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Principali difficoltà nella gestione delle malattie rare

1.2. Le malattie rare

1.2.4 Malattie Rare e famiglia

1.2.4.4 Principali difficoltà nella gestione delle malattie rare

Come afferma Zagaria (2018), citando i precedenti lavori di Taruscio e Cerbo e Zurynski e colleghi, le criticità connesse alle malattie rare possono essere diverse:

2) andamento cronico e invalidante;

3) scarsità di percorsi assistenziali strutturati e coordinati;

4) difficoltà di accesso a sistemi di trattamento e cura adeguati, legate, tra l’altro ai cosiddetti farmaci orfani;

5) incombenze economiche maggiori.

Tutto questo porta ad uno stato di disabilità maggiore rispetto ad altre patologie di cui deve farsi carico la famiglia e che porta ad incertezza e isolamento sociale.

Le principali difficoltà nella gestione delle malattie rare sono dovute alle scarse conoscenze a disposizione al riguardo. Spesso questo comporta un percorso molto lungo prima di giungere alla diagnosi che molti considerano come una liberazione. I genitori (o il paziente) non hanno possibilità di confronto: i pari che li circondano non hanno attraversato quell’esperienza e quindi le strategie genitoriali utilizzate non sono sempre adeguati alle condizioni rare. I controlli che devono essere effettuati regolarmente, inoltre, richiedono al care-giver di assentarsi dal lavoro per accompagnare il paziente e devono avere le risorse economiche necessarie per sostenere le spese del viaggio, dell’eventuale pernottamento e le spese mediche.

Secondo il report Diaspro Rosso (Astolfo, Bragagnolo, & Porchia, 2012), infatti, si sta riducendo il tempo necessario alla diagnosi ma per raggiungere i centri di competenza i pazienti devono percorrere mediamente 244 chilometri. Lo stesso report afferma che questo comporta una spesa annua per le famiglie elevata, stimata, in base alla frequenza dei controlli necessari, tra i 430 euro e i 1271 euro annui. É tuttavia necessario sottolineare come il 75,9 per cento dei malati partecipanti allo studio richiedeva un’assistenza continua e che quindi tale spesa potrebbe diminuire a fronte di una maggiore autonomia dei pazienti. Sicuramente la malattia rara porta ad un impoverimento del nucleo familiare dovuto alle spese dirette e indirette legate alla malattia, al fatto che i care-givers debbano ridurre le ore di lavoro e l’improduttività del malato. A fronte delle spese ingenti che deve sostenere la famiglia, soltanto pochi

ottengono sussidi da istituzioni territoriali. Lo stesso report ha evidenziato come i dati relativi alle malattie rare siano incompleti e disomogenei, rendendo difficile la progettazione di interventi che rispondano alle esigenze dei pazienti e dei loro familiari.

Le persone coinvolte nello studio hanno comunque manifestato una soddisfazione elevata per i centri di competenza e per le associazioni in cui sono coinvolti. É emersa, invece, insoddisfazione nei confronti della rete offerta dalle istituzioni territoriali, le cui criticità sono state principalmente individuate nella mancanza o carenza di alcune tipologie di offerta/prestazioni e la mancanza o carenza di figure riabilitative specializzate.

Capitolo 2

Inizialmente l’obiettivo era una collaborazione con il reparto di Auxologia e Malattie Rare del Sant’Orsola, per utilizzare il loro bacino di utenza come campione. Il progetto non corrispondeva però agli interessi di ricerca del reparto.

Si è quindi proceduto ad inviare una presentazione del progetto di ricerca alla Consulta per le Malattie Rare che ha, a sua volta, inoltrato la comunicazione alle varie associazioni aderenti. Hanno risposto poche persone. Ho quindi proceduto a contattare altre persone tramite gruppi Facebook.

Nella fase iniziale del progetto erano stati stabiliti dei precisi criteri di inclusione nel progetto, ovvero:

- età attuale dei figli tra i 16 e i 20 anni: l’età minima era scelta per rendere possibile esaminare anche il sostegno percepito in un passaggio delicato come quello dell’adolescenza. L’età massima invece è stabilita affinché per tutti i genitori sia trascorso circa lo stesso lasso di tempo da determinati momenti evolutivi del figlio, riducendo quindi al minimo il rischio di differenze nei ricordi dovuti ad una maggiore o minore distanza temporale;

- essere genitori biologici del figlio con malattia rara: i genitori adottivi infatti potrebbero avere avuto esperienze diverse in quanto durante il percorso adottivo viene richiesta la disponibilità ad adottare figli con patologie e si è a contatto con figure del servizio sociale che potrebbero attivare percorsi di sostegno. In caso di cause genetiche della patologia, inoltre, il genitore adottivo non avrebbe il potenziale vissuto di senso di colpa per averla causata;

- entrambi i genitori devono essere presenti nella vita del figlio: un nucleo familiare monogenitoriale potrebbe presentare maggiori difficoltà nella gestione della malattia a parità di supporto ricevuto;

- La malattia del figlio deve essere diagnosticata in età prescolare (0-6 anni):

il criterio di avere una diagnosi è dovuto al fatto che chi è in attesa di diagnosi presenta vissuti differenti (Krabbenborg, 2016). Il criterio dell’età, invece, rispondeva a due requisiti: fare in modo che i genitori abbiano un vissuto il più simile possibile e indagare il sostegno ottenuto nell’ingresso nel sistema scolastico e durante i vari gradi di istruzione.

- il figlio deve essere scolarizzato e non richiedere assistenza nelle attività delle routine quotidiane a causa della patologia: in questo modo si riesce ad indagare il sostegno percepito da famiglie i cui figli hanno un buon grado di funzionalità e autonomia e quindi più difficilmente sono indirizzate ad un supporto.

- La patologia del figlio non deve richiedere né aver richiesto lunghi ricoveri:

il vissuto di chi è costretto a lunghi ricoveri è differente per le modalità in cui è stravolta la loro quotidianità.

- la patologia del figlio non deve comportare una prognosi infausta: i vissuti dei genitori di fronte a prognosi di questo tipo sono peculiari.

Dopo un confronto con le associazioni è però emerso che il numero di associati i cui figli rientrano nella fascia di età richiesta era molto esiguo, si è quindi deciso di includere famiglie i cui figli rientrassero in qualsiasi fascia di età.

La scarsità di associati con figli in età adolescenziale può essere dovuta al fatto che i genitori abbiano ormai saziato la loro sete di informazioni, che abbiano iniziato il processo di elaborazione e trovato una personale strategia di coping e anche al fatto che talvolta sono i figli stessi a non voler far parte dell’associazione.

Pur trattandosi di un campione non rappresentativo le esperienze raccontate possono comunque rivelarsi interessanti spunti di riflessioni.

Le persone disponibili sono state intervistate telefonicamente (solo in un caso l’intervista è avvenuta di persona) tra dicembre 2018 e maggio 2019 ed è stato loro chiesto di compilare anche una scheda anagrafica. Le domande previste dall’intervista sono state formulate valutando gli ambiti rilevanti per comprendere l’impatto della patologia rara sulla famiglia e sono state sottoposte al controllo di una psicologa che lavora per l’Associazione Italiana Sclerosi Tuberosa.

È stato scelto di utilizzare l’intervista semi-strutturata come metodologia di raccolta dei dati perché offriva una linea guida sui temi da trattare, garantendo allo stesso tempo una flessibilità adeguata al carattere personale e complesso dell’argomento trattato. Per lo stesso motivo sarebbe stato meglio svolgere le interviste in presenza, questo non è stato possibile data la diversa provenienza geografica delle persone. Per evitare la distorsione dei dati dovuta a un’intervista molto lunga ed effettuata in toni eccessivamente formali, è stata sottoposta agli intervistati una scheda anagrafica per raccogliere informazioni sulla famiglia, la sua condizione socio- economica, il carico economico e sapere i supporti economici eventualmente ricevuti. Il momento in cui svolgere l’intervista è stato scelto dalle intervistate, per farle sentire a proprio agio ed evitare distorsioni date da fattori quali la fretta (Zammuner, 1998). Prima dell’inizio dell’intervista alle intervistate è stato garantito l’anonimato ed è stato loro assicurata la libertà di non rispondere alle domande e di poter interrompere l’intervista.

Le persone intervistate sono state 5, tutte donne, per un totale di 7 figli affetti da malattie rare. Le malattie diagnosticate nel campione sono la sclerosi tuberosa e la sindrome di Turner: tre bambine sono affette da sindrome di Turner, una dalla Sclerosi Tuberosa e tre bambini affetti da Sclerosa Tuberosa. Per una maggiore comprensione del loro impatto sulla famiglia, le due malattie verranno descritte nei prossimi paragrafi.

L’età dei figli è compresa tra i due e i diciannove anni, non è presente nessun figlio unico.

Questa ricerca presenta alcuni limiti. Il primo riguarda i partecipanti: essendo stati scelti in base alla loro disponibilità ad essere intervistati, essi molto probabilmente hanno delle differenze rispetto ad altri. Queste differenze sono difficilmente identificabili, si

potrebbe trattare ad esempio di maggior tempo a disposizione, un desiderio di far conoscere la realtà delle malattie rare, una maggiore propensione a parlare dell’argomento, una maggiore sensibilità verso la ricerca e a farne parte, possedere caratteristica personale che porta a rispondere alla richiesta ricevuta.

I partecipanti, inoltre, sono tutte donne. Sarebbe molto interessante sentire anche racconti provenienti dai padri, per poterne cogliere il punto di vista e costruire un quadro più complesso dell’esperienza della genitorialità in casi di malattie rare dei figli.

Il campione non è quindi sufficientemente rappresentativo e numericamente significativo per estendere i dati ricevuti.

In quanto studi di caso, sono però emersi elementi interessanti, da considerare approcciandosi all’interazione con famiglie comprendenti un malato raro.

In futuro, oltre a coinvolgere i padre di bambini con malattie rare, sarebbe interessante coinvolgere un campione di famiglie rappresentativo e quantitativamente significativo, al fine di approfondire ulteriormente il vissuto di queste famiglie