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Ovvero, il diritto dell’uomo per l’uomo, cos`ı si pu`o sottotitolare questo pa- ragrafo.

Si ritorna al principio della responsabilit`a e della reciprocit`a che la con- traddistingue, nonostante le varie difficolt`a si dovr`a evitare di ancorarsi ad alibi di tipo sociale, si dovr`a evitare di cadere nei luoghi comuni, di dovr`a evitare di accusare o di respingere le possibilit`a che restano tali a prescindere dai nuovi modelli di societ`a. Possono essere accadute tutte le atrocit`a possi- bili ma nulla giustificherebbe la mancata e reciproca responsabilit`a dell’uomo per l’uomo, per quell’uomo cos`ı come la natura lo ha collocato nel mondo.

Si dovr`a giungere, per meglio comprendere, al rapporto fra i due attori, uomo-uomo, dentro il flusso costante della vita e, con essa, della responsa- bilit`a di fronte a questo atto insostituibile che `e la vita e del suo diritto ad esserci per l’essere.

In ogni caso, qualsiasi siano le condizioni del contesto, la vita umana, l’esistenza, ha sempre la precedenza, e Jonas definisce ci`o una possibilit`a autovincolante e nulla pu`o distogliere l’esistenza dal poter esistere.

Il rapporto che si instaura tra due individui procede naturalmente, in un rapporto asimmetrico tra soggetto e oggetto7. `E un rapporto dell’uomo

per l’uomo dove `e primaria la reciprocit`a, ma il soggetto, quale responsabile dell’altro, `e anche lui stesso oggetto di responsabilit`a di altri.

Jonas dice anche che, vivendo fra esseri umani, ognuno ha avuto modo di sperimentare la responsabilit`a ricevuta da altri. L’esperienza vissuta non pu`o essere cancellata, `e forse questo che intende Jonas, l’esperienza `e engrammata in ognuno nella misura in cui in un momento della vita qualcuno si `e preso in carico la vita dell’altro.

L’engramma di cui si parla `e da ricercare in un ipotetico elemento neu- robiologico che consentirebbe alla memoria di ricordare ed immagazzinare fatti e sensazioni, risultando come traccia mnemonica che si organizza nel sistema nervoso come conseguenza di processi di esperienza, in particolare se vissuti a stretto contatto con quella precariet`a naturale che contraddistingue e accomuna tutti gli esseri umani.

Jonas non parla esplicitamente di questo ma nel suo scritto si pu`o intra- vedere concetti simili in particolare perch´e parla di potenzialit`a.

Ci`o che contrassegna l’uomo, e cio`e che soltanto lui pu`o avere una responsabilit`a, significa contemporaneamente che egli la de- ve avere anche per i suoi simili, essi stessi soggetti potenziali di responsabilit`a, e che, in un modo o nell’altro, gi`a la possiede: la capacit`a di averla `e la condizione sufficiente della sua attuazione.8

Partendo da questi presupposti `e facile comprendere che la prerogativa di ogni essere umano `e la responsabilit`a che emerge in ogni e qualsiasi relazione, la potenzialit`a che `e insita in lui, lo mette come aspirante alla responsabilit`a e, senza pregiudizio alcuno quando egli si trova di fronte a qualsiasi individuo e di qualsiasi et`a.

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E importante ricordare che, partendo dal presupposto che gli uomini sono tutti uguali, `e necessario anche dire che sono uguali perch´e hanno tutti gli

7Sembrer`a inopportuno parlare di uno dei due esseri come un oggetto, seguendo i vari ragionamenti si potr`a capire il perch´e.

stessi diritti e le stesse opportunit`a rispetto alla vita e perch´e la loro esistenza `e un dover essere naturale.

Nel ritornare sul principio di responsabilit`a cos`ı come `e stato determina- to da Jonas, il suo significato si riassume in un atto che va oltre il dovere morale o arbitrario dell’individuo e non `e nemmeno dettato da una qual si voglia attitudine di benevolenza, perch´e ognuno ha in s´e il potere di essere responsabile.

Dunque, essendo la responsabilit`a un correlato del potere la nuova etica cos`ı come proposto dallo stesso autore de Il principio responsabilit`a, ribalta il detto kantiano “puoi, dunque devi” nel “devi, dunque fai, dunque puoi”.

Detto ci`o, ora si pone la domanda: perch´e Jonas ad un certo punto nella trattazione della sua tesi parla del “bambino come l’oggetto originario della responsabilit`a”9?

Jonas parla di responsabilit`a dei genitori come dell’archetipo atemporale di ogni responsabilit`a; si potrebbe dire lo stesso anche di ogni ambiente abitato dal bambino che in egual misura dovr`a rendersi responsabile di un essere che `e, e il dover essere di quel `e.

Il concetto di responsabilit`a implica quello del dover essere, anzitutto come normativit`a dell’essere di qualcosa e poi come normativit`a dell’agire di qualcuno in risposta a quella norma- tivit`a dell’essere. Il diritto intrinseco dell’oggetto ha quindi la priorit`a.10

Volendo in qualche modo dare significato al termine normativit`a vediamo che essa pervade le nostre vite. Nell’agire quotidiano ci scopriamo soggetti a regole e norme di comportamento, linguaggio e pensiero che avvertiamo ineludibili.

In ambito morale la normativit`a di tali vincoli assume un rilievo addirit- tura paradigmatico. Diciamo di sentirci in dovere di fare e dire qualcosa o di essere obbligati da una situazione o verso qualcuno.

9Ibidem, pag. 162. 10Ibidem, pag. 162.

In principio, considerando il bambino che da parte sua `e dentro la nor- mativa che stabilisce l’`e dell’essere, certamente il dover essere del neonato implica la responsabilit`a verso di lui.

Il bambino esiste, pertanto si dovr`a passare da un dover essere per lui, concetto della teoria morale, ad un volere che `e uno dei presupposti della re- sponsabilit`a. Come dire, l’essere del bambino, cos`ı com’`e nella sua indigenza momentanea ma naturale, non pu`o essere ignorato, egli `e per natura, e la natura non deve chiedere il permesso a nessuno quando d`a la possibilit`a di essere ad un essere cos`ı come si presenta.

Ma si pu`o ancora chiedere perch´e il paradigma di tutto ci`o `e il bambino? La risposta pu`o essere che, a differenza di tutti gli altri esseri viventi sulla terra `e privo di possibilit`a di sopravvivenza se qualcuno non si prende cura di lui.

Egli `e gettato nel mondo come un’astronauta senza tuta. `E spoglio di qualsiasi difesa e privo di un contenitore stabile che in seguito si andr`a a formare attraverso la maturazione psicofisica che sar`a anch’essa determinata, in gran parte, direttamente dall’ambiente che lo circonda, ambiente costituito da oggetti e da uomini. Questi ultimi, gli uomini hanno gi`a superato la fase in cui qualcuno `e stato responsabile di ognuno di loro. Ora tocca a ogni individuo adulto rendersi responsabile del neonato, per la sua sopravvivenza, per il suo futuro e per la conservazione della specie umana. Il bambino, guardato sul piano ontico, cos`ı come la natura lo ho posto nel mondo, `e nell’attesa di trovare chi si rende responsabile di lui.

C’`e da aggiungere che, questo essere nudo che per la scienza, come af- ferma Jonas, `e un conglomerato di cellule, `e un essere vivente umano che non ha l’unico scopo di riprodursi bens`ı di diventare uno dei tanti uomini che ripeteranno ad altri neonati quello che `e stato fatto a lui. Certamente l’essere immaturo che a prima vista si presenta, non ha molte possibilit`a di fare domande al suo interlocutore ma non ha nemmeno assunto ancora il concetto di libert`a e dunque la possibilit`a di poter scegliere; ha in s´e per`o ben chiaro il concetto di abbandono.

Questo dovr`a bastare, questo dovr`a consentire una visione che va oltre l’evidente, che va oltre ci`o che la scienza vede. Si dovranno scoprire i tratti di

un dover essere dell’essere e trovare in questo piccolo essere (insignificante) il rappresentante dell’oggetto originale di ogni responsabilit`a.

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E il banco di prova della responsabilit`a, cos`ı come la significa Jonas ma totalmente condivisibile.

La natura chiede il passaggio dal dover essere irresistibile ad un essere necessario.

Nel dover essere necessario, possiamo incontrare l’appello che il bambino lancia al mondo, che diventa un appello necessario affinch´e qualcuno si prenda cura di lui e, nella stessa misura, `e imprescindibile il dover rispondere.

Jonas dice:

Vorrei precisare, che non si tratta di implorazione all’ambien- te “prendetevi cura di me” (...) e neppure di compassione, piet`a o di qualunque sentimento possa subentrare da parte nostra e nem- meno di amore. Intendo sostenere davvero in senso stretto che qui l’essere di un ente, sul semplice piano ontico, postula in mo- do immanente ed evidente un dovere degli altri; e lo postulerebbe anche se la natura non venisse in soccorso di questo dovere con la forza degli istinti e dei sentimenti.11

Si coglie l’occasione di questa analisi per formulare un pensiero sull’essere del bambino che porta inevitabilmente a considerazioni pratiche, ma non meno importanti sul versante del dovere, a dare dei contenuti al concetto di responsabilit`a, portandosi sulla direzione dello spazio che la societ`a ha riservato al bambino stesso e in egual misura ad ogni essere vulnerabile.

E non pu`o mancare una critica alla scienza ed alla tecnica moderna che pensa all’essere solamente nei suoi tratti evidenti di vita biologica.

Come dire che la scienza `e sorda rispetto alla responsabilit`a, la scienza rientra in un meccanismo che non si confronta con l’essere dell’uomo nei suoi aspetti astratti del dover essere.