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L’albero e il mantello

La questione del posizionamento del mantello è stata presa in considerazione da alcuni studiosi che hanno proposto le più svariate interpretazioni. La più, direi, fantasiosa vorrebbe

35 vedere nella quercia citata da Clemente il telaio in legno con il quale Zas mise in atto la sua azione demiurgica. La maggior parte degli studiosi hanno concluso che la quercia non fosse il marchingegno su cui era appoggiato il pharos, bensì l’essere che lo avrebbe indossato. La domanda che sorge spontanea è: perchè troviamo il mantello su Chtonia e, allo stesso tempo, attorno ad un albero cosmico alato?

Anche riguardo a questo punto le ipotesi non sono poche e proverò dunque a sottolineare i richiami che le rappresentazioni ferecidee potrebbero sottintendere. Quando Chtonia si trasforma in vera e propria Ge, prende tutte le caratteristiche della tipica dea madre- terra. In Grecia le caratteristiche e le peculiarità della Terra erano talvolta attribuite ad altre divinità femminili. Una di queste riconoscibile in Era; esisteva infatti una tradizione che legava gli alberi a questa divinità, più precisamente era tradizione sacrificare alberi sia ad Era che alla dea Terra;, quest’ultima inoltre pronunciava oracoli tramite una quercia a Dodona. Schibli specifica che “The partner of Zeus at Dodona was Dione, but it has been reasonably argued that the first presiding deity at Dodona, just as at Delphi was Gaia”47. Edwards48 avvicina a Chtonia/Ge un’altra figura femminile: Cibele, il cui culto esisteva già all’epoca in cui viveva Ferecide, e che i Frigi erano soliti rappresentare come dea della Terra. Lo studioso prosegue poi commentando il seguente passo:

Philodemo, De pietate, 47a 14 p. 19 G. [vgl. 3 B 5] οἱ δὲ Δία

καὶ Ἥραν πατέρα καὶ μητέρα θεῶν νομίζουσιν, Πίν<δαρος> δ’ <ἐκ> Κυβέ<λης μ>ητρὸς ἐν τῶι ὕμν>ωι <εἰς> Κυβέ<λαν> ματέρα [fr. 80

Lo studioso49 sostiene che Pindaro possa essere considerato testimone del fatto che nel periodo arcaico in Grecia si venerasse Cibele e che forse si possa individuare lo stesso ruolo in una delle divinità ferecidee, forse la stessa Chtonia.

La venerazione di una dea Terra, era tipica della maggior parte delle religioni primitive in quanto da sempre il nutrimento degli uomini veniva per la maggior parte dalla produzione fruttifera di un terreno fertile, un leitmotiv dell’umanità. Burkert sottolinea, trattando delle divinità della natura che in Grecia, oltre ad onorare questa divinità tramite sacrifici come ad

47 H.S. Schibli, op. cit., 1984, p. 105;

48 M. Edwards, Cybele among the philosophers: Pherecydes to Plato, Eranos, 1993, 91, p. 68; 49 M. Edwards, op. cit., 1993, p. 68;

36 esempio versare libagioni o portare acqua in aperture del terreno, la terra veniva pure considerata come patria e quindi celebrata anche in quanto luogo nativo del popolo. In epoca classica peraltro non esisteva un culto particolarmente importante dedicato a tale figura, pur essendo una delle divinità primordiali più importanti. È nel mito che troviamo la sua effettiva preponderanza. In Esiodo Gea sorge subito dopo il Caos e dopo aver dato alla luce tramite partenogenesi Urano ed altri elementi naturali, si unisce con questo e genera i Titani (Oceano, Rea, Mnemosyne e Crono assieme alle terribili razze dei Ciclopi e degli Ecatonchiri). Dunque dalla stessa Terra ha inizio la prima straordinaria generazione di esseri divini. Le caratteristiche tipiche della madre Terra però nel corso del tempo vennero attribuite ad altre divinità, quali, come abbiamo visto, Cibele, ma anche Era, Persefone e Demetra. R. Renehan50 sembra riportare le posizioni di vari autori riguardo l’argomento. Tra coloro che negano che Era fosse in origine una dea della terra, Renehan elenca M. Nilsson e H.J. Tose. Snell invece, secondo quanto sostiene Renehan sarebbe di un’idea diversa e riuscirebbe ad individuare, tramite varie comparazioni, la figura della dea Terra proprio in Era. Tenta dunque di dimostrare la vera essenza naturale della consorte di Zeus a partire da un’iscrizione incisa sul famoso disco di Cuma. Si può infatti leggere su di esso che Era poteva dispensare oracoli. A partire da questo elemento Renehan ci fa notare che il dono oracolare era molto spesso affidato a divinità chtonie e che il legame tra la fertilità di questi numi sotterranei e la promulgazione di oracoli porterebbe a connettere Era alla Terra. L’autore51 conclude sostenendo che è difficile fornire una soluzione definitiva del problema basandosi sulle parole del disco di bronzo. Ma sostiene anche che debba comunque essere considerata una prova del fatto che Hera fosse considerata una dea della terra.

D’altro canto, Burkert, scrive: “Demetra - dorico e eolico Damàter - è, come dice il nome, una “madre”, ma resta enigmatica una più precisa definizione di questa “madre”. L’interpretazione diffusa nell’antichità, e spesso ripresa, come “Terra.Madre” non è evidente né linguisticamente né contenutisticamente; pur con tutti i legami con il regno dei morti, Demetra non è certo semplicemente la “Terra””52. Pur accettando questa posizione, non si può negare che, per quanto riguarda la sua storia mitica e le tradizionali feste a lei dedicate, ci fosse una specifica connessione con il terreno e con la fertilità, campi che sono evidentemente riferiti nella norma alla grande Gea, dea Terra e Madre, proprio come Demetra. L’intreccio di

50 R. Renehan, Hera as Earth Goddess: A new piece of evidence, RhM, 117, 1974, pp. 193-201; 51 R. Renehan, Hera as Earth Goddess: A new piece of evidence, RhM, 1974, 117, p. 197; 52 Burkert, op. cit., 2003, p. 314;

37 campi di potere di questa divinità è disvelato anche nelle feste dedicate a lei ed alla figlia intimamente legata a lei, tanto che spesso si parla semplicemente delle due dee; come ad esempio nel caso delle Tesmoforie, festa prettamente femminile su cui sappiamo tanto anche

grazie alla famosa commedia aristofanea.

Esisteva inoltre una festività dedicata a Persefone nella quale un albero veniva intagliato ricavandone così una figura femminile. Questa statua lignea veniva poi portata in città, conficcata nel terreno per quaranta notti di seguito e poi bruciata53. La corrispondenza figura femminile-albero è dunque in qualche modo attestata.

Tale possibile identificazione potrebbe risolvere il problema del posizionamento del mantello che vediamo essere dapprima indossato da Chtonia durante la cerimonia del suo matrimonio e poi avvolto intorno ad una quercia, disteso su una sorta di albero cosmico.

Per comprendere meglio la coesistenza di queste due versioni dobbiamo innanzitutto tener conto di una questione: è possibile che il vestimento di Chtonia equivalesse ad una trasformazione di una, per così dire, Terra grezza, in quella che conosciamo noi, con un suo ordine e le sue specifiche fattezze. Per questo motivo possiamo intuire che l’unione tra Zas e Chtonia potesse essere l’esposizione tramite mito di un concetto molto più ampio. La terra diventerebbe nient’altro che un atto razionale di creazione. Chtonia starebbe a rappresentare la struttura terrestre che sta alla base del mondo. La struttura stessa di questo mondo ferecideo potrebbe dunque aver avuto la forma di un albero in cui ogni parte di esso rappresentava una sezione del mondo.

L’esistenza di alberi cosmici nelle mitologie antiche non era particolarmente rara, anzi, in molte parti del mondo arcaico ed in molti testi sacri si parla proprio di uno o più alberi sacri che sembrerebbero ricordare la concezione di albero cosmico o albero mondo. Di questo argomento tratta Rita Caprini nel suo saggio Albero dei canti, albero del mondo. Qui approfondisce il tema a partire dal più ampio saggio Il mulino di Amleto ad opera di Giorgio de Santillana e Hertha von Dechend. La studiosa si concentra sulla mitologia svedese e più precisamente su di un carme mitologico degli Edda poetica. L’episodio su cui si sofferma tratta l’albero dei canti come albero del mondo. Odino scopre questi canti e tramite essi diventa il più sapiente di tutti. La Caprini identifica in questo albero l’albero del mondo e

53 All'interno del suo saggio Burkert dà un'interpretazione particolare a questo rito, collegandolo con la

tradizione riguardante gli hieroi gamoi. Si tratterebbe di corteo nuziale con rogo finale dell’altare e dei simulacri. Burkert, 2003, op. cit., p. 233-234

38 specifica che Presso la radice dei giganti -una delle tre radici dell’albero nella mitologia svedese- si trova la “fontana di Mimir” caratteristica del dio. Questo ricorda anche il passo ferecideo in cui la fonte dell’ambrosia sembrerebbe essere collocata proprio nei meandri dell’alber va anche aggiunto che, in un’altra testimonianza pervenutaci, questa viene collocata sulla luna. L’albero cosmico è individuabile oltre che nei carmi mitologici degli Edda sacri anche in teogonie e mitologie più o meno vicine alla nostra fonte primaria, e, come scrivono gli autori de Il mulino di Amleto, l’albero ferecideo non era l’unico albero cosmico identificato con una quercia, bensì viene citata anche la quercia che oscura il mondo nel Kaleval54. Infine anche all’interno della Bibbia si parla di alberi sacri, non si sa fino a che punto possano essere considerati alberi cosmici ma, come quello svedese, possono dispensare sapienza. È ovvio che non sia stata possibile una reciproca influenza tra questi popoli per quanto concerne tale particolare cosmogonico, ma è anche evidente che nella cultura religiosa e popolare umana arcaica non era raro trovare figure simili in una cosmogonia. E’ anche vero però che tra questi alberi non se ne trova nemmeno uno dotato di ali e questo ci pone alcune domande riguardo alla loro funzione effettiva all’interno del testo preso in considerazione. L’unica spiegazione plausibile è che servissero semplicemente a reggere la struttura della terra-albero per farla fluttuare all’interno dello spazio vuoto circostante.

A partire da Omero abbiamo la descrizione di un pino come alto fino al cielo;

δῶκε δ’ ἔπειτα σκέπαρνον ἐΰξοον· ἦρχε δ’ ὁδοῖο νήσου ἐπ’ ἐσχατιήν, ὅθι δένδρεα μακρὰ πεφύκει, κλήθρη τ’ αἴγειρός τ’, ἐλάτη τ’ ἦν οὐρανομήκης, αὖα πάλαι, περίκηλα, τά οἱ πλώοιεν ἐλαφρῶς.55

“Gli diede poi un’ascia ben levigata. Lo condusse per la via fino all’estremità dell’isola, dove erano alberi alti,

l’ontano e il pioppo e l’abete alto fino al cielo,

secchi da tempo, ben stagionati che restassero a galla leggeri”. Traduzione di Vincenzo di Benedetto

54 Poema epico scritto da da Elias Lönnrot basato sui canti popolari finlandesi, pubblicato a metà

dell'Ottocento. Il titolo viene tradotto come Terra di Kaleva, si riferisce ovviamente alla Finalndia.

39 in un verso esiodeo si legge di alcune radici della terra e del mare che crescono sopra al tartaro;

[…]αὐτὰρ ὕπερθε

γῆς ῥίζαι πεφύασι καὶ ἀτρυγέτοιο θαλάσσης.56

“[…] e di sopra

sorgono le radici della terra e del mare infecondo”. Traduzione di Graziano Arrighetti

Anassimandro, pensando la terra in una forma cilindrica, dipinse l’aria intorno alla terra sorretta da una sfera di fuoco “come la corteccia intorno ad un albero”;

φησὶ δὲ τὸ ἐκ τοῦ

ἀιδίου γόνιμον θερμοῦ τε καὶ ψυχροῦ κατὰ τὴν γένεσιν τοῦδε τοῦ κόσμου ἀπο- κριθῆναι καί τινα ἐκ τούτου φλογὸς σφαῖραν περιφυῆναι τῶι περὶ τὴν γῆν ἀέρι

ὡς τῶι δένδρωι φλοιόν57

“Dice che quel che dall’eterno produce caldo e freddo si separò alla nascita di questo mondo e che da esso una sfera di fuoco si distese intorno all’aria che avvolgeva la terra,

come corteccia intorno all’albero” Traduzione di Renato Laurenti

Schibli58 spiega queste tre citazioni nel modo seguente: che l’immagine che ci si prospetta è quella di un albero cosmico che tocca il cielo, il cui corpo è formato dalla terra e dal mare e che infine espande le sue radici fino al regno sotterraneo.

Reputo questi esempi essere mere analogie che per gli autori citati rappresenterebbero in un caso un modo per facilitare la visualizzazione di un’idea più astratta di mondo, e negli altri semplicemente delle pure e semplici immagini poetiche. Questo non toglie però che effettivamente l’immagine dell’albero ferecideo potrebbe essere servita allo stesso scopo: dare un’immagine concreta, seppur metaforica, della struttura e della composizione del mondo, diviso nei vari recessi, dal Tartaro ad Urano, passando per la terra come noi la

56 Hes. Th. 727-28; 57 DK 12A10

40 conosciamo che in questo caso circonderebbe parte dell’albero. Tutto ciò porterebbe ad una identificazione di Chtonia-Ge con l’albero stesso e risolverebbe la questione del perchè troviamo il pharos prima indossato da chtonia e poi da un albero alato. Chtonia in quanto struttura terrena, dea-dentro-la-terra, avrebbe l’aspetto di un albero cosmico e diventerebbe per gran parte Terra tramite l’opera creativa di Zas-Eros: un mondo dunque creato da una materia prima plasmata e governata da un terzo principio primordiale. Per il periodo in cui è stata prodotta questa cosmogonia, il pensiero filosofico che sta alla base di tutto questo è particolarmente avanzato e rende giustizia alla fortuna ed alla leggenda che si creò intorno al suo autore. Resta ancora una questione da sciogliere ovvero ἡ ὑπόπτερος δρῦς, l’albero è detto alato. Non esistono possibilità di comparazione con tale particolarissima immagine. La spiegazione più accreditata è che le ali servissero per poter far sì che il mondo si auto- reggesse all’interno dello spazio cosmico senza dover cercare ulteriori appoggi.