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Alcune riflessioni sulle categorie della libertà alla luce delle interpretazioni analizzate

Le categorie della libertà

4. Alcune riflessioni sulle categorie della libertà alla luce delle interpretazioni analizzate

Mi sembra necessario soffermarsi brevemente sulle interpretazioni delle categorie della libertà, prese in esame nel paragrafo precedente.

Innanzitutto, mi sembra necessario soffermarsi in particolar su quattro aspetti delle interpretazioni proposte, che non mi sembrano condivisibili: la lettura normativa delle categorie pratiche, l’attribuzione alle categorie della modalità di una funzione nel contesto solamente morale, il rischio di restrizione dell’ambito di applicazione di tutte le categorie al campo puramente morale, il loro venire interpretate solo in relazione al concetto di bene, escludendo il loro riferimento al concetto di male.

Non trovo assolutamente condivisibili le letture delle categorie pratiche, che tendono ad attribuire a quest’ultime una funzione in qualche modo normativa. Come si è visto, Beck afferma che le categorie della libertà, riferite alla legge

479 Ivi, p. 52. Trad. it.: «La conoscenza del bene morale derivante dai desideri, ordinati secondo

le categorie e messi in relazione con la legge morale, costituisce il punto culminante delle determinazione della volontà da raggiungere; mentre la trasformazione (secondo la tipica e con l’aiuto dei moventi), in base alle categorie ed alla conoscenza pratica di queste, di massime, scelte in questo modo, ne rappresenta il risultato. Se un essere dotato di ragione agisce realmente, anche una volta sola, esclusivamente in virtù della legge morale, allora la ragion pura pratica e la libertà vengono realizzate. Le categorie della libertà forniscono, in questo senso, il materiale conoscitivo pratico per questa trasformazione della ragion pura all’interno della sensibilità» [traduzione mia].

morale, diventano conoscenze di ciò, che deve (soll) essere, producendo un riconoscimento del dovere (Sollen), che è condizione necessaria dell’esistenza del dovere stesso e del bene in sé. Ancora più esplicita nell’attribuire una funzione normativa alle categorie della libertà è l’interpretazione di Pieper: attraverso le categorie pratiche il volere empirico viene, secondo questa lettura, qualificato come buono o malvagio e caricato di valenza normativa; esse fanno in modo che qualcosa venga riconosciuto come dovere ed obbligano la volontà empirica a sottomettersi alla legge morale. Per Stolzenberg, Kant chiama i concetti pratici a

priori conoscenze, che producono da sé la realtà, cui si riferiscono – intenzioni

della volontà (Willensgesinnungen) – poiché essi contengono una sorta di consapevolezza di ciò, che deve (soll) accadere per mezzo della volontà pura: le categorie pratiche sono, quindi, in ultima analisi, conoscenze pratiche di ciò, che deve accadere. Una certa funzione normativa viene attribuita alle categorie pratiche anche da Graband, la quale afferma che le categorie della libertà sono volte alla conoscenza pratica del bene e del male e producono così la conoscenza pratica, sotto la forma di possibili intenzioni della volontà (Willensgesinnungen), di ciò che deve essere attuato od evitato.

Come si è già ricordato anche a proposito di alcune interpretazioni degli oggetti della ragione pura pratica480, il senso ultimo dell’etica kantiana è rintracciabile nella ferma esclusione dalla determinazione morale di tutto ciò che è estraneo alla ragione pura: in ambito morale - solo ambito, in cui è possibile, secondo Kant, parlare di libertà – l’essere umano ha come unica fonte normativa per il proprio agire l’imperativo categorico, la legge morale. In questo contesto, come si è visto, il bene ed il male – oggetti della ragion pura pratica – non stanno ad indicare conoscenze pratiche di ciò, che deve essere compiuto od evitato, ma sono concetti, cui si giunge solo successivamente alla determinazione morale della volontà: sono, secondo le parole di Kant, conseguenze della libertà.481 Personalmente, sono dell’opinione che lo stesso debba valere anche per le categorie della libertà: quale che sia la loro funzione, essa non può consistere in

480 Vedi sopra pp. 102 sgg. 481 Vedi sopra pp. 105-108.

alcun tipo di indicazione o di conoscenza del dovere (Sollen) morale.

Per quanto riguarda l’interpretazione di Bobzien, mi pare innanzitutto poco convincente l’attribuzione della funzione, che ella definisce categoriale, in senso di determinazione teoretica, ai soli primi tre gruppi delle categorie della ragion pratica.482 Secondo quanto affermato da Kant, nella tavola delle categorie, la libertà è considerata come una causalità non empirica, ma certamente in vista del suo possibile effetto nel mondo sensibile, quindi in relazione all’azione in quanto fenomeno. La libertà, quindi, è riferita alle categorie della possibilità naturale dell’azione. Contemporaneamente, la tavola è, secondo quanto affermato da Kant, concepita in modo tale,

[...] dass doch jede Kategorie so allgemein genommen wird, dass der Bestimmungsgrund jener Kausalität auch außer der Sinnenwelt in der Freiheit als Eigenschaft eines intelligibelen Wesens genommen werden kann, bis die Kategorie der Modalität den Übergang von praktischen Prinzipien überhaupt zu denen der Sittlichkeit, aber nur problematisch einleiten, welche nachher durchs moralische Gesetz allererst dogmatisch dargestellt werden können.483

Dalle parole di Kant non si evince che le categorie della modalità si riferiscono esclusivamente alla moralità; esse, anzi, svolgono, anche se solo problematicamente, la funzione di passaggio dai principi condizionati empiricamente a quelli morali.484 I primi tre gruppi di categorie, invece, secondo Bobzien, rendono possibile l’applicazione del concetto negativo di libertà, cioè dell’indipendenza dall’empiria. Le categorie della modalità, d’altro canto, rendono possibile l’applicazione del concetto positivo di libertà, cioè: l’autonomia della volontà pura. A questo proposito, appare più che giustificata la critica mossa

482 Bobzien, Die Kategorien der Freiheit bei Kant, cit., pp. 209 sgg.. Una separazione netta tra

la funzione svolta dai primi tre gruppi di categorie e quella delle categorie della modalità viene proposta anche da Graband (cfr. C. Graband, op. cit., p. 50).

483 KpV, AA 05: 67.6-11. Trad. it.: «[…] che il fondamento di determinazione della sua

causalità può anche essere assunto al di fuori del mondo sensibile, nella libertà come proprietà di un essere intelligibile: finché le categorie della modalità non introducono il passaggio dai principi pratici in generale a quelli della moralità, anche se solo problematicamente. Essi, infatti, potranno essere esibiti dogmaticamente solo in seguito, mediante la legge morale» (I. Kant, Critica della

ragion pratica, cit., pp. 151-153).