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Grande esponente della corrente critica nota come “stilistica”, Erich Auerbach – tedesco di origine e insegnante di ro- manistica alla Yale University – fu autore, tra l’altro, di Mimesis, una fondamentale raccolta di saggi dedicati allo stu- dio del realismo nella letteratura occidentale (E. Auerbach, Mimesis. Il realismo nella letteratura occidentale, To- rino, Einaudi, 1956). Nel percorso da lui tracciato, un saggio particolare, intitolato Fortunata, è dedicato al romanzo di Petronio, e prende le mosse proprio dalla descrizione della moglie di Trimalchione che abbiamo appena esaminato. Nella prima parte del saggio Auerbach sostiene che Petronio, attraverso la sua tecnica narrativa, incarni «il limite estremo a cui sia arrivato il realismo antico» nella rappresentazione di un personaggio e di un mondo, con tutti i pregi e i difetti che questo comporta. Vediamo, in sintesi, quali sono le principali osservazioni del critico tedesco.

Il punto di vista interno

Anzitutto per Auerbach è geniale (e gravida di conseguenze) la trovata di far descrivere i convitati e il mondo di Trimalchione da uno dei partecipanti al banchetto, trasferendo all’interno della narrazione il punto di vista e il giudizio implicito:

«L’interrogato non parla soltanto della donna di cui Encolpio ha chiesto, ma anche dell’ospite e di pa- recchi altri presenti, e descrive inoltre anche se stesso. La sua lingua e i suoi giudizi ci danno un’idea chiara del suo carattere. Il suo linguaggio è quello un po’ becero e sner- vato d’un mercante cittadino incolto, pieno di frasi fatte [...], e vi si sente il tono sanguigno con cui vengono espressi sentimenti vivaci ma triviali: stupore, meraviglia, protesta- zioni, alzar di spalle, importanza; in breve, nel suo linguaggio le tam dulces fabulae, come vengono chiamate subito dopo, si tradiscono in- confondibilmente per quello che sono, e cioè un volgare pettegolezzo, ma- gari per buona parte vero. E nello stesso tempo rivelano chi sia colui che lo fa, vale a dire un uomo che si trova completamente al suo posto nell’ambiente che descrive. Di ciò fanno testimonianza anche i suoi giudizi. Infatti, a base di tutte le sue parole sta la convinzione che la ricchezza sia il bene maggiore, quanto maggiore tanto meglio (tanta est animi beatitudo), che la bontà della vita non stia che nell’abbondanza di ottime cose e nello sguazzarvi, e che ogni uomo, com’è perfettamente naturale, agisca per il suo utile. E con tutto ciò non è egli stesso che un piccolo uomo, pieno di rispetto e di ammirazione per i ricchissimi. Così dunque costui descrive non soltanto Fortunata, Trimalchione e i suoi commensali, ma, senza saperlo, anche se stesso. [...].

Il procedimento conduce a un’illusione di vita più sensibile e concreta, in quanto, descrivendo il vi- cino di tavola la compagnia a cui egli stesso appartiene, il punto di vista viene portato dentro all’im- magine, e questa ne guadagna in profondità così da sembrare che da uno dei suoi luoghi esca la luce da cui è illuminata. Non altrimenti fanno gli scrittori moderni [...].

Il metodo di Petronio è dunque altamente artificioso e, qualora non abbia avuto nessun precursore, geniale: i banchettanti vengono giudicati con il loro stesso metro; questo metro è condannato per il solo fatto che prende voce, e inoltre la qualità plebea di questi nuovi ricchi viene illuminata cruda- mente dal fatto che se ne possa parlare così, alla loro propria tavola».

Vicende mutevoli dentro un mondo immutabile

Attraverso questo meccanismo narrativo – sostiene Auerbach – viene illustrato un mondo i cui com- ponenti non credono in una vera e propria evoluzione storica (uno dei limiti del realismo nella lette- ratura classica), ma solo in un alternarsi di fortuna e sfortuna (soprattutto economica), che genera vi- cende rapidamente mutevoli dentro un mondo immutabile:

«Con ciò si suscita assai meno l’impressione della trasformazione storica quanto piuttosto l’illusione di un’immutabile saldezza della struttura sociale, accanto alla quale il mutarsi delle persone e dei loro destini sembra relativamente senza importanza. Il vicino di tavola (e in questo, come in tutto quello che dice, si sente esattamente uguale agli altri della sua specie) ha in testa proprio la trasformazione, il APPROFONDIMENTO

Coppa in argento sbalzato in cui sono raffigurate vivande (Boscoreale, Antiquarium Nazionale).

cambiamento di fortuna. Egli concepisce il mondo in movimento continuo, non vi è nulla di sicuro, ma soprat- tutto la ricchezza e la posizione sociale sono estrema- mente instabili. Il suo senso storico è unilaterale, poiché s’aggira soltanto intorno al denaro, ma è sincero; anche gli altri commensali finiscono sempre per parlare dell’in- stabilità della vita. Ciò che l’interessa è la fluttuazione della ricchezza, e il maggior apprendimento, suo e di quelli come lui, è di diffidare d’ogni stabilità. Si è schiavi, facchini, cinedi; si è battuti, venduti e spediti lontano, e a un tratto si è ricchi possidenti e finanzieri nel lusso più pazzesco; domani potrebbe di nuovo essere tutto finito. Naturalmente egli si domanda: et modo, modo quid fuit? Questa non è, o non è soltanto, invidia e dispetto – in fondo è un bonaccione; quanto egli dice risponde a un suo vero e profondo interesse. Ora si sa che il mutamento di fortuna nella letteratura antica ha in genere un posto notevolissimo e che anche la morale filosofica si fonda so- vente su di esso. Ma, ed è cosa abbastanza strana, soltanto di rado produce l’impressione di vita storica [...].

Nella rappresentazione letteraria classica il cambiamento di fortuna ha quasi sempre la forma d’un destino irrom- pente dal di fuori in una cerchia delimitata, non quello d’un destino che nasce dai moti interni del mondo sto- rico [...]. In quest’opera di Petronio predomina ciò che è supremamente pratico e terreno, e dunque i cambiamenti di sorte veduti come storia interna».

La rappresentazione realistica

«E con ciò arriviamo [...] alla più importante particolarità del banchetto petroniano: più che qualun- que altro scritto dell’antichità esso si avvicina alla concezione moderna della rappresentazione reali- stica, e non tanto per l’umiltà dell’argomento, quanto per la descrizione precisa, non schematica, del- l’ambiente sociale. Le persone che si riuniscono presso Trimalchione sono liberti parvenus dell’Italia meridionale del primo secolo, dei quali hanno le idee e la lingua non letterariamente stilizzata; tutte cose che si trovano difficilmente altrove».

Infatti – spiega Auerbach – la commedia antica è a suo modo realistica, ma molto generica e schema- tica nel tratteggiare l’ambiente sociale; la satira è meno rappresentativa ed è finalizzata alla morale; il romanzo di tradizione ellenistica è stilizzato e zeppo di magia e fantasia, nonché scritto in lingua an- tirealistica e retorica.

Petronio invece «come un realista moderno, pone la sua ambizione artistica nell’imitare senza stiliz- zazione un qualsiasi ambiente d’ogni giorno e contemporaneo, e nel far parlare alle persone il loro gergo. Con ciò raggiunge il limite estremo a cui sia arrivato il realismo antico [...]. Se dunque Petro- nio ci mostra i limiti estremi raggiunti dal realismo antico, si può dalla sua opera anche conoscere quello che tale realismo non poteva o non voleva dare. La cena è un’opera di carattere puramente co- mico. I personaggi che vi compaiono sono, sia singolarmente che nei legami con l’insieme, mantenuti coscientemente e secondo un criterio unitario nel gradino stilistico più basso, tanto per la lingua quanto per il modo in cui sono visti; a ciò si collega necessariamente il fatto che tutto quello che, psi- cologicamente o sociologicamente, accenna a sviluppi seri o addirittura tragici, deve essere tenuto lon- tano, ché altrimenti distruggerebbe lo stile sotto un peso eccessivo».

Solo l’avvento del cristianesimo – come mette in luce Auerbach nella seconda parte del saggio – por- terà a rompere questo vincolo, che relega la rappresentazione umile e quotidiana al livello stilistico del comico, permettendo di individuare anche in essa tutto ciò che di serio e drammatico esiste nella vita umana e aprendo anche a essa le porte del tragico.

Affresco pompeiano che raffigura l’interno di un lussuoso edificio di età imperiale (Napoli, Museo Archeologico Nazionale).

TESTO 2

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