Diverse imprese hanno davvero superato la pura fase «filantropica ma senza risultati» degli investimenti nella comunità, trasformandoli in un coinvolgimento attivo e in un rapporto di collaborazione con le organizzazioni cui danno supporto. La ricerca condotta da Jim Austin della Harvard Business School documenta come tali collaborazioni con il settore no-profit inducano importanti benefici a livello di28:
• Arricchimento della strategia, generando opportunità di business e promovendo un’immagine positiva ed affidabile presso i clienti (particolarmente importante per le imprese di servizi al dettaglio e le autorità normative e legislative);
• Gestione delle risorse umane, attraendo e conquistando la fedeltà dei dipendenti di alta qualità, rafforzando le motivazioni e la moralità del personale sviluppando capacità di leadership;
• Costruzione della cultura, modellando e rafforzando i valori centrali che inducono il comportamento desiderato da parte dei dipendenti;
• Generazione del business, migliorando la reputazione di un’impresa, costruendo un atteggiamento di buona volontà, ampliando le reti dei
26 Porter, Kramer, The Competitive Advantage of Corporate Philanthropy, cit., pag. 63. 27 Ibid., pag. 68
28 J.E. Austin, The Collaboration Challenge: How Nonprofits and Business Succede
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rapporti, incrementando l’accesso ai consumatori chiave e fornendo una giurisdizione per testare le innovazioni.
La pertnership tra la Timberland, la ditta produttrice di calzature ed abbigliamento sportivo, e City Year, un’associazione no-profit che organizza i giovani in gruppi di lavoro per una vasta gamma di servi sociali nel contesto urbano, costituisce un esempio eccellente di un simile rapporto di collaborazione strategica. Ci sono voluti diversi anni perché esso si evolvesse dalla fase meramente filantropica, che prevedeva donazioni in denaro e in prodotti (scarpe
Timberland distribuite ai membri City Years), a quella di transizione – eventi
organizzativi in comune, quali marketing legato ad una causa, sponsorizzazioni, licenze ed accordi per servizi a pagamento – ed infine a quella d’integrazione, in cui l’impresa e l’associazione sono diventate una joint venture integrata, centrale per le strategie di entrambe. La creazione di valore diventa un processo comune, invece di venire realizzata attraverso due processi distinti, uno per la Timberland ed uno per City Year.
La Georgia-Pacific e The Nature Conservancy (TNC) forniscono a loro volta l’esempio di un rapporto passato dal confronto alla collaborazione. TNC voleva preservare il terreno allo stato naturale, mentre era nelle intenzioni della
Georgia-Pacific sottoporlo a sfruttamento intensivo per coltivare piante.
Entrambe hanno trovato un accordo su una gestione congiunta delle zone umide ricoperte da foreste, in modo da preservarne la biodiversità pur permettendo lo sviluppo commerciale. Altri esempi di analoghi rapporti di integrazione sono quelli che intercorrono tra la Starbucks e CARE, la Bayer North America ed il
Bidwell Training Center di Pittsburgh, Reading is Fun e VISA International, il College Fund (la più vasta organizzazione statunitense dedita all’assistenza delle
minoranze dal punto di vista dell’istruzione) e la Merck, il National Science
Resource Center (volto a migliorare l’insegnamento della scienza nelle scuole
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Le collaborazioni di maggior successo si hanno, di solito, quando il partner no-
profit fa da complemento all’attività di business o alla strategia centrale
dell’impresa. Come ha sottolineato un senior executive della Bayer:
“Si ha bisogno di farsi coinvolgere in qualcosa che ha a che fare con la propria attività di business. Si ha bisogno di essere capaci di dare e di avere. Noi siamo un’impresa basata sulla scienza. Per noi ha senso dal punto di vista del business dare sostegno all’insegnamento di questa disciplina. Non che non si ottengano buone relazioni pubbliche da un simile coinvolgimento,ma in realtà è una ragione centrale che ci spinge a farle29.”
Quando le imprese entrano in simili collaborazioni strategiche possono dare una mano ad assegnare una forma al valore che verrà creato e dalle unità di misura che saranno utilizzate per valutare la performance. Il valore sociale generato deriverà dalla missione dell’organizzazione no-profit. La sfida per l’impresa è quella di valutarne l’aspetto distintivi o aggiuntivo prodotto dalla collaborazione: essa ha bisogno di misurare quali siano i miglioramenti registrati dalla società grazie al suo investimento nel sociale e all’istituzione di tale tipo di rapporto. A mano a mano che i loro investimenti nella comunità passano dalla fase filantropica a quella di integrazione o di collaborazione, le imprese potranno fare maggiori pressioni, al pari della New Profit Inc., per avere dei dati misurabili della performance dalle organizzazioni no-profit in cui investono. Anche per quanto riguarda gli investimenti legati ad una fase passiva come quella filantropica, esse possono comunque limitarsi a sovvenzionare solo quelle associazioni che sono in grado di documentare risultati di successo. Possono quindi utilizzare tali dati all’interno dei propri report, invece di stilare semplicemente l’elenco delle risorse loro fornite.
Con un modello di investimenti basato sulla performance, le organizzazioni no-
profit e non governative in grado di registrare i maggiori successi relativamente
29 Ibid., pag. 67
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al fatto di generare risultati di qualità superiore attrarranno delle elargizioni di fondi più elevate e più stabili, mentre quelle incapaci di presentare dei miglioramenti misurabili della performance vedranno ridursi in parte e via via i finanziamenti. Tale dinamica competitiva basata sulla performance renderà il «terzo settore» del no-profit/ONG molto più efficace ed efficiente generando, di conseguenza, ampi benefici aggregati per la società. Le imprese devono però assumere un ruolo leader – attraverso le proprie fondazioni ed i propri contributi al volontariato – nel fissare uno standard che richieda la misurazione degli output e dei risultati ottenuti dai loro investimenti nella comunità. Continuare ad adottare una forma di reporting che si limiti semplicemente ad elencare il denaro speso e di programmi supportati, accompagnata dalle foto di beneficiari grati e sorridenti, non dovrebbe costituire lo standard preferito per questi tipo di investimenti non più di quanto possa essere considerato appropriato per il
reporting ambientale divulgare solo le cifre spese per ripulire l’ambiente o
l’immagine di una ciminiera che ha smesso di fumare e di un pesce che nuota in un fiume nei paraggi.