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Dunque, se un bene `e bene in s´e e prescinde da qualsiasi atto di volont`a, da qualsiasi desiderio, da ogni ragionamento su ci`o che `e lecito o non lecito, dunque, se si afferma questo: l’essere sar`a un dover essere.

Un essere cos`ı come si presenta, sar`a un dato di fatto insostituibile dentro un sistema non modificabile, dove non vi `e responsabilit`a del singolo, dove essa decade e tutto rimane dentro il de facto.

Tutto ci`o pu`o dare la sensazione di fatalit`a che mal si addice all’intelli- genza dell’uomo.

Ma l’uomo esiste, esiste per il dover essere e per la capacit`a di trasformare ci`o che gli sta intorno e la possibilit`a di trasformare s´e stesso. Questa tra-

sformabilit`a come possibilit`a dell’essere umano, incontra l’esistenza primaria dello scopo.

Lo scopo `e ci`o per cui una cosa esiste, e per la sua realizzazione o conserva- zione si compie e si sviluppa un processo necessario di trasformazione, affinch´e l’azione che si compie possa dare risposta ad un interrogativo fondamentale: per che cosa?

Ma le domande dell’essere intellettuale di fronte a ci`o che si compie pos- sono essere molteplici e tutte con pari dignit`a, avere risposta pu`o dare valore a tutto il processo che si sta compiendo, in particolare sul perch´e la trasfor- mabilit`a avviene su due livelli, ci`o che `e della trasformazione naturale e ci`o che `e della trasformazione indotta dall’uomo.

Questo avviene anche per lo scopo? Dice Jonas:

In questo senso, ogni essere che sente e ambisce, non `e sol- tanto uno scopo della natura, ma `e anche un fine in s´e stesso, e cio`e il proprio fine.6

Cercare risposte, dare significato, comprendere il valore, pu`o essere stato il motivo che ha portato ad una radicale capovolgimento dell’agire dell’uomo visto che egli, dopo secoli di assoggettamento alla natura, ha messo in atto ci`o che sa fare. `E una posizione della libert`a che porta all’arbitrio? Si pu`o rispondere positivamente ma non `e l’unico motivo.

Jonas da un’ulteriore e significativa spiegazione: il fatto che l’essere vi- vente sia scopo a s´e stesso, non significa ancora che possa porsi dei fini: esso li ha dalla natura, al servizio del suo essere fine a s´e stesso involontario. Qualsiasi possibilit`a di servire anche ai fini di altri esseri, persino nel caso della propria prole, `e racchiusa soltanto in modo indiretto, e condizionato dall’ereditariet`a, nel perseguimento del fine proprio, gli scopi vitali sono dal punto di vista del soggetto, egoistici. Soltanto la libert`a umana consente di porre e di scegliere degli scopi e quindi di includere intenzionalmente altri scopi in quelli immediatamente propri, fino alla loro totale e incondizionata appropriazione.

Si prenda ora in considerazione, tanto per fare un esempio, che solo un secolo fa o poco pi`u, la mortalit`a infantile era pari ad un bambini su quattro, che a tal fine era necessario mettere al mondo tanti figli per assicurarsi la continuazione della famiglia. Nello stesso tempo si dovr`a considerare che, proprio per natura, le madri si vedevano portar via cos`ı prematuramente i propri figli e certamente, essendo esse esseri intelligenti, provavano lo stesso immutato dolore accompagnato da un desolante senso di impotenza.

Alla luce di ci`o, si pu`o in qualche modo motivare, se non giustificare, che attraverso la sua propria capacita, l’uomo abbia messo in atto tutto ci`o che e capace di fare e dunque, si potr`a considerare il cambiamento del suo posto nel mondo che ora `e quello di dominare la natura attraverso la scienza e la tecnica. Questa, per ora pu`o essere valutata solo come ipotesi.

Ritornando a Jonas quando parla del s`ı alla vita, egli afferma con forza che l’essere esiste, ed esiste per natura e il s`ı alla vita diventa un no al non essere.

La modalit`a del suo essere `e la conservazione tramite l’azio- ne. Il s`ı di ogni aspirazione `e qui radicalizzato per mezzo del no attivo al non essere. Mediante la negazione al non essere l’essere diventa l’istanza positiva, cio`e la scelta permanente di s´e stesso. La vita in quanto tale, nel pericolo del non-essere che `e imma- nente alla sua esistenza, `e l’espressione di quella scelta.7

Ora, alla luce di ci`o, il s`ı `e il motivo dell’esistenza, `e un s`ı significativo, nella misura in cui `e anche la scelta della libert`a. Sar`a una libert`a dell’agire nella responsabilit`a o sar`a un agire per i propri interessi, questo `e il quesito che ogni essere umano `e chiamato a rispondere per s´e e per gli altri.

Sar`a possibile ancora riflettere sui vari processi che vedono coinvolti il bene come risultato di una volont`a. Jonas ci dice che ci`o `e intaccabile perch´e molto spesso interviene quello che l’autore chiama autoinganno della morale, derivante a sua volta dall’auto-soddisfacimento, dovuto all’impulso originario in cui possono rientrare la volont`a di potenza, il principio del piacere. Tutto

ci`o dovr`a, ancora una volta e per molte altre volte ancora, essere riportato all’interrogazione sul significato del bene e del valore.

Si pu`o considerare il valore e il bene come lo scopo fondamentale del vivere eticamente?

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E da considerare ora, lo scopo del bene come ci`o che avviene per natura, e quindi `e lo scopo naturale che non ha bisogno di scelte, e lo scopo come ci`o che proviene dal desiderio dell’individuo, con una definizione di valore che si avvicina pi`u a ci`o che pu`o derivare dall’intelligenza e dalla raziona- lit`a dell’umano. Quest’ultimo si pone delle domande umane: come, perch´e, quanto. Questo `e legato a sua volta al desiderio se `e pi`u o meno conveniente per s´e stessi e, a sua volta, si lega alla volont`a e alla libert`a dell’azione del singolo che prende parte ad un progetto ampio che `e quello della societ`a e della cultura in cui vive.

Mi prefiggo qualcosa come scopo perch´e ha qualche valore per me, oppure ha un qualche valore per me perch´e ancor prima di ogni scelta, `e stato prefisso come scopo dalla mia natura bisogno- sa.8

A questo punto si comincia a fare la differenza tra ci`o che `e per natura e ci`o che `e per volont`a autonoma anche se ancora mascherata dall’essere bisognoso. Naturalmente i fini non sono necessariamente scelti e tanto meno lo sono valutandoli comparativamente: l’agire in quanto tale `e guidato da scopi, anche prima di ogni scelta, e dato che gli scopi elementari, e l’avere degli scopi in quanto tali, ci sono inculcati dalle necessit`a della nostra natura, quando sono accompagnati dal piacere acquistano valore anche soggettivamente.

Ma la presente discussione ha a che vedere con la sfera umana degli scopi scelti, in cui il volere non `e semplicemente una creatura dello scopo dato, ma in un certo senso lo scopo, in quanto mio, `e una creatura del volere.

Persino in quanto ambito del valore dello scopo, correlato dal desiderio, `e predeterminato in modi molteplici: dalla vita istintuale dall’ambiente, dal modello, dall’abitudine, dall’opinione e dal modello.