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La deduzione della facoltà della libertà

2. Il concetto di “deduzione”

All’inizio del capitolo della Critica della ragion pura, dedicato alla deduzione dei concetti puri dell’intelletto, Kant spiega molto chiaramente cosa egli intenda con il termine “deduzione”:

Die Rechtslehrer, wenn sie von Befugnissen und Anmaßungen reden, unterscheiden in einem Rechtshandel die Frage über das, was Rechtens ist (quid iuris), von der, die die Thatsache angeht (quid facti), und indem sie von beiden Beweis fordern, so nennen sie den erstern, der die Befugniß oder auch den Rechtsanspruch darthun soll, die Deduction.272 Dieter Henrich273 mostra molto giustamente come “deduzione”, nella terminologia accademica del diciottesimo secolo, non sia solamente riferito all’ambito della logica, ma sia anche un termine giuridico274, che si riferisce alla

271 KpV, AA 05: 47.19-20. 272

KrV, AA 04: B116/A 84-86. Trad. it: «Quando parlano di facoltà e usurpazioni, i giuristi distinguono, in una controversa giuridica, la questione su ciò che è diritto (quid iuris) da quella che riguarda la fattispecie (quid facti), ed esigendo la dimostrazione di entrambi i punti, chiamano allora la prima prova – che deve mostrare la facoltà o anche la pretesa giuridica – la deduzione» (I. Kant, Critica della ragion pura, cit., p. 141).

273 D. Henrich, Die Deduktion des Sittengesetzes. Über die Gründe der Dunkelheit des letzten

Abschnittes von Kants »Grundlegung zur Metaphysik der Sitten«, in: Denken im Schatten des Nihilismus.Festschrift für Wilhelm Weischedel zum 70. Geburstag, a cura di A. Schwan,

Wissenschaftliche Buchgesellschaft, Darmstadt 1975, pp. 55-112. Si veda anche ID, Kant’s Notion

of a Deduction and the Methodological Background of the First Critique, in: Kant’s transcendental deductions. The three “Critiques” and the “Opus postumum”, a cura di E. Förster, Stanford

University Press, Stanford 1989, pp. 29-46.

274

ID, Kant’s Notion of a Deduction, cit., pp. 31-35. Il significato giuridico del termine “deduzione” viene messo brevemente in luce anche da Beck nel suo commentario della Critica

quaestio iuris rispetto al titolo giuridico di una proprietà. La quaestio iuris nasce

dal momento del conflitto di rivendicazioni (Ansprüche) diverse e si occupa di rintracciare l’origine del possedimento per verificarne la legittimità. Non si tratta, pertanto, di esaminare le condizioni fattuali, che hanno portato alla formazione (Entstehen) e allo sviluppo temporale della proprietà, quanto piuttosto di esaminare gli aspetti giuridici, in forza dei quali si è potuti e dovuti giungere al possesso. Questo esame sull’origine del possedimento viene intrapreso solo nella condizione di dubbio sulla legittimità del possesso stesso.275

La deduzione deve essere innanzitutto distinta, come giustamente mette in rilievo Henrich, da una derivazione logica276. Si tratta di ricondurre una conoscenza alla propria origine:

So ist also die Deduktion für einen Rechtsanspruch ebenso zwingend wie ein Beweis für einen Satz. Die Deduktion leistet, was auch der Beweis zu leisten hat: Durch beide wird von Sätzen dargetan, dass ihre Annahme unabweisbar ist277.

Il “dedurre”, perciò, si configura, secondo Henrich, come compito centrale dell’attività critica: la “Kritik” indaga le origini. Una volta chiarite le sue origini, la realtà (Wirklichkeit) di una regola o di una conoscenza è salda.278

Tuttavia, Henrich rileva come in Kant il significato di “deduzione” non sia

275 ID. Henrich, Die Deduktion des Sittengesetzes, cit., pp. 78-79. «Damit ist die quaestio juris

immer eine solche, die auf Rechtstitel des Besitzes, sei es von Sachen, von Leistungsansprüche und von Funktionen oder Privilegien geht». Ivi, p. 78.

ID, Kant’s Notion of a Deduction, cit., p. 35.

276 ID, Die Deduktion des Sittengesetzes, cit., pp. 78-79. Si veda a proposito anche M. Baum,

Deduktion und Beweis in Kants Traszendentalphilosophie : untersuchungen zur „Kritik der reinen Vernunft“, Athenaeum, Königstein, 1986, pp. 8 sgg.; pp. 52 sgg.; 181 sgg.

277 ID. Henrich, Die Deduktion des Sittengesetzes, cit., p. 79. «Così la deduzione è, nel caso di

una pretesa di legittimità, tanto vincolante quanto una dimostrazione nel caso di una proposizione. La deduzione fornisce ciò che anche la dimostrazione fornisce: attraverso entrambe si giunge a concludere che l’ammissione di determinate proposizioni non è rifiutabile». [Traduzione mia].

278 «Ist die Erkenntnis, deren Ursprung aufgewiesen wird, eine Erkenntnis a priori, so

interpretiert die Argumentationsform der Deduktion am deutlichsten das philosophische Programm, das Kant “Transzendentalphilosophie“ genannt hat. Die Transzendentalphilosophie klärt die Bedingungen der Möglichkeit einer Erkenntnis a priori in einer Weise auf, welche diese Erkenntnis zugleich rechtfertigt und ihr die Grenzen ihres Gebrauches bestimmt. Sie arbeitet mit „transzendentalen Deduktionen» (Ivi, p. 80).

univoco,279 ma sia possibile individuare modificazioni o varianti di deduzione.280 Le due principali sono quelle che Henrich chiama “deduzione forte (starke

Deduktion)” e “deduzione debole (schwache Deduktion)”. Di quest’ultima egli

individua ulteriori varianti: 281

La “deduzione forte” deriva i principi (Prinzipien) della conoscenza dalle loro origini nella ragione, senza che questi principi e conoscenze siano prima della deduzione in una qualche forma credibili (glaubhaft). Essa è fondata sulla sola critica del soggetto.282

• La “deduzione debole” parte da una conoscenza data, che si ritiene già conosciuta ed indiscussa, ne presenta l’origine nella ragione e ne deriva così, attraverso la prova documentata della sua origine, la legittimazione.283 Essa deve riferirsi ad un qualche presupposto (Vorsaussetzung).284 Secondo Henrich sono rintracciabili differenti varianti di “schwache Deduktion”, tra le principali:

• le deduzioni, che semplicemente spiegano ciò che è già presupposto come valido;285

• le deduzioni, che legittimano.286

Per Henrich, la terminologia giuridica, usata da Kant, pur non essendo da

279 Henrich analizza il senso, in cui Kant usa il termine “deduzione” nei Prolegomeni: gli

argomenti, che individuano l’origine di conoscenze, già accettate come valide, vengono qui parimenti chiamati da Kant “deduzione”. In questa accezione, secondo Henrich, la deduzione non può più essere descritta come “Legitimation der Anmaßung” (definizione fornita in KU AA 06: 279.9), ma rende solo comprensibile ciò di cui non si ha dubbio: in questo modo assicura dall’abuso e permette il chiarimento delle origini di conoscenze nella loro intera connessione. Attraverso la scoperta di questa connessione vengono anche giustificati altri principi, diversi da quelli, che sono già indubitati (Ivi, p. 81).

280 Henrich ritiene utile analizzare i due tipi di deduzione, per verificare se la deduzione nella

filosofia pratica possa essere ricondotta ad uno di questi tipi (Ivi, pp. 80-81).

281 «Jede Deduktion aber, ob sie nun die deduzierte Erkenntnis verteidigt [starke Deduktion, F.

B.] oder ob sie, wie in den Prolegomena, deren Ursprung nur um der Verteidigung anderer Erkenntnisse willen sucht, muss zum deduzierten Prinzip auf einer Untersuchung der inneren Konstitution der Vernunft überleiten. Diese Untersuchungsweise definiert den Kantischen Wortsinn von “Deduzieren”» (Ivi, p. 82).

282 Ivi, p. 109. 283 Ivi, p. 82. 284 Ivi, p. 109. 285

Ibid.

286 Solo questo tipo di deduzione è di interesse, secondo Henrich, nella fondazione dell’etica.

liquidare come espressione di una retorica barocca, fa parte solo di una metafora o al più di un’analogia formale.287

Per Reinhard Brandt, invece, essa sta ad indicare molto di più.

Die gesamte kritische Philosophie ist […] eine Urteilshandlungsphilosophie, und zwar nicht jedes beliebigen oder auch symptomatischen Urteils (das gehört in die Anthropologie oder physische Geographie), sondern der Behauptung der Notwendigkeit (gegen den Empirismus) nicht-analytischer (gegen den Rationalismus) Urteile des Verstandes, der Urteilskraft und der reinen praktischen Vernunft. In allen drei Kritiken wird die Frage verhandelt: „Wie sind synthetische Urteile a priori möglich?“.288

La “Kritik” è, secondo Brandt, il procedimento giuridico, attraverso il quale, secondo determinate regole, viene dato un esito nei confronti di pretese di validità, non, però, di affermazioni riguardanti bagattelle quotidiane, né di giudizi logici di conoscenza, ma di necessari giudizi sintetici di conoscenza: «Menschliche Erkenntnis, so lautet die These der KrV, gibt es nur unter der Bedingung ihrer institutionalisierten Rechtfertigung».289

Nonostante le differenti letture del valore del procedimento giuridico della

287 Ivi, pp. 78-79.

288 R. Brandt, Die Bestimmung des Menschen bei Kant, cit., p. 276. «L’intera filosofia critica è

[...] una filosofia dell’azione di giudizio, non, però, di qualunque arbitrario o anche sintomatico giudizio (ciò è compito dell’antropologia o della geografia fisica), ma della affermazione della necessità (contro l’empirismo) di giudizi non-analitici (contro il razionalismo) dell’intelletto, della forza di giudizio e della ragion pura pratica. In tutte e tre le Critiche viene dibattuta la questione: “Come sono possibili giudizi sintetici a priori?”» [Traduzione mia].

289 Ivi, p. 277. «C’è conoscenza umana, questa è la tesi della Critica della ragion pura, solo

sotto la condizione di una giustificazione istituzionalizzata». [Traduzione mia].

Secondo la lettura della Critica della ragion pura, fornita da Brandt, Kant presenterebbe con la prima critica una controproposta alla Politeia di Platone: uno stato repubblicano del mondo della conoscenza (ein republikanischer Erkenntnis-Welt-Staat), nel quale la legislazione e la giurisdizione producono, attraverso la conciliazione dei conflitti ed il riconoscimento delle pretese di possedimento, uno stato di pace (Friedenzustand). In questo stato repubblicano viene tenuto conto dell’interesse della ragione di ciascuno e ciascuno può presentare e difendere pubblicamente la propria opinione. I giurati del tribunale, liberi cittadini, sono chiamati a prendere posizione, sulla base della costituzione della ragione (Vernunftverfassung), nei confronti delle pretese avanzate ed a pronunciare la loro sentenza. Politicamente libero è solamente colui, che è attivo all’interno del diritto privato, attraverso un possesso esteriore (oppure in quanto funzionario pubblico); «deswegen geht die Deduktion des Erkenntniserwerbs dem Geschworenengericht der Dialektik voran» (Ivi, p. 279). «Die Ethik, die mit ihrer eigenen Gesetzgebung die drei Themen der metaphysica specialis durch ihre Postulate besetzt, ist Sache nicht des Staats, sondern des kosmopolitischen Menschen» (Ivi, p. 280).

deduzione, che sia semplicemente metaforico, come sostenuto da Henrich, oppure essenziale e fondativo, come affermato da Brandt, mi pare sia possibile, da quanto esposto sul concetto di deduzione in Kant, indicare schematicamente cinque elementi, che indicano l’aver luogo del procedimento deduttivo:

• l’utilizzo di un vocabolario giuridico (“Anmassungen”, “anmassen”, “Anspruch”, “Befugniss”, “befugt”, “recht”, “rechtmässig”);

• la presenza di una situazione di conflitto tra diverse pretese e rivendicazioni a proposito di un concetto o di una conoscenza;

• l’intento di accertare la legittimità dell’utilizzo di concetto o della conoscenza in questione;

• il chiarimento dell’origine del concetto o della conoscenza in questione;

• la dichiarazione della legittimità del concetto o della conoscenza a conclusione dell’argomentazione.

Mia intenzione è mostrare che questi cinque elementi siano rintracciabili nel paragrafo dell’“Analitica della ragion pura pratica”, dedicato all’ampliamento della ragion pura nel suo uso pratico, dove, a mio avviso, Kant fornisce la deduzione del concetto di libertà come causalità sovraempirica.

3. Alcune letture della mancata deduzione del principio morale e del ricorso