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La battaglia tra Chronos e Ophioneo

Fino ad ora abbiamo potuto osservare la narrazione circa la nascita del mondo come era dato conoscerlo, attraverso varie distinte fasi; ora invece ci soffermeremo su quei passi in cui è riportato il primo attacco all’ordine dell’universo. Come nelle altre teogonie e cosmogonie esiste difatti anche qui un antagonista, un personaggio sfidante che, nel tentativo di ottenere la supremazia, si ribella alle divinità preesistenti in un tentativo disperato. Questo particolare essere è un mostro che sembra avere un aspetto simile a quello di un serpente: il suo nome, Ofioneo è da riportarsi alla radice di ὄφις ovvero il “serpente”. Nelle tradizioni mitologiche del mondo arcaico relative alla creazione della vita nel mondo, non risulta una rarità imbattersi nella presenza di tale animale, basti pensare a quanto descritto nel Genesi circa la parte fondamentale che svolge la serpe malefica per la rovina dell’umanità, con le sue valenze simboliche di personificazione della tentazione e del principio del male.

Nello specifico Origene espone la battaglia tra Chronos e Ofioneo e racconta che vi erano due eserciti contrapposti con a capo rispettivamente le due divinità; spiega inoltre che la battaglia si sarebbe svolta nel seguente modo: coloro che fossero caduti nell’Oceano avrebbero perso la sfida e ai vincitori sarebbe stato dato in premio il cielo. Aggiunge inoltre che:

τούτου δὲ τοῦ βουλήματός

φησιν ἔχεσθαι καὶ τὰ περὶ τοὺς Τιτᾶνας καὶ Γίγαντας μυστήρια θεο- μαχεῖν ἀπαγγελλομένους, καὶ τὰ παρ’ Αἰγυπτίοις περὶ Τυφῶνος καὶ

41 παρὰ Φοινίκων δὲ καὶ Φ. λαβὼν τὰς ἀφορμὰς

ἐθεολόγησε περὶ τοῦ παρ’ αὐτῶι λεγομένου Ὀφιονέως θεοῦ καὶ τῶν Ὀφιονιδῶν. TERT. de coron. 7 Saturnum Ph. ante omnes refert coronatum, Iovem Diodorus [VI 4] post devictos Titanas59.

“Al disegno di costui si attengono sia i misteri riguardanti i Titani e i Giganti che annunciano la guerra contro gli dèi, sia, presso gli Egiziani, i misteri riguardanti Tifone,

Oro e Osiride. PHILO BYBL. Sanchuniath. ap. EUSEB. praep. evang. I 10,50 Anche Ferecide, prendendo spunto dai Fenici [cfr. 11A 11 e 7 A 2] teologizzò intorno a colui che egli chiama il dio Ofioneo e agli Ofionidi. TERTULL. de coron. 7 Ferecide riferisce

che prima di tutti fu incoronato Saturno, Diodoro [VI 4] invece Giove, dopo la vittoria sui Titani”.

Traduzione di Gabriele Giannantoni

Questo scontro tra una delle tre divinità primordiali ed un essere dall’aspetto mostruoso implica probabilmente una trasformazione di Chronos. Tale divinità è da considerarsi metamorfizzata come avviene anche per Zas e Chtonia; ci appare ora un dio alla greca, un dio quasi omerico che prende parte alle battaglie, che ha un carattere e un ruolo attivo particolarmente umanizzato, un guerriero ed un comandante di eserciti. La concezione di questo dio omerico è assai distante dalla iniziale presentazione di un Chronos divinità- concetto, quale ci aveva mostrato l’autore della cosmogonia. Da Chronos si passa a Kronos come da Chtonia si è arrivati a Gea e da Zas probabilmente a Zeus. Ma andiamo a considerare il passo sopracitato; è altamente probabile che parte o, addirittura, l’intera schiera di Ofioneo fosse composta dagli Ofionidi ma, a questo punto, ci domandiamo: chi erano questi Ofionidi di cui si parla? Sembra evidente che dovessero essere la stessa progenie del mostro serpente e questo implicherebbe l’esistenza di una compagna di costui di cui però non si dice mai niente. Ofioneo è stato associato in qualche modo a uno svariato numero di miti riguardanti battaglie divine come ad esempio quella con Tifone, o Tifeo. Tifone viene descritto da Esiodo come avente cento mani, cento piedi e cento teste serpentine; viene aggiunto che aveva la capacità di parlare emettendo i suoni tipici di tutte le specie. L’autore delle Opere e i Giorni prosegue raccontando come Zeus e

42 Tifone si scontrarono e che ogni luogo, dall’Olimpo al Tartaro tremò ai passi del mostro e che avanzando tutto incendiava. Giove si scagliò contro di lui saettando il suo potente fulmine e dopo averlo abbattuto lo gettò nella eterna prigione del Tartaro.820-880 Apollodoro (1, 6, 3) 1.40 lo descrive in tale modo:

ὡς δ’ ἐκράτησαν οἱ θεοὶ τῶν Γιγάντων, Γῆ μᾶλλον χολωθεῖσα μίγνυται Ταρτάρῳ, καὶ γεννᾷ Τυφῶνα ἐν Κιλικίᾳ, μεμιγμένην ἔχοντα φύσιν ἀνδρὸς καὶ θηρίου. οὗτος μὲν καὶ μεγέθει καὶ δυνάμει πάντων διήνεγκεν ὅσους ἐγέννησε Γῆ, ἦν δὲ αὐτῷ τὰ μὲν ἄχρι μηρῶν ἄπλε- τον μέγεθος ἀνδρόμορφον, ὥστε ὑπερέχειν μὲν πάντων τῶν ὀρῶν, ἡ δὲ κεφαλὴ πολλάκις καὶ τῶν ἄστρων ἔψαυε· χεῖρας δὲ εἶχε τὴν μὲν ἐπὶ τὴν ἑσπέραν ἐκτεινομένην τὴν δὲ ἐπὶ τὰς ἀνατολάς· ἐκ τούτων δὲ ἐξεῖχον ἑκατὸν (40.) κεφαλαὶ δρακόντων. τὰ δὲ ἀπὸ μηρῶν σπείρας εἶχεν ὑπερμεγέθεις ἐχιδνῶν, ὧν ὁλκοὶ πρὸς αὐτὴν ἐκτεινόμε- νοι κορυφὴν συριγμὸν πολὺν ἐξίεσαν. πᾶν δὲ αὐτοῦ τὸ σῶμα κατεπτέρωτο, αὐχμηραὶ δὲ ἐκ κεφαλῆς καὶ γε- νύων τρίχες ἐξηνέμωντο, πῦρ δὲ ἐδέρκετο τοῖς ὄμμασι.

“Quando gli dei ebbero vinto i Giganti, Gea, ancora più adirata, si unisce al Tartaro e, in Cilicia, partorisce Tifone che aveva natura mista, di uomo e di bestia. Per la statura e la forza, Tifone era superiore a tutti i figli di Gea; fino alle cosce la sua forma era di uomo,

ma di tale altezza da superare tutte le montagne; con la testa sfiorava spesso le stelle; se stendeva le braccia, con uno toccava l’Occidente, con l’altro l’Oriente; dalle braccia stesse emergevano le teste di cento serpenti, dalle cosce si dipartivano le spire di vipere

enormi che si estendevano fino alla testa, emettendo sibili acuti. Aveva ali su tutto il corpo, dei capelli sudici ondeggiavano sulla testa e sulle guance, gli occhi lanciavano

fiamme”.

Traduzione Maria Grazia Ciani

Nonno, gli scholia ad Eschilo e Platone, si narra che le sue teste non appartenevano a serpenti ma a vari animali diversi; questo potrebbe spiegare la versione esiodea di cui ho

43 parlato poco sopra secondo cui questo mostro terribile emetteva i suoni di animali diversi. La storia di Tifeo però si distanzia abbastanza da quella ferecidea in quanto, nella battaglia tra il Titano e gli dèi dell’olimpo, non erano implicati due schieramenti, bensì un solo grande mostro contro alcuni degli dèi. Uno degli elementi che ci porta a considerare connessi tra loro i due avvenimenti mitici è la presenza di una consorte di Tifeo che ha a che fare con lo stesso campo di azione di Ofioneo: Echidna. Questa unione è esposta all’interno della Teogonia di Esiodo (295-308), dove si descrive che egli si unisce in amore con Echidna, mostro metà fanciulla e metà terribile serpente, tramite la quale “concepì figli dal cuore violento”. I figli mostruosi di Echidna furono ad esempio Sfinge, Cerbero, Otro, la Chimera, l'Idra di Lerna e il leone di Nemea. Filone di Byblos si riferisce ad Ofioneo in Ferecide durante la sua discussione sulla natura divina di dragoni e serpenti tra i Fenici e gli Egiziani. La risorsa di Filone riguardo la traduzione fenicia era Sanchuniathon, un sacerdote fenicio che intorno all’undicesimo secolo a.C. scrisse dell’origine del mondo e degli Dèi.

Di interessante c’è da notare che, come scrive West, quando si racconta che lo

schieramento perdente sarebbe stato quello che fosse caduto in acqua, ciò ricorda un rito di origine spartana. Andando a vedere più nel dettaglio, il filologo60 cita la battaglia rituale degli Efebi a Sparta, istituita da Licurgo, nella quale i giovani spartani divisi in due fazioni avevano l’obiettivo di spingere gli avversari in un fossato. Si svolgeva in un luogo

accessibile da due ponti su cui si trovavano la statua di Eracle da una parte e quella di Licurgo dall’altra.

È evidente che la storia riflette i principali passaggi della sfida tra i due eserciti, West interpreta questo fatto sulla base dell’esistenza di aitia all’interno del testo ferecideo. Abbiamo visto precedentemente che effettivamente all’interno del matrimonio tra Zas e Chtonia è esplicitamente segnalato come l’atto di donare il mantello fosse poi diventato nomos per i greci; dunque una storia mitologica utilizzata per esplicare e dare inizio ad un culto, ad una tradizione pratica del mondo greco. Troviamo lo stesso meccanismo

utilizzato all’interno dello scontro divino, che ci porterebbe dunque a pensare ad un altro collegamento tra Ferecide e la città di Sparta, una spiegazione mitologica di una delle svariate battaglie rituali che esistevano all’epoca, l’aition di questo rito attraverso la storia di Ofioneo e Chronos.

44 Di battaglie divine all’interno della tradizione mitologica della grecia arcaica e classica, ne conosciamo svariate, ma in grandissima parte esse, compresa quella tra Tifeo e Zeus, sono decisamente diverse da quella che doveva essere descritta da Ferecide all’interno della sua cosmogonia. La battaglia contro i Titani e la battaglia contro Tifeo, come abbiamo detto, non implicavano due schieramenti veri e propri, ma piuttosto uno scontro tra singoli, più simili ad una sorta di duello piuttosto che ad uno scontro tra eserciti. Anche riguardo al tema della lotta per il potere o, più precisamente, la lotta per il Cielo, conosciamo altre versioni. Salta subito alla mente la detronizzazione di Urano da parte di Crono e, immediatamente dopo, di Crono da parte di Zeus, raccontata da Esiodo. Anche qui risalta spiccatamente la differenza con il racconto ferecideo. Crono prima, e Zeus più tardi, con la loro ribellione tentavano appunto di spodestare i loro padri per ottenere il potere con la forza e, allo stesso tempo, per salvarsi dalla furia infanticida dei loro generatori. Chronos in questo caso non viene assalito dalla furia di Zas né da quella di Chtonia, bensì da un mostruoso essere nato molto probabilmente durante la prima generazione (ovvero quella definita “dei cinque recessi”). Zas è al potere e Chronos sembra essergli suo pari poiché probabilmente è stato avvicinato alla tradizione che vedeva questa divinità presiedere l’Isola dei Beati, restando dunque slegato e distaccato dal resto del mondo, ma sempre presente all’interno di esso. L’equilibrio del mondo dunque non viene effettivamente ribaltato: la vittoria di Chronos porta a mantenerlo mentre, nei racconti della Teogonia, gli scontri tra Crono e Urano, Zeus e Crono sono evidentemente portatori di un nuovo ordine cosmico. L’unica vera e propria battaglia che sembrerebbe ricordare più da vicino lo scontro tra gli Ofionidi e Ofioneo da una parte e Chronos e il suo esercito (composto da chi, purtroppo non si può sapere), è la Gigantomachia. Riguardo ai Giganti Esiodo parla poco, limitandosi a notare che nacquero dalla Terra. La storia riguardante la Gigantomachia è nota grazie alle frequenti rappresentazioni artistiche, e grazie alla testimonianza di Apollodoro (I, 6,1). L’autore riporta che:

Pseudo–Apollodoro., Bibliotheca περὶ μὲν οὖν Δήμητρος ταῦτα λέγεται· Γῆ δὲ περὶ Τιτάνων ἀγανακτοῦσα γεννᾷ Γίγαντας ἐξ Οὐρανοῦ, μεγέθει μὲν σωμάτων ἀνυπερβλήτους, δυνάμει δὲ ἀκαταγωνίστους, οἳ φοβεροὶ μὲν ταῖς ὄψεσι κατεφαί- νοντο, καθειμένοι βαθεῖαν κόμην ἐκ κεφαλῆς καὶ γε-

45 νείων, εἶχον δὲ τὰς βάσεις φολίδας δρακόντων. ἐγέ- νοντο δέ, ὡς μέν τινες λέγουσιν, ἐν Φλέγραις, ὡς δὲ ἄλλοι, ἐν Παλλήνῃ. ἠκόντιζον δὲ εἰς οὐρανὸν πέτρας (35.) καὶ δρῦς ἡμμένας. διέφερον δὲ πάντων Πορφυρίων τε καὶ Ἀλκυονεύς, ὃς δὴ καὶ ἀθάνατος ἦν ἐν ᾗπερ ἐγεν- νήθη γῇ μαχόμενος. οὗτος δὲ καὶ τὰς Ἡλίου βόας ἐξ Ἐρυθείας ἤλασε. τοῖς δὲ θεοῖς λόγιον ἦν ὑπὸ θεῶν μὲν μηδένα τῶν Γιγάντων ἀπολέσθαι δύνασθαι, συμμαχοῦν- τος δὲ θνητοῦ τινος τελευτήσειν. αἰσθομένη δὲ Γῆ τοῦτο ἐζήτει φάρμακον, ἵνα μηδ’ ὑπὸ θνητοῦ δυνηθῶ- σιν ἀπολέσθαι. Ζεὺς δ’ ἀπειπὼν φαίνειν Ἠοῖ τε καὶ Σελήνῃ καὶ Ἡλίῳ τὸ μὲν φάρμακον αὐτὸς ἔτεμε φθά- σας, Ἡρακλέα δὲ σύμμαχον δι’ Ἀθηνᾶς ἐπεκαλέσατο. (36.) κἀκεῖνος πρῶτον μὲν ἐτόξευσεν Ἀλκυονέα· πίπτων δὲ ἐπὶ τῆς γῆς μᾶλλον ἀνεθάλπετο· Ἀθηνᾶς δὲ ὑποθεμένης ἔξω τῆς Παλλήνης εἵλκυσεν αὐτόν. κἀκεῖνος μὲν οὕτως ἐτε- λεύτα, Πορφυρίων δὲ Ἡρακλεῖ κατὰ τὴν μάχην ἐφώρμησε καὶ Ἥρᾳ. Ζεὺς δὲ αὐτῷ πόθον Ἥρας ἐνέβαλεν, ἥτις καὶ καταρρηγνύντος αὐτοῦ τοὺς πέπλους καὶ βιάζεσθαι θέλοντος βοηθοὺς ἐπεκαλεῖτο· καὶ Διὸς κεραυνώσαν- (37.) τος αὐτὸν Ἡρακλῆς τοξεύσας ἀπέκτεινε. τῶν δὲ λοιπῶν Ἀπόλλων μὲν Ἐφιάλτου τὸν ἀριστερὸν ἐτόξευσεν ὀφθαλ- μόν, Ἡρακλῆς δὲ τὸν δεξιόν· Εὔρυτον δὲ θυρσῷ Διό- νυσος ἔκτεινε, Κλυτίον δὲ δᾳσὶν Ἑκάτη, μᾶλλον δὲ Ἥφαιστος βαλὼν μύδροις. Ἀθηνᾶ δὲ Ἐγκελάδῳ φεύ- γοντι Σικελίαν ἐπέρριψε τὴν νῆσον, Πάλλαντος δὲ τὴν δορὰν ἐκτεμοῦσα ταύτῃ κατὰ τὴν μάχην τὸ ἴδιον ἐπέ- (38.) σκεπε σῶμα. Πολυβώτης δὲ διὰ τῆς θαλάσσης διωχθεὶς ὑπὸ τοῦ Ποσειδῶνος ἧκεν εἰς Κῶ· Ποσειδῶν δὲ τῆς νήσου μέρος ἀπορρήξας ἐπέρριψεν αὐτῷ, τὸ λεγόμενον Νίσυρον. Ἑρμῆς δὲ τὴν Ἄιδος κυνῆν ἔχων κατὰ τὴν μάχην Ἱππόλυτον ἀπέκτεινεν, Ἄρτεμις δὲ † Γρατίωνα, μοῖραι δ’ Ἄγριον καὶ Θόωνα χαλκέοις ῥοπάλοις μαχομέ- νους. τοὺς δὲ ἄλλους κεραυνοῖς Ζεὺς βαλὼν διέφθειρε·

46 πάντας δὲ Ἡρακλῆς ἀπολλυμένους ἐτόξευσεν.

Lo Pseudo Apollodoro espone la storia dei Giganti descrivendo la loro immensa potenza ed il loro terribile aspetto di serpe. Agli dei era stato profetizzato che nessuno dei Giganti sarebbe morto per mano di essi se non avessero preso con loro compartecipe del combattimento anche un mortale: così Zeus invitò alla lotta Eracle. Gli dèi ebbero la meglio grazie alla sua presenza e terminò la battaglia.

All’interno del passo tratto da Apollodoro sembrano essere visibili tracce di tradizioni multiple; secondo una versione vincevano i Giganti, secondo l’altra l’aiuto di Eracle segnò il tremendo destino di questi mostruosi esseri. Già in Pindaro però appare il semidio presente nella schiera olimpica. Come accennato in precedenza, la fama di questo racconto mitologico risulta evidente dalla numerosa presenza di rappresentazioni artistiche dedicate proprio alla Gigantomachia. Il più celebre monumento tra questi è ovviamente l’altare di Pergamo. Stranamente i Giganti, pur essendo descritti dall’aspetto in parte simile a un serpente, nelle raffigurazioni plastiche non presentano connotati dissimili da quelli degli umani; inoltre rappresentarli di forma più imponente non serviva a distinguerli dagli dèi ma nell’altare di Pergamo questo non avviene e anzi, sono proprio modellati come combattenti aventi il corpo serpentiforme Questo tipo del gigante a gambe serpentiformi viene inoltre chiamato “del Tifone”.

La Gigantomachia era dunque una vera e propria battaglia con da una parte un esercito di mostri serpentoidi e dall’altra le divinità olimpiche. Questo richiama alla mente proprio l’idea ferecidea di scontro tra Ofionidi (sempre legati grazie alla loro radice etimologica alla figura del serpente) e Chronos con il suo esercito probabilmente formato dalle divinità nate nelle prime due fasi di generazione.

L’esistenza di una sorta di guerra sembra implicitamente negata dalla valutazione aristotelica della cosmogonia di Ferecide all’interno del passo della Metafisica secondo cui:

Aristotele, Metafisica, N 4 1091b 8 [s. 1 B 9] ἐπεὶ οἵ γε μεμειγμένοι αὐτῶν

καὶ τῶι μὴ μυθικῶς ἅπαντα λέγειν οἷον Φ. καὶ ἕτεροί τινες τὸ γεννῆσαν πρῶτον ἄριστον τιθέασι καὶ οἱ Μάγοι.

47 Poiché quelli mescolati tra loro anche nel non dire tutto con un linguaggio mitico, come ferecide e alcuni altri, identificano il primo principio della generazione delle cose

col sommo bene, e così la pensano anche i Magi61.

è vero che in Ferecide il cosmo nasce da princìpi positivi, ma la battaglia che abbiamo analizzato non porta ad un capovolgimento negativo, non c’è uno scontro tra divinità, non esiste un vincitore malvagio che ribalta le sorti dell’umanità bensì, come abbiamo notato, in Ferecide i princìpi sono buoni dall’inizio e restano tali, senza scontrarsi tra di loro.

II.6 Riepilogo

Nel precedente capitolo abbiamo delineato e passato in rassegna, riassumendoli, i temi che dovevano essere esposti all’interno della cosmogonia ferecidea traendo le notizie dalle testimonianze pervenuteci e dal contenuto del papiro Grenfell-Hunt Ser. II n. 11 p.23. Mi sembra necessario ora, data la complessità delle argomentazioni e del dibattito sorto in materia, del quale ho cercato di riassumere le posizioni preminenti, fare il punto della situazione, prima di affrontare le problematiche proprie del pensiero pitagorico. L’opera di Ferecide, di cui non conosciamo l’estensione, doveva pertanto essere un trattato cosmogonico e dunque come prima cosa avrebbe trattato della nascita dell’universo, poi degli dèi ed infine sarebbe proseguita narrando la storia di essi, in maniera strutturalmente simile a quella usata da Esiodo nella sua Teogonia.

L’incipit lo abbiamo: l’opera si apre con la presenza di tre divinità eterne e preesistenti: Zas, Chtonia e Chronos. Chronos è il primo a dare vita ad un mutamento, tramite la sua opera ha inizio la prima generazione divina, chiamata dei cinque recessi. Seguirebbe il matrimonio di Zas e Chtonia con la donazione del mantello cosmico e la tramutazione di Chtonia (divinità che forse doveva avere l’aspetto di un albero alato) in Ge, la terra come noi la conosciamo, con una struttura interna particolare ma avvolta in una nuova superficie. Con ciò sarebbe avvenuta la seconda generazione divina, che forse avrebbe prodotto anche Ofioneo il quale, essendosi unito ad un non ben identificato personaggio

61 Ho portato alcune modifiche alla traduzione di Antonio Russo per essere più vicina possibile al testo, la

versione originale di Russo è la seguente: “e, infatti, quei pensatori che, come Ferecide e alcuni altri, pur mescolati tra i teologi, non si espressero in linguaggio esclusivamente mitico, identificano il primo principio della generazione delle cose col sommo bene, e così la pensano anche i Magi”.

48 mostruoso, avrebbe dato vita ad una prole numerosa e potente che avrebbe sfidato gli altri dèi in una tremenda battaglia.

Lo scontro avrebbe visto vincere le divinità olimpiche col mantenimento dell’ordine iniziale, come sembra risultare dal passo aristotelico. È presente però anche un altro dettaglio su cui non ci siamo soffermati, ma di cui parleremo nel prossimo capitolo, che concerne la presenza di un passo nel quale viene riferito che sulla luna sarebbe esistita una fonte di ambrosia per il nutrimento degli dèi:

PLUTARCH. de fac i. orb. lun. 24 p. 938 B

εἰ μὴ νὴ Δία φήσομεν, ὥσπερ ἡ Ἀθηνᾶ τῶι Ἀχιλλεῖ νέκταρός τι καὶ ἀμβροσίας ἐνέσταξε μὴ προσιεμένωι τροφήν, οὕτω τὴν σελήνην, Ἀθηνᾶν λεγομένην καὶ οὖσαν, τρέφειν τοὺς ἄνδρας ἀμβροσίαν ἀνιεῖσαν αὐτοῖς ἐφημέριον, ὡς Φερεκύδης ὁ παλαιὸς οἴεται σιτεῖσθαι τοὺς θεούς.

“A meno che noi non vogliamo dire, per Zeus, che come Atena istillò del nettare e dell’ambrosia ad Achille che non voleva prendere cibo, così la luna, che è detta ed è veramente Atena, nutra gli uomiini infondendo loro ambrosia ogni giorno, al modo in

cui il vecchio Ferecide ritiene che si nutrano gli dèi”. (Traduzione Gabriele Giannantoni)

Le fonti espongono non solo di questa luna che produce ambrosia ma anche del fenomeno della metempsicosi, e ciò fa pensare che forse questa sezione del suo trattato doveva essere connessa in qualche modo alle teorie sull’anima che è possibile possano dipendere dalla tradizione del pensiero pitagorico di cui parleremo nello specifico nel prossimo capitolo.