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Alcuni dati sull’impatto del sistema industriale

3 – L’uomo Planetario

3.1 Alcuni dati sull’impatto del sistema industriale

La parte più tecnica, più noiosa.

Riporto di seguito alcuni dati sull‟impatto che il mostro a due teste ha avuto sull‟ambiente. Lo scopo è quello di mettere la presenza di fronte i rischi concreti che derivano dalla “cosizzazione”, dalla mercificazione della natura, vista come una proprietà; dalla miope predisposizione, tipicamente tecnico-capitalistica, a raggiungere il profitto senza remora alcuna; dall‟egoismo/individualismo che caratterizza, nel complesso, la nostra società. L‟avvertimento è che un sempre più spropositato sfruttamento dell‟energia va contro la seconda legge della termodinamica, quella dell‟entropia. Il risultato potrebbe essere apocalittico.

L‟Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) è il massimo ente per la valutazione dei cambiamenti, istituito nel 1988 dall‟United Nations Environment Programme (UNEP) e la World Metereological Organization (WMO), per fornire al mondo una chiara visione scientifica al corrente stato di conoscenza riguardo i cambiamenti climatici e i suoi potenziali impatti ambientali e socio economici.

Nel 2007 l‟organismo ha reso noti i risultati del suo quarto lavoro. Entro l‟ottobre di quest‟anno si attendono i nuovi.

La conclusione a cui miglia di scienziati provenienti da più di 130 nazioni sono pervenuti è allarmante: il riscaldamento globale indotto dalle attività umane influenza il clima e la chimica della terra, insidiando le specie e gli ecosistemi da cui dipende la nostra sopravvivenza. Vediamo nel dettaglio:

- La concentrazione globale di biossido di carbonio, CO2, il più famoso gas serra, nell‟atmosfera è passata da 280 parti per milione, livello a cui si trovava nell‟età preindustriale, a 379 ppm nel 2005. Questa cifra supera di gran lunga la banda naturale di oscillazione rilevata negli ultimi 650.000 anni stabilita esaminando i ghiacci profondi;

- La concentrazione nell‟atmosfera di protossido di azoto (N2O), è aumentata dal valore preindustriale di 270 parti per miliardo (ppb) a 319 ppb nel 2005. Questo gas ha un effetto, in termini di riscaldamento globale, trecento volte superiore a quello del CO2; - La concentrazione atmosferica globale di metano, altro gas serra

ventitré volte più potente del CO2, è aumentata rispetto al valore preindustriale di 715 ppb a 1774 ppb nel 2005; ciò supera di gran lunga la banda di oscillazione degli ultimi 6500.000 anni.

Questi tre gas serra sono sempre più diffusi nell‟atmosfera terrestre e stanno intrappolando il calore creato dalla radiazione solare che colpisce

la crosta terrestre, impedendogli di disperdersi nello spazio; in tal modo l‟atmosfera terrestre si sta riscaldando molto rapidamente. Il riscaldamento globale è il risultato della rivoluzione industriale.

L‟IPCC stima inoltre che un aumento della temperatura media compreso fra 1,5 e 3,5 gradi in meno di cento anni possa comportare l‟estinzione di una quota compresa fra il 20% e il 70% delle specie viventi attualmente conosciute120.

Supposto che in 3,8 miliardi di anni di esistenza di forme di vita sulla terra ci sono state cinque ondate di estinzioni biologiche di massa e tra l‟una e l‟altra ci sono voluti 10 milioni di anni per recuperare la biodiversità perduta, le conseguenze sono potenzialmente disastrose per il futuro della civiltà umana e degli ecosistemi terrestri.

Il regime energetico utilizzato fin ora, con tutte le deficienze che comporta, ha superato di gran lunga i benefici potenziali cui un tempo portava; ogni nazione e ogni settore produttivo di ciò devono tener conto e devono interrogarsi sul modo in cui è possibile avviare un‟economia globale sostenibile.

120 UN Intergovernmental Panel on Climate Change (a cura di), Climate change

2007: the physical science basis: summary for policy makers: contribution of working group I to the fourth assessment report of the Intergovernmental Panel Control Climate Change, www.ippcc.ch

Si stima già che il sempre più diffuso degrado ecologico sta provocando un‟inconsueta migrazione umana: i cosiddetti “profughi ambientali”, che fuggono in cerca di cibo e acqua sono circa 25 milioni e ci si aspetta che diventino 200 milioni entro la metà del secolo121. Proprio il cambiamento sul ciclo dell‟acqua è l‟effetto più drasticamente importante che il cambiamento climatico comporti, e questo, a sua volta, conduce alla massiccia distruzione degli ecosistemi terrestri.

L‟aumento di temperatura terrestre fa aumentare l‟evaporazione; per ogni grado celsius di aumento della temperatura, aumenta del 7% la capacità dell‟atmosfera di trattenere umidità. Questa influenza la durata, la quantità, la frequenza, il tipo e l‟intensità delle precipitazioni. L‟effetto più importante è l‟aumento dell‟intensità delle precipitazioni a fronte di una diminuzione della durata e della frequenza: ciò genera alluvioni o tornado o uragani più forti e siccità più prolungate. Ne abbiamo avuto prova con le cosiddette “bombe d‟acqua” anche a Pisa di recente. Diversi scienziati hanno dimostrato che il numero degli uragani di categorie 4 e 5 è raddoppiato negli ultimi 40 anni.

Si stima che il costo degli uragani Katrina, Gustav, Rita e Ike superi i 100 miliardi di dollari.

121 McCarthy M., “Climate Change, Will cause refugee crisis”, in The indipendent

Dalla prima rivoluzione industriale l‟uomo non ha fatto altro che bruciare carbone, gas naturale e petrolio allo scopo di produrre energia e materiali. Questa energia satura si è accumulata nell‟atmosfera e ha cominciato inesorabilmente a influenzare, come abbiamo visto, il clima del pianeta e molti ecosistemi.

Questo rapporto si conclude con un appello urgente: in meno di 10 anni, quindi entro e non oltre il 2017, l‟umanità deve ridurre le emissioni di gas serra, pena effetti catastrofici per l‟umanità e la terra intera.

"Centinaia di migliaia di varietà della specie umana – avverte L. Mumford - sono già scomparse a causa dello sviluppo della civiltà; migliaia di altre da Nord a Sud, dagli inuit e dai lapponi delle steppe ghiacciate del Gran Nord ai tuareg dei deserti bruciati nel Sahara, passando per gli yanmami del Roraïma e altri indiani dei tropici sono minacciate di genocidio, o almeno di etnocidio dalla civiltà dello sviluppo. La crisi ecologica generata dalla crescita economica e dallo sviluppo costituisce una minaccia per i popoli".122 E i dati ce lo

dimostrano.

122 Mumford L., (1969), p. 102

Il noto sito americano Treehugger, che si occupa di sostenibilità ambientale, afferma che sette i principali disastri ambientali che la terra ha dovuto subire dall'uomo ed è curioso notare come dietro tutti ci sia la mano dell‟economia, il volto dell‟industria, la sporca e noncurante coscienza capitalistica:

1) La guerra

I conflitti a fuoco sono la principale causa, anche indirettamente, di tante catastrofi; dalla devastazione operata da armi nucleari o una pratica antica come spargere sale sulla terra dei nemici sconfitti, oppure

alle sostanze chimiche che ci lasciano in eredità alcuni tipi di armi, la guerra è per sua stessa natura distruttiva. Ciò che rimane nell‟aria, le scorie, sono causa di malattie e malformazioni nell‟uomo, e soprattutto contaminano per decenni l'ambiente sbilanciando il suo eco-sistema naturale.

2) Bhopal

Nella contea di Mavda Pradesh in India, il 3 dicembre 1984, ebbe inizio una fuga di pesticidi (quaranta tonnellate di una miscela di gas letali) da una fabbrica.123 I morti stimati furono circa 4.000, deceduti in seguito ad

123 Alcuni studi hanno suggerito insufficienze gravi nelle misure di sicurezza presso l'impianto, compresa la mancanza di valvole di sicurezza per evitare la miscelazione di acqua nelle cisterne, di isocianato e di metile, cosa che ha contribuito

una "nebbia mortale" che abbracciò tutta la zona. Più di 50.000 furono, invece, i contaminati che subirono dei gravissimi danni come la cecità, insufficienza renale e malesseri permanenti degli apparati interni.124 3) Cernobyl

Il 26 aprile 1986 una reazione nucleare che si incendiò fino ad esplodere diffondendosi ben 400 volte in maniera maggiore rispetto alla quantità di radiazioni della bomba di Hiroshima. Gli stati più colpiti furono

Bielorussia e Ucraina, mentre la nube tossica si spinse addirittura fino in Irlanda. I danni ammontarono a 56 morti e oltre 4.000 casi di cancro nel corso del tempo. Oggi fino a 30 chilometri dalla zona non vi è più nulla e l'area è totalmente disabitata. Intorno alla centrale nucleare di Cernobyl grandi quantità di materiale nucleare sono invece rimasti in "sarcofaghi" in decomposizione continuando ad incitare preoccupazione alla

popolazione limitrofa125.

prepotentemente alla diffusione del gas tossico. Inoltre, i depuratori per trattare la fuga di gas a quanto pare erano fuori servizio per riparazioni.

124 Gli attivisti hanno stimato che nel corso degli anni i morti causati indirettamente dall'incidente chimico furono quasi 20.000.

125 Il disastro di Cernobyl ha raggiunto il settimo grado della scala INES (la scala internazionale degli eventi nucleari e radiologici), il maggiore. La stessa entità ha raggiunto, ma è stata così classificata frettolosamente, il disastro di Fukushima in Giappone nel luglio 2011 a seguito del maremoto-terremoto di Tohuku. A quanto dicono le autorità giapponesi, la contaminazione ambientale è pari a un decimo di quello di Cernobyl (con la differenza però che questi reattori sono stati contenuti

4) Seveso

E' il 10 luglio 1976 quando una nube di tetraclorodibenzoparadiossina (TCDD) viene rilasciata da una nota fabbrica di pesticidi.

Circa 37.000 persone furono esposte ai livelli più alti mai registrati di diossina. La zona circostante venne quasi completamente attraversata da una serie di sostanze ritenute tossiche e cancerogene, anche in micro- dosi. Oltre 600 persone vennero obbligate ad evacuare e altre diverse migliaia subirono l'avvelenamento da diossina, evidenziando soprattutto gravi casi di cloracne. Più di 80.000 animali furono macellati per evitare che le tossine potessero entrare nella catena alimentare126.

5) La petrolifera Exxon Valdez.

Il 24 marzo 1989 questa si arenò su Prince William Sound's Bligh Reef, versando 40,9 milioni di litri di petrolio greggio sulla costa asiatica prossima all'Alaska. La National Oceanic and Atmospheric

Administration ha stimato che oltre 26.000 litri di olio aderiscono tuttora ai fondali oceanici127.

in un muro di cemento).

126 L'incidente è ancora in fase di studio e i dati sulle esposizioni della diossina non sono ancora perfettamente decifrabili.

127 Da questo incidente, il regolamento dei trasporti marittimi mutò: le società di tutto il mondo sono tenute ad adottare una nuova tecnologia, molto più sicura, a doppio scafo. Ma non è mai abbastanza: la petroliera Prestige affondando al largo alle coste spagnole il 19 novembre 2002 con un carico di 77.000 tonnellate

6) Il Love Canal.

Opera mai portata a compimento, concepita come fonte di energia idroelettrica, situata nei pressi delle cascate del Niagara, non essendo mai andata in porto, però, è stata riadattata come enorme discarica di rifiuti. Fu, infatti, per circa un decennio teatro di stoccaggio di 21.000 tonnellate di prodotti e rifiuti chimici, compresi clorurati e diossine, da parte dell'azienda americana Hooker Chemicals and Plastics.

7) Great Pacific Garbage Patch

A questo nome corrisponde un vortice marino ad altissima intensità promulgatore di inquinamento e capace di attirare rifiuti e spazzatura. Questo singolare fenomeno galleggia e sta galleggiando nei mari del Pacifico al sud di Giappone e Hawaii.

8) Mississippi Dead Zone

di petrolio, provocò un'immensa marea nera che colpì la vasta zona compresa tra il nord del Portogallo fino alle Landes, in Francia, causando un notevole impatto ambientale alla costa galiziana. Come non ricordare inoltre il disastro ambientale provocato della piattaforma petrolifera Deepwater Horizon, nel Golfo del Messico; uno sversamento massiccio di petrolio in seguito a un incidente riguardante il Pozzo Macondo, posto a oltre 1.500 m di profondità, iniziato il 20 aprile 2010 e terminato 106 giorni più tardi, il 4 agosto 2010. È il disastro ambientale più grave della storia americana, avendo superato di oltre dieci volte per entità quello della

Uno studio dell'università di Santa Barbara rilevò che il delta del Mississippi era il più sporco del mondo (peggiore di quello del Gange e del Mekong). Conseguentemente molte aziende defluirono in altre zone facendo nascere, appunto, una vera e propria zona morta ai piedi del fiume più grande d'America.128

Questi dunque gli incidenti che, più di tutti, hanno inquinato in maniera massiccia l‟ambiente e i cui danni, ancora, non si possono esattamente calcolare.

La situazione nel nostro Paese è altrettanto critica a livello di danni ambientali. Abbiamo già visto Seveso. A ciò vorrei aggiungere che, ad esempio, abbiamo perso negli ultimi venti anni il quindici per cento delle campagne per effetto della cementificazione e dell'abbandono provocati da un modello di sviluppo sbagliato che ha ridotto di 2,15 milioni di ettari la terra coltivata. Ogni giorno viene sottratta terra agricola per un equivalente di 288 ettari con il risultato che in Italia oltre 5 milioni di cittadini si trovano in zone esposte al pericolo di frane e alluvioni che riguardano ben il 9,8 per cento dell'intero territorio nazionale.

128 http://www.treehugger.com/natural-sciences/8-worst-man-made-environmental- disasters-of-all-time.html#14011325386291&action=collapse_widget&id=8926940

Questo l'allarme lanciato dalla Coldiretti in occasione dell'Earth day che si celebra il 22 aprile in tutto il mondo. Giornata che quest'anno affronta il tema delle ''green cities''.129

Siamo arrivati ad un punto critico. I dati forniti hanno lo scopo di dimostrare che se non ci si risveglia dal torpore indotto dall‟adesione acritica dell‟uomo con il cieco sviluppo capitalistico; se non si cerca di cambiare visione, di passare dalla cultura dall‟avere a quella all‟essere, le conseguenze saranno apocalittiche.

L‟Europa sta già muovendosi. Si è prefissata l‟obiettivo di ridurre le emissioni di gas serra almeno del 20% al 2020; portare al 20 % la quota di energie rinnovabili nel suo mix energetico; raggiungere un‟efficienza energetica del 20 % entro il 2020. Inoltre, l‟UE deve prepararsi ad

abbattere le proprie emissioni interne di gas serra del 40% entro il 2030 e dell‟80 % entro il 2050.130

Secondo i dati di Legambiente, nel nostro Paese sono più di 700mila gli impianti rinnovabili presenti in tutti i Comuni, e che generano il 32,9% dell‟energia consumata in tutto lo Stivale. È aumentata la diffusione per

129 http://www.repubblica.it/ambiente/2014/04/21/news/earth_day- 84135313/?ref=HREC1-5

130http://europa.eu/legislation_summaries/employment_and_social_policy/eu2020/e m0045_it.htm

tutte le fonti – dal solare fotovoltaico a quello termico, dall‟idroelettrico alla geotermia, agli impianti a biomasse e biogas integrati con reti di teleriscaldamento e pompe di calore – e sono diffusi nel 100% dei comuni d‟Italia.

Nel 2006, i Comuni che avevano almeno un impianto rinnovabile erano 356, ma nel 2013 sono passati a 7.937. Nello specifico, secondo il rapporto Legambiente, sono oggi 2.629 i Comuni italiani autonomi in materia di consumi energetici e 79 rispetto a quelli termici delle

famiglie, tramite la generazione di elettricità proveniente da fonti pulite. I Comuni completamente rinnovabili sono 29, un esempio di

innovazione energetica e ambientale131.

131 I Comuni del solare sono 8.054, in aumento rispetto ai 7.937 dell‟anno scorso, mentre sono 628 Comuni dell‟eolico. Cresce anche la potenza installata (8.650 MW), con 450 MW in più rispetto al 2012.

Legambiente continua affermando che sono 1.123 i Comuni del mini idroelettrico, che vantano una potenza totale installata di 1.323 MW in grado di generare su base annua oltre 5,2 TWh. I Comuni della geotermia sono 372, e durante l‟anno scorso hanno prodotto circa 5,3 TWh e soddisfatto le necessità in materia di energia elettrica di oltre 1,9 milioni di famiglie. Infine, l‟associazione ambientalista menziona anche i Comuni delle bioenergie che sono 1.529, con una produzione totale di 12 TWh durante l‟anno scorso.

Gli impianti da fonti rinnovabili hanno prodotto complessivamente 14,8 TWh nel 2013, che si traduce nel fabbisogno elettrico di oltre 5,5 milioni di famiglie italiane.132

Questo denota un risveglio delle coscienze; la consapevolezza del rischio a cui andiamo incontro si sta trasformando in azione.

Occorre modificare i paradigmi che hanno caratterizzato la società industriale, ovvero l‟irragionevole sfruttamento delle risorse sia

ambientali che umane, la cultura dell‟avere e possedere sempre più, linfa vitale, questa, del sistema capitalistico.

La bramosia di possesso che non tiene conto di tutto quello che sacrifica per ottenere ciò che vuole deve lasciare il posto ad una cultura

dell‟essere, ad un principio di responsabilità verso il pianeta. Deve lasciare il posto insomma all‟uomo planetario.

Urge un cambiamento antropologico, pena, la completa distruzione del genere umano.

132 http://www.bionotizie.com/green-economy/comuni-rinnovabili-in-aumento-i- dati-legambiente/

3.2 Il principio di responsabilità e la cultura dell’essere