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2.4 Analisi delle Interviste

2.4.3 Amici e conoscenti

Per quanto riguarda la rete amicale e delle conoscenze, solo una delle intervistate afferma di parlare tranquillamente con tutti della malattia del figlio, ottenendo un supporto anche dalla rete amicale:

Un atteggiamento positivo, cioè come lo ha avuto la famiglia, lo hanno avuto gli amici...cioè non c’è nessuno che non...che non abbia capito...sia diverso con lui perché lui ha questa patologia...assolutamente (Intervista 2).

Due delle altre intervistate affermano di parlare solo con gli amici più stretti della malattia dei figli:

Io parlo sicuramente molto di più con le mie amiche e ne ho avuto grandissimo sostegno, grandissimo supporto...questo sì, sicuramente...per il resto non tantissimo. (Intervista 1)

Invece anche per quanto riguarda gli amici diciamo che la cosa è stata detta nei termini...mmmm... proprio completi, diciamo, proprio alle mie...eh...due amiche del cuore...due, ecco. Che anche loro mi hanno...mi sono sempre state

Mentre poi le altre persone, diciamo le conoscenze più...ehhh...insomma, meno profonde, cioè amicizie fino alla conoscenze, ovviamente lì sono sempre stata ..mmm... invece piuttosto restia (Intervista 3)

In quest’ultimo caso l’intervistata afferma che alcuni sintomi, come la bassa statura e la conseguente somministrazione della terapia ormonale, erano visibili a tutti ma comunque evitavano di parlare del fatto che fosse affetta da una sindrome genetica, ad esempio:

Abbiamo fatto varie vacanze in campeggio con altri amici che erano magari i genitori di amiche...di compagne di A. E lì per esempio c’era il problema di mettere quella pennina con l’ormone nel coso (intende il frigorifero) del campeggio quindi ecco lì si sapeva che A. lo...si vedeva che era bassa e quindi....ma come succede magari a...tipo Messi, quel calciatore che ha fatto la cura dell’ormone della crescita. (Intervista 3)

Dopo il percorso psicologico ed essere giunta ad un’accettazione della malattia, l’atteggiamento dell’intervistata è però cambiato e, se se ne presenta la necessità, spiega che la figlia è affetta da una patologia genetica, pur non dicendone il nome:

Dico che ha fatto un allungamento perché: “lei, sai essere tutta la vita 1.39m non è come dirlo”, e loro...eh...dopo magari mi dicono:” Come mai?” “eh è una sindrome genetica che fa sì che non ti...non cresci a sufficienza”, ecco, non mi fa più impressione come invece era all’inizio, capisci? Perché comunque sindrome genetica sempre quella cosa che ti dicevo prima, è la condizione che ti...insomma...fa sentire anormale...non so come dire (Intervista 3).

In effetti, precedentemente aveva affermato che una particolarità delle malattie genetiche rispetto ad una malattia di altro tipo fosse il fatto che è una condizione cronica, da cui non puoi guarire:

Perché comunque rispetto...cioè non è come dire... che so che mio figlio ha una malattia...non è una malattia che quindi puoi superare puoi curare...è una cosa pesante, il fatto che sia una condizione con cui devi convivere tutta la vita (Intervista 3).

La quarta intervistata invece ha raccontato di aver dato poche informazioni agli amici per quanto riguarda la malattia dei figli:

Ehh, alcuni amici…le mie amiche che vedo sempre…ehh…sanno…nel senso che…sanno qualcosa…nel senso che quando usciamo vedono…ceh a volte noi usciamo anche coi bambini e vedono che ad un certo punto della sera io do la medicina a A….Oppure eehm…sanno…non tutti eh…proprio una cerchia ristretta, quelli che frequentiamo di più, sanno che andiamo a fare dei controlli…

(Intervista 4)

Afferma anche però che sia una situazione che ritiene equilibrata: danno ad amici e colleghi solo alcune informazioni e di ritorno ottengono un interessamento per il quale a volte viene chiesto come stanno i bambini. Attribuisce questo tipo di atteggiamento anche al fatto che i bambini conducono una vita normale. Sembra percepire un bilanciamento tra le effettive condizioni di salute dei figli e quello che è il grado di

“interessamento” degli amici.

La quinta intervistata, invece, come detto prima, ha scelto di mantenere la riservatezza totale sulla malattia di sua figlia.

I motivi per evitare di dare troppi dettagli riguardo la malattia dei figli hanno avuto spiegazioni diverse da parte delle tre intervistate.

In un primo caso si riscontra sia la necessità, quando si è con gli amici, di evadere dalla quotidianità della malattia, sia il desiderio di evitare di ricevere compassione.

Ehh...dunque...ehhh...io non posso dire che le coppie di amici che frequentiamo ci abbiano più di tanto aiutato.. tranne le frasi di circostanza...in ogni

problemi. Proprio perché il senso ludico di uscire con degli amici doveva essere un momento di svago, parlare dei problemi ritornava comunque sempre nella realtà della problematica. (Intervista 1).

Non mi piace parlarne perché non mi piace ricevere quelle frasi della serie

“oh povera, oh dio ma guarda cosa ti capita” ...cioè... la compassione pietosa che si può muovere a un cane non mi serve, mi serve.... (Intervista 1)

Un’altra intervistata pone al centro un motivo di privacy a cui si aggiunge, per sua ammissione, una mancata accettazione della malattia: non lo diceva sperando che la figlia raggiungesse un’altezza tale da non essere evidente

Da una parte per rispetto ad A., nel senso che ormai con i mezzi di oggi tu metti Sindrome di Turner e ti viene fuori tutto, addirittura...come si chiamano...le pubblicazioni mediche e quindi dicevo: “vabbè non mi sembra giusto che un conoscente sappia cose che lei ancora non sa, tipo dell’infertilità, un po’ per quello...e poi...quindi questo diciamo la cosa ufficiale che mi dicevo io, e dall’altra però se devo essere sincera fino in fondo anche molto il fatto che io ero sempre un po’ legata a quella cosa: “dai se cresce...ehh...è normale” ...no? Capito?

(Intervista 3)

Una volta accettata la malattia, rimane comunque il desiderio di una certa privacy, quindi pur parlandone, evita di dire il nome della malattia alla persona, affinché non possano accedere ad ulteriori informazioni.

Il desiderio di rispettare la privacy dei propri figli è presente anche nel racconto della quarta intervistata, unito al desiderio che i proprio figli, stando bene, vengano

“giudicati” per le loro reali condizioni di vita e non sulla base di quello che la malattia potrebbe comportare loro.

Non siamo entrati nello specifico per evitare che qualcuno andasse su Internet e leggesse cose che non corrispondono alla realtà sia di A. che di B., ecco.

(Intervista 4)

Ma questo l’ho fatto non perché non volessi o per vergogna, così…l’ho fatto un po’ per riservatezza di loro due, che adesso sono bambini, però insomma…ceh….sono comunque individui. Per cui io non so ancora quanto vogliono divulgare della malattia. E quindi…perché saranno loro quando saranno grandi a decidere quanto e come farlo sapere alle persone. Quindi nel…non sapendolo al momento mi limito a dire il necessario, per questo motivo (Intervista 4).

Nel caso della quinta intervistata, come già accennato, la riservatezza desiderata è tale da andare a fare le analisi mediche necessarie (ecografie, analisi del sangue…) la domenica per non dover dare troppe spiegazioni a scuola.