privato

Il G8 sotto la presidenza americana ha voluto dare continuità a quanto fu a suo tempo tracciato a L’Aquila nel 20093, riconoscendo e sottolineando che, co- munque, senza gli investimenti del settore privato nei paesi meno avvantaggiati ed in transizione non c’è crescita. È importante di conseguenza riconoscere che gli Obiettivi del Millennio fissati dalle Nazioni Unite4 non possono essere rag- giunti solamente attraverso gli investimenti pubblici. Tuttavia, è bene ricordare, solo le buone pratiche di governo possono rendere equa e sostenibile la crescita; buon governo ed investimenti devono quindi viaggiare assieme se vogliamo avere uno sviluppo virtuoso.

Il settore privato sta quindi diventando un soggetto indispensabile nei processi di sviluppo in quei Paesi in cui fino a non molto tempo fa era difficile pensare che potessero attrarre cospicui investimenti non pubblici. Il mondo imprenditoriale si sta rendendo conto che senza l’impegno della comunità dei donatori nel soste- nere condizioni di governance politica ed economica adeguate, gli investimenti del settore privato sono contingenti e vulnerabili, tanto che l’apertura di nuovi mercati diventa un fatto episodico ed aleatorio.

Si è sempre più consapevoli che virtuosi processi di sviluppo rendono gli in- vestimenti sostenibili nel tempo e che la crescita dei paesi in via di sviluppo (PVs)

deve quindi essere accompagnata da una buona governance da parte delle locali autorità di governo, anche al fine di creare un contesto favorevole all’intervento del settore privato. L’aiuto pubblico allo sviluppo e le attività di Cooperazione in- ternazionale hanno pertanto un ruolo importante per assistere ed accompagnare i Governi locali verso una buona governance; per metterli in condizioni di fornire le infrastrutture, i servizi, le capacità gestionali ed avere le normative di riferimen- to per creare condizioni di sviluppo diffuse ed eque.

Investimenti pubblici e strategie di sviluppo per differenti mondi rurali

Tali investimenti devono tuttavia essere orientati verso un mondo rurale che non è una uniforme ed indistinta entità. Anche all’interno del mondo rurale esi- stono delle differenze ed è importante capirle per cercare di diversificare le nuove strategie ed identificare le nuove misure di sviluppo da adottare.

In un documento presentato in un gruppo di studio del Comitato di Aiuto allo Sviluppo dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCse/DaC) nel 2004 (si veda Vorley 2002), sono state prese in considerazione

3 http://www.g8italia2009.it.

Nuove prospettive per lo sviluppo rurale, la sicurezza alimentare e l’agricoltura 45 cinque categorie in cui è possibile suddividere il “mondo rurale” nei PVS. La prima riguarda un gruppo minoritario, che comprende gli agricoltori con va- ste proprietà agricole che producono per il mercato (commercial farmers), sono istruiti, utilizzano correttamente nuove tecnologie e positivamente i processi di globalizzazione. Potremmo identificarli come i ‘competitivi’. La seconda catego- ria comprende coloro che sono proprietari di medie-piccole aree coltivabili con culture per l’alimentazione famigliare e per i mercati (cotone, caffè, ecc.). Capaci di diversificare le fonti di reddito, hanno scarso accesso al credito anche se pos- seggono un titolo o un diritto di proprietà della terra. Partecipano a forme asso- ciative di produttori. Possiamo definirli come i ‘tradizionalisti’. La terza categoria è la più numerosa e raggruppa gli agricoltori proprietari di piccoli appezzamenti, producono solo per l’alimentazione famigliare e si confrontano spesso con pro- blemi di sicurezza alimentare. Vivono in ecosistemi fragili, sono vulnerabili ed emigrano per rispondere alle crisi. Possiamo chiamarli i ‘sopravvissuti’. La quarta e la quinta categoria sono composte da agricoltori che lavorano fornendo forza lavoro, non hanno accesso alla terra avendola persa per ragioni economiche, so- ciali e ambientali ovvero non l’hanno mai posseduta. In molti casi non conoscono i cicli produttivi e facilmente emigrano nelle zone urbane e peri-urbane, poiché sono estremamente vulnerabili alle crisi. In queste categorie è diffusa la malnutri- zione, spesso vi sono sottonutriti cronici e sono esclusi socialmente.

Queste cinque categorie – peraltro assolutamente indicative e non certamente rappresentative ed esaustive della complessità sociale ed economica esistente nel mondo rurale dei PVS – ci mostrano tuttavia in modo forse eccessivamente sche- matico che nella corsa verso la modernità l’inclusione o l’esclusione è determinata dalla capacità di interagire con i mercati, di ridurre i rischi e di diversificare le fonti di reddito. Rivelano inoltre come alcune categorie saranno escluse poiché non possiedono quel minimo di beni e conoscenze per inserirsi in un ciclo pro- duttivo ed economico virtuoso. Per tali persone (la quarta e quinta categoria) è forse più opportuno pensare a politiche sociali di sostegno che a strategie legate allo sviluppo del settore agricolo.

Queste semplificazioni e diversificazioni in categorie possono anche essere vi- ste come una scala sociale i cui gradini sono costituiti dai diversi mondi rurali. Una scala dove lo scalino più alto può essere idealmente costituito dai ‘compe- titivi’, mentre quello più basso dai ‘superstiti’, in cui il grado di governance può condizionare i flussi di chi sale e di chi scende le scale.

Riprendendo, infatti, un esempio di Mahoney (2004), pensiamo che chi sale le scale dei ‘mondi rurali’ è la famiglia agricola che riesce ad investire tempo (capitale umano) e soldi (capitale finanziario) nella produzione, prevenendo e mitigando le crisi. Riesce così più facilmente ad accedere al credito, grazie anche all’appartenenza ad un’associazione di produttori o alle garanzie ottenute dalla comunità (capitale sociale). Avrà risorse per conservare e migliorare il suolo (ca-

pitale naturale), sostenere le capacità produttive nel tempo e migliorare i propri redditi. Con maggiori risorse disponibili riesce a migliorare le condizioni di vita ed il grado d’istruzione dei componenti famigliari (capitale umano).

Chi scende è invece la famiglia agricola colpita da una crisi (guerra, siccità, prezzi sfavorevoli, chiusura dei mercati, malattie, ecc.) che non ha più le risor- se per impedire il degrado del suolo (capitale naturale), non può acquistare se- menti selezionate, fertilizzanti ed input e vede pertanto diminuire il raccolto ed i redditi (capitale finanziario). I giovani sono costretti ad abbandonare la scuola per contribuire al reddito della famiglia ovvero devono assistere altri componen- ti della famiglia ammalati (capitale umano). Aumenta il livello d’indebitamento, diminuisce il livello d’alimentazione e l’energia per fare fronte al carico di lavoro quotidiano.

Non pensiamo di sbagliare se si afferma che saranno in molti a scendere le scale e pochi a salirle, tenendo soprattutto in considerazione il tasso di crescita demografico, l’incremento dei redditi delle popolazioni rurali e l’uso delle risorse naturali – soprattutto in molti paesi africani.

Inevitabilmente si pensa che tra coloro che scendono le scale molti contribu- iranno al flusso emigratorio verso le città, verso altri paesi limitrofi o altri conti- nenti. Peraltro, a riguardo, non possiamo dimenticare che i nostri stessi processi di sviluppo, in particolare quelli italiani del secondo dopoguerra, sono stati anche la risposta ad un processo di modernizzazione dell’agricoltura, accompagnato da un profondo esodo dalle campagne verso le città e le zone di nuova industrializ- zazione.

Limitandoci quindi ai primi tre ‘scalini’, vi sono molti che vedono nel sostegno alla prima categoria, quella dei ‘competitivi’, la giusta soluzione per lo sviluppo e la modernizzazione dell’agricoltura in Africa. Il rafforzamento delle business

farm permette di investire per quelle produzioni commerciali capaci di inserirsi

ed affrontare i mercati nazionali, regionali ed internazionali, rispondendo sempre più alle esigenze della grande distribuzione di alimenti che richiede prodotti con caratteristiche standard e continuità nell’approvvigionamento.

Altri invece sostengono che è necessario predisporre politiche e relativi in- vestimenti per sostenere la piccola e media impresa rurale, i ‘tradizionali’ ed i ‘sopravvissuti’, l’unica che può gestire le risorse naturali in modo sostenibile e determinare un significativo incremento dei redditi per una diffusa popolazione rurale, limitando l’impatto dell’esodo e incrementando le condizioni di sicurezza alimentare per una vasta popolazione.

Molti esperti riconoscono che per investire in agricoltura in Africa è quindi necessario fare riferimento ai piccoli agricoltori africani. Sono loro che gestiscono il territorio e le risorse naturali ed hanno le capacità e le possibilità di migliorare la produzione, mantenendo forti le radici sociali e culturali del loro territorio. È importante quindi valorizzare le produzioni locali per sostenere l’incremento del-

Nuove prospettive per lo sviluppo rurale, la sicurezza alimentare e l’agricoltura 47 le produzioni dei piccoli agricoltori e per permettere loro di accedere ai mercati. Non tener conto della piccola agricoltura africana vuol dire accelerare i processi di degrado territoriale, di urbanizzazione e di emigrazione.

Tuttavia altri riconoscono anche il ruolo e l’impulso che possono arrivare dagli investimenti delle grandi società internazionali. Gli investimenti per creare le bu-

siness farm suscitano tuttavia non poche perplessità in coloro che temono l’uso di

vaste superfici di terreno per colture industriali acquisite attraverso lo strumento delle concessioni (land grabbing), con il rischio di un sfruttamento indiscriminato delle risorse naturali e di trasformare i piccoli agricoltori in salariati rurali.

È questa forse la sfida più delicata nel prossimo futuro: affermare che gli investimenti del settore privato sono importanti e, nello stesso tempo, che il tes- suto produttivo e sociale africano deve modificarsi e svilupparsi, senza essere disperso.

L’attuale dibattito sullo sviluppo agricolo e la sicurezza alimentare

Nell’ambito di questa sfida la presidenza statunitense dell’ultimo G8 ha lan- ciato la Nuova Alleanza per migliorare la sicurezza alimentare e la nutrizione5 in cui si riafferma l’impegno finanziario preso dal G8 a L’Aquila nel 2009 e la volon- tà di operare in linea con i principi di intervento nel settore agricoltura stabiliti a Roma nel Summit mondiale sulla sicurezza alimentare del 20096. Per raggiungere tali obiettivi si vuole creare un contesto favorevole per gli investimenti in agri- coltura del settore privato in Africa sub-sahariana. Si vuole inoltre riaffermare la centralità dei paesi africani in questa nuova sfida e si richiede loro, attraverso la mediazione dell’Unione Africana, di rispettare gli impegni presi con gli accordi di Maputo del 2003, al fine di utilizzare almeno il 10% del bilancio nazionale per investimenti in agricoltura7.

Per sostenere questa Nuova Alleanza e raggiungerne gli obiettivi, i paesi G8 si sono impegnati a realizzare iniziative capaci di sostenere nuove politiche e stra- tegie di sviluppo in agricoltura, favorendo la ricerca tecnologica, migliorando i mercati e il settore finanziario e riducendo i rischi per gli agricoltori.

Molti osservatori ritengono che l’iniziativa della presidenza statunitense del G8 sia di fatto un chiaro sostegno alle imprese multinazionali del settore agroali- mentare, le uniche che, secondo l’eventuale disegno americano, sono di fatto in

5 http://www.state.gov/s/globalfoodsecurity. 6 http://www.fao.org/wsfs/world-summit/en/.

7 L’impegno dei Paesi G8 si concentrerà inizialmente su sei paesi (Burkina Faso, Etiopia, Mozambi-

co, Costa d’Avorio, Ghana, Tanzania) che hanno dimostrato negli ultimi anni di aver una particolare attitudine e potenzialità nel favorire ed attirare gli investimenti privati nel settore agricolo.

grado di contrastare i grandi investimenti nel settore agricolo africano di alcuni paesi in forte crescita ed in transizione.

Già in preparazione del G208 del 2011 la presidenza francese aveva fatto della sicurezza alimentare un tema centrale del dibattito internazionale e aveva avviato la riflessione sul ruolo del settore privato, senza tuttavia dimenticare il sostegno necessario ai piccoli e medi agricoltori ed il ruolo delle organizzazioni internazio- nali (quali la Food and Agriculture Organization - Fao, il World Food Program,

l’International Fund for Agricultural Development e il partenariato globale sulla ricerca nel settore agricolo Cgiar) nello sviluppo del settore agricolo e rurale.

Il G20 del 2011 aveva posto particolare attenzione alle misure per ridurre gli effetti della volatilità dei prezzi e le gravi conseguenze sulle condizioni alimentari delle popolazioni più povere prendendo in considerazione l’opportunità di rea- lizzare reti di sicurezza sociale e di costituire delle riserve alimentari, diminuendo, allo stesso tempo, le condizioni di rischio per i piccoli produttori. Non si era dimenticato del ruolo che rivestono gli investimenti pubblici e la necessità di garantire adeguate risorse per realizzare infrastrutture e migliorare l’accesso alle nuove tecnologie, anche attraverso la ricerca finanziata con risorse pubbliche per favorire i piccoli e medi agricoltori.

Molti donatori bilaterali ed organizzazioni internazionali stanno inoltre rive- dendo le loro strategie di intervento nel settore dell’agricoltura, dello sviluppo rurale, della sicurezza alimentare e della nutrizione, anche in funzione dei prossi- mi appuntamenti internazionali ed in particolare per la nuova definizione di una agenda globale dello sviluppo dopo il 2015 (IFad et al. 2011).

I temi che probabilmente saranno analizzati riguarderanno principalmente i rapporti tra nutrizione ed agricoltura, la gestione delle risorse naturali ed in particolare la governance della terra e dell’acqua, lo sviluppo di una ricerca agri- cola orientata verso l’incremento dei redditi delle popolazioni rurali, il ruolo e gli investimenti del settore privato con la riduzione dei rischi per i produttori ed il contenimento delle perdite post raccolto e degli sprechi alimentari, oltre agli aspetti di genere nell’ambito dello sviluppo rurale.

Alla base di queste analisi vi sono comunque dei punti fermi, come i Rome

Principles sulla sicurezza alimentare fatti propri dalla Fao nel 20099, il Codice

di Comportamento per gli Investimenti Responsabili in Agricoltura (Principle of

Responsible Agricultural Investment - Prai)10 e le Linee Guida per definire la pro-

prietà fondiaria (Volontary Guidelines for Responsible Governance of Tenure of

8 http://www.foodsecurityportal.org/category/category/g20.

9 http://www.fao.org/fileadmin/templates/wsfs/Summit/Docs/Final_Declaration/WSFS09_Decla-

ration.pdf.

Nuove prospettive per lo sviluppo rurale, la sicurezza alimentare e l’agricoltura 49

Land).11 Può essere utile a riguardo ricordare l’attiva partecipazione italiana ed in particolare il contributo italiano dato alla revisione in corso della governance globale nel settore della sicurezza alimentare, sostenendo tra l’altro la riforma del

Committee for Food Security (CFs) presso la Fao e il rispetto da parte italiana degli

impegni presi a suo tempo per gli investimenti triennali nell’ambito del L’Aquila

Food Security Initiative12.

Quale ulteriore contributo può dare l’Italia

Malgrado le scarse risorse messe a disposizione della Cooperazione allo svi- luppo italiana negli ultimi anni, il sostegno allo sviluppo rurale ed agricolo e alla sicurezza alimentare delle popolazioni nei PVs resta una delle principale priorità

italiane per contribuire ad uno sviluppo equo e sostenibile.

In passato l’Italia ha finanziato molte iniziative di sviluppo rurale, soprattutto in Africa sub-sahariana, ed ha contribuito a sostenere le autorità locali nel raf- forzare le capacità dei piccoli e medi agricoltori ad incrementare i loro redditi, diversificare ed aumentare le produzioni e meglio gestire le risorse naturali. Oggi si richiedono interventi per un migliore inserimento dei prodotti agricoli sui mer- cati locali, nazionali e regionali, rivolgendo particolare attenzione agli aspetti di produzione e di qualità dei prodotti, alle filiere di commercializzazione e trasfor- mazione, ai trasporti, imballaggi e conservazione, oltre ad una migliore infor-

mazione sull’andamento dei mercati, soprattutto in termini di tempi, quantità e qualità dei prodotti richiesti.

Tuttavia, la valorizzazione commerciale di produzioni locali non può prescin- dere da un’azione sul territorio. Il positivo impatto di investimenti per migliorare le filiere dei prodotti può espandersi oltre il livello di microazione solo se vi è un concomitante sviluppo del territorio, con interventi in altri settori, come le infra- strutture, l’educazione e la sanità. Risulta pertanto essenziale accompagnare ini- ziative che sostengono le associazioni di piccoli e medi agricoltori, rafforzando la loro capacità di produzione e commercializzazione dei prodotti con investimenti in altri settori e con una azione di forte sostegno a livello locale. Questo al fine di garantire condizioni di governance adeguate, anche attraverso lo sviluppo delle capacità (Bolger 2000) delle istituzioni locali. Si potrebbe così inoltre valorizzare l’esperienza acquisita nel tempo dalla Cooperazione italiana nel sostenere proces- si di decentralizzazione e di sviluppo locale.

11 http://www.fao.org/nr/tenure/voluntary-guidelines/en/.

12 http://www.g8italia2009.it/static/G8_Allegato/LAquila_Joint_Statement_on_Global_Food_Se-

In tale contesto è necessario evidenziare l’importanza dei numerosi interventi delle Ong ed il loro impegno nel sostegno di quelle imprese rurali con una vo-

cazione commerciale locale e di sussistenza famigliare, capaci di migliorare le produzioni agricole ed il loro inserimento sui mercati attraverso interventi che tengano conto di tecnologie per loro sostenibili, di correlati investimenti in infra- strutture e di servizi di base.

Le recenti esperienze in Italia di Slow Food, Terra Madre ed Eataly hanno dimostrato che è possibile accedere ai mercati nazionali ed internazionali con produzioni locali. La dimostrata capacità di dare dignità e di riconoscere un ruolo essenziale ai piccoli e medi agricoltori mettendo in relazione il sapere dei luoghi con i grandi flussi di comunicazione e commercializzazione può essere ripresa anche nell’azione di Cooperazione allo sviluppo, tenendo ovviamente in conside- razione le differenti realtà in cui si opera.

Resta comunque da evidenziare che i grandi investimenti nei PVs rischiano di

soffocare le tante economie rurali localizzate, che attraverso una rete di piccole aziende famigliari salvaguardano il territorio, le tradizioni, la cultura e le risorse naturali collettive. Le contraddizioni tra flussi e luoghi non colpiscono quindi solo i paesi sviluppati; sono nodi da sciogliere che, in altre forme, interessano anche i PVs. Nel momento in cui i luoghi nei PVs restano esclusi dai mercati e

non riescono ad agganciarsi ad un processo di sviluppo economico più ampio si accelera il processo di esclusione di molti dal mondo rurale.

Abbiamo visto in precedenza come il ruolo e gli investimenti del settore pri- vato siano importanti per la crescita del settore agricolo. Tuttavia, è opportuno che si possano sostenere e rafforzare le capacità delle autorità nei PVs per creare

un contesto favorevole agli investimenti del settore privato, soprattutto per quelli che determinano contemporaneamente l’incremento dei redditi delle popolazio- ni rurali nella zona di intervento, al fine di rendere più sostenibile, tra l’altro, lo stesso investimento del settore privato. Le capacità delle autorità locali devono essere rafforzate nella loro azione di governance con opportuni investimenti per creare nuove infrastrutture e servizi utili a favorire l’accesso dei produttori locali a più facili condizioni di commercializzazione delle produzioni, attenuando così la

Documenti correlati