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GLI EFFETTI SULLE SCELTE DI ACQUISTO DE

L’ultimo aspetto da considerare in relazione alle sinergie tra strategie sociali e performance competitive ed economiche è quello dei possibili vantaggi che derivano all’impresa sui mercati di sbocco a seguito di comportamenti socialmente responsabili.

Si tratta cioè di valutare se e a quali condizioni l’effettivo comportamento del cliente sia influenzato da considerazioni di tipo sociale. Le strategie sociali, infatti, determinano un vantaggio competitivo per l’impresa solo se, direttamente o indirettamente, i clienti considerano tra i diversi fattori su cui basare le proprie scelte di acquisto anche la responsabilità sociale. Evidentemente tale problema si inquadra nel più generale tema delle attese del cliente, il quale ha una serie di aspettative relative al proprio acquisto; il grado con cui queste aspettative vengono soddisfatte in concreto gioca un ruolo determinante sulle sue decisioni e sul suo livello di soddisfazione.

Per analizzare tale complessa problematica è necessario anzitutto separare concettualmente l’ambito del business to business da quello del business to

consumer.

Nell’ambito del business to business, per tutti quei beni industriali acquisiti non dai consumatori finali ma da altre imprese, è verosimile ritenere che la CSR possa avere un effetto sulla fidelizzazione del cliente, sulla possibilità di conquistare crescenti quote di mercato o di ottenere un premium price sostanzialmente in due circostanze.

In primo luogo qualora generi degli attributi del prodotto che possano essere adeguatamente valorizzati dal consumatore finale. Nel settore della carta, ad

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esempio, molte imprese si stanno attrezzando per acquistare cellulosa da fornitori che ne certifichino la provenienza da zone non protette e di rimboschimento, dal momento che una parte dei consumatori richiede appunto tale garanzia di ecologicità del prodotto. In tutti i casi è notevole l’opacità rispetto al consumatore finale, al contrario, è possibile che – se il management non ha un sistema di valori particolarmente sensibile agli aspetti sociali - venga semplicemente perseguita l’opzione di acquisto più conveniente da un punto di vista economico in senso stretto, a prescindere dalle strategie sociali poste in essere dalle aziende.

In secondo luogo qualora l’impresa cliente abbia fatto della propria immagine di socialità uno specifico punto di forza. Sempre più spesso, infatti, le grandi imprese sono viste dall’opinione pubblica e dai consumatori come responsabili non solo per la propria performance sociale, ma anche per quella dei propri fornitori. Ciò può determinare l’instaurarsi di un effetto a cascata lungo l’intera

supply chain, con l’effetto di incoraggiare anche le piccole e medie imprese

fornitrici ad adottare best practices in materia di CSR per conquistare o semplicemente per mantenere degli specifici spazi di mercato132. È il caso ad esempio di imprese che vogliano instaurare rapporti di fornitura con imprese che abbiano ottenuto la certificazione sociale SA 8000, uno standard internazionale che richiede, appunto, il rispetto di determinati livelli considerati minimi di CSR anche da parte delle aziende che forniscono input al processo produttivo.

Nell’ ambito del business to consumer, invece, un’immagine aziendale di lealtà e affidabilità può avere un peso significativo nel costruire la fiducia del cliente e quindi nell’influenzarne – direttamente o indirettamente – il comportamento di acquisto aumentandone la fedeltà133.

132 Da un recnte rapporto di ricerca condotto su base europea, ad esempio, emerge che l’impegno ambientale delle PMI è indotto principalmente dalle relazioni di

subfornitura con imprese di maggiori dimensioni. Cfr. European Commission, 2002, pag. 7.

133 La convinzione delle imprese che la responsabilità sociale possa aumentare la fedeltà dei consumatori è indirettamente testimoniata anche da una recente ricerca che evidenzia come più dell’80% delle 500 imprese della classifica della rivista Fortune

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Naturalmente ha poco risultato ai fini del decision making manageriale la generica consapevolezza che i consumatori siano sensibili alla responsabilità sociale dell’impresa: ciò che conta è la comprensione dei meccanismi attraverso cui, nel concreto, le iniziative socialmente responsabili sono in grado di influenzarne il comportamento di acquisto.

Possiamo allora individuare due principali fattispecie che hanno un diverso impatto sulle scelte del consumatore:

1. strategie sociali che generano attributi socialmente responsabili del prodotto e/o del processo, capaci di creare un vantaggio diretto ed immediato per il consumatore;

2. strategie che non generano vantaggi diretti per il consumatore, ma solo un impatto sul suo sistema etico-valoriale.

1. Strategie sociali che generano attributi socialmente responsabili del

prodotto e/o del processo

La prima fattispecie riguarda quelle attività sociali i cui effetti vengono incorporati, direttamente o indirettamente, all’interno del prodotto e/o processo dell’azienda.

In tal caso vengono impiegate risorse – che possono essere anche ingenti – al fine della creazione di un prodotto con attributi, materiali o immateriali, socialmente responsabili (ad esempio la frutta biologica o il packaging riciclabile) oppure di un processo che utilizzi fattori socialmente responsabili (ad esempio a basso impatto inquinante), coerenti rispetto alle richieste e alle aspettative di uno specifico segmento di consumatori, per i quali spesso generano un beneficio immediato in termini di qualità, sicurezza, gusto, salute.

Bisogna osservare che, seppur attraverso investimenti in R&S134 sia possibile generare diversità socialmente responsabili che costituiscano al contempo

abbiano nel loro sito internet uno specifico spazio riservato alla CSR. Cfr. Sen,

Bhattacharya, 2001, pag. 225.

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innovazione di processo e innovazione di prodotto, le due ipotesi tuttavia non sono necessariamente coincidenti: può ben darsi infatti che vi siano prodotti con caratteristiche sociali, che non derivano da processi socialmente compatibili e viceversa. Si pensi ad esempio ai prodotti tissue di carta riciclata il cui processo produttivo può essere altamente inquinante.

In questa prima fattispecie, in ogni caso, la CSR può essere vista come una forma di investimento finalizzata alla differenziazione dei propri prodotti135 e all’acquisizione tramite ciò di vantaggi competitivi sui competitors. Vale la pena di osservare, tuttavia, che se la «differenziazione sociale» crea un vantaggio di qualche genere per i consumatori, evidentemente essi valorizzano la CSR solo in maniera indiretta, dal momento che tendono comunque ad acquistare prodotti che, pur avendo un prezzo unitario superiore a quello dei concorrenti, risultano coerenti con le proprie esigenze ed i propri gusti, associando magari l’esistenza di attributi socialmente responsabili all’idea di una maggiore qualità.

Le strategie basate sulla differenziazione, come noto sono disegnate per conquistare consumatori con una particolare sensibilità verso particolari attributi del prodotto. Nell’evidenziare tale attributo piuttosto che altre qualità, l’impresa tenta di attirare nuovi consumatori, di aumentare la fedeltà di quelli già acquisiti, oppure spera di ottenere un premium price per i propri prodotti capace di coprire i costi aggiuntivi e di costituire al contempo una barriera per i potenziali nuovi entranti.

L’efficacia della differenziazione basata sulle strategie sociali e legata al verificarsi di una serie di circostanze.

In primo luogo l’effettiva possibilità di porre effettivamente in essere tale scelta strategica dipende da alcune caratteristiche esogene all’azienda, tra cui assumono particolare importanza il grado con cui il mercato apprezza la differenziazione di prodotto e il ciclo di vita del settore136.

135 Anche la differenziazione dei processi, infatti, è finalizzata in ultima analisi ad una differenziazione del prodotto che da tali processi scaturisce.

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Per quanto riguarda il primo fattore è più probabile che i prodotti con attributi socialmente responsabili vengano sviluppati in settori caratterizzati da una elevata differenziazione dell’offerta, ad esempio cibo, cosmetici, autovetture, ecc.

Per quanto riguarda il secondo fattore è possibile ipotizzare un legame tra l’offerta di attributi socialmente responsabili e il ciclo di vita del prodotto: mentre nelle fasi di nascita e sviluppo ci si può attendere, in generale, una limitata differenziazione di prodotto, dal momento che le imprese sono concentrate nel perfezionamento di processi di produzione nella soddisfazione di una domanda in rapida crescita, nella fase della maturità è più probabile incontrare un maggior grado di differenziazione dell’offerta.

In secondo luogo per poter effettivamente ottenere un vantaggio competitivo l’impresa deve analizzare attentamente i bisogni e i comportamenti della clientela, in modo da sapere a quali attributi assegni valore e qual è il prezzo che è disponibile pagare. Tra i fattori che determinano il comportamento del consumatore e la sua propensione all’acquisto di beni socialmente responsabili possiamo ricordare:

• l’influenza di fenomeni di massa con un impatto sulle scelte di consumo: quando, ad esempio, nell’ambito delle preferenze alimentari alcune circostanze hanno portato a prediligere prodotti più naturali (si pensi al fenomeno «mucca pazza» o ai «polli alla diossina»), i consumatori hanno aumentato la propensione ad acquistare da imprese che avessero costruito la propria legittimazione sociale su investimenti finalizzati a garantire la qualità dei cibi;

• l’influenza dei mass-media sui gusti e le preferenze del consumatore: un’enfasi sui problemi dell’inquinamento, ad esempio, può portare un numero crescente di persone a prediligere un prodotto a basso impatto ambientale;

160 • il reddito disponibile: i consumatori a più basso reddito, in generale, faranno più attenzione al prezzo dei prodotti, mentre quelli con un reddito maggiore saranno più disponibili a pagare un premium price per attributi addizionali del prodotto di matrice sociale137. In un determinato contesto socio-economico, quindi, è ragionevole ipotizzare una crescente domanda di beni sociali via via che aumenta il benessere della comunità;

• i fattori demografici: è ragionevole ritenere ad esempio che la generazione del baby boom sia più sensibile alle problematiche sociali – ed in particolare ambientali – rispetto alla generazione precedente;

• il prezzo dei beni sostitutivi: dal momento che non tutti i consumatori attribuiscono lo stesso valore agli attributi sociali, l’altezza relativa del

premium price che i consumatori sono disposti ad assegnare al bene può

variare da caso a caso. Non solo, molti consumatori potrebbero non essere affatto disposti a riconoscere un premium price a prodotti con attributi sociali, mentre potrebbero essere invece disponibili ad acquistarlo a parità di prezzo. La Lucart S.p.A., ad esempio, ha recentemente perseguito la scelta strategica dell’utilizzo, per la produzione di tissue, della carta da macero, lanciando la linea Ecolucart138. Tale linea è prodotta con carta riciclata al 100%, di elevata qualità e con un grado di bianco almeno pari a quella della carta di pura cellulosa vergine, confezionata con un involucro in materbi (una pellicola completamente biodegradabile a base di amido di mais studiata e brevettata insieme alla Novamont S.p.A.) e certificata dal riconoscimento della qualità Ecolabel: la certificazione di qualità ecologica dell’Unione Europea. Consapevole del fatto del mercato che non riconosce alcun premium price a tale tipo di prodotti ecologici, tuttavia, l’azienda si è posta l’obiettivo di posizionare il proprio prezzo al pubblico il 5% sotto al marchio leader di pura cellulosa, ma sopra la carta di pura cellulosa non leader;

137 Ibidem.

138 La linea Ecolucart comprende la carta igienica (in confezioni da 4, da 8 e da 12 maxi rotoli), la carta casa (in confezioni di 2 rotoli a tre veli e di 2 maxi rotoli a due veli) e i tovaglioli a due veli.

161 • la distribuzione: è ragionevole ritenere che anche un consumatore persuaso ad acquistare prodotti socialmente responsabili, ed eventualmente a pagare un premium price, di fatto lo faccia solo se è in grado di reperirli con relativa facilità. Se ad esempio il cacao o il caffè provenienti dal commercio equo e solidale non sono disponibili nel punto di vendita della grande distribuzione dove normalmente si approvvigiona, il consumatore probabilmente non si farà carico anche dei costi di acquisizione di informazioni e di perdita di tempo necessari a trovare un negozio che abbia in assortimento tali prodotti.

In terzo luogo nella scelta concreta degli attributi sociali su cui basare una strategia di differenziazione, l’impresa deve prestare una particolare attenzione a 2 elementi.

Da un lato, il management si deve focalizzare su un tipo di differenziazione sociale difficile da imitare, in modo da scoraggiare i follower e garantire la sostenibilità del proprio vantaggio competitivo.

Dall’altro lato, tale differenziazione deve basarsi per quanto possibile su elementi sostanziali più che di immagine. Si và infatti diffondendo tra i consumatori un crescente scetticismo verso iniziative che, a vario titolo, si etichettano come sociali. Non solo: il consumatore sensibile alla responsabilità sociale – target di tale tipo di differenziazione – tende ad essere un consumatore mediamente più informato ed attento. Anche il semplice sospetto che alcune delle caratteristiche reclamizzate come socialmente responsabili siano ingannevoli può essere sufficiente ad annullare tutti gli sforzi compiuti.

In quarto luogo bisogna tenere presente che l’efficacia di tale strategia dipende non solo dalla scelta di opportuni attributi sociali, ma anche dalla capacità dell’impresa di renderli noti alla clientela attuale e potenziale. La differenziazione del prodotto, infatti, prima ancora che apprezzata, deve essere percepita dal consumatore, il quale deve essere informato ed in grado di

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discernere tra impresa e impresa e/o tra prodotto e prodotto, circostanza che non sempre si riscontra nel mercato dei beni di consumo. Mentre per alcuni prodotti si sta affermando sul mercato una crescente trasparenza delle informazioni al consumatore, grazie da un lato ad una serie di disposizioni legislative mirate (ad esempio a garanzia dei prodotti biologici) e dall’altro al diffondersi delle certificazioni di qualità (si pensi agli standard ISO o all’Ecolabel europeo), in altri casi invece l’opacità informativa si tramuta ancora in opacità valutativa. Naturalmente i modi per comunicare al consumatore una differenziazione basata sulla responsabilità sociale possono essere numerosi: da una certificazione di qualità, alla creazione di un brand apposito (si pensi ad esempio linea Prima Natura Bio di prodotti biologici della Granarolo), dai segnali derivanti dalle etichette sui prodotti, alla comunicazione istituzionale, dal marketing mix alla pubblicità vera e propria.

Le tipologie, le caratteristiche e l’intensità della comunicazione devono ovviamente essere adattate alle specificità del settore e del prodotto.

In particolare, come noto, nell’ambito dei beni di consumo, seguendo una terminologia di matrice anglosassone, si possono distinguere due tipologie: i «search goods», i cui attributi e la cui qualità possono essere valutati prima dell’acquisto (ad esempio mobili, ma anche abbigliamento), e gli «experience

goods», i quali devono prima essere consumati per poterne valutare la qualità e la

corrispondenza alle caratteristiche desiderate (ad esempio gli alimenti).

Mentre per i search goods l’azienda può limitarsi ad informare i consumatori dell’esistenza del prodotto, del suo prezzo, e delle caratteristiche socialmente responsabili, dal momento che i consumatori saranno in grado di valutarle poi autonomamente, nel caso degli experiance goods invece si tenderà non solo a dare più informazioni per valorizzare quelle caratteristiche sociali del prodotto non autoevidenti, ma anche ad offrire garanzie di qualità, ad esempio attraverso la costruzione di una reputazione di un marchio. L’advertising che diffonde informazioni relative agli attributi socialmente responsabili del prodotto, infatti, può essere utilizzato per costruire o sostenere una reputazione di affidabilità e

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onesta dell’azienda che a sua volta può condizionare favorevolmente la percezione di qualità dei beni. Tipico il caso degli alimenti139: ad esempio per il Tonno Mareblù, la pubblicità promuove tra l’altro il fatto che il prodotto venga realizzato senza uccidere i delfini, assicurando indirettamente al consumatore che l’azienda meriti fiducia e che, quindi, il tonno sia di alta qualità.

Va comunque contemplata l’ipotesi che la comunicazione relativa agli attributi sociali venga utilizzata in maniera strumentale. Si pensi alla complessa tematica delle asimmetrie informative relative al labeling dei prodotti alimentari: l’azienda ha la possibilità di compiere scelte più o meno socialmente responsabili nei confronti dei consumatori decidendo se fornire o meno informazioni aggiuntive, non richieste obbligatoriamente dalla normativa (relativa ad esempio all’origine degli ingredienti, all’eventuale utilizzo di fertilizzanti chimici, alla provenienza o meno degli ingredienti da coltivazioni geneticamente modificate) che potrebbero influenzare in maniera significativa la percezione di qualità del prodotto. Lo stesso vale sia per l’utilizzo sulla confezione o sul merchandising di alcuni termini ( ad esempio : puro, genuino, vero, tradizionale, ecc.) i quali pur non richiedendo una particolare autorizzazione o aderenza a disciplinari ne essendo soggetti a controllo pubblico, possono generare nel consumatore convinzioni distorte, sia per impiego sul packaging – fondamentale tramite del contatto tra il consumatore e il prodotto – di immagini, foto, descrizioni e disegni che diano l’impressione di un aspetto del contenuto nettamente migliore di quello effettivo. A tale proposto va comunque osservato che, dopo il primo acquisto, il consumatore di fronte ad una nuova scelta sarà in grado di valutare a priori gli attributi non solo per i search goods, ma anche per gli experience goods che ha già testato. Se la reputazione costruita non è supportata da un’intrinseca qualità del bene, pari almeno alle aspettative minime del consumatore, quindi, il valore di differenziazione creato sarà effimero, in quanto destinato a mancare proprio il suo obbiettivo fondamentale che è quello di creare fidelizzazione del cliente, e

139 McWilliams e Siegel, citano McDonald’s come caso emblematico in cui i

consumatori possono presumere che un’impresa che supporti attivamente la CSR sia più affidabile e abbia quindi prodotti di qualità più elevata, 2001, pag. 119.

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ciò sarà particolarmente vero per quei beni, ad esempio gli alimenti soggetti ad una elevata frequenza di acquisto. Diversamente, qualora anche dopo il consumo risulti impossibile verificare l’effettiva esistenza o il grado di alcuni attributi sociali ( ad esempio il non utilizzo di ingredienti geneticamente modificati), ai quali il consumatore attribuisce rilevata rilevanza, l’efficacia della comunicazione e la reputazione dell’azienda sono destinati a restare elementi fondamentali anche per le scelte d’acquisto successive140.

In quinto luogo bisogna ricordare che la capacità di una strategia di differenziazione, basata su qualità socialmente responsabili del prodotto o del processo, di attribuire all’impresa un vantaggio competitivo è sottoposta alle stesse condizioni di qualsiasi altro tipo di differenziazione, in particolare alla circostanza che il premium price sia tale da compensare i maggiori costi per la creazione degli attributi differenziali.

Anche se sono effettivamente individuabili dei casi in cui risulti possibile porre in essere prodotti/processi socialmente responsabili a parità o anche a costi minori di quelli standard, in genere si assiste infatti, quanto meno, ad un aumento dei costi correlato agli input addizionali necessari, in termini da esempio di maggiori capitali investiti, di utilizzo di materiali e servizi più costosi, di maggiore incidenza dei salari e dei benefici di atro genere erogati ai dipendenti e cosi via. Ne consegue che le imprese socialmente responsabili sono normalmente soggette ad un costo medio totale superiore, a parità di altre condizioni, rispetto alle imprese dello stesso settore che non incorporano attributi sociali nel prodotto/processo.

È tuttavia ragionevole ritenere che l’incidenza dei costi aggiuntivi derivanti dalle strategie sociali di differenziazione e di prodotto vali a seconda di alcune circostanze141.

In primo luogo si può ipotizzare che tali costi siano soggetti a significative

economie di scala, dal momento che si tratta sostanzialmente di costi fissi (si

140 In relazione alla rilevanza del brand come segnale di fiducia si veda Vicari, 1995. 141 Cfr. McWilliams, Siegel, 2001, pag. 122-124.

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pensi ad esempio al costo di un depuratore), e che la loro incidenza sul costo unitario del prodotto tenda quindi a diminuire con l’aumentare della scala produttiva dell’impresa142. In questo caso, perciò, le imprese di maggiori dimensioni sopporteranno in media, a parità di altre condizioni, un costo minore nel porre in essere strategie sociali rispetto alle imprese operanti su una scala più ridotta e ciò può costituire una ulteriore spiegazione della maggiore propensione delle grandi imprese alla responsabilità sociale.

In secondo luogo si può ipotizzare inoltre che i processi sociali anche ad

economies of scope, dal momento che può essere possibile ottenere risparmi di

costo dalla produzione congiunta di alcune caratteristiche socialmente responsabili per più di un prodotto. Si pensi ad esempio ai costi dell’advertising che abbia come oggetto la responsabilità sociale dell’impresa, i quali possono generare benefici per i diversi marchi dell’azienda stessa. In presenza di

economies of scope, quindi, le imprese più diversificate saranno avvantaggiate

dalla possibilità di suddividere alcuni dei costi correlati alla CSR tra numerosi prodotti e servizi e avranno quindi una incidenza percentuale di tali costi in media minore rispetto alle imprese focalizzate su un solo prodotto o presenti in