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Variazione del tasso di cambio della Corona Danese rispetto all’Euro.

A differenza di Regno Unito e Svezia, in Danimarca la svalutazione monetaria a cavallo della crisi non si è verificata. Anzi la cosa sorprendente è che nel quindicennio analizzato le fluttuazioni della Corona Danese rispetto all’Euro sono state praticamente assenti. Questo significa che il governo Danese ha scelto di ancorare l’andamento della propria valuta all’Euro. Dunque questa variabile non influirà sul pricing delle case automobilistiche presenti nel Paese scandinavo, ma sarà interessante notare le differenze tra Danimarca e gli altri due Paesi che non sono passati all’Euro. Come reagisce l’esportatore di un bene quando la valuta locale del Paese di destinazione cambia? La reazione più semplice potrebbe essere quella di modificare i prezzi nel Paese di destinazione, adeguandoli ai tassi di cambio ed alterando le convenienze relative tra beni locali ed importati. In alternativa si può mantenere i prezzi locali sostanzialmente invariati nel tentativo di non perdere quote di mercato rispetto ai rivali (nel caso di svalutazione monetaria nello Stato estero). In questa seconda ipotesi il mancato adeguamento dei prezzi provoca una variazione dei margini di profitto. Se la valuta locale si deprezza tali margini si ridurranno, se questa si apprezza i margini aumenteranno.

Per stimare il modo in cui i prezzi si adeguano ai tassi di cambio è stato creato il coefficiente pass- through Y in grado di misurare l’intensità con cui una variazione del tasso di cambio si trasferisce ai prezzi delle importazioni determinate in valuta locale. Y può assumere solo valori tra 0 e 1. Quando il coefficiente assume valore 1 la variazione del tasso di cambio si trasmette tutta sul prezzo finale e il mark-up è mantenuto costante. All’opposto se il pass-through assume valore 0 significa che i prezzi delle importazioni sono rimasti invariati, e ci saranno degli aggiustamenti di mark-up.

6.0000 7.0000 8.0000 9.0000 10.0000 11.0000 12.0000 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011

Ovviamente il coefficiente può assumere un’infinità di valori tra 0 e 1. Se ad esempio il coefficiente vale 0,51 significa che solo il 51% di una svalutazione monetaria sarà trasmesso ai beni di importazione.

Andrea Presbitero (2009) ha stimato un coefficiente pass-through del 60% negli Stati Uniti e maggiore in altri Paesi industrializzati. L’effetto pass-through è decrescente rispetto alle dimensioni del mercato di sbocco ed è contenuto nei settori che contengono beni durevoli altamente personalizzati e venduti in mercati non perfettamente concorrenziali o segmentati (il mercato auto ha tutte queste caratteristiche). Goldberg e Verboven (2005) hanno provato a stimare Y in 5 Paesi europei (Belgio, Francia, Germania, Italia e Regno Unito), concentrandosi sul mercato dell’auto e hanno rilevato un valore pari al 46%. Inoltre è emerso che il coefficiente è inversamente correlato alle quote di mercato del Paese esportatore. Le nazioni con una forte presenza nei mercati esteri come la Germania sono più propense ad aggiustare i prezzi locali in relazione ai tassi di cambio. I produttori dei Paesi che invece hanno quote esigue nei mercati di destinazione (es. Svezia e Giappone69) tendono all’inverso a non modificare i prezzi locali e assorbono le fluttuazioni valutarie.

E’ di fondamentale importanza capire se le variazioni dei tassi sono percepite come temporanee o durature. Una variazione temporanea raramente spingerà i produttori ad adeguare i prezzi nei Paesi di destinazione, soprattutto se in questi la moneta si svaluta. Aumentare il prezzo nominale velocemente potrebbe avere delle ripercussioni in futuro quando il tasso di cambio si tornerà a stabilizzare sui livelli precedenti. Il produttore potrebbe essere percepito come poco conveniente per un breve periodo, ma questo potrebbe danneggiare la sua reputazione per un periodo molto lungo. Se invece le variazioni dei tassi perdurano nel lungo periodo i prezzi tenderanno ad adeguarsi, nel tentativo di portare i mark-up ai livelli precedenti.

1.9.2 Il ruolo della moneta unica

Prima del gennaio del 2002 nell’Unione Europea circolavano 15 valute diverse, una per ogni Stato. Ora come abbiamo visto 12 degli Stati esaminati hanno adottato la moneta unica, ovvero l’Euro. Gli economisti sono generalmente concordi nell’affermare che un’unica valuta avrà l’effetto di portare ad una convergenza dei prezzi tra le nazioni che l’hanno adottata. La dispersione internazionale viene ridotta tramite l’Euro in quanto: non esistono più le fluttuazioni valutarie e questo incentiva gli scambi, c’è una riduzione della segmentazione tra mercati a causa dell’aumento della

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trasparenza e della riduzione dei costi di transazione. Queste condizioni riducono gli incentivi delle imprese a praticare delle differenziazioni di prezzo.

L’eliminazione delle volatilità dei tassi di cambio, implica che le differenze di costo di breve periodo che avvengono nei mercati locali a causa delle variazioni valutarie vengono definitivamente annullate. Ovviamente lo stesso effetto si può ottenere mantenendo fissi i tassi di cambio, cosa che tra i Paesi che hanno adottato la moneta unica è avvenuta fin da metà anni ’90. Di fatto però utilizzare la stessa valuta è una garanzia maggiore che implica maggiore sicurezza nel lungo periodo.

Per quanto riguarda l’aumento della trasparenza e la riduzione dei costi di transazione è indubbio che la moneta unica permette ai consumatori di confrontare i prezzi in maniera più agevole, e qualora i differenziali siano elevati effettueranno i loro acquisti negli Stati in cui è più conveniente. Inoltre non è più necessario sostenere costi di transazione per cambiare la valuta. Questo assunto vale ancora di più per il mercato delle automobili in quanto parliamo di beni durevoli, che richiedono uno sforzo economico importante, e un lungo processo decisionale nella fase che precede l’acquisto.

Un ulteriore incentivo che porta alla convergenza di prezzo è spiegato da Goldberg (2004) il quale spiega che la discriminazione di prezzo tra nazioni che hanno la stesse valuta è meno profittevole. Questo è legato al fatto che i consumatori dei Paesi in cui le auto sono più care si accorgeranno subito dei differenziali di prezzo, e questo può danneggiare la reputazione dei produttori che praticano le maggiori differenze.

Sicuramente tutti gli aspetti analizzati in precedenza ci portano a supporre che l’avvento dell’Euro non può che aver portato un aumento della convergenza di prezzo tra gli Stati membri. Nel settore auto però i benefici della trasparenza e il libero scambio sono ridotti dal sistema distributivo che è ancora fortemente protetto da leggi ad hoc, in grado di portare ad una segmentazione dei territori.

1.10 Differenti costi locali

Se partiamo dall’assunto che produrre un identico modello di auto destinato a due Paesi differenti costi uguale, questo non vale per tutta una serie di altri costi che non sono connessi alla produzione. Questi costi possono essere divisi in tre categorie: costi di trasporto dall’impianto produttivo alla concessionaria, costi distributivi e margini della concessionaria e costi di marketing.

Per quanto riguarda i costi di trasporto il discorso è piuttosto semplice in quanto essi aumentano all’aumentare della distanza che separa l’impianto produttivo dal luogo di vendita. Questo significa che esportare in Paesi ai margini del continente (vedi la Tabella 1.7 sulla localizzazione degli impianti produttivi) sarà più oneroso in quanto il trasporto delle auto avviene per la maggior parte su gomma. Paesi come ad esempio Danimarca, Grecia e Irlanda non possiedono nemmeno impianti produttivi nei loro territori e questo fa si che tutte le auto siano beni di importazione. Uno Stato come la Germania è invece avvantaggiato da questo punto di vista in quanto solo nel suo territorio ci sono 2270 impianti produttivi e confina con Francia, Polonia e Rep. Ceca, che sono a loro volta Paesi produttori. Sicuramente dal punto di vista logistico è un vantaggio.

Per quanto riguarda i costi distributivi ci sono grandi differenze tra gli Stati membri, questo implica che i margini di cui si approprieranno i venditori sui mercati locali potranno variare di molto. Ricordiamo che i costi distributivi e di vendita vengono sostenuti in valuta locale, e sono molto importanti in quanto possono incidere fino al 35% sul costo totale dell’auto (Brenkers, Verboven 2005).

Tabella 1.7 Impianti produttivi di auto in Europa nel 201171 (Fonte:Il Sole 24 Ore)

PAESE NUMERO IMPIANTI PROPRIETARIO

BELGIO 3 1 VW, 2 FORD

FRANCIA 15 1 TOYOTA, 1 DAIMLER CHRYSLER,