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Aiuti di Stato: pro e contro nel dibattito economico

PAESE AIUTI DIRETTI 63 EIB 64 INCENTIVI ROTTAMZIONE

1.8.2 Aiuti di Stato: pro e contro nel dibattito economico

Quasi sempre il termine aiuto è visto sotto una luce positiva ma nel mondo economico spesso non è così. Usare i soldi pubblici per favorire gli scopi di un’organizzazione privata raramente è una pratica positiva. Questo comportamento svantaggia sia la collettività che viene privata di risorse preziose, che i concorrenti di chi riceve i soldi, in quanto vengono svantaggiati da un trattamento non paritario. In alcuni casi limitati invece gli interessi di un’impresa o di un settore possono coincidere con quelli della comunità e in quel caso la concessione di finanziamenti pubblici può creare dei miglioramenti collettivi. Dunque l’intervento statale può incentivare effetti benefici per il welfare di una nazione soprattutto aumentando l’efficienza della produzione e distribuendo le risorse nel modo più equo possibile all’interno della società. Se invece l’intervento è immotivato si

62 Il periodo di riferimento va dal 2000 al 2011. 63

In milioni di Euro.

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Il valore contabilizzato corrisponde al 15% del prestito totale. Questa infatti è la componente di aiuto stimata da Grlgolon, Leheyda e Verboven (2012). In milioni di Euro.

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creeranno delle distorsioni negative per l’economia che sono principalmente quattro: favorire i produttori inefficienti, distorsione degli incentivi a investire, aumento del potere di mercato e distorsione delle decisioni relative alla produzione e alla localizzazione all’interno degli Stati membri.

Il dibattito economico sull’ammissibilità o meno degli aiuti di Stato è molto ampio. Di seguito faremo una breve rassegna sui pro e i contro relativi al supporto pubblico presenti in letteratura basandoci sul lavoro di Grigolon, Leheyda e Veroven (2012):

Effetti positivi. L’efficienza. Dal punto di vista dell’efficienza pubblica il supporto statale è

giustificato se corregge o rimuove i fallimenti del mercato. Abbiamo identificato i seguenti fallimenti di mercato che sono rilevanti nel settore auto:

Esternalità: Le esternalità sono costi (esternalità negative) o benefici (esternalità positive) che non

vengono trasmessi attraverso il prezzo di una transazione commerciale. Questo avviene perché spesso le parti non sono a conoscenza dell’esternalità stessa. Questo fa si che le esternalità positive siano fornite in misura minore all’ottimo sociale, mentre quelle negative in misura maggiore.

L’esternalità negativa più importante legata al mercato auto è senza dubbio l’inquinamento. Questo è un problema che si pone quando produttori e consumatori non tengono conto del logoramento ambientale indotto dalle loro attività e dai loro prodotti. Gli aiuti di Stato assieme alla tassazione e alle leggi possono incentivare produttori e consumatori ad investire in veicoli più ecologici.

Un esempio di esternalità positiva in questo settore è invece rappresentato dalle economie di aggregazione. La nascita di distretti industriali è infatti fondamentale per una produzione efficiente di automobili con una conseguente condivisione di idee e pratiche che hanno una validità trasversale tra i settori economici. Lo Stato può incentivare la formazione di tali distretti locali, attraverso degli aiuti mirati.

Asimmetrie informative: Informazioni asimmetriche o imperfette, soprattutto nei mercati dei

capitali, compromettono la capacità delle aziende di ottenere finanziamenti. I tassi di interesse potrebbero essere più elevati del livello efficiente poiché gli istituti di credito non hanno tutte le informazioni sul grado di rischio associato ad una particolare impresa.

Queste anomalie dei mercati finanziari sono rilevanti per il mercato auto sia dal lato della produzione che da quello della domanda. Dal lato dell’offerta i produttori possono avere difficoltà a reperire finanziamenti, oppure li reperiscono ad un tasso non equo. Essi necessitano invece di grossi capitali per poter fare ricerca e sviluppo. Dal lato delle domanda invece le asimmetrie informative

possono bloccare la concessione dei prestiti ai clienti finali, che spesso non hanno immediatamente tutta la disponibilità economica per acquistare un bene durevole come un’auto. Secondo IHS Global Insight (2009), tra il 60% e l’80% dei veicoli nuovi venduti in Europa sono acquistati con una qualche forma di credito. Il problema è particolarmente rilevante nei periodi in cui la domanda è particolarmente debole, come durante una crisi economica. Lo Stato in questi casi può intervenire concedendo prestiti a tassi agevolati ai produttori, oppure dal lato della domanda può facilitare l’acquisto concedendo degli incentivi di vario tipo. In questi casi l’intervento è giustificato.

Potere di mercato: Un eccessivo potere di mercato rappresenta un fallimento dello stesso in quanto

i prezzi finali tenderanno ad essere molto più alti rispetto all’ottimo sociale. Prezzi più alti implicano meno quantità e minore benessere. Il mercato dell’auto è il classico esempio di un oligopolio, in cui le aziende decidono il prezzo, e vendono prodotti fortemente differenziati. Ci sono molte ragioni per cui la competizione in questo settore è bassa, la prima è che qui le economie di scala sono fondamentali per essere competitivi. Gli elevati costi di ricerca e sviluppo per realizzare un nuovo modello non possono che essere spalmati su una produzione di centinaia di migliaia di unità. Inoltre i costi d’entrata nel mercato sono molto alti in quanto ci si deve dotare di un’enorme capacità produttiva. Gli aiuti di Stato possono incentivare l’entrata di nuovi concorrenti nel tentativo di limitare il potere di mercato delle imprese esistenti. Oppure al contrario si può cercare di disincentivare l’uscita di un attuale competitor.

Frizioni ed altri fallimenti di mercato: Per frizioni si intendono tutti i problemi che si generano

quando è necessario prendere decisioni drastiche, che influenzano soprattutto la vita dei lavoratori. A volte si rendono necessari licenziamenti, cassa integrazione, riduzioni di stipendio o delocalizzazioni degli impianti produttivi. Questo può creare dei conflitti anche violenti, che possono portare al blocco della produzione. L’andamento ciclico della domanda di veicoli porta spesso alla necessità di riorganizzare la produzione. Ma questo a livello sociale può causare disoccupazione e disparità regionali con conseguenze spiacevoli. Questi problemi sono portati all’estremo in un’industria fortemente sindacalizzata, geograficamente centralizzata, capital intensive e caratterizzata da rigidità produttiva. Anche in questo caso l’intervento pubblico è giustificato.

Effetti positivi. L’equità. Il risultato del processo produttivo può essere efficiente, ma può essere

socialmente non accettabile. L’intervento pubblico a volte è quindi giustificato da logiche redistributive. Aiuti per le regioni svantaggiate, sociali e R&R sono esempi di aiuti di Stato motivati da ragioni di equità. Gli interventi per ristabilire l’equità possono avere degli effetti negativi sull’efficienza. Spesso esiste un trade-off tra efficienza ed equità. Ad esempio gli aiuti regionali

possono aumentare il potere di mercato delle imprese destinatarie, oppure premiare con risorse pubbliche aziende non efficienti.

In altri casi però gli aiuti non vanno a inficiare l’efficienza, anzi la possono accrescere. E’ il caso di quegli Stati in cui esiste una forte sperequazione tra regioni ricche regioni povere. Questo causa uno spopolamento delle regioni povere, nelle quali vengono abbandonate risorse importanti (si pensi ai siti turistici) e si assiste ad un progressivo degrado. Questo causa un esodo verso le regioni ricche che si trovano a dover affrontare il problema del sovraffollamento. A questo punto un intervento statale mirato a alla redistribuzione della ricchezza non può che giovare all’intera nazione.

Effetti negativi. Favorire la produzione inefficiente. Gli aiuti di Stato possono causare

inefficienze produttive ed allocative in grado di nuocere al benessere collettivo. Lyons (2008) sostiene che in un settore maturo come quello delle automobili, in cui la crescita della produttività è superiore alla crescita della domanda di veicoli, solo un numero esiguo di imprese può sopravvivere. L’efficienza relativa e la scala produttiva determineranno la velocità e l’ordine di uscita dal mercato. Quindi un’azienda inefficiente uscirà per prima, mentre se due aziende hanno gli stessi costi la più grande avrà un declino più rapido. L’intervento statale può distorcere questo ordine naturale e permettere ad un’attività inefficiente di sopravvivere (o di stare troppo a lungo nel mercato) a spese delle imprese più efficienti. Oppure una grande impresa può mantenere la sua larga scala a discapito delle concorrenti più piccole. Questo problema è aggravato dall’eccessiva capacità produttiva del settore. Questo eccesso di capacità è stimato nell’ordine del 20-30% (Eurofound, 2010).

Effetti negativi. Distorsione degli incentivi a investire. Questa distorsione può essere misurata

osservando le differenze di comportamento tra le imprese che ricevono gli aiuti e quelle che non li ricevono. In un primo caso gli incentivi possono portare un’azienda ad allentare i vincoli di bilancio, tanto è consapevole che in caso di perdite potrà ricevere degli aiuti pubblici. E’ovvio che tale comportamento implica risultati non efficienti dal punto di vista della produzione e della gestione dei costi. In un secondo caso i concorrenti delle aziende che ricevono le sovvenzioni possono essere portati a rivedere i loro piani di investimento, in quanto si trovano svantaggiati in partenza. Se ad esempio un’aziende riceve soldi pubblici per lo sviluppo di un nuovo prodotto è lecito immaginarsi che in futuro essa vorrà aumentare la sua quota di mercato. Di conseguenza i concorrenti saranno portati a rivedere i loro investimenti futuri alla luce di questo nuovo elemento. Queste distorsioni sono massime nell’industria automobilistica dato che il numero dei concorrenti è molto limitato.

Effetti negativi. L’aumento del potere di mercato. Le sovvenzioni pubbliche possono aumentare

il potere di mercato nelle mani delle poche imprese che li ricevono, oppure possono anche issare delle nuove barriere all’entrata. I governi sono spesso criticati quando supportano le aziende nel loro mercato interno, specialmente quando queste hanno già elevate quote di mercato. Le aziende locali grazie agli aiuti possono espandere ulteriormente la produzione e scoraggiare eventuali nuovi entranti. E’ ovvio che le case automobilistiche rappresentano una lobby importante, e quindi possono portare gli organi di governo a prendere decisioni inefficienti.

Effetti negativi. Distorsione della produzione e della localizzazione all’interno degli Stati membri. Gli aiuti di Stato possono influenzare la produzione delle aziende, influenzando sia le

scelte localizzative dei siti produttivi, sia il livello di produzione e investimenti nei diversi impianti posseduti. Nell’industria automobilistica gli aiuti di Stato sono spesso stati offerti per superare gli svantaggi dovuti all’operare in una determinata zona rispetto ad aree concorrenti; oppure sono stati concessi per aumentare la produzione interna ed attrarre investimenti stranieri. Questi aiuti raramente hanno effetti positivi in quanto distorcono i flussi commerciali e portano a scelte allocative inefficienti.

La teoria economica avviata da Brander e Spencer (1985), sottolinea che se le imprese operano in mercati caratterizzati da concorrenza oligopolistica e internazionalizzazione (come quello delle auto), allora il governo in un Paese può sovvenzionare le sue attività economiche a scapito di quelle situate negli altri territori. In altri termini, gli aiuti pubblici possono provocare delle esternalità negative che possono portare ad una vera e propria “corsa alle sovvenzioni pubbliche”. La situazione ricorda il dilemma del prigioniero in cui ciascuno compete nel tentativo di migliorare la propria situazione senza capire che così facendo non sfrutta le opportunità di coordinamento. Attrarre i capitali stranieri o cercare di trattenere le attività già esistenti attraverso soldi pubblici è un’enorme spreco di risorse, risorse che sarebbe meglio investire altrove e lasciare il mercato libero di autoregolarsi. Roller e Von Hirschhausen (1996) discutono gli effetti di un possibile cambiamento di redditività che può avvenire attraverso gli aiuti di Stato. Essi riportano l’esempio dei cantieri navali e delle ditte operanti nella produzione di fibre sintetiche nelle Germania dell’Est, aziende che negli altri Paesi avrebbero già chiuso per bancarotta, ma che lì invece erano palesemente aiutate a sopravvivere. Le teorie economiche sono un punto di riferimento per gli organi di controllo sovranazionali come la Commissione Europea. L’obbiettivo ultimo e quello di impedire azioni non coordinate tra gli Stati membri che avrebbero solo l’effetto di creare contrasti e inefficienze.

Queste considerazioni dovrebbero valere non solo per i Paesi che formano l’Unione Europea, ma anche per i rapporti commerciali che l’Europa instaura con il resto del mondo. In altre parole, i governi continentali potrebbero coordinare le loro azioni in tema di aiuti per mantenere le rendite delle case produttrici europee all’interno dei confini dell’Unione. Per esempio il Framework R&D&I sulla ricerca, lo sviluppo e l’innovazione contiene delle clausole secondo le quali è permesso aumentare la quantità di aiuti se è provato che le case automobilistiche extracomunitarie hanno ricevuto anch’esse sussidi pubblici. E’ un provvedimento almeno discutibile in quanto gli aiuti andrebbero concessi in base a criteri legati all’efficienza economica, e non usarti come uno strumento per difendere i propri mercati dalle importazioni.

Se la concessione di aiuti di Stato abbia effetti per la maggior parte positivi o negativi non è definibile a priori. Sicuramente fino al 2008 la politica della Commissione Europea ha previsto delle progressive riduzioni di questi aiuti. Ovviamente se concessi in quantità eccessive possono solo danneggiare la concorrenza e infatti si è preferito concedere meno aiuti ma mirati al raggiungimento di determinati obbiettivi. Con l’arrivo della crisi però questa politica è cambiata e si è tornati a concedere grandi quantità di sovvenzioni pubbliche alle case automobilistiche. Tuttora non è chiaro se questo cambiamento nelle politiche europee è motivato da un aumento di efficienza oppure dalle semplici pressioni della potente industria automobilistica.

Sicuramente il trend che vede un incremento dei prestiti a tasso agevolato concessi dalla EIB e degli incentivi alla rottamazione, contro una riduzione degli aiuti diretti è una notizia positiva. Il prestito a tasso agevolato consente alle imprese di fare innovazione e di reperire quelle risorse che altrimenti per colpa delle asimmetrie informative sarebbero state reperite a tassi gravosi; oppure non reperite affatto (credit crunch). Anche gli incentivi alla rottamazione sono uno strumento positivo. In primis perché potenzialmente favoriscono tutte le imprese presenti sul mercato. In secondo luogo spingono i consumatori a fare degli acquisti più responsabili nei confronti dell’ambiente. Come gli incentivi incideranno nelle politiche di prezzo dei produttori sarà argomento dell’ultimo capitolo.