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3. C OSTRUZIONE DELLA REALTÀ FEMMINILE

1.4 Ambizioni e inclinazioni

Il mio non era più uno studio ma una passione, quindi saper di poter continuare a fare qualcosa che mi appassionava era come se non studiassi un giorno, giusto? Era come non lavorare, come seguire una passione, e ovviamente essere pagata per seguire la tua passione. Poi in secondo luogo il percorso del dottorato si va a incanalare fino al culmine, cioè la cattedra, e la possibilità di diventare professore in realtà mi ha sempre anche affascinato, no? Il professore ha in mano delle menti e le plasma, quindi ha una responsabilità molto grande e io ho incontrato nel mio percorso di studi, dalle elementari all’università, delle persone che ho stimato e persone che ho stimato meno ed è un po’ triste pensare che ci sono professori che non soltanto non sono portati ma non vogliono neanche farlo, perché mi rendo conto che il grado di… Il professore è qualcuno che ti aiuta, che ti fa immergere nella materia, che la fa diventare tua, ti fa appassionare. Chi ce la fa, diciamo che è un professore professore, e io penso di poterci riuscire. B., 25 anni.

Senza dubbio hanno influito le battute delle persone che incontravo, che mi facevano “Mamma mia tu devi fare per forza l’avvocato! Si vede che hai questa cosa…” Mi chiamavano sempre “avvocato del diavolo” o “avvocato difensore”, poi come hai capito non sono una che parla poco, quindi mi facevano sempre queste battute. Poi mi sono sempre un po’ immaginata sinceramente in un’aula di tribunale, era una cosa che mi piaceva sempre. Quando andavo in altre città e passavo vicino da un tribunale mi giravo a guardarlo e mi chiedevo “Chissà un giorno…” F., 25 anni.

Mia mamma mi diceva che io da piccolina avevo… essendo molto libera e selvaggia, mi liberavano e mi facevo tante ferite, mi so’ rimaste tante cicatrici… però mia mamma mi ha sempre detto: “Tu non ti sei mai impressionata per il sangue, vedevi una ferita, andavi lì in bagno, ti mettevi seduta e la facevi da sola, sapevi già quello che mettere, se non andava bene la prossima volta non lo rifacevi”. Mia mamma me lo ha detto solo ora che sono entrata, non mi ha voluto mai influenzare… e quindi è venuto tutto spontaneamente, so solo… era… quello che succedeva era praticamente una convinzione di quello che…. che mi confermava tutto quello che… la mia convinzione ecco confermava quello che io realmente volevo. S., 20 anni.

Io mi ricordo il letto e il nome di tutte le persone che sono state nel mio reparto, ma è diverso avere un rapporto da sanitario e un rapporto di amico, di amicizia, ed è quello che alla fine io non capivo, cioè arrivavi là con l’istinto di fare l’eroina, di fare amicizia, perché sai, in Grey’s Anatomy c’è sempre il paziente con cui ci condividi la vita, probabilmente ti sposi e vai… e comunque… l’immaginario di quello che è il medico o di quello che è un sanitario è completamente diverso dalla realtà, ci sta anche che i medici e gli infermieri certe volte scherzino su quello che è quella che è la patologia dell’individuo, non per prendere in giro l’individuo che sta male, ma perché la tensione dentro è veramente sempre sul filo del rasoio. Praticamente è sempre che tu sei un’oscillazione tra “Stanno morendo tutti, cosa faccio? Sono inutile” e “Devo essere efficiente per tutti perché nessuno mi deve morire”. M. C., 19 anni.

E poi… ti dico, mia madre ha influito un sacco… cioè, non voglio… se mi sentisse m’ammazza perché dice che … lei mi fa “Ma se sei brava, magari ti appassioni, perché tu non sai realmente com’è” e quindi mi sono buttata a capofitto in questi corsi di medicina, boh… l’ho fatti… cioè, li frequentavo, cercavo di impegnarmi anche lì…mi dico, vabè, effettivamente magari… il mio problema è che non ho mai avuto una passione in qualcosa di specifico e questo mi ha portato a, cioè, a passare da una parte all’latra fondamentalmente, perché io andavo bene in tutte le materie, non mi piaceva niente particolarmente e quindi, boh, passavo da un estremo all’altro come ho fatto, perché ho fatto test di medicina poi giurisprudenza… M. R., 24 anni.

Tale categoria è inclusiva ed esplicativa delle ambizioni e delle inclinazioni personali dei soggetti partecipanti, in qualità di variabili che partecipano alla costruzione della progettualità delle intervistate nei modi seguenti:

- influenzandosi a vicenda durante il percorso transizione all’età adulta; - condizionando la scelta dello strumento attraverso cui essere realizzate;

- ricevendo condizionamenti esterni connessi all’ambito familiare, scolastico e mediatico.

Nel caso delle influenze vicendevoli tra inclinazioni e ambizioni, queste si sviluppano negli anni dell’adolescenza, quando i soggetti iniziano a conoscere e prendere confidenza con le propensioni personali nei confronti delle diverse discipline studiate e, di conseguenza, cominciano man mano a immaginare scenari ipotetici in cui, a seconda delle inclinazioni personali (Provare passione, Essere affascinata da una facoltà,

Essere attratta dall’ambito giuridico, Sentire la vocazione per il lavoro di medico) e delle reazioni degli

ambienti familiare e scolastico (Avere il sostegno dei genitori, Ricevere stimoli), valutando l’assunzione di diversi ruoli professionali (Voler essere medico, Voler provare il concorso in magistratura).

Come spiegato nel paragrafo precedente, gli anni dell’adolescenza corrispondono, infatti, a un periodo di idealizzazione di queste proiezioni, durante il quale le partecipanti rappresentano gli scenari futuri, utilizzando immagini, non sempre mitigate dall’esperienza personale, e provenienti da contesti eterogenei: la rappresentazione delle condizioni economiche familiari, la consapevolezza delle aspettative dei genitori per il loro futuro (Non avere il rimorso di non aver studiato, Essere portata avanti dai genitori), le immagini veicolate non solo dall’incoraggiamento degli insegnanti (Sentirsi sostenuta e amata dai professori, Capire di

non aver bisogno della strada facile), ma anche dalla fruizione di programmi televisivi (Guardare film e telefilm americani, Immaginare uno stile di vita da film).

A seconda delle propensioni individuali, rivolte comunque a professioni che nel contesto del luogo di origine sono tradizionalmente accostate alle figure storiche dei notabili, le intervistate decidono di investire in uno

strumento (Impegno nello studio) che, dalla loro prospettiva, contribuirà sicuramente alla loro realizzazione personale.

Nel caso di tre delle intervistate, le energie e gli sforzi investiti nello studio raggiungono il loro apice l’ultimo anno delle scuole superiori, durante il quale, motivate dalle ambizioni personali e dall’incoraggiamento di familiari e insegnanti, i soggetti si occupano dello studio per gli esami di diploma, dei compiti aggiuntivi assegnati dai professori diventati loro mentori, e della preparazione, parallela, per i test di medicina.

L’Impegno nello studio è avvertito, dunque, come un necessario orientamento dell’agire, fondamentale nella costruzione della progettualità: in esso, come spiegato anche in precedenza, si riversano ambizioni personali forti e immutabili (Voler stare al Nord, Volere stabilità economica per il futuro, Volersi realizzare), connesse a considerazioni utilitariste del titolo di studio e del grado di specializzazione.

Le intervistate, infatti, dimostrano interesse e consapevolezza delle realtà vissute, in particolar modo delle richieste odierne del mercato del lavoro italiano, anche in rapporto a quello internazionale, in merito ai livelli di specializzazione e flessibilizzazione domandati (Mezzadra, Neilson, 2013), e alle policies riguardanti la contrattazione e il sistema pensionistico.

Ricevere prestigio da una laurea, Volere frequentare un’ottima università, Voler riuscire a mettere a frutto e in pratica gli studi fatti, Voler rimanere al Nord, non solo fanno emergere le valutazioni personali dei territori

abitati ed esperiti, ma descrivono l’intenzionalità più personale e intima dei soggetti, delineando ambizioni che vengono amplificate, piuttosto che scalfite, dai condizionamenti esterni rilevati (famiglia, scuola, mercato del lavoro).

Infatti, ambizioni e inclinazioni vengono modellate in due modi: le prime vengono agite dalla percezione che i soggetti hanno delle condizioni economiche e delle aspettative familiari sui risultati scolastici, due fattori che inducono le partecipanti a desiderare un percorso lineare verso la stabilità economica, poiché consapevoli dell’importanza curriculare di un titolo di laurea; le seconde, invece, dall’azione di incoraggiamento a dedicarsi a determinate discipline da parte dei professori, i quali tracciano così il solco degli orientamenti universitari, eventualmente rinforzando le aspirazioni idealizzate delle giovani, ma, al tempo stesso, oberandole di compiti ulteriori a quelli imposti dalla didattica.

Un elemento comune, emerso nelle biografie delle intervistate, risulta essere, infatti, l’interpretazione che danno del periodo a cavallo tra la fine del liceo e il momento dell’iscrizione all’università: anche quando in retrospettiva non provano rimorso nei confronti del corso di laurea intrapreso, la valutazione condivisa è di aver avuto poco tempo a disposizione per ponderare al meglio una scelta – quella universitaria - ritenuta centrale per il futuro.

Infatti, individuano in quello che descrivono come un eccessivo impegno scolastico, un fattore che le ha distratte (Essere sotto una campana di vetro, Non avere tempo per pensare, Dover andare bene anche

Capire di essere contenta, Capire la propria strada e le propensioni, Provare emozione e passioni, Non informarsi realmente sugli sbocchi lavorativi, Fare una scelta affrettata).

La distrazione vissuta viene ricondotta, dalle intervistate stesse, all’intenso investimento emotivo e intellettuale profuso nello studio: le aspirazioni adolescenziali, connotate dalle aspettative genitoriali e dall’ambizione di acquisire capitale culturale a fini lavorativi, sembrano distogliere i soggetti dalle caratteristiche reali delle professioni sognate (medico, avvocato, magistrato antimafia) e guidarle, piuttosto, nell’acquisizione di titoli scolastici e conoscenze considerate inizialmente strumentali e, successivamente, durante l’università, troppo astratte.

I primi anni si fa economia del diritto, si fa filosofia del diritto, erano tutte materie che non mi davano quell’emozione che io pensavo di provare, no? L’emozione di… realmente… veramente… ce l’hai presente, hmmm, non so le lotte sociali, quel sentimento di politico, anche perché quando studi giurisprudenza studi le fonti e quindi era veramente uno studio statico, uno studio molto teorico, molto legato alla carta, non mi dava molta soddisfazione fino a che non ho fatto la mia prima materia di diritto comparato. Diritto comparato è una materia che ti fa scoprire il mondo sostanzialmente, inizi ad astrarre te stesso e a capire che ci sono diverse realtà del diritto e a conoscerle, a conoscere come il diritto si sia evoluto in diversi sistemi. Lì è nata una grandissima passione. B., 25 anni.

Il punto è che io ero venuta a Pisa con l’idea di frequentare giurisprudenza per fare il concorso in magistratura, ora non lo so più, perché comunque… spero e credo di finire entro il prossimo anno, e quindi si aggiungono troppe incognite che… magari studiare per altri due anni per poi non passare il concorso. Voglio cercare di immettermi quanto prima nell’ambito lavorativo e quindi provare a fare qualcosa che possa piacermi lo stesso ma mi richieda meno studio e più praticità. F., 25 anni.

È stato possibile individuare, nelle narrazioni, un modello comune di sviluppo della progettualità che risponde tanto alle inclinazioni personali, quanto alle ambizioni; è stato così possibile distinguere le prime e le secondo attraverso delle chiavi di lettura condivise dalle intervistate.

Con riguardo alle ambizioni personali, queste risultano mirate al trasferimento permanente nel settentrione, al raggiungimento della stabilità economica e di uno status sociale più elevato rispetto a quello dei nuclei familiari di origine; alla realizzazione personale attraverso lo svolgimento di una professione che rispecchi alcune caratteristiche: l’ adeguatezza rispetto al titolo di studio e all’ambito disciplinare e, al contempo, rispetto delle inclinazioni personali.

Quest’ultima qualità in particolare, nella soggettività delle intervistate, sebbene non sia ritenuta sufficiente alla realizzazione personale, è avvertita come una condizione necessaria alla loro realizzazione futura, intesa anche nell’accezione di benessere mentale (Scegliere ciò che valorizza e gratifica, Non trascurare aspetti che ti

rendono felice).

Un’ulteriore chiave di lettura comune alle intervistate, è la propensione a considerare altrettanto importante il bisogno di svolgere, nel futuro, un lavoro che le consenta di relazionarsi con gli aspetti meno astratti delle discipline universitarie verso cui hanno provato maggiore sintonia intellettuale: l’orientamento delle ambizioni personali è così teso a realizzare l’indipendenza economica al pari del rispetto delle inclinazioni personali

(Augurarsi di trovare qualcosa che piaccia veramente, Diventare medico ricercatore, Essere affascinata dal

ruolo decisivo del giudice, Sentirsi ispirata, Voler essere attiva).

Perché nel nostro ambito, dal mio punto di vista, è solo studio e… Ti metti lì e aspetti che domande ti facciano, sperando che siano cose che hai capito, che siano su argomenti che hai capito. F., 25 anni.

Tutte le cose che noi studiamo in America sono molto più pratici, in Inghilterra sono molto più pratici, qui ci stiamo veramente tanto, e a volte non è sbagliato perché sei più, hmmm, non pronto, ma determinate cose le conosci e non sei sorpreso di ritrovarlo, la cosa più rara che ti può avvenire non la impari con la pratica, perché la rarità non la vedi tutti i giorni e non sai quando avviene, cioè, non la trovi ogni giorno, la trovi sul libro, in un paragrafo preciso e qui ti chiedono tantissime cose, mentre lì magari sai fare l’operazione bene, un’operazione di routine la fai meglio di come la sappiamo fare noi però davanti una situazione in cui perdi il controllo ti fermi e fai: “Non capisco più niente di cosa succede”. M. C., 19 anni.

È significativo, infatti, come ogni intervistata abbia espresso il desiderio di poter svolgere un lavoro, non solo in continuità con gli studi fatti, ma anche pratico; la richiesta di un minore livello di astrazione concettuale all’interno della dimensione lavorativa è emerso, all’interno delle interviste, in porzioni di racconto riguardanti la considerazione e il rimorso ex post dell’impegno scolastico e accademico, degli sforzi impiegati e delle emozioni provate (Passare tutto il tempo sullo studio, Entrare in panico, Avere troppe nozioni in testa, Non

sentirsi adeguata).

Le intervistate, infatti, hanno proseguito le loro narrazioni seguendo spesso il filo della continuità temporale: alla descrizione riflessiva dei rimorsi verso il percorso di costruzione della scelta universitaria, è seguito un racconto proiettato in un futuro lavorativo prossimo, in cui i soggetti sperano, nel presente, di poter svolgere professioni che non comporteranno gli stessi sforzi intellettuali ed emotivi.

L’esperienza universitaria, costellata di esami dati spesso a ritmo sostenuto per Avere e mantenere la borsa di

studio, si configura, nelle biografie delle intervistate, come un periodo di investimento eccessivo, ulteriore a

quello del liceo, rispetto ai quali sentono di Voler dare una svolta: una volta ottenuta la laurea, vorrebbero essere impiegate in ruoli che richiedono competenze e mansioni operative pratiche, piuttosto che astratte.

1.5 Incertezza

Arrivati a questo punto, hmmm, mi ritrovo ad avere una certezza da un lato e un enorme dubbio dall’altro. La mia certezza è essere entrata a infermieristica, star facendo un corso abbastanza lineare e soddisfacente per quelle che sono le materie, avere la borsa di studio, quindi avere la casa dello studente, avere tante agevolazioni economiche per quello che significa per la famiglia averle, e dall’altro un enorme vuoto, nel senso che io non so cosa mi aspetta dopo, non so se entro, non so nel momento in cui entro se avrò difficoltà o un percorso lineare, fondamentalmente non so nemmeno se una volta entrata a medicina troverò effettivamente la passione che io aspiro ad avere una volta sui libri. E poi significa rinunciare alla borsa di studio, alle mie coinquiline, rinunciare a un intero anno tra le materie che più o meno sono le stesse ma che non mi convalideranno mai, cioè la certezza di un qualcosa che non voglio fare di stabile contro l’incertezza di quello che vorrei fare, cioè l’incertezza di un futuro che mi sono sempre immaginata nelle mie aspirazioni. M. C., 19 anni.

Io sono una ragazza molto insicura, molto, molto indecisa, e ti ho detto, a scuola ero praticamente brava in tutte le materie, non in tutte però prendevo bei voti… prendevo gli stessi voti in tutte le materie e… arrivo alla fine del liceo, cioè, arrivo a finire il liceo e non ho la minima idea di quello che volevo, cioè, di quello che potevo fare in futuro… sicuramente sono una ragazza molto ambiziosa, hmmm, e in realtà… cioè… vedevo che avevo i risultati al liceo e magari non volevo accontentarmi di qualcosa che reputavo magari forse troppo semplice, non so… M. R., 24 anni.

Sono combattuta, combattuta… Ci so’ giorni che, così, voglio fare medicina, sono convinta della mia scelta, so’ convinta, mi piacerebbe, però soprattutto ora, il fatto di dire: “Ok, ora provo medicina, faccio medicina, entro.” Entro in un’altra parte della città, in un’altra parte dell’Italia, Napoli per esempio, io cosa dovrei fare? Ricominciare un’altra nuova vita? Stare lontana sia dalla famiglia, sia dal mio ragazzo, sia dagli amici visto che li ho conosciuti qua, sia dai reparti, perché poi alla fine ti affezioni… S., 20 anni.

Cioè, una sensazione forte, una voglia di continuare anche dopo aver finito e lì ho capito che effettivamente se c’è una strada che voglio prendere, dopo la laurea… sono ancora indecisa se fare un master sempre in questi ambiti ma comunque penso di continuare con il dottorato e so per certo che la mia strada è quella del diritto pubblico comparato. Che sia una commissione europea che tratta di questo, uno studio, che sia la carriera da insegnante, io questo ancora non lo so però so che sicuramente la mia strada è in quell’ambito, me lo sento. B., 25 anni.

Tale categoria non è solo riassuntiva di una condizione di incertezza generica nei confronti di un futuro lontano dai tratti sfumati (Non sapere come andranno le cose); infatti, è esplicativa degli effetti, nella soggettività delle intervistate, dell’interazione tra fattori ambientali e ambizioni, inclinazioni personali, lungo la durata del percorso di costruzione delle loro progettualità.

Descrive ed esplica gli effetti delle relazioni che intercorrono tra:

- la percezione delle condizioni economiche familiari e le ambizioni personali;

- la percezione delle prospettive lavorative in Calabria e la scelta degli strumenti per realizzare le ambizioni e inclinazioni;

- la percezione delle aspettative istituzionali e le ambizioni e inclinazioni personali.

Per quanto riguarda la prima relazione, l’effetto principale consiste nel Senso di responsabilità che le intervistate nutrono nei confronti delle aspettative dei genitori verso i loro risultati scolastici e il miglioramento delle condizioni economiche; rivela le insicurezze e la paura, condivisa da tutti i soggetti, tanto di fallire nello studio, non utilizzando al meglio lo strumento che consentirà loro di realizzare l’ambizione della stabilità economica, quanto di infrangere le aspettative della famiglia, fonte del loro sostegno emotivo e materiale. La Consapevolezza che le intervistate hanno delle proprie condizioni economiche acuisce, infatti, il loro sentirsi dipendenti economicamente dai genitori e dalla borsa di studio, e la loro necessità - volontà di raggiungere la stabilità e l’autonomia economiche attraverso lo studio e l’attività lavorativa; queste ambizioni sono ulteriormente catalizzate dalle valutazioni personali, condivise, delle possibilità effettive di trovare un’occupazione soddisfacente in Calabria.

Il tipo di occupazione cui le partecipanti mirano dovrebbe offrire stabilità sul piano della continuità temporale della prestazione, e sul piano di una retribuzione adeguata (Arrivare tranquilla a fine mese): la paura del

precariato, dello sfruttamento lavorativo, della disoccupazione periodica o continuata, influiscono così, tanto sulla dimensione dell’Incertezza, quanto su quella delle Ambizioni, contribuendo a generare l’Impegno nello

studio e, dunque, la progettualità migratoria interregionale di Allontanarsi dalla Calabria.

Infatti, la scelta di un trasferimento stabile nel Settentrione, con una tappa “intermedia” in Toscana per frequentare l’università, è animata prevalentemente dalla condizione di incertezza che le intervistate legano alla loro percezione e rappresentazione del territorio calabrese: l’idea di ritornare in Meridione, emerge agita unicamente da tensioni emotive di nostalgia nei confronti dei genitori e dei fratelli più piccoli.

Tra le intervistate, solo un soggetto, F., ipotizza uno scenario positivo di ritorno futuro nella città di origine; tale proiezione è però ancorata a una valutazione strumentale della possibilità di prendere il posto del padre nell’azienda commerciale di famiglia, nel solo caso in cui non riuscisse a ottenere, al Nord, la gratificazione

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