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1. CARCINOMA DEL COLON RETTO (CRC)

1.7 Trattamento Carcinoma del Colon Retto

1.7.3 Algoritmo terapeutico

La scelta di una accurata terapia da poter somministrare al paziente affetto da mCRC appare molto complessa e di cruciale importanza data la grande quantità di farmaci a disposizione. La possibilità di portare avanti un approccio di tipo intensivo, se perseguibile sulla base della clinica del paziente, permette di andare a ritardare la progressione tumorale, di controllare i sintomi della malattia e di raggiungere, in alcuni casi e se opportunamente integrato con interventi di carattere locoregionale, anche la completa guarigione che non dovrebbe mai essere esclusa a priori in un setting metastatico.

Mentre nel passato la scelta relativa al trattamento più adeguato al paziente era fondamentalmente basata sulle caratteristiche cliniche del soggetto andando a enfatizzare l’importanza dello stato di salute generale del paziente come condizione determinante la scelta dell’intensità del trattamento, recentemente sono emersi una serie di dati relativi alla rilevanza che la sede del tumore primitivo ricopre in termini sia di fattore prognostico sia predittivo di un trattamento con anti-EGFR.

Infatti, i soggetti con neoplasia a localizzazione primitiva nel colon destro (dal cieco fino ai 2/3 prossimali del colon trasverso) sembrano avere una prognosi nettamente sfavorevole rispetto i pazienti con diagnosi di tumori a localizzazione primitiva nel colon sinistro (dal terzo distale del colon trasverso in poi). Questo dato è stato quindi di fondamentale importanza nel dimostrare come la localizzazione del tumore primitivo fosse un fattore di stratificazione del rischio fondamentale nella definizione de trials clinici. Inoltre, è stato visto come non esiste alcuna interazione tra localizzazione del tumore primitivo e trattamento antiangiogenico, a differenza di quello che è stato osservato nei trattamenti a base di anti-EGFR.206,207

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A questo proposito, sono state riportate le analisi di sottogruppo di sei studi internazionali randomizzati e controllati, condotti su ampie coorti di pazienti affetti da mCRC e RAS wild-type i cui risultati hanno mostrato chiare differenze in termini di efficacia della terapia anti-EGFR tra pazienti con localizzazione del tumore primitivo a sinistra o a destra.208-210

In generale, è stato visto come le caratteristiche legate alla crescita dipendente da EGFR siano più frequentemente presenti nei tumori che hanno una localizzazione tipica nel colon di sinistra piuttosto che in quelli di destra.211,212

Ad oggi, la scelta dei pazienti affetti da CRC metastatico al quale somministrare un trattamento con anti-EGFR rappresenta ancora una sfida. Fatta eccezione per quelli che sono gli ormai ben noti meccanismi di resistenza a questo tipo trattamento, quali mutazioni di RAS e BRAF, diversi meccanismi di resistenza primaria, suggeriti da diversi studi clinici e retrospettivi, portano all’attivazione dei recettori tirosino-chinasici diversi dall’EGFR a valle della via di segnalazione. Nello studio PRESSING (PRimary rESistance IN RAS and BRAF wild-type metastatic colorectal cancer patients treated with anti-EGFR monoclonal antibodies) che prevedeva un’analisi multicentrica, prospettica di tipo caso- controllo è stato valutato un pannello di alterazioni genomiche rare tra cui amplificazioni di HER2, MET, traslocazioni o riarrangiamenti di ALK, ROS1/NTRK1 e RET, e mutazioni di PIK3CA. Dei 94 pazienti inclusi nello studio, le alterazioni incluse nel PRESSING panel erano significativamente più frequenti nelle forme resistenti rispetto a quelle sensibili (24 su 47; 51.1% vs 1 su 47; 2.1% con p=<0.001) e nelle neoplasie a localizzazione destra rispetto sinistra:41.4% (12 su 29) vs 20% (13 su 65) con p=0.03. Inoltre, 8 (17%) dei pazienti resistenti e 0 di quelli sensibili presentavano instabilità dei microsatelliti con p<0.001. Data l’accuratezza predittiva del pannello PRESSING e della localizzazione del tumore pari all’80.4% è stato possibile affermare come un suo utilizzo possa permettere una più accurata selezione dei pazienti candidabili ad un trattamento con anti-EGFR.213

Sulla base di queste evidenze, viene di seguito riportato un algoritmo214 per il trattamento

del CRC metastatico in prima linea che tiene conto anche della localizzazione del tumore, in accordo a quanto affermato dalle linee guida NCCN, assieme a quelli che sono stati i fattori canonici della scelta di un’adeguata terapia.

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La valutazione dello stato di salute del paziente, come già affermato in precedenza, rappresenta comunque il primo punto nel processo decisionale, essendo, da sola, in grado di discriminare quei soggetti che non possono essere considerati candidabili alla terapia di combinazione da quelli che invece ne possono beneficiare.

Nei primi, infatti, la strategia che verrà adottata sarà quella di intraprendere una monochemioterapia a base di fluoropirimidine alla quale potrà essere associato il bevacizumab.

Nella seconda categoria, invece, ovvero quei pazienti considerati candidabili per un trattamento di combinazione (FOLFOX, XELOX, FOLFIRI o FOLFOXIRI) la prima cosa che ci si deve chiedere è se siano o meno eleggibili per un trattamento a base di tripletta. I soggetti idonei, ovvero coloro che oltre ad avere un buon profilo clinico, non abbiano precedentemente ricevuto un regime a base di oxaliplatino, possono essere trattati con la

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tripletta FOLFOXIRI alla quale viene associato il bevacizumab indipendentemente dallo stato mutazionale di RAS e BRAF. Nei pazienti BRAF mutati, fit, il trattamento intensificato con tripletta più bevacizumab è da preferirsi. Nei pazienti RAS wild-type, la localizzazione primaria del tumore dovrebbe influenzare la scelta tra la strategia antiangiogenica e quella di inbizione del pathway dell’EGFR. In particolare, sia l’infausta prognosi intrinseca, sia la mancanza di beneficio da un trattamento con anti-EGFR in soggetti con una localizzazione primitiva del tumore nel colon destro rappresentano fattori di incoraggiamento ad intraprendere una terapia con tripletta + bevacizumab (o doppietta con bevacizumab se unfit per tripletta) mentre un regime di doppietta + anti-EGFR deve essere preferito in quei pazienti che hanno una localizzazione del tumore primitivo a sinistra (sebbene il trattamento con FOLFOXIRI + bevacizumab sia comunque un’opzione).214

Quando invece il soggetto è candidabile per una doppietta la combinazione che prevede l’associazione di una combinazione di due chemioterapici + bevacizumab rappresenta l’unica opzione per i soggetti RAS mutati.

In conclusione, identificare con certezza il pattern di alterazioni molecolari responsabili di una risposta o meno ai trattamenti disponibili è ancora una reale sfida della ricerca traslazionale e di fatto rappresenterà un punto fondamentale per comprendere il perché soltanto alcuni soggetti con tumore primitivo nel colon destro traggano beneficio dalla terapia con anti-EGFR e altri con primitivo nel colon sinistro no.214

Uno di questi fattori, ad esempio, a cui si sta rivolgendo sempre più attenzione è rappresentato da HER2 per cui i tumori che lo presentano amplificato, localizzati, per altro, prevalentemente nel colon di sinistra, non sembrano rispondere ad una terapia con anti-EGFR.213

Altro parametro che in futuro potrà avere un riscontro nell’algoritmo di scelta terapeutica di prima linea è rappresentato dal deficit nella riparazione dei mismatch del DNA noto come dMMR o instabilità dei microsatelliti.

Le neoplasie MSI-H, infatti, sono caratterizzate sia da una prognosi infausta dopo un trattamento di chemioterapia convenzionale, sia da alti livelli di neoantigeni tumorali e linfociti infiltranti il tumore. Considerando queste caratteristiche, di norma predittive di

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beneficio dal trattamento con inibitori di checkpoint immunitari, lo studio di fase II CheckMate 142 è andato ad analizzare il ruolo del Nivolumab. Esso è un anticorpo monoclonale che va a bloccare PD-1, un recettore, che, a sua volta, annulla l’attività di cellule del sistema immunitario quali i linfoticiti T. L’effetto di questo farmaco, studiato in altri tumori, è quello di potenziare il sistema immunitario nel distruggere le cellule neoplastiche. Dei 74 pazienti arruolati il 31.1% (IC 95% 20.8-42.9) ha dimostrato una risposta obiettiva, e il 51% (69% 57-79) un controllo di malattia pari a 12 settimane o superiore dimostrando così il potenziale ruolo degli immunomodulatori in questo specifico setting.215

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