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È quasi l’alba, l’estenuante cena sta volgendo al termine, quando un gallo canta. È un presagio di ma- laugurio e il superstiziosissimo Trimalchione ordina che l’animale sia subito cucinato in casseruola; anche Fortunata partecipa alla preparazione del piatto. In effetti il gallo era ritenuto un animale con- nesso con Mercurio e con la sua attività di psicopompo, cioè di accompagnatore delle anime dal mondo dei vivi a quello dei morti (e raramente viceversa). Come infatti il gallo segna con il suo canto sul fare dell’alba il passaggio dalle tenebre alla luce, così esso veniva connesso con il passaggio delle anime dal regno della luce (quello dei vivi) a quello delle tenebre (ovvero della morte), cosa che per tutti i popoli antichi è segno di una situazione dolorosa e pericolosa. Come al solito, Petronio ridico- lizza tutte le azioni di Trimalchione e quindi fa sì che dalla sua paura superstiziosa egli passi “alla pentola” con assoluta disinvoltura, come se per annullare l’effetto di una situazione rischiosa, che ha una precisa relazione con il sacro, bastasse mangiarsi chi o che cosa la segnala. Ancora una volta Tri- malchione rivela la sua ignoranza e rozzezza. La tranquillità del momento, data dal piatto imbandito sul fare dell’alba – Trimalchione si dimostra addirittura gentile verso i suoi servi – è bruscamente in- terrotta dall’ingresso nella sala del banchetto di uno schiavetto grazioso, al quale subito il padrone di casa dedica le sue attenzioni. Fortunata, gelosa, insulta il marito e così si scatena un violento litigio, durante il quale Trimalchione scaglia una coppa contro la moglie e la investe con insulti triviali, sve- lando così ancora una volta la sua natura incolta, rozza e volgare. I due contendenti sono frenati ri- spettivamente da Abinna, il marmista incaricato di erigere il monumento funebre a Trimalchione, e da sua moglie Scintilla, che è appena stata protagonista, con Fortunata, di una sfacciata gara di esi- bizione di gioielli. Encolpio registra e riferisce tutto, al solito senza commentare: così i colori della scena diventano più forti e vivi.

(74) Mentre diceva così, si udì il canto d’un gallo. Turbato da quel suono, Trimalchione

fece versare vino sotto la tavola e spruzzarne anche sulla lucerna. Per di più passò l’anello

alla mano destra e disse: «Ci dev’essere un motivo per cui questo trombettiere ha dato il se-

gnale, ché deve scoppiare un incendio, o qualcuno qui nei pressi sta per rimettere l’anima.

Via da noi il malaugurio! E allora, se qualcuno mi porterà questo iettatore, riceverà una

bella mancia». Detto fatto, da qualche posto lì vicino gli fu portato un gallo, che Trimal-

chione ordinò di cuocere in pentola. Fatto a pezzi dunque da quel sapientone di cuoco che

prima del porco aveva fatto uccelli e pesci, fu gettato nella marmitta. E mentre Dedalo an-

dava assaggiando il brodo bollente, Fortunata tritava il pepe in un macinino di bosso.

Dopo averne mangiato qualche pezzetto per stuzzicare l’appetito, Trimalchione si rivolse

alla servitù: «Voi non avete ancora cenato? Allora sparite, così vengono altri a fare il servi-

zio». Subentra allora un’altra squadra, e quelli gridano: «Tanti saluti, Gaio», questi invece:

«Bentrovato, Gaio». Ma da questo momento la nostra allegria cominciò a guastarsi, ché

quando uno schiavetto tutt’altro che brutto entrò coi nuovi servitori, Trimalchione gli saltò

addosso, e cominciò a sbaciucchiarselo che non la finiva più. Allora Fortunata, per tutelare

secondo equità il suo rigoroso diritto, cominciò a insultare Trimalchione e a strillare che era

un vomitorio e una vergogna; e che lui non sapeva reprimere la sua libidine. E ci mise l’ag-

giunta, per concludere: «Cane!» Trimalchione infuriato per l’ingiuria sbatté un calice in fac-

cia a Fortunata. Lei, come se ci avesse perso un occhio, diede un urlo e si portò le mani tre-

manti alla faccia. Ci rimase sconvolta pure Scintilla, e se la strinse al seno singhiozzante. Ci

fu anche uno schiavetto tutto premuroso che le porse un brocchetto d’acqua fresca, e For-

tunata premendoci la guancia sopra, prese a gemere e a frignare. Invece Trimalchione im-

perversava: «Ma non si ricorda più che era una battona canzonettara? L’ho levata io dal

marciapiede, e l’ho fatta un essere umano come gli altri. Ma si gonfia come una rana e non

si sputa in seno. Uno strazio, non una donna. Chi nasce in una capanna non sogna palazzi.

Ma che il mio nume tutelare mi assista, la domo io questa Cassandra da marciapiede. E io,

uomo da due soldi, me la potevo pure pescare una con la dote di dieci milioni di sesterzi.

Satyricon, 74

riepilogo del percorso

1 Nel corso del banchetto a casa di Trimalchione assume un rilievo particolare la figura di sua mo- glie Fortunata: prova a tracciarne un ritratto fisico e interiore prendendo spunto dai testi letti.

2 Un commensale parla di Fortunata a Encolpio, che ha chiesto informazioni riguardo a quella donna; così il commensale non solo la descrive, ma anche la giudica secondo il suo metro, che è tutto interno al mondo rappresentato:

aquali sono gli aspetti positivi e quelli negativi del carattere di Fortunata, secondo l’opinione del commensale?

bquale risultato ottiene Petronio facendo descrivere il personaggio dall’interno del suo stesso mondo?

c qual è il criterio di giudizio supremo che guida il commensale nel parlare di Fortunata e degli altri ospiti?

3 L’alterco che si scatena tra i coniugi svela la loro vera indole, a fatica celata sotto una patina di presunta raffinatezza:

aevidenzia gli insulti e le espressioni triviali che i due si scambiano (in particolare, nel secondo testo proposto).

bindividua in quale passaggio il discorso di Trimalchione sia ancora una volta segnato dalla per- cezione dell’incombere della morte.

4 Alla conclusione del percorso, prova a riflettere sulla figura femminile che ne è stata protagonista.

aQuale figura di matrona emerge dalla rappresentazione di Fortunata?

bCome si differenzia dalla tradizionale figura della matrona romana, delineata dai valori del

mos maiorum?

c Quale ambiente sociale e quale situazione storica ha prodotto una tale figura femminile?

dA tuo parere, a quali donne romane si è ispirato Petronio per creare il personaggio di Fortunata?

Tu lo sai che non racconto balle. Agatone, il profumiere qui della signora, mi ha preso da

parte, e me l’ha detto chiaro: “Ma per piacere, non la lascerai mica finire la tua schiatta”. Ma

io, per fare l’uomo tuttocuore e non sembrare un tipo leggero, mi sono dato la zappa sui

piedi. Va bene, ma ti farò venire poi a cercarmi raspando per terra con le unghie. E perché

t’entri subito in testa che bel guadagno hai fatto, Abinna, tu la sua statua nel mio mausoleo

ti proibisco di mettercela, per non dover litigare anche dopo morto. Anzi, perché sappia

che io posso anche fare il duro, non voglio che mi bacia, da morto».

(trad. di L. Canali)

Natura morta con galli proveniente dalla casa dei Vettii a Pompei (Napoli, Museo Archeologico Nazionale).

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