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Desiderio e paura nelle questioni di responsabilit` a

Si `e parlato di diritto, si `e parlato di cura, si `e parlato di speranza, si `e parlato di desiderio, perch´e ora parlare di paura?

Seguendo e prendendo come paradigma il pensiero di Jonas, ecco che egli indica la paura come primo dovere dell’etica della responsabilit`a.

Nell’esprimere questo pensiero si ritiene che Jonas abbia veramente avuto una intuizione geniale.

Si pu`o ben dire che in questo concetto si racchiude un mondo!

La paura lega gli uomini alla vita, alla loro vita e alla vita degli altri, spingendoli ad agire per gli altri.

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E un pensiero filosofico che oltrepassa ogni altro sentimento e d`a ad ognu- no quel senso di incertezza che permette in ogni momento la ricerca del superamento con la speranza di ritrovare la certezza.

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E qui che si ritrova il senso profondo della responsabilit`a che non diventa mai statica, passiva, ma conserva un movimento dinamico che segue il mu-

tare degli eventi senza per questo perdersi o cambiare i suoi valori, restando conforme a ci`o per cui `e stata chiamata.

La certezza, tuttavia, `e irraggiungibile e la paura alimenter`a l’agire: Quando parliamo della paura che per natura fa parte del- la responsabilit`a, non intendiamo la paura che dissuade dall’azio- ne, ma quella che esorta a compierla; intendiamo la paura per l’oggetto della responsabilit`a.9

Ci si potrebbe accontentare di accettare ci`o che dice Jonas rispetto all’e- mozione della paura ma non basta; per poter comprenderne a pieno questi aspetti `e necessario approfondire.

Il sentimento della paura, nonostante Jonas la voglia descrivere come ci`o che pu`o pi`u di ogni altra cosa alimentare la speranza, mantiene i suoi aspetti di pericolosit`a.

Come gi`a detto riguardo il desiderio, anche la paura `e un sentimento che `e stato trattato fin dall’antichit`a ed `e stato legato al sentimento del desiderio. Questo si evidenzia in particolare quando Lucrezio, nel De Rerum Natura parlando del piacere, del dolore della paura della morte, della paura degli dei, scende in qualche modo a considerare l’uomo nelle sue precariet`a. Con ci`o, egli non parla solamente degli uomini del sapere, considerati saggi, ma fa emergere un senso di piet`a anche nei confronti degli uomini non saggi, per i quali la vita appare senza luce.

Lucrezio usa termini duri verso i desideri smodati che sono il frutto della paura.

Dunque di che tipo di mali si tratta? Non certamente di ci`o che pu`o accadere arbitrariamente o fortuitamente perch´e di questi mali nessuno `e libero, si tratter`a piuttosto di una mala sorte evitabile, quella per cui uno deve proprio andarla a cercare. Possiamo trarre esempio dal navigare: per i romani ancor pi`u che per i greci, il navigare era andare contro la natura e per questo l’atto del navigare poteva essere uno dei desideri irresponsabili che procuravano quel tipo di mali che potavano essere evitati.

I pericoli del mare sono considerati come la punizione all’avidit`a umana: natura insidians pontum subtravit avaris, la natura ha dispiegato il mare agli avidi per insidiarli.10

Lucrezio `e in accordo con la concezione letteraria romana, sono a confer- mare ci`o i due passaggi importanti della sua opera:

(...) ma come quando per il verificarsi di molti naufragi il vasto mare suole rigettare su tutte le rive

banchi, scafi, antenne, prue, alberi,

remi alla deriva, cos`ı che si possano scorgere fluttuanti aplustri, avvertimento offerto agli uomini

affinch´e vogliano evitare le insidie, la violenza, gli inganni dell’infido mare e mai gli portino fede

quando sorride la subdola bonaccia dalle placide acque.11

E ancora:

La funesta arte del navigare giaceva nelle tenebre. Allora la penuria di cibo conduceva a morte le membra consunte, adesso le sommerge l’eccesso dei beni.

Quelli spesso per ignoranza versavano veleno a s´e stessi, adesso pi`u accorti gli stessi lo somministrano ad altri.12

Non `e la vittima priva di soccorso che Lucrezio vede nel naufrago, bens`ı l’avido mercante che viene attirato dal mare e si espone ai suoi pericoli e dunque, paura e desiderio si incrociano tragicamente.

Possiamo anche pensare che Lucrezio volesse mettere in evidenza la dram- maticit`a dell’anima tormentata sotto le folate della passione concludendo che la tempesta `e sia il simbolo, sia la punizione, del desiderio smodato.

Perch´e parlare di tutto ci`o?

10D. Konstan, Lucrezio e la psicologia epicurea, Milano, V&P, 2007, citazione di Properzio, III 7.

11Lucrezio, De Rerum Natura, II, vv. 552-559. 12Ibidem, V, vv. 1006-1010.

Perch´e sembra una metafora che si adatta perfettamente con quanto si `e preso in esame.

La paura pu`o essere riportata a due categorie di uomini: la prima `e la paura rispetto alla responsabilit`a e di questo tratta Jonas:

L’individuo consapevole dovr`a ogni volta porsi nell’ottica di poter desiderare in seguito (col senno di poi) di non aver agito o agito diversamente, la paura non si riferisce a questa incer- tezza, oppure fa riferimento solo in quanto circostanza concomi- tante. Non permettere che la paura distolga l’agire, ma piuttosto sentirsi responsabili in anticipo per l’ignoto costituisce, davanti all’incertezza finale della speranza, proprio una condizione della responsabilit`a dell’agire: appunto quel che si definisce il coraggio della responsabilit`a13

La seconda categoria di paura pu`o essere considerata dal punto di vista non solo della responsabilit`a ma anche di chi la paura la vive con senso di minorit`a. Questa paura pu`o avere come conseguenza ci`o di cui ha parlato Lucrezio: ricerca di qualsiasi elemento che possa far sentire meno impotenti. Le sfide della scienza e della tecnica possono essere riportate alla metafora del navigare nell’infido mare.

La paura dovr`a essere considerata anche come buona consigliera, ma nello stesso tempo si dovr`a fare attenzione alle trasformazioni della paura stessa.

Per concludere questo paragrafo si fa riferimento ancora a quanto dice Jonas:

Ma la paura `e gi`a racchiusa potenzialmente nella questione originaria da cui si pu`o immaginare scaturisca ogni responsa- bilit`a attiva: che cosa capiterebbe a quell’essere, se io non mi prendo cura di lui? Quanto pi`u oscura `e la risposta, tanto pi`u nitidamente delineata `e la responsabilit`a.14

13H. Jonas, Il principio responsabilit`a, Torino, Einaudi, 2009, pag. 285. 14Ibidem, pag. 285.

La responsabilit`a dovr`a incontrare la paura dell’altro che nella sua vulne- rabilit`a attende di essere rassicurato, accolto e ascoltato da chi, a sua volta, si chiede responsabilmente cosa accadrebbe a questo altro se non ci si prendesse cura di lui. Questa persona responsabile pu`o essere vista nel professionista, considerato come che colui che professa con responsabilit`a ci`o di cui `e capace, ci`o di cui ha potere.

Questa rassicurazione dovrebbe anche aiutare l’essere umano in difficolt`a nelle sue scelte per una vita degna di essere vissuta.