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3. C OSTRUZIONE DELLA REALTÀ FEMMINILE

1.1 Le interviste

Ho concordato, con le cinque ragazze che hanno confermato la partecipazione al progetto, degli incontri caratterizzati da tipi di interazioni diverse: mentre con la prima abbiamo deciso di realizzare l’intervista all’aperto, in un luogo pubblico, due di loro mi hanno proposto di incontrarci nelle rispettive residenze universitarie; due di loro mi hanno proposto di sentirci su Skype, e abbiamo optato per il metodo della video – chiamata, in modo da permettere a entrambe, ricercatrice e intervistata, di avere un’interazione e una percezione sensibile, l’una dell’altra, il più chiare e dirette possibili, anche se mediate materialmente dalla web

cam e dallo schermo del computer.

Ho iniziato ogni incontro ringraziandole per la loro disponibilità e presentandomi, fornendo alcune informazioni di base sulla mia persona, quali l’età e l’area di studi; non ho specificato subito la mia provenienza, ma ho risposto alle sollecitazioni e alle domande delle partecipanti sulla mia città natale, sull’ateneo frequentato in precedenza e sul percorso di studi compiuto fin ora; ho chiesto loro il permesso esplicito di poter registrare, dopo averlo menzionato in precedenza al momento del contatto iniziale, evidenziando nuovamente l’anonimato del loro contributo; ho ricordato l’area della mia ricerca (la proiezione di sé in futuro), sinteticamente, in un modo non molto dettagliato dal punto di vista lessicale e concettuale e, quando mi sono state poste domande sugli obiettivi del progetto, ho spiegato come la mia posizione nei confronti delle partecipanti, dei dati e dei “risultati” non fosse – e non dovesse essere – preconcetta.

Prima di iniziare la vera e propria intervista, dopo aver considerato, anche dal punto di vista emotivo, la potenziale percezione di intrusività di alcune delle domande che sarebbero potute emergere, stimolate dall’interazione, ho tenuto a precisare la mia intenzione di non volere in alcun modo prevaricare e giudicare le

loro persone, le loro identità, le loro narrazioni e le loro esperienze, sottolineando la loro facoltà di poter interrompere la conversazione e la registrazione qualora lo avessero desiderato.

Nell’interazione necessaria all’intervista, la richiesta di una narrazione biografica, potenzialmente carica di emotività, proviene, infatti, da parte del ricercatore, una figura che i soggetti partecipanti possono percepire come sconosciuta, intrusiva, anche ostile; mettere un individuo, in questo caso delle giovani universitarie appena incontrate o contattate via Skype, nella condizione, non solo di dire e parlare, ma di raccontarsi, aprendosi su esperienze e riflessioni personali, intime, pone infatti l’intervistatore nella posizione onerosa di impegnarsi non solo in un ascolto attento e neutrale, mirato ai fini della ricerca, ma anche in un atteggiamento empatico e comprensivo nei confronti della persona Altra.

Ho deciso di cominciare ponendo loro una domanda inziale aperta (Vorrei che provassi a descrivermi il tuo

ambiente di provenienza), per favorire un racconto che mi indicasse innanzitutto i relativi significati attributi

dalle intervistate: con quali parole e immagini indicano e rappresentano l’esperienza di vita e crescita in un certo ambiente? Cos’è significativo per loro? Quali immagini emergono, chiare, fin da subito, nelle prime frasi, nei lemmi ripetuti, nei cambiamenti del tono di voce e dei gesti non verbali? Quali delle rappresentazioni emerse ritornano nella narrazione dell’esperienza avuta del luogo di provenienza, del ménage familiare, dell’ambiente scolastico, dei rapporti interpersonali?

Ognuna delle intervistate ha toccato, in modo unico e personale, temi che si sono rivelati comuni tra le prime risposte ascoltate: il crescere in un piccolo paese; il confrontarsi con i valori della comunità di appartenenza; il rapporto con i genitori, le certezze e le incertezze dell’adolescenza; l’impegno notevole, spesso eccessivo, nello studio; le possibilità lavorative offerte dal mercato del lavoro calabrese.

Ogni risposta si è rivelata densa e complessa e mi ha dato la possibilità di chiedere alle ragazze di ritornare su parole, frasi, significati che mi avevano colpito; per esempio, con riferimento all’esperienza di vita e di studio in un paese di piccole dimensioni ho avuto la possibilità, seguendo la loro narrazione, di porre le seguenti domande: Ti andrebbe di descrivermi cosa intendi per “mentalità rigida”? Come racconteresti gli anni del

liceo? Come descriveresti la tua esperienza scolastica al liceo? Qual era il rapporto con i professori e i compagni di classe?

Ho chiesto loro, in modo esplicito e rifacendomi al loro lessico, di parlarmi della loro scelta in ambito universitario, sia nel caso in cui le intervistate, senza essere sollecitate, continuavano la narrazione introducendo l’esperienza della scelta del corso di laurea, sia nel caso in cui la risposta precedente illustrava, superficialmente, il percorso complessivo degli studi compiuti: Cosa ricordi dei momenti in cui pensavi di

voler diventare un medico? Come descriveresti il percorso che ti ha portato a prendere questa scelta? Ricordi se condividevi queste riflessioni con qualcuno? Ricordi quando hai iniziato a sentire quella che chiami una “vocazione”? Cosa ti ha spinto a scegliere Pisa come sede universitaria? Ti andrebbe di raccontarmi come stai affrontando l’indecisione verso queste due facoltà?

La narrazione e le interpretazioni della scelta universitaria che le intervistate hanno proposto, hanno condotto, in tutti e cinque i casi, a loro spontanee riflessioni sul futuro immediato e più anteriore, facendo emergere dubbi, paure pregresse e nuove, incertezze, rimorsi, sia sul percorso di studi già intrapreso, sia sui possibili ruoli lavorativi futuri; questa dinamica ha continuato a generare un movimento iterativo tra le risposte ascoltate e le mie domande, le quali hanno toccato contesti diversi con ciascuna intervistata, sulla base di quanto avevano fatto emergere in precedenza: Come ti senti orientata rispetto ai test di ammissione? Ti andrebbe di

raccontarmi le reazioni dei tuoi familiari a questa tua incertezza? Come pensi di affrontare questa consapevolezza? Come consideri l’esperienza lavorativa che hai vissuto? Posso chiederti cosa intendi per “mi mettono i bastoni tra le ruote”?

Sebbene tutte le intervistate avessero già evidenziato esplicitamente come il loro trasferimento a Pisa fosse dovuto ad alcune caratteristiche del territorio e della società calabrese e, allo stesso tempo, alcune di loro avessero espresso riottosità e delusione nei confronti delle immagini veicolate dalla rappresentazione mediatica del territorio calabrese, ho deciso di concludere le interviste con un quarto e ultimo tipo di domanda, che potesse di far emergere, in modo più chiaro, l’esperienza diretta delle intervistate nel rapporto tra le condizioni strutturali del contesto calabrese e la loro progettualità personale: Come descriveresti la tua

esperienza delle notizie giornalistiche sulla Calabria? Qual è stata la tua esperienza del fenomeno mafioso? Ti andrebbe di spiegarmi meglio che considerazione hai delle possibilità che offre la Calabria? Come descriveresti il tuo rapporto con i mezzi di informazione, con le notizie che ricevi?

Alla fine di ogni intervista ho ringraziato con cordialità le partecipanti per le narrazioni di sé che mi avevano offerto, intrattenendo brevi conversazioni in cui si manifestava una sorta di senso di catarsi, tanto nelle intervistate, quanto in me; da un lato, infatti, le ragazze continuavano a discutere delle incertezze e dei progetti emersi durante l’intervista, utilizzando, però, un tono più scherzoso, fortemente autoironico, a tratti pungente, forse per contrastare il carico delle emozioni provate e ricordate durante l’intervista: l’ansia e il panico avvertiti durante i test di ammissione, la paura di dover cambiare un’altra città, la sofferenza causata dalla lontananza da casa, l’abbattimento provato durante gli studi universitari, il senso di rimorso dei confronti di una scelta irreversibile, il rifiuto verso una professione futura che nell’esperienza presente si rivela emotivamente provante.

Dall’altro lato, l’impegno ad assumere una prospettiva emic nei confronti delle intervistate ha favorito il role

taking, e mi ha permesso di calarmi in profondità nell’ascolto dei racconti biografici, costringendomi ad avere

un’attenzione assoluta, sia nell’ascoltare, che nell’osservare le reazioni delle partecipanti; inoltre ha richiesto, e al contempo favorito, lo sviluppo di un senso di empatia nei loro confronti, la cui metabolizzazione è avvenuta non solo attraverso l’interazione post intervista, ma anche tramite l’attività di memo writing immediatamente successivo all’intervista.

Ho cercato, infatti, di riportare e scrivere le mie prime impressioni sull’intervista, facendo passare il minor tempo possibile tra l’interazione con le partecipanti e la stesura dei singoli memos, in modo tale da poter

cristallizzare la mia percezione immediata delle narrazioni, del lessico, dei gesti, degli sguardi e della voce delle intervistate.

Questa attività è stata seguita da un primo ascolto, e dalla trascrizione letterale delle interviste, per favorire l’immersione nei dati; ho provveduto poi a formattare digitalmente e a stamparle su carta, per leggere e rileggere il testo della conversazione, in modo da aprire le domande generative della ricerca partendo dal lessico e dal linguaggio, evidenziando le porzioni di testo e i vocaboli che mi apparivano più significativi; dopo questo passaggio preliminare, ho proceduto a compiere i due tipi di codifica proposti dalla Grounded

theory costruttivista, con l’aiuto della console RStudio e del pacchetto RQDA (Charmaz, 2006; Salvini, 2015).

Nel prossimo paragrafo ho proposto, infatti, una descrizione teorica del processo di codifica proposto da Charmaz (2007), e la descrizione del lavoro di codifica e categorizzazione svolte sulle interviste raccolte.

2 Codifica e categorizzazione

L’analisi del contenuto delle interviste, prevista dall’approccio grounded costruttivista, consta di due operazioni di codifica e categorizzazione; queste attività consentono di analizzare i contenuti manifesti e meno espliciti emersi durante le interviste, attraverso un processo di identificazione, selezione e classificazione di frammenti di testo dell’intervista che si avvale di etichette e categorie, le quali riflettono i significati, le valutazioni, le emozioni, gli orientamenti, le aspettative che i soggetti intervistati attribuiscono a particolari esperienze, eventi, persone e azioni (Charmaz, 2007; Salvini, 2015).

Il processo analitico così costruito, e successivo all’immersione nei materiali (lettura e riletture approfondite), si presenta composto da un lavoro di astrazione concettuale e categorizzazione che procede per fasi.

La prima, la codifica inziale, prevede la creazione e la gestione di un codebook, attraverso la selezione di passaggi del testo e l’assegnazione di codici, ovvero etichette rappresentate da parole e brevi frasi corrispondenti ai passaggi ritenuti rilevanti, proposizioni che servono per descrivere e riferirsi a ciò che si legge, e che rispondono alla domanda “Cosa vuole comunicarmi il soggetto con queste parole?”; i codici, infatti, sintetizzano i significati espressi e, dunque, per rinforzare la loro relazione con il testo e l’interpretazione offerta dai partecipanti, è consigliabile rimanere il più possibile ancorati al loro lessico, per ancorare ulteriormente i dati prodotti alla realtà empirica indagata.

Il confronto e la comparazione, sincronica e diacronica, tra i dati empirici raccolti, richiedono e richiamano qualità intrinseche al ricercatore, quali la creatività, la sensibilità e la riflessività, strumenti chiaramente fondamentali nell’identificazione delle prime etichette e delle prime connessioni tra narrazioni e significati. I codici, il cui numero non deve essere limitato in modo predeterminato, possono essere distinti sulla base delle diverse funzioni e caratteristiche che portano con sé.

Per la rilevanza che hanno ai fini dell’analisi e della costruzione delle categorie, vale la pena ricordare le seguenti tipologie: i codici di carattere descrittivo, parole e brevi frasi che hanno la finalità di descrivere contesti e situazioni; i codici carattere processuale, brevi frasi o verbi all’infinito presente che identificano fenomeni e processi che emergono e mutano all’interno del racconto; i codici in vivo, che si rifanno direttamente al lessico e al linguaggio degli intervistati; i codici di carattere emozionale, che hanno lo scopo di indicare le emozioni provate durante gli eventi vissuti e narrati; i codici di valore, con cui indicare i valori, le credenze e i giudizi degli intervistati; i codici di valutazione, che rappresentano i giudizi che gli intervistati danno agli eventi che esperiscono e al comportamento di persone e istituzioni; infine i codici di causazione, i quali identificano e descrivono le condizioni e le cause che generano i processi emergenti da cui scaturiscono effetti sulle azioni e sui comportamenti.

Il secondo step dell’analisi è rappresentato dalla codifica focalizzata, ovvero dal processo di astrazione e categorizzazione a partire dalle etichette inziali individuate, dai loro contenuti e dalle loro caratteristiche; le categorie, o codici focalizzati, hanno così una funzione esplicativa, oltre che descrittiva, in qualità di “asserti concettuali sintetici” (Salvini, 2015) che riescono a sintetizzare clusters di codici iniziali prodotti, e dunque le connessioni tra i significati comuni emersi.

Evitando una lettura e un’accettazione acritica del testo (Salvini, 2015), l’operazione di categorizzazione consiste, infatti, nell’individuazione di patterns tra le condizioni in cui vengono generati i significati emersi durante le interviste e il lavoro di codifica iniziale, per poter ricostruire e rappresentare le interpretazioni che i soggetti partecipanti offrono delle proprie esperienze e il loro social placement; a livello operativo, si procede individuando i codici e i gruppi di codici iniziali con significati comuni, attraverso un lavoro di comparazione, interpretazione e astrazione che prevede un movimento di ritorno pendolare, dinamico e creativo, alle interviste.

L’utilizzo dell’approccio grounded costruttivista consente, nella fase della codifica, di poter utilizzare lo stesso codice iniziale per diversi frammenti di testo e per più di una categoria; tale condizione favorisce l’emersione delle relazioni tra codici e categorie e la costruzione dei link logico - argomentativi tra significati, rendendo perciò possibile aprire le chiavi di lettura dell’interpretazione del racconto biografico.

Il ricercatore, al fine di comprendere i mondi sociali degli altri, li “assume”, mediante un dialogo interno con cui costruisce gradatamente un “modello interpretativo” che comprenda (nel senso di “contenere” e di “interpretare”, cioè renda visibile e intellegibile) le prospettive apprese. Il livello di astrazione in cui si colloca quel modello interpretativo – in continua costruzione – va oltre le singole storie, le esperienze dei partecipanti, ed in questo “andare oltre” risiede al contempo il contenuto e l’esito della ricerca. Le condizioni in base alle quali il ricercatore considererà “conclusa” la ricerca sono strettamente collegate alla sua valutazione - confrontata con quella dei partecipanti alla ricerca stessa – circa l’adeguatezza del modello interpretativo (Salvini, 2015, pos.728).

Infatti, l’obiettivo di questa attività, in cui riflessività e sensibilità sono strumenti fondamentali, è l’apertura dell’interpretazione a più di una chiave di lettura, producendo considerazioni e argomentazioni di carattere

teorico, per creare “catene logico argomentative” che mostrino, nel report, l’interazione concettuale tra le categorie prodotte (Salvini, 2015).

In questo processo mi sono avvalsa dello strumento del clustering: questo termine inglese, un verbo al gerundio presente che indica l’azione del raggruppare, non indica unicamente l’attività di individuazione dei significati comuni e delle connessioni tra le etichette svolto durante la codifica inziale; durante il processo di categorizzazione, infatti, mi sono avvalsa del clustering come tecnica grafica, flessibile e creativa, di comprensione e organizzazione schematica dei significati emergenti:

Like freewriting, a major objective of clustering is to liberate your creativity. You write your central ideas, category, or process; then circle it and draw spokes from it to smaller circles to show its defining properties, and their relationships and relative significance. Because it offers a diagram of relationships, clustering shares some similarities with conceptual or situational mapping in grounded theory (see Clarke, 2003, 2005; Soulliere, Britt & Maines, 2003). The configuration of clusters provide an image of how your topic fits together and relates to other phenomena. Clustering is active, quick, and changeable. You can remain uncommitted to a cluster. Try several different clusters to see how the pieces of your puzzle fit together in a variety of ways (Charmaz, 2006, p. 87).

Inoltre, come si è spiegato per le interviste, è stato più volte ritenuto utile la scrittura di memos; l’approccio

grounded e grounded costruttivista suggeriscono entrambi, infatti, l’attività di memo writing per dare voce,

tenere nota e sistematizzare il lavoro di ricerca in ogni suo momento e, in particolare, durante il processo di analisi: nell’ambito della codifica focalizzata, i memos sono indispensabili per tenere traccia del lavoro interpretativo dietro la costruzione delle categorie e delle connessioni, descrivendone, esplicandone e sistemandone contenuti e relazioni sul piano della coerenza logica.

Ho deciso di riportare di seguito le fotografie delle icone dell’interfaccia RQDA durante i momenti della codifica inziale e della codifica focalizzata: l’utilizzo della console RStudio ha sicuramente snellito una parte del lavoro di immersione e ritorno continuo alle interviste, in particolar modo grazie allo strumento del

retrieving, che offre la possibilità di poter visualizzare immediatamente le proposizioni corrispondenti ai

singoli codici e la loro posizione nel testo; in tal senso, il supporto di un software ti tipo CAQDAS (Computer

Assisted/Aided Qualitative Data Analysis Software) ha agevolato il lavoro di concettualizzazione,

contribuendo ad aiutarmi a rispettare il principio epistemologico e metodologico dell’ancoraggio (grounding) ai dati empirici.

Capitolo 4

Risultati della ricerca

1 Emersione delle categorie

La produzione delle categorie, o codici focalizzati, ha richiesto un’attività di comparazione, di interpretazione e di astrazione concettuale che si è avvalsa di un continuo ritorno alle etichette inziali e ai testi delle interviste. Questo lavoro ha avuto la finalità di rispondere in modo plausibile ed esplicativo alle domande che hanno generato e animato il progetto di ricerca e il lavoro di analisi: in che modo emerge e può essere descritta e spiegata la progettualità delle giovani donne calabresi? Quali sono le condizioni manifeste e meno esplicite, le circostanze personali in cui questo processo emerge e si dipana? Come viene costruito dai soggetti? Quali sono invece le condizioni dei contesti in cui i soggetti agiscono, producono e modificano la rappresentazione del loro futuro? Subiscono influenze esterne da parte dell’ambiente circostante? Come vengono ricordate e valutate dalle intervistate? All’interno della narrazione, quali possono essere le dinamiche di interazione in gioco nel processo di proiezione e progettualità?

L’immersione nelle narrazioni ha fotografato un panorama complesso e articolato, eterogeneo, ricco di interazioni, condizioni, rappresentazioni, valutazioni e proiezioni nel futuro che possono essere definite come dinamiche e mutevoli nel tempo; la codifica inziale ha permesso di rilevare ed evidenziare l’esistenza di condizioni e modalità di produzione della progettualità che sono strettamente connesse con le abitudini, i valori, le emozioni, le passioni personali, le influenze familiari, istituzionali e le condizioni strutturali esperite dalle intervistate.

Le relazioni emerse tra i codici inziali, e dunque tra i significati espressi dalle partecipanti, hanno svelato, nelle attività di comparazione, sistematizzazione e astrazione concettuale, come le singole biografie individuali delle giovani siano entrate in contatto con condizionamenti esterni rivelatisi comuni; la condivisione di un modello di proiezione nel futuro e progettualità, che può essere definita come in divenire, distribuito in tutte e tre le dimensioni temporali, dipendente dall’incertezza di alcune condizioni ambientali e circostanze personali vissute dai soggetti, rimane infatti vincolato al desiderio e alla necessità, condivise dalle ragazze, di emigrare dalla Calabria, per condizionare positivamente il proprio futuro personale e lavorativo.

Ritengo importante evidenziare come, in relazione alla diversità delle percezioni soggettive delle stesse esperienze vissute, è significativo il caso di due delle intervistate, sorelle e perciò appartenenti allo stesso nucleo familiare: le narrazioni e le interpretazioni della loro esperienza della relazione con la figura materna e con il fenomeno mafioso, emerse nel racconto biografico o completamente assenti da questo, hanno messo in luce, infatti, la peculiarità delle esperienze individuali delle due sorelle rispetto agli stessi fenomeni e ai rapporti personali e familiari vissuti, nonché il diverso approccio che i due soggetti hanno nell’interpretare, nel raccontare e, presumibilmente, nel metabolizzare alcuni episodi della loro vita familiare.

Il processo di codifica iniziale ha generato 261 codici iniziali, dei quali i più ricorrenti e significativi sono stati raggruppati in clusters e proposti qui di seguito in forma schematica.

Avere alternative Aspirare e ambire Avere e mantenere la borsa di studio

Avere il sostegno dei familiari Avere la possibilità di

uscire dal paese Avvertire la lontananza da casa Capire le proprie inclinazioni paese con la mentalità Crescere in un piccolo ristretta Entrare nel panico Essere combattuta Essere incerta Farsi condizionare dalle

situazioni Fare una scelta affrettata Impegnarsi nello studio Mancanza di prospettive

lavorative in Calabria Non avere l’appoggio dei familiari Preferire attività pratiche Provare passione Provare senso di

responsabilità Ricevere una soddisfazione economica

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