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I. La migrazione femminile

I.3. L’ambivalenza della migrazione femminile nella corporeità della donna

Nonostante oggi si trascorre la vita in una società che fornisce tutti gli strumenti per comprendere in profondità gli oggetti, i processi materiali e relazionali che la caratterizzano, spesso si tende a darli per scontati o non se ne riconosce il nesso adeguato con il modo di produzione.

Come Karl Marx sosteneva, forse non si riesce ancora a svelare il valore feticistico dell’oggetto, che è posto sul mercato per essere comprato, venduto e scambiato. In altre parole i soggetti non sono ancora in grado di riconoscere il processo di valorizzazione che si nasconde dietro all’aspetto nel momento in cui si pone quale merce.

Ad esempio, molte volte gli individui si comportano nei confronti dei processi sociali che li riguardano, allo stesso modo degli agenti economici, quali i consumatori o i produttori che descriveva Marx. Cioè gli attori sociali non riescono a percepirli nella loro complessità, così come i consumatori non riuscivano a svelare lo sfruttamento del lavoro che stava dietro al processo produttivo di un oggetto e che generava la ricchezza borghese, poiché era occultato dai rapporti di produzione capitalistici. Così spesso le persone si accontentano di rimanere in superficie e perdono l’occasione di comprendere in profondità il mondo che le circonda, una competenza necessaria per sapersi muovere, oltreché vivere all’interno di esso.

Per analogia, si possono mettere in relazione i processi che caratterizzano il mero mercato, in cui sono presenti una domanda e un’offerta di beni e di servizi, che hanno un determinato prezzo e che vengono scambiati, con quelli del mercato dello sfruttamento della prostituzione femminile migrante, in cui ci sono una domanda e un’offerta di servizi sessuali a pagamento da parte di persone, che si comprano, si vendono e si scambiano.

In particolare quando un consumatore decide di comprare un oggetto tra tanti altri e che in qualche modo attira la sua attenzione, l’acquisto è invogliato dal piacere che egli prova nel momento in cui compra qualcosa e non dal mero acquisto di un oggetto; allo stesso modo i clienti delle prostitute sono affascinati dal poter scegliere fra una serie di ragazze e di donne, che si prostituiscono sulla strada così come su Internet e nei confronti delle quali sviluppano il desiderio di acquistare alcune prestazioni sessuali.

Infatti come sosteneva il sociologo Zygmunt Bauman: “i consumatori sono prima di tutto raccoglitori di sensazioni: sono collezionisti di cose solo in un senso secondario e derivato”.53

Più specificatamente secondo Marx, come nel mercato era fondamentale distinguere la collocazione del venditore rispetto ai mezzi di produzione, similmente lo è discernere quella della “sex worker” autonoma, la quale si comporta alla stregua dell’artigiano, il quale possedeva i mezzi di produzione e l’intero valore ottenuto sul mercato e gestiva il prezzo, dalla posizione della prostituta forzata, che è analoga a quella del lavoratore, in cui l’intermediario-borghese, ossia nel caso specifico della prostituta forzata lo sfruttatore o la sfruttatrice, si serve della sua forza lavoro, ma non ne riconosce a lei il valore del suo lavoro.

Quindi nel mercato dello sfruttamento della prostituzione femminile migrante si scambiano le persone, soprattutto le ragazze e le donne, in particolare migranti. Infatti spesso la merce principale che costituisce questo particolare mercato del lavoro sono proprio le ragazze e le donne migranti, ossia soggetti vulnerabili, poiché di frequente le loro sono storie difficili, fatte di povertà e caratterizzate da una violenza psicologica, fisica e sessuale.

Più specificatamente le ragazze e le donne migranti di frequente sono sottoposte nel corso del lungo viaggio dal paese di origine a quello di arrivo a delle condizioni caratterizzate dalla violenza, che causa una serie di traumi dal punto di vista psicologico e che si vanno ad aggiungere alla situazione di sofferenza che può essere indotta da ciò che il progetto migratorio stesso comporta per il migrante.

Ad esempio la donna migrante che è anche madre e che decide di partire per giungere nel paese di arrivo che ha scelto, lasciando nel paese di origine i propri figli, soffre per la distanza che la separa da loro.

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53. Zygmunt Bauman, “Dentro la globalizzazione. Le conseguenze per le persone” (Roma- Bari: Laterza, 2001), 93 cit. in Stefano Beccucci e Eleonora Garosi, “Corpi globali: la prostituzione in Italia” (Firenze: University Press, 2008), 107.

Quindi la migrazione “comporta, infatti, una ridefinizione dei ruoli individuali, familiari, sociali e un nuovo posizionamento nel contesto migratorio. Lo stesso stato di isolamento in cui spesso avviene la migrazione fragilizza ulteriormente la donna rispetto a possibili forme di violenza. Sono, in particolare, frequenti le violenze psicologiche, fisiche e sessuali, per coloro che vengono costrette alla prostituzione; in alcuni casi, esse sono sottoposte a forme di violenza considerate dei veri e propri riti di passaggio.”54

Inoltre può accadere che le ragazze e le donne migranti che lasciano il proprio paese di origine e che ottengono un lavoro nel paese di arrivo, si trovino ad esempio a dover accettare delle situazioni non regolari di lavoro che prevedono il fatto di vivere nella stessa casa del proprio datore di lavoro, di conseguenza possono essere soggette a delle forme di violenza.

In aggiunta la situazione delle donne migranti se sono sposate è ancora più complessa, in quanto il loro progetto migratorio può, oltre che influire sulla soggettività del migrante, determinare una riconfigurazione dei rapporti familiari.

In particolare le donne migranti che sono sposate cercano di negoziare e di condividere con il proprio marito il loro progetto migratorio, ma a volte quest’ultimo non lo approva, di conseguenza la donna migrante può essere vittima di condizioni di violenza all’interno delle mura domestiche.

Più specificatamente le principali cause della violenza all’interno della famiglia per le donne migranti sposate sono: “le criticità economiche, le criticità abitative, le criticità nell’assunzione di nuovi ruoli familiari determinati dalla migrazione e la perdita della posizione dominante sia in ambito familiare che sociale.”55

Tuttavia è possibile che la violenza si verifichi già all’interno della famiglia di origine della donna migrante.

Infatti “in alcuni contesti culturali la violenza è ancora accettata come una ‘normale’ modalità relazionale e non sempre le donne sono coscienti di ciò a cui sono sottoposte o hanno la consapevolezza che la loro situazione non sia la norma.”56

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54. Mara Tognetti Bordogna,“Donne e percorsi migratori. Per una sociologia delle migrazioni” (Milano: Franco Angeli, 2015), 157-158.

55. Ibid., 158. 56. Ibid.

Pertanto per le donne migranti è difficile uscire da una condizione di violenza esercitata all’interno della propria famiglia o durante lo svolgimento del loro lavoro, in quanto ad esempio a volte non riescono ad emanciparsi e continuano a essere dipendenti economicamente dal marito che non condivide il loro progetto migratorio. In aggiunta le ragazze e le donne migranti che purtroppo molte volte sono le principali vittime di questo processo connotato dalla violenza e che vengono condotte nel mercato della prostituzione, subiscono non solo una violenza fisica, psicologica e sessuale nel corso del lungo viaggio che le conduce dal paese di partenza a quello di arrivo anche per mano di sfruttatori e sfruttatrici, ma persino nella fase di mero sfruttamento della prostituzione.

Tuttavia questa violenza assume a volte i connotati di una forma di violenza che il sociologo Pierre Bourdieu definiva simbolica, e che descriveva nei seguenti termini: “la violenza simbolica si istituisce tramite l’adesione che il dominato non può non accordare al dominante (quindi al dominio) quando, per pensarlo e per pensarsi o, meglio, per pensare il suo rapporto con il dominante, dispone soltanto di strumenti di conoscenza che ha in comune con lui e che, essendo semplicemente la forma incorporata del rapporto di dominio, fanno apparire questo rapporto come naturale; o, in altri termini, quando gli schemi che egli impiega per percepirsi e valutarsi o per percepire e valutare i dominanti (alto/basso, maschile/femminile, bianco/nero) sono il prodotto dell’incorporazione delle classificazioni, così naturalizzate, di cui il suo essere sociale è il prodotto.”57

Quindi la violenza simbolica si radica all’interno delle strutture di dominio, in cui i dominati mettono in pratica le categorie elaborate dai dominanti ai rapporti di dominio, facendoli apparire come un qualcosa di naturale e che si configurano come un prodotto storico e che alcune istituzioni sociali fondamentali quali la famiglia, la chiesa e lo stato riproducono continuamente.

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57. Pierre Bourdieu, “Il dominio maschile” (Pistoia: Feltrinelli, 2014), 45-46.

Tuttavia Bourdieu anche se sottolineava l’importanza della violenza simbolica, che si contrappone a quella fisica, riteneva che anche quest’ultima al pari della prima rappresentasse un fenomeno rilevante, evidenziando il fatto che molte donne sono vittime di questa violenza reale e effettiva e che gli uomini che la esercitano su di loro ne sono colpevoli.

In particolare gli uomini che si rivolgono al mercato del sesso, spesso “non cercano semplicemente la prestazione sessuale in sé, quanto piuttosto il gusto del ‘proibito’, la situazione fuori dall’ordinario, il piacere di poter comprare (quasi) ogni cosa.”58 Più specificatamente tale tipo di mercato, anche se presenta le medesime caratteristiche di tutti gli altri mercati, allo stesso tempo se ne differenzia per una serie di proprietà.

Ovvero si tratta di un settore informale e come tale si colloca in una posizione ambigua, poiché si trova sul confine tra la legalità e l’illegalità, in quanto questo tipo di mercato usufruisce di servizi di tipo legale per fornire merci illegali.

Perciò spesso è molto complesso cercare di capire quanti individui, organizzazioni e agenzie gestiscono e/o fanno parte di questo mercato, così come lo è comprendere il valore effettivo del business che comporta.

Infatti “accanto a chi esercita un lavoro sessuale più o meno ufficialmente riconosciuto, esiste una fascia di lavoro sommerso, caratterizzato da diversi livelli di invisibilità sociale”.59

Ad esempio in Italia, a differenza della Germania e dell’Olanda in cui chi offre servizi sessuali a pagamento gode di una posizione giuridica, sociale e lavorativa riconosciuta, chi si prostituisce si colloca nel mercato del lavoro informale.

In aggiunta questo tipo di mercato non è caratterizzato, come ci si aspetterebbe, solo dalla presenza di donne che offrono prestazioni sessuali a pagamento, ma anche da una molteplicità di imprese e di soggetti quali i protettori, le agenzie che erogano i servizi di trasporto, di pulizie e di affitto dei locali in cui si svolge la prostituzione.

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58. Stefano Beccucci e Eleonora Garosi, “Corpi globali: la prostituzione in Italia” (Firenze: University Press, 2008), 1.

59. Ibid., 2.

In particolare la globalizzazione insieme alle nuove tecnologie della comunicazione e dell’informazione ha favorito lo sviluppo di nuovi settori all’interno del mercato del sesso, infatti “le tecnologie informatiche, la telefonia mobile e la maggiore facilità di movimento per le persone nel contesto della società globalizzata hanno incentivato la nascita di nuove forme di scambio sessuo-economico, come le linee erotiche, la pornografia digitale, la prostituzione on line e il turismo sessuale. La diversificazione e moltiplicazione dei servizi erotici rivela la crescente specializzazione dell’industria dell’intrattenimento sessuale e i suoi legami con un’ampia gamma di settori e interessi economici”.60

Inoltre il mercato del sesso oltre a fornire dei profitti, a volte ingenti, per le persone e le imprese che ne fanno parte, spesso è anche in grado di incidere sulla dimensione economica dei paesi che ne sono interessati.

Ad esempio la ragazza o la donna migrante che si prostituisce, manda sottoforma di rimesse economiche, una parte del denaro che ha guadagnato da dal suo paese di arrivo al suo paese di origine e ciò rappresenta soprattutto per i paesi in via di sviluppo un modo per fronteggiare la condizione di povertà in cui si trovano.

Quindi il mercato del sesso si configura di frequente come “un’alternativa funzionale ad un sistema di welfare incapace di garantire un reddito minimo alle fasce marginali della popolazione”.61

In particolare questo tipo di mercato è caratterizzato da una negoziazione tra individui nella quale si scambia il denaro con determinate prestazioni sessuali e in cui intervengono spesso delle agenzie che erogano diverse tipologie di servizi.

Inoltre il mercato del sesso si articola in diversi settori ed è formato da differenti modi in cui le persone possono usufruire dei servizi che vengono forniti.

Ad esempio il “turismo sessuale e la prostituzione, si caratterizzano per un contatto diretto di natura sessuale e un coinvolgimento attivo da parte dei compratori”.62

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60. Stefano Beccucci e Eleonora Garosi, “Corpi globali: la prostituzione in Italia” (Firenze: University Press, 2008), 3.

61. Ibid. 62. Ibid.

Pertanto la prostituzione rappresenta un settore del mercato del sesso in cui i servizi sessuali a pagamento si configurano come una merce e in cui l’aspetto della violenza, che spesso lo caratterizza, in tutte le sue molteplici forme non è rilevante rispetto ai fini strettamente economici che si propone il mercato, nel quale le emozioni e i sentimenti delle persone che ne fanno parte non contano e in cui ogni oggetto è considerato mera merce.

In generale il denaro rende equiparabile l’essere umano alla merce e in particolare e in questo caso la donna ad un oggetto da acquistare, vendere e scambiare sul mercato, nel momento in cui in qualche modo e spregiudicatamente l’uomo riesce ad attribuire un prezzo alla sua corporeità.

Tuttavia a differenza del mercato di cui parlava Marx i consumatori come pure gli sfruttatori del mercato della prostituzione femminile migrante che sono prevalentemente gli uomini, eccetto ad esempio il caso della prostituzione nigeriana, in cui sono le donne le principali sfruttatrici (le maman), sono consapevoli del processo di sfruttamento che c’è dietro questo particolare tipo di mercato.

Infatti l’uomo che sceglie di comprare, mediante il denaro, dei servizi sessuali da parte di una prostituta applica lo stesso meccanismo che il consumatore tipico attua nel momento in cui acquista un bene o usufruisce di un servizio.

In particolare decide di farlo per soddisfare il proprio bisogno di piacere, ossia di poter acquistare tutto ciò che desidera e in questo caso anche per esercitare questa sua forma peculiare di potere su di lei.

Tutto questo mette i brividi ed è ancora più inquietante se pensiamo che nel caso della prostituzione femminile e della clientela maschile, purtroppo spesso le vittime di questo processo sono anzitutto le ragazze e le donne migranti, poiché la loro condizione di vulnerabilità le rende i soggetti più appetibili e rispondenti alle necessità del mercato dello sfruttamento della prostituzione.

Così la donna diventa mera merce nelle mani di un uomo che trascura il fatto che ciascuna donna ha un valore in sé, che è diversa da tutte le altre e che è incapace di discernere l’inestimabile valore che ciascuna donna possiede in quanto creatura umana, che lui desidera soltanto acquistare come se fosse un oggetto, dal prezzo che qualcuno come lui in quel momento e in qualità di consumatore gli ha indebitamente attribuito.

In particolare per quanto riguarda il mercato dello sfruttamento della prostituzione in Italia si può affermare che “l’offerta di prostituzione nel nostro paese si diversifica in base a svariati elementi: da un lato, vi sono fattori ‘strutturali’ quali il luogo di esercizio dell’attività e la presenza di attori criminali. Dall’altro, troviamo fattori individuali quali il livello di autonomia o coercizione dei soggetti che la esercitano e la condizione di migrante o autoctono. Tra questi ultimi, alcune variabili sociografiche, come il genere e l’età, sono ulteriori elementi di differenziazione.”63

In aggiunta un ulteriore fattore fondamentale che caratterizza il fenomeno dello sfruttamento della prostituzione è rappresentato dal posto in cui viene praticata la prostituzione.

Secondo gli studiosi Alessandro Dal Lago e Emilio Quadrelli “la strada rappresenta il versante caratterizzato da maggiore visibilità e marginalità sociale, il ‘tritacarne’ ”.64 Contrariamente i luoghi al chiuso in cui viene esercitata la prostituzione rappresentano una realtà nascosta, che è lontana dagli occhi indiscreti delle persone e che si svolge ad esempio negli alberghi.

In particolare “l’offerta di servizi sessuali a pagamento si configura come un sistema composito e in continuo mutamento. Le stesse persone che si prostituiscono possono passare da un settore all’altro del mercato con una sorta di percorso di mobilità, di solito ascendente, anche se non mancano casi di mobilità discendente”.65

Nel primo caso si può trattare ad esempio del percorso intrapreso da alcune ragazze e donne migranti o autoctone, che inizialmente si collocano nel mercato dello sfruttamento della prostituzione come prostitute che esercitano l’attività in strada e successivamente diventano delle escort.

Mentre nel secondo caso si può far riferimento ad esempio al fatto che alcune escort, facendo un eccessivo uso di sostanze stupefacenti, sono diventate delle prostitute che esercitano l’attività in strada.

_________________________ 63. Ibid., 42.

64. Ibid. 65. Ibid., 43.

Più specificatamente combinando “due dimensioni rilevanti, una individuale e una strutturale, ovvero il livello di autonomia decisionale delle persone che si prostituiscono (alta/bassa) e il luogo di esercizio dell’attività (dentro/fuori)”66 è possibile studiare l’offerta di prostituzione e pervenire all’elaborazione di quattro principali tipi ideali di prostitute che possono essere delle ragazze e delle donne migranti oppure autoctone.

I tipi ideali di prostitute sono i seguenti: le “moderne cortigiane”, “l’altra metà del cielo”, le “macchine da soldi” e le “nuove meretrici”.

Più specificatamente le “moderne cortigiane” sono le prostitute che possiedono un alto livello di indipendenza rispetto ai loro clienti e che si prostituiscono in un luogo chiuso, ad esempio in qualità di escort.

In particolare “le moderne cortigiane hanno scelto questa occupazione come professione, una sorta di ‘imprenditorialità del corpo’. L’attività è organizzata in proprio, senza l’intervento di un protettore; anzi non è raro trovare moderne cortigiane che si avvalgono della collaborazione di segretarie per la gestione degli appuntamenti. La loro capacità di negoziare con i clienti si sostanzia in vincoli e restrizioni nell’uso del proprio corpo e del tempo.”67

Oltre a ciò le moderne cortigiane utilizzano molto Internet, che rappresenta il loro mezzo di comunicazione fondamentale, attraverso il quale si presentano e rendono pubblica la propria professione, in più è un modo per contattare i loro clienti.

In particolare questo tipo ideale di prostitute è rappresentato da ragazze e da donne che “lontane dai postriboli con le luci soffuse, le sex workers di oggi sono cresciute a pane e computer: e quando vogliono praticare la professione, sanno come raccontarsi,

chiacchierare e infine offrirsi attraverso le nuove forme di comunicazione in rete.”68 Quindi le donne e le ragazze che esercitano la prostituzione, migranti o autoctone nella

società contemporanea hanno usufruito dello sviluppo delle nuove tecnologie della comunicazione e dell’informazione per esercitare la loro professione.

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66. Ibid., 42.

67. Stefano Beccucci e Eleonora Garosi, “Corpi globali: la prostituzione in Italia” (Firenze: University Press, 2008), 44.

68. A. Giglioli, “Mi vendo sul blog”, “L’Epresso”, 5 settembre 2008, cit. in Stefano Beccucci e Eleonora Garosi, “Corpi globali: la prostituzione in Italia” (Firenze: University Press, 2008), 44.

Ad esempio oggi ci sono molti siti Internet che offrono diversi servizi, in modo specifico alcuni di essi consentono gratuitamente o attraverso un pagamento alle ragazze e alle donne migranti o autoctone che esercitano la prostituzione di creare uno loro spazio personale in cui presentarsi, descrivere la loro professione e lasciare un recapito, come quello telefonico, per essere chiamate dai clienti.

In particolare “le lavoratrici più intraprendenti imparano a conoscere i diversi ambienti dell’industria del sesso e a promuoversi come professioniste indipendenti: lavorano in proprio o in collaborazione con altre sex workers e la loro condizione economica è soddisfacente. L’elevato know how di queste donne le mette spesso in condizione di regolarizzare il proprio status di migranti.”69

Invece le prostitute che fanno parte del tipo ideale dell’ “altra metà del cielo” praticano l’attività in strada con un certo grado di libertà.

In particolare all’interno di tale gruppo è presente una maggioranza di uomini, di transessuali, e di trans gender.

Più specificatamente le prostitute che esercitano l’attività in strada sono le più fragili, in quanto tale tipo di prostituzione è caratterizzata da condizioni maggiori di sfruttamento e da un basso livello di libertà.

Tuttavia secondo Dal Lago e Quadrelli esistono delle donne che praticano la