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3. C OSTRUZIONE DELLA REALTÀ FEMMINILE

1.1 Famiglia

Penso che… penso che sono cresciuta, in un certo senso, con la fortuna di avere due genitori che mi sostengono sempre, in qualsiasi cosa, non mi hanno mai fatto mancare niente né gli posso rimproverare niente, ché comunque sarebbero soltanto, veramente, cattiverie che direi nei loro confronti e che non avrebbero fondamento… M. C., 19 anni.

In ambito familiare in realtà non sono mai stata appoggiata in nessuna delle scelte che ho fatto nella mia vita e in particolare, in relazione a questo nello specifico, ho avuto delle.. hmmm… parte della mia famiglia che al momento non mi è più vicino che comunque faceva parte di questa associazione a delinquere, sono stati allontanati prima addirittura della mia nascita… non prima della mia nascita… ma comunque quando ero molto molto piccola. B., 25 anni.

Ci arrangiamo, io infatti ho sempre avvertito il peso di… cioè, sono una ragazza che si fa tanto condizionare dalle situazioni, tanto, e avverto un senso di responsabilità verso la famiglia, che poi non è la mia famiglia a trasmettermelo, sono io che mi faccio le paranoie e cerco di soddisfare quelle aspettative loro, perché comunque loro sono ovviamente contenti del mio percorso di studi universitario, cioè mia madre ci tiene tantissimo per, diciamo, lo studio in generale, fin dalle elementari ci teneva tantissimo, poi considerando il fatto che sono la più grande, ho due fratelli, un fratello e una sorella, ed entrambi in realtà non amano tanto studiare quindi sono la… sono la persona su cui ovviamente si appuntano le aspettative. M. R., 24 anni.

Mio padre era “Sì, va bene vai, io tifo tantissimo per te, stai attenta a quello che fai, fallo sempre col cuore perché altrimenti non ci riuscirai mai”. Mia madre stessa cosa, erano molto contenti, soprattutto già il fatto di continuare, molti non continuano da noi, spesso molti non continuano, il fatto che volessi continuare gli è piaciuto, anche se… da me non hanno mai avuto dubbi, perché mi è sempre piaciuto studiare, e quindi lei era abbastanza contenta ma lo sarebbe stata per qualsiasi altra scelta. S., 20 anni.

Nel mio paese, Rosarno, mi sono trovata sempre bene, probabilmente perché ho sempre avuto una famiglia molto unita e sono sempre stata legata all’ambito familiare e ai miei amici più che al paese in sé. F., 25 anni.

Nelle narrazioni che le intervistate propongono del contesto e delle relazioni familiari, emergono alcune immagini e fattori ricorrenti, ed esplicativi, di alcune esperienze e scelte compiute; tali fattori hanno carattere emotivo, valutativo e causale e riguardano:

- la presenza o l’assenza di sostegno emotivo durante il processo di costituzione delle scelte universitarie e lavorative;

- la figura predominante della madre nella relazione genitori - figlie; - la percezione dell’esperienza, diretta o indiretta, del fenomeno mafioso;

- l’influenza che l’esperienza e la percezione delle condizioni economiche familiari possono generare sulle ragazze.

In relazione al sostegno dei familiari, il quadro, a eccezione di B., risulta essere il seguente: le intervistate, in particolare le ragazze iscritte a Scienze Infermieristiche, e in dubbio sulla ri - partecipazione ai test di ingresso

per Medicina, ove discutono delle indecisioni, delle incertezze e dell’effettiva passione relative il percorso di studi intrapreso, introducono di propria iniziativa il tema, ricorrente, del supporto, della comprensione e del dialogo inter – familiare.

A eccezione di un unico soggetto, B., il confronto delle figlie con entrambi i genitori viene ricordato come positivo, come un momento in cui queste percepiscono e ricevono, da parte della madre e del padre, comprensione e incoraggiamento nei confronti delle aspirazioni universitarie e delle propensioni personali; anche nel caso di M. C., le iniziali ritrosie e considerazioni di ordine pragmatico della madre sembrano lasciare invece spazio, nel tempo, a una presa di coscienza e a una comprensione dei desideri personali della figlia, che da un lato diventa incoraggiamento simpatetico, e dall’altro rappresenta, per la giovane, uno stimolo a intraprendere un percorso da sempre avvertito come più vicino e adeguato alle proprie inclinazioni.

Mentre la mia famiglia no, l’ha presa diversamente, mia mamma all’inizio ha detto “Ma sono 6 anni, la cosa è lunga, 6 anni più 6 anni di specialistica”, perché con 6 anni non vai da nessuna parte, “Tu non hai studiato”, il mio corso di studi non è stato propedeutico a diventare medico ma è stato molto, cioè, basato su altre discipline, hmmm, quindi all’inizio hanno detto “Questo è un capriccio che ti sta venendo a te, non puoi realmente fare queste cose, quindi è un capriccio”, hmmm, “Fai altro, non ti piace nient’altro?”, pure mio nonno, “No, ma cosa fai? Prima di laurearti diventi vecchia”, sì una costante questa… Diventi medico a 40 anni se ti va bene… E poi hanno capito, cioè, poi hanno capito e basta, cioè, anche mia madre ora quando parliamo al telefono, “Ma tu lo vuoi riprovare il test di medicina?” “Sì, assolutamente” “Allora sforzati, metticela tutta perché questo test lo devi passare”, quindi hanno capito. M.C., 19 anni.

So’ schierati, mio padre ormai è convinto, mi ha visto abbastanza… mi ha visto troppo contenta quando ho deciso di fare medicina, e lui vuole sempre il meglio, mi dice “Secondo me ti penti, che rimani a infermieristica, secondo me hai una grande testa per fare grandi cose, puoi fare medicina, avere le tue soddisfazioni ma quelle grandi” e io facevo “Ma no papà, vedi che anche infermieristica ha le sue… i suoi obiettivi, i suoi punti deboli, i suoi punti di forza, però alla fine se sto qui vuol dire che mi piace, però lui vuole… mi dice “Secondo me tu ti penti quindi tu prova, al massimo…” e mamma è… lei non può… lei mi sostiene sempre quindi mi fa sempre “Quello che ti senti, magari vai a fare medicina, entri a medicina, e poi ti rendi conto che sei più portata per fare l’infermiera, quindi dove ti senti, vai dove ti pota il cuore”, letteralmente. S., 20 anni.

Comunque loro sono ovviamente contenti del mio percorso di studi universitario, cioè mia madre ci tiene tantissimo per, diciamo, lo studio in generale, fin dalle elementari ci teneva tantissimo, poi considerando il fatto che sono la più grande, ho due fratelli, una fratello e una sorella, ed entrambi in realtà non amano tanto studiare quindi sono la… sono la persona su cui ovviamente si appuntano le aspettative e che cerco di soddisfare anche fin troppo perché poi arrivano loro molto spesso a dirmi “Insomma, stai calma, nessuno ti mette fretta, nessuno… noi sappiamo che tu dai troppo anche, noi non vogliamo tu la prenda magari in questo modo”. M. R., 24 anni.

I miei… mio padre all’inizio quando glie l’ho detto mi ha detto “Si, devi fare quello che piace a te, sei tu che devi studiare, che devi crearti la tua vita” Era un po’ scettico, perché diceva “Avrai tanta concorrenza”, che purtroppo è vero, però ha detto “ Se ti saprai fare valere…”. F., 25 anni.

Nei racconti delle cinque intervistate, il tema del dialogo con i genitori ritorna frequentemente, connotato da emozioni in prevalenza positive: Comprensione dei familiari, Capire la propria strada e le propensioni,

Nelle narrazioni, è ricorrente l’emersione della figura materna, piuttosto che di quella paterna: le madri sono descritte come coloro le quali incoraggiano le figlie a intraprendere percorsi che da un lato potrebbero essere in sintonia con le loro aspirazioni e inclinazioni e, dall’altro, potrebbero invece produrre una mobilità sociale verso status ritenuti superiori a quello familiare, e legati alla futura possibile professione lavorativa delle figlie (medico, avvocato); al contempo, sono figure adombrate dalla percezione della proiezione materna sulle figlie, una proiezione di cui le giovani appaiono consapevoli.

Vedevo che avevo i risultati al liceo e magari non volevo accontentarmi di qualcosa che reputavo magari forse troppo semplice, non so… in realtà non ti so spiegare quello che è passato nella mia testa però, vabè, c’era mia mamma che mi pressava perché praticamente il suo sogno è sempre stato di… la laurea in medicina, e allora io che in realtà su giudizio di mia madre, che ha un potere enorme, lei mi diceva “Tu sei brava, comunque prendi bei voti in tutte le materie, provaci, vedi se ti appassiona” e allora io ho provato anche il corso preparatorio del liceo, poi ho fatto il test di medicina però poi ovviamente poi col senno di poi mi sono resa conto che proprio non era quello che io volevo fare, ma perché io non ero portata, perché io studiavo e fondamentalmente non ci capivo niente, l’ho capito dopo, però… non era proprio la mia strada. A quel punto, siccome mi sono buttata a capofitto su medicina fino a, praticamente, ad agosto, a quel punto ho detto: “Vabè, però devo capire se non entro a medicina”, cosa che sapevo, di cui ero sicura, perché era… mi rendevo conto che non era la facoltà per me, io in realtà l’ho fatto perché ero molto condizionata da mia madre, e ho detto “Che cosa faccio?” M. R., 24 anni.

Mia mamma mi ha sempre lasciato libera, cioè, nel senso che m’ha sempre detto, quello che ti senti di fare, ecco mio fratello voleva fare l’arma, i suoi sogni… m’ha sempre lasciato libera, nel senso che “Tu vai avanti, vedi quello che ti porta, la vocazione che avrai, quello che ti piace realmente fare, l’importante è che lo porti avanti e che arrivi a una fine”, perché lei diciamo che ha fatto l’errore di mollare giurisprudenza a 3 anni perché ha deciso di farsi appunto una famiglia e quindi lei mi ha detto “Qualsiasi cosa tu faccia, và avanti, prova, magari sbagli, riprova, però magari sei convinta che avrai le tue soddisfazioni, avrai… non avrai rimorsi di dire << io non ho studiato >> perché magari mio padre, non ha studiato, non ha fatto l’università quindi ora si ritrova magari senza lavoro, si ritrova a guardare noi e a spronarci facendo il suo esempio “Non fate quello che ho fatto io, andate avanti” e quindi un po’ sotto questa mentalità, un po’ il fatto che oltre a lavorare studia, mia mamma fa anche l’università… S., 20 anni.

Un caso che rappresenta, come accennato, una sorta di eccezionalità rispetto alle biografie delle altre partecipanti, in particolare rispetto all’esperienza della sorella M. C., è il caso dell’intervista svolta con B. Infatti, sollecitata a raccontare le reazioni e l’atteggiamento dei familiari in merito al suo desiderio di frequentare Giurisprudenza, introduce due argomenti che non solo sono completamente assenti dal racconto biografico della sorella, ma possono anzi assumere la funzione di chiavi di lettura della sua esperienza di vita familiare: la mancanza di appoggio materno, definita costante, e il rapporto, simbolico ed effettivo , con la ‘ndrangheta.

Sono cresciuta, in un certo senso, con la fortuna di avere due genitori che mi sostengono sempre, in qualsiasi cosa. M. C., 19 anni.

Parte della mia famiglia che al momento non mi è più vicino che comunque faceva parte di questa associazione a delinquere, sono stati allontanati prima addirittura della mia nascita.. non prima della mia nascita… ma comunque quando ero molto molto piccola. E ricordo che da bambina io dicevo a chiunque che volevo fare il magistrato, no? perché è sempre stata una passione grande e mi è sempre stato detto che... cioè è stata detta una frase che solitamente mi faceva un po’ impressione, tipo “non puoi”, “se

diventi magistrato ti sputo” , “quelli là sono…”, insomma, proprio per via del fatto che si trovassero loro stessi all’interno di questo circuito. Crescendo poi, e allontanandomi e per altre circostanze… mia madre ad esempio non mi ha mai appoggiato assolutamente. Ho sempre pensato che… voglio ancora pensare che sia perché aveva paura che effettivamente potesse essere una strada pericolosa, no? non… spero non abbia mai pensato che io non fossi capace di riuscirci quanto che in realtà potesse essere qualcosa che effettivamente nuoceva a me stessa in qualità di figlia, quindi non avuto assolutamente dalla mia famiglia stretta, mio padre in realtà non si è mai espresso, dalla mia famiglia più stretta non ho mai ricevuto un, hmmm, un incentivo, mh? B., 25 anni.

L’assenza di questi argomenti nel racconto di M.C. si presta a interpretazioni vaghe: forse minore ostilità materna nei confronti del corso di laurea scelto, una maggiore affinità caratteriale tra le due, un desiderio di discrezione e di protezione che l’intervistata avverte nei confronti delle vicende familiari e personali, il prendere le distanze da ogni immagine legata al fenomeno mafioso come segno di un’opposizione valoriale o di una negazione all’interno della psiche del soggetto.

Invece, la narrazione lunga e articolata proposta da B., il suo tono di voce – fermo, evocante una serena consapevolezza, sembrano non lasciare dubbi sul modo in cui le sue aspirazioni lavorative (Mantovani, 2013) appaiono condizionate dalla connessione tra la mancanza di sostegno materno (Mia madre vedeva

giurisprudenza come una sottocategoria, Mia madre decise per imposizione personale, Mancanza di appoggio materno) e la relazione tangibile, esperita direttamente e personalmente, tra famiglia e fenomeno mafioso

(Essere impressionata dalla reazione dei familiari al desiderio di diventare magistrato antimafia, L’esperienza

personale del fenomeno mafioso crea l’esigenza di rendersi utili nella lotta alla criminalità, Senso di responsabilità).

Il terzo argomento ricorrente, all’interno del tema delle relazioni e rappresentazioni familiari, riguarda la percezione negativa che le intervistate, nonostante il sostegno emotivo dei genitori, hanno della propria condizione economica passata e presente (Non avere una situazione economica rosea): tale percezione si manifesta, nelle intervistate, nell’emersione di un diffuso Senso di responsabilità, condiviso dalle intervistate, e avvertito non solo verso il proprio futuro, ma soprattutto nei confronti dei propri genitori e, in particolare, delle aspettative che questi hanno della riuscita e del successo delle figlie negli studi (Cercare di soddisfare le

loro aspettative).

Tali aspettative appaiono collegate al desiderio che i genitori hanno di vedere le figlie ottenere risultati e gratificazioni – scolastiche, lavorative, economiche- che nel percorso delle loro vite non hanno potuto esperire direttamente.

Infatti, la disoccupazione continua o periodica di uno o entrambi i genitori e la percezione che le intervistate hanno da un lato delle situazione economica familiare, e dall’altro del mercato del lavoro calabrese, catalizzano tanto le aspettative dei genitori e il senso di responsabilità delle figlie, quanto le ambizioni che queste hanno, nel futuro, di vivere una condizione lavorativa ed economica più stabile.

Io penso di essere una persona abbastanza limpida, abbastanza chiara con tutti, cioè non penso di nascondere mai niente, io quindi comunque ne ho parlato con i miei genitori perché ovviamente sono loro che mi portano avanti, e io comunque nonostante tutto mi sentirei in colpa comunque, anche perché se io entrassi in medicina perderei tutte le agevolazioni di adesso, dovrei trovarmi casa, sarebbe tutto completamente diverso, insomma i miei genitori mi hanno sempre detto che se è quello che volevo fare e loro mi appoggeranno sempre. M. C., 19 anni.

Mi mancava un mese e per mantenere la borsa di studio allora mi sono data 2 esami per farcela, perché non riesco a pesare sulle spalle dei miei genitori, sono 5 anni, questo è il sesto in cui io no faccio spendere praticamente nulla a loro, ma perché non riesco… quindi…. Cioè… questo…. Mi porta veramente a volere per il futuro una stabilità economica che forse… che non c’ho mai avuto, il fatto di dire “Stai tranquilla fino alla fine del mese”, il fatto di arrivare a fine mese con tranquillità, ma non aspiro a diventare chissà chi ma aspiro… cioè, voglio diventare… cioè, veramente tutto il mio impegno che c’ho messo per 5, 6 anni, venga in qualche modo riconosciuto. Ovviamente mi auguro di riuscire a trovare qualcosa che mi piaccia veramente, perché poi è la cosa fondamentale, però nello stesso tempo voglio anche che mi dia una soddisfazione economica perché… perché per me è importante… per me importante… M. R., 24 anni.

Le narrazioni rivelano, infatti, come la percezione negativa delle condizioni economiche familiari, e dunque il senso di responsabilità, il rispetto delle aspettative parentali e l’ambizione a migliorare le proprie condizioni economiche, orientino le scelte universitarie, modellando l’impegno e l’andamento degli studi (Avere e

mantenere la borsa di studio, Dedicarsi sempre molto allo studio, Dedicare tutte le forze allo studio, Avere troppe nozioni in testa, Non riuscire a pesare sulle spalle dei genitori), le aspirazioni universitarie e lavorative,

le incertezze e le consapevolezze (Poter scegliere col senno del poi, Voler potere tornare indietro, Fare

sacrifici e ricompensarli, Voler andare all’estero, Volere stabilità economica per il futuro, Avere ambizioni).

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