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La teogonia nell’Orfismo Alcuni cenn

III. Fortuna di Ferecide di Siro: influenza ed eredità di pensiero

III.1 La teogonia nell’Orfismo Alcuni cenn

Bisogna innanzitutto riconsiderare ciò che noi chiamiamo orfico; infatti la frammentarietà dei testi, delle tradizioni e dei reperti, che implicano un qualche collegamento implicito o esplicito alla figura di Orfeo ed alla sua tradizione, ci pongono di fronte a seri problemi di datazione e collocazione culturale. Anche su questo concorda West, sostenendo che “tutti i poemi e rituali “orfici” siano collegati l’uno all’altro, o che debbano essere interpretati come diverse manifestazioni di un singolo movimento religioso”62.

L’unico filo conduttore che ci obbliga a mettere insieme tutte queste opere letterarie è il nome di Orfeo ed un poema può essere dunque chiamato orfico solo nel caso di una diretta attribuzione a costui. La maggior parte di questi testi sono definiti come teogonie. La figura di Orfeo si trova immersa in un passato mitico popolato dai grandi eroi e dalle loro avventure. Nel mondo classico egli viene nominato assai di frequente ed esistevano molteplici varianti della sua storia.

Il filo rosso che le lega tutte è la principale caratteristica di Orfeo, ovvero la sua eccezionale dote di cantore. Si racconta innanzitutto che la fauna accorresse a sentirlo cantare e che

50 addirittura i fiumi, le rocce e gli alberi si muovessero per poter godere del suo canto63. Si dice che avesse partecipato alla missione argonautica e che salvò i suoi compagni dalla seduzione delle Sirene. La tradizione più celebre lo vede protagonista di una catabasi: nel tentativo di riportare alla vita la sua amata Euridice, Orfeo attraversa il mondo dei morti, riuscendo a commuovere le potenze infernali proprio grazie al suo canto ammaliante64.

Infine occorre anche citare il racconto più diffuso riguardo la sua morte: dopo che fu decapitato da un gruppo di donne tracie, la sua testa mozzata continuò a cantare65. West ritiene che la presenza di donne originarie della Tracia suggerisca l’idea che questa figura sciamanica sia entrata nella mitologia greca dalla saga tracia, non da quella micenea. Ai versi 516-522 del quarto libro delle Georgiche si racconta che:

"Nessun amore o nessun connubio piegò l’animo di Orfeo. Percorreva solitario i ghiacci iperborei e il nevoso Tanai

e le lande non mai prive delle brine rifee, gemendo la rapita Euridice e l’inutile dono di Dite.

Spregiate dalla sua fedeltà le donne dei Ciconi, fra i riti divini e notturne orge di Bacco, fatto a brani il giovane lo sparsero per i vasti campi”66

Traduzione di Luca Canali.

Ho definito Orfeo come figura sciamanica67 in quanto, secondo la leggenda, era dotato di abilità soprannaturali, come il poter raggiungere stati di estasi in cui lo spirito, distaccatosi

63 Eschilo, Ag. 1630, Euripide, Ba. 562.

64 Eur., Alc., 357-359, Platone, Symp. 179d. Prima di Virgilio la storia dei due amanti non è mai raccontata

per intero, anche se di Orfeo si parla in non pochi luoghi della letteratura antica ed è stato inoltre già raffigurato su vasellame datato intorno al V secolo a.C.

65 Platone Symp. 179d, Resp. 620. 66 Vir. Geor., IV, 516-522

Nulla Venus, non ulli animum flexere hymenaei: Solus Hyperboreas glacies Tnaimque nivalem Arvaquae Riphaeis numquam viduata pruinis Lustrabat, raptam Eurydicen atque inrita Ditis Dona querens; spretae Ciconm quo munere matres Inter sacra deum nocturnique orgia Bacchi

Discerptum latos iuvenem sparsere per agros.

67 Studiosi come E. R. Dodds, sostengono a chiare lettere l’interpretazione sciamanica di Orfeo, ma bisogna

tenere presente che l’uso della categoria di sciamano per personaggi come Orfeo e Pitagora è stato spesso contestato. Crescenzo Fiore (C. Fiore, Aspetti sciamanici di Orfeo, in Orfeo e l’orfismo: atti del seminario nazionale (Roma-Perugia 1985-1991, Roma, 1993, pp. 409-42) esprime infatti riserve a riguardo. Pur ammettendo che questo personaggio abbia effettivamente molto in comune con gli sciamani – l’arte di

51 dal corpo, avrebbe potuto viaggiare e affrontare avventure straordinarie. Lo sciamano inoltre può avere contatti con anime e spiriti68. West sostiene inoltre che “La fase iniziale dello sviluppo di una letteratura orfica consistè credo nell’attribuire ad Orfeo, come grande sciamano del passato, poemi di natura sciamanica oppure poemi composti in e per circoli religiosi i cui rituali contenevano elementi di origine sciamanica”. Lo studioso vede in Orfeo una natura e un’origine sciamanica, che fu solo in seguito razionalizzata e mitizzata dai Greci. Ma quando si iniziò ad usare il nome di Orfeo per dare autorità alle opere?

Per rispondere adeguatamente a questa domanda West tenta di far convergere tre linee di testimonianza, una delle quali ci interessa particolarmente ovvero quella che interseca le strade di Pitagora e dei testi Orfici. Secondo Ione di Chio69, Pitagora pubblicò alcune opere sotto il nome dello stesso Orfeo. D’altro canto Eraclito sostiene che “Pitagora, figlio di Mnesarco, fece esercizio d’avvertita osservazione assai più di tutti gli uomini, e con la selezione di questi scritti si procurò la sapienza propria: nozionismo, malo artificio”70. La

posizione del filosofo è però distante da quanto sostiene Ione; Eraclito, infatti, non arriva a sostenere un vero e proprio utilizzo di pseudonimo da parte di Pitagora.

Un ulteriore collegamento esplicito tra Pitagora e Orfeo ci è pervenuto grazie ad Epigene. Quest’ultimo è famoso in quanto sostenne che la Discesa nell’Ade e lo Hieros Logos fossero stati composti in verità da Cercope il Pitagorico e i Physica, un altro dei tanti titoli associati ad Orfeo, da Brontino. Allo stesso Brontino o a Zopiro di Eraclea fu attribuito da Epigene anche Il peplo, insieme con una menzionata La Rete71.

III.2 Punti di contatto tra alcune teogonie antiche e loro rapporto con la cosmogonia di