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Prendere parte al progetto della societ`a entro cui l’essere umano vive, signi- fica aver a che fare con l’altro, perch´e la societ`a `e composta di tanti esseri umani altro da me.

Bisogner`a stabilire chi `e l’altro per ogni uomo, quale posto appartiene nella vita di ognuno. L’altro non `e solamente un dover essere ma principal- mente un essere e come tale mi interpella, mi pone delle domande a cui devo eticamente rispondere.

Certamente `e innegabile la realt`a dell’esistenza dell’altro e pertanto `e un dover essere che oltrepassa la volont`a di ognuno `e qualcosa di reale che richiama ad un dovere. Ma oltre la volont`a e il dovere `e un essere che ha la necessit`a e il diritto di essere riconosciuto, che domanda ad ogni altro essere che sta di fronte di partecipare allo svolgersi della propria esistenza come individuo che rientra in un progetto di vita profondo di ogni individuo verso il suo simile.

L’altro diventa dunque, lo scopo del vivere di tutti perch´e nessuno pu`o esimersi dal compito di essere per lui e di lui responsabile.

Ogni azione dell’individuo non `e separata e fine a s´e stessa ma ha per natura un rapporto profondo con ci`o che circonda ogni abitante umano della terra.

Lo scopo delle azioni non `e sempre una scelta, ma se `e vero che l’uomo si distingue dagli altri esseri viventi della terra perch´e `e dotato di intelligenza, perch´e ha la facolt`a di ragionare e di conseguenza di poter scegliere, allora anche lo scopo del suo agire non `e solo dovere ma ha in s´e la volont`a di un certo agire piuttosto che di un altro e dunque diventa di per s´e una scelta.

Si tratta di saper valutare, dare quel valore che tiene in s´e il principio della morale, la quale, a sua volta impone di dare delle risposte alle leggi scritte dall’uomo e, allo stesso tempo, sono quelle leggi che permettono di agire per il bene migliore, per s´e stesso e per il bene dell’altro.

L’uomo, a questo punto ha la possibilit`a di guardare fuori da s´e stesso, non pu`o solamente affidarsi alle leggi scritte, alla bella eticit`a stabilita, dentro cui essere tranquillo perch´e i dettami etico-morali sono preconfezionati da altri

e comodamente sono stati pensati anche per lui.

Questo pu`o essere considerato nei caratteri di una mera de - responsabi- lizzazione rispetto a s´e stesso. Ora, l’uomo intellettuale, diventato padrone del suo destino, dovr`a dare alle proprie azioni il valore che lui stesso ritiene giusto, considerandole ragionevolmente distanti dai propri meri desideri.

Sulla questione del desiderio, che verr`a trattata in seguito, per ora ci si limita a dire che `e determinante nelle scelte rispetto agli scopi delle azioni, `e determinante rispetto al chiedersi perch´e si fa quello che si fa?

Perch´e spesso ci`o non coincide col desiderio e il ragionare su esso porta a considerare se, oltre a ci`o che si desidera, c’`e altro per cui vale la pena di agire in un determinato modo.

A questo punto non si pu`o fare a meno della volont`a, essa diventa la pul- sione verso la possibilit`a di comprendere ragionevolmente il perch´e dell’agire dell’uno e dell’agire dell’altro e dell’agire nella reciprocit`a.

In questo modo si potr`a pensare che ognuno pu`o agire o non agire per il bene.

Si concorda certamente con Jonas quando dice:

Noi non rinunciamo a fare distinzione fra scopi che sono do- tati o meno di valore, indipendentemente dalla realizzazione o meno dei desideri. (...) Ma quello che `e davvero degno dei miei sforzi dovrebbe diventare anche per me ci`o per cui vale la pena ad essere perci`o scelto da me come scopo. Valere <davvero> la pena sta ora a significare che l’oggetto degli sforzi `e buono.9

La responsabilit`a, a questo punto, `e ci`o per cui `e possibile scegliere, ci`o per cui le azioni sono tali perch´e corrispondono a regole morali non imposte ma fatte proprie, dove, chi abita il mondo, non `e soltanto il mio essere narcisistico ma una infinit`a di altri esseri viventi e, ancor di pi`u, il mio vicino, quello pi`u prossimo a me.

Nel tempo della tecnica e della scienza, ancor di pi`u la responsabilit`a si fa avanti come una garanzia, un valore aggiunto perch´e traccia il limite sul ci`o che si `e portati a fare e su ci`o che `e lecito fare.

Partendo dal presupposto che il progresso `e innegabile e inevitabile perch´e `e dell’attitudine dell’umano procedere sempre in avanti, anche se alle volte si `e portati a guardare con una certa nostalgia il tempo in cui tutto accadeva senza l’intervento dell’uomo.

Nello stesso tempo non si pu`o nemmeno ignorare lo sgomento provoca- to dalla natura stessa quando l’uomo si sentiva e alle volte ancora si sente, da essa dominato e impotente quando si manifestava e ancora si manifesta, attraverso alcuni fenomeni. Come non si pu`o ignorare, per esempio, che la malattia, quando colpisce, prostra l’essere umano rendendolo debole e indi- feso e nello stesso tempo bisognoso dell’altro essere umano al quale chieder`a che si adoperi per essere curato?

Una mescolanza di sentimenti contrastanti portano ora da una parte, ora dall’altra, ora a scegliere di stare con la natura, ora ad essere terrorizzati di fronte al pericolo e alla paura della morte e cercare tutti i mezzi per poterla evitare.

Non sempre scegliere e mantenersi nelle proprie scelte risulta cosa facile.