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I competitors nel mercato automobilistico europeo

1.6 Struttura di mercato e potere di mercato

1.6.2 I competitors nel mercato automobilistico europeo

Il mercato automobilistico europeo può essere considerato un oligopolio. Nonostante le marche di auto a disposizione dei consumatori possano sembrare molte, in realtà, molte di queste marche appartengono agli stessi gruppi industriali.

Di seguito sono riportate le quote di mercato di ogni gruppo industriale presente all’interno del continente europeo37, i dati sono riferiti al 2011 e sono forniti dall’ACEA.38

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Gli acronimi stanno rispettivamente per: Nomenclature gènèrale des activitès èconomiquès dans le Communautès Europèennes, Standard Industrial Classification.

36 Questi mezzi di trasporto sono molto utilizzati soprattutto in Francia. Sono apprezzati per la grande capacità di

carico nonostante le dimensioni da utilitaria.

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Solo in questa occasione con il termine mercato europeo intendiamo l’UE a 27 membri. Le quote sono dunque riferite a tutte le immatricolazioni effettuate negli Stati membri UE.

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GRUPPO VW (Volkswagen, Audi, Seat, Skoda e Porshe) 23.3% Germania39 GRUPPO PSA (Peugeot e Citroen) 12.4% Francia GRUPPO RENAULT (Renault, Dacia) 9.5% Francia GRUPPO GENERAL MOTORS (Opel, Chevrolet e GM Usa) 8.6% Germania GRUPPO FORD (Ford e Volvo 1999-2011) 9.9% USA GRUPPO FIAT (FIAT, Alfa Romeo, Lancia, Chrysler, Jeep, altri) 6.9% Italia GRUPPO BMW (Bmw e Mini) 6.0% Germania GRUPPO DAIMLER (Mercedes e Smart) 4.9% Germania GRUPPO TOYOTA (Toyota e Lexus) 4.1% Giappone NISSAN 3.4% Giappone GRUPPO HYUNDHAI (Hyundhai e Kia) 5.0% Sud Corea SUZUKI 1.3% Giappone HONDA 1.1% Giappone MAZDA 1.0% Giappone MITSUBISHI 0.8% Giappone GRUPPO TATA MOTORS (Tata, Jaguar e Land Rover) 1.8% India SUBARU 0.3% Giappone

Il rapporto di concentrazione CR4 aveva un valore di circa 54 punti nel 2011 considerando l’Europa come un mercato unico. Un valore piuttosto elevato, che è aumentato nei decenni precedenti grazie anche alla fusione di marchi prima indipendenti, ma che ora formano dei gruppi industriali sotto il controllo dei medesimi proprietari. Le quote appena elencate riguardano l’intero continente ma se ci spingiamo più nel dettaglio possiamo accorgerci che in alcuni Paesi la concentrazione è decisamente maggiore.

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E’ importante sottolineare sin da ora che nel capitolo dedicato all’analisi econometrica prenderemo in considerazione delle osservazioni appartenenti a tutti i gruppi industriali elencati in precedenza. Chiaramente ogni singolo gruppo avrà una numerosità diversa all’interno del campione. Nei report venivano generalmente riportati i modelli più venduti, e questo tende ad escludere i produttori con quote piccole.

La presenza dei campioni nazionali: In alcune grandi nazioni europee hanno sede dei marchi

storici di automobili. Queste aziende quasi sempre rappresentano dei campioni nazionali, ovvero non sono considerate solo delle istituzioni private con l’obbiettivo di fare profitti, ma sono ritenute fondamentali esempi di eccellenza nazionale. Saper produrre le automobili è complesso, e richiede grandi risorse economiche e tecnologiche. Le case automobilistiche locali hanno sempre avuto un grande potere nelle sedi istituzionali dei Paesi di appartenenza e in più di un occasione sono riuscite ad attrarre aiuti di Stato. In quattro dei Paesi da noi analizzati abbiamo accertato la presenza di campioni nazionali (Goldberg e Verboven 2001) e sono Francia, Germania, Italia e Svezia40. Questo non significa che negli altri Stati non ci siano impianti produttivi di auto, ma anche dove sono presenti, questi sono di proprietà estera e quindi non possono essere considerati dei campioni nazionali. Va sottolineato il caso del Regno Unito che negli ultimi decenni ha visto dissolversi la sua industria automobilistica. A metà degli anni sessanta l’industria raggiunse il suo apice e si giocava con la Germania il ruolo di leader europeo nella produzione di veicoli. I marchi storici inglesi erano numerosi: Aston Martin, Bentley, Jaguar, Land Rover, Lotus, MG, Rolls Royce, Rover, Singer, Sunbeam, Talbot, Triumph e molti altri. A partire dalla metà degli anni Settanta il settore entrò in una profonda crisi e il patrimonio di marchi nazionali fu letteralmente distrutto. La maggior parte delle aziende fallì e molte altre furono acquistate da imprenditori stranieri che però non riuscirono a mantenere alti gli standard produttivi. Ora, di fatto, non esistono produttori di auto inglesi ad eccezione di qualche piccolo marchio ancorato ad una produzione artigianale di nicchia. In compenso nel Regno Unito sono presenti una ventina di impianti produttivi di proprietà di case automobilistiche europee e giapponesi.

Per capire maglio quanto la presenza dei campioni nazionali possa influire sulle dinamiche concorrenziali dei vari mercati, possiamo preliminarmente riportare i risultati di alcuni studi fatti da Ginsburgh (1996). Nel 1983 i produttori di auto nazionali avevano un discreto vantaggio sulla concorrenza in quanto erano in grado di far pagare le proprie auto dal 3% al 9% in più. Secondo Ginsburgh questo vantaggio era proprio frutto del fatto che i produttori autoctoni sono considerati dei campioni nazionali e fu dimostrato che la curva di domanda dei loro prodotti era più rigida.

40 I campioni nazionali rilevati sono: PSA e Renault in Francia;BMW, Daimler e Chrysler, Opel e Volkswagen in

Inoltre i mercati dei Paesi produttori erano strutturati molto diversamente rispetto agli altri. Nello studio di Ginsburgh vennero analizzate cinque nazioni: Belgio, Francia, Germania, Italia e Regno Unito. La prima non possiede un industria automobilistica, mentre le altre quattro sì41.

Quote di mercato dei produttori nazionali nel 1989 (%):

Belgio Francia Germania Italia Regno Unito

Non presenti 61,9 69,8 57,8 29,5

Rapporto di concentrazione CR4 nel 1989 (%):

Belgio Francia Germania Italia Regno Unito

52,7 78,3 63,6 84,8 63,8

Questi dati sembrano indicare il fatto che il Belgio sia il Paese con la minore concentrazione. Quindi di fatto, l’assenza di produttori locali sembra favorire la concorrenza. L’Italia invece alla fine degli anni ’80 mostrava il rapporto di concentrazione più alto dovuto anche al fatto che i marchi nazionali erano (e sono tutt’ora) tutti sotto il controllo del gruppo industriale FIAT.

Sicuramente la concentrazione del mercato è una delle determinanti più importanti da tenere in considerazione. I mercati europei presentano tutt’ora tassi di concentrazione decisamente diversi. I dati sulla concentrazione (espressi sia tramite il CR1 che il CR4) sono illustrati nel Capitolo III, rispettivamente nelle tabelle X e Y.

41 Lo studio di Ginsburgh è stato condotto su dati raccolti negli anni ’80 e quindi il Regno Unito possedeva ancora dei