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Capitolo 2 Corte di Giustizia e Amministrazione nazionale: poteri,

1. Amministrazione e giurisprudenza comunitaria.

Come delineato nel precedente capitolo, la giurisprudenza della Corte di Giustizia ha sempre maggiormente assunto valore normativo. Detto valore non assume rilevanza soltanto nei confronti degli organi giudiziari, bensì spiega la sua azione anche nei confronti delle Amministrazioni nazionali. Si è già accennato al fatto che la nomofilachia comunitaria non si tramuta in un mero sistema di precedente giudiziario vincolante, ma può essere raffigurato come una “rete a nodi”, comunicanti ed interferenti tra loro. Uno dei nodi di recepimento fondamentale è, appunto, la Pubblica Amministrazione nazionale142.

L’Amministrazione nazionale, dunque, viene investita da compiti delineati dalla giurisprudenza comunitaria, diventando parte attiva della comunità stessa. Ad essa vengono altresì attribuiti poteri che riguardano gli atti già emanati e gli atti da emanare, mediante sentenze pronunciate in giudizi in cui lo Stato è parte ma anche di principio al quale la P.A. deve adeguarsi positivamente.

Il rinnovato esercizio della funzione amministrativa si pone così, nell’ambito dell’eguale trattamento delle situazioni giuridiche soggettive, svolgendo, al contempo, un aiuto alla uniformità normativa, che è l’obbiettivo principale della Corte di Giustizia143.

1.1. Autonomia procedurale delle Amministrazioni e influenza giurisprudenziale comunitaria: una voce critica.

Il principio di leale collaborazione e l’influenza comunitaria esercitata sulle amministrazioni nazionali, se da un lato, come detto, completa l’uniformizzazione ordinamentale europea, dall’altra priverebbe gli Stati membri della loro c.d. autonomia procedurale. È quanto sostenuto da parte della dottrina, il quale analizza detto procedimento da un punto di vista critico144.

142 L’immagine scaturisce dalla lettura di BARONE, The european «nomofilachia» network,

in Riv. it. dir. pubbl. comunit., 2013, pp. 351 e ss., ripreso dallo stesso Autore in Giustizia comunitaria e funzioni interne, Bari, 2008, p. 149, nel quale si afferma che le Amministrazioni nazionali «costituiscono “nodi” della rete stesa dal giudice del Lussemburgo per assicurare il rispetto della propria funzione di uniforme interpretazione del diritto comunitario. Le Amministrazioni nazionali si inseriscono nel network della nomofilachia comunitaria attraverso l’esercizio dei tradizionali poteri di autotutela decisoria». Quest’ultimo concetto verrà approfondito infra.

143 BARONE, Giustizia comunitaria e funzioni interne, cit., p. 152. Lo stesso Autore afferma

che spesso il potere dell’autotutela decisoria delle Amministrazioni nazionali supplice al grave problema della non compliance dei giudici interni.

144 GRECO, A proposito dell’autonomia procedurale degli Stati membri, in Riv. it. dir.

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L’autonomia procedurale è il potere di ogni Stato di delineare specifici poteri e procedure interni alla propria Amministrazione per recepire il diritto comunitario145.

Al riguardo, la libertà degli Stati non è illimitata146, dovendo rispondere, perlomeno, al criterio di equivalenza di tutela dei cittadini in tutta l’Unione ed al principio di effettività del recepimento147.

La dottrina citata, tuttavia, asserisce che una cospicua giurisprudenza della Corte di giustizia abbia inciso su vari istituti procedimentali e processuali degli Stati membri ben al di là dei canoni di equivalenza e di effettività, finendo per innovare istituti cardine degli ordinamenti nazionali148.

In particolare, la Corte di Giustizia avrebbe, da un lato, snaturato il criterio dell’effettività, pretendendo non più soltanto che il diritto attribuito dalla norma europea non dovesse essere difficilmente realizzato, ma addirittura che le posizioni scaturenti disciplina europea ricevessero maggiore protezione rispetto a quelle derivanti dalla disciplina nazionale149. Dall’altro

145 Il concetto di autonomia procedurale è da attribuire a SCHWARZE, Droit administratif

européen, Bruxelles, 2009, citato dallo stesso GRECO, A proposito dell’autonomia procedurale degli Stati membri, cit., p. 1, il quale aggiunge che «l’autonomia procedurale (amministrativa e processuale) degli Stati membri scaturisce (malheureusement) dal principio delle competenze di attribuzione. Che a sua volta è risultata notevolmente rafforzata dopo il Trattato di Lisbona, con la duplice precisazione che “qualsiasi competenza non attribuita all’Unione dai Trattati appartiene agli Stati membri (art. 4, par. 1, e art. 5, par. 2, del T.U.E.)».

146 La limitazione degli Stati membri in merito viene delineata dalla XIX Dichiarazione

allegata al Trattato di Maastricht, la quale precisa che «la Conferenza – pur riconoscendo che spetta a ciascuno Stato membro stabilire quale sia il modo migliore di applicare le disposizioni del diritto comunitario, tenuto contro delle istituzioni, del sistema giuridico e delle altre condizioni che gli sono proprie, ma comunque nel rispetto dell’art. 189 del Trattato che istituisce la Comunità europea – reputa essenziale, per il buon funzionamento della Comunità, che le misure adottate nei vari Stati membri assicurino che il diritto comunitario sia in essi applicato con altrettanta efficacia e rigore del diritto nazionale».

147 I criteri sono così sintetizzati da GRECO, A proposito dell’autonomia procedurale degli

Stati membri, cit., p. 2, nonché da Corte Giust. UE, 30 settembre 2010, causa C-314/09.

148 GRECO, A proposito dell’autonomia procedurale degli Stati membri, cit., p. 2. L’Autore

sottolinea che «Tutto ciò è avvenuto sia in materie già oggetto di una disciplina di armonizzazione, sia in materie totalmente prive di disciplina europea per quello che concerne le procedure amministrative (…). Un esempio del primo caso è fornito da una ancor recente sentenza, in cui la Corte si è posta la questione se fosse compatibile con il sistema comunitario una disciplina nazionale in tema di illecito soggettivo. In particolare, una disciplina nazionale che, i materia di illegittime procedure di gara d’appalto, richiedeva ai fini del risarcimento del danno, l’elemento della colpevolezza della stazione appaltante», riferendosi alla già citata Corte Giust. UE, 30 settembre 2010, causa C-314/09. In questo caso, la Corte ha affermato che il silenzio sul punto della Direttiva di armonizzazione 89/665/CEE doveva essere interpretato sulla base del principio di sussidiarietà e che, pertanto, pur non incidendo negativamente sulla autonomia procedimentale degli Stati membri, sarebbe stata contraria all’ordinamento comunitario qualsiasi disciplina che sottoponesse l’esistenza dell’illecita ad una prova della colpevolezza della stazione appaltante.

149 Si veda MEDHI, L’autonomie institutionelle et procèdurale et le droit administratif, in

AUBY –DUTHEIL DE LA ROCHERE, Droit Administratif Européen, Buxelles, 2007, p. 705, citato da GRECO, A proposito dell’autonomia procedurale degli Stati membri, cit., nota 39, il quale afferma che l’ingerenza della Corte di Giustizia mira a sottomettere l’autonomia

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lato, la stessa Corte avrebbe giustificato la disapplicazione della normativa nazionale contrastante con quella europea150.

Come accennato, si tratta di una dottrina minoritaria. Alcuni autori, peraltro, obiettano che fermarsi ai rigidi standards comunitari già delineati non rappresenta un criterio giuridico, bensì un mero auspicio di opportunità politica151.

Un preliminare ragionamento sulla autonomia procedurale non deve sembrare fuori luogo poiché, come si vedrà infra, la stessa è strettamente collegata con l’autonoma classificazione dell’atto anticomunitario nella figura della nullità o dell’annullabilità, con ripercussioni anche sul successivo esercizio dei poteri di autotutela152.

1.1.1. Autonomia procedurale e funzioni pubbliche (rinvio).

L’autonomia procedurale degli Stati membri, nel senso sopra descritto, rende necessaria un’analisi sulla coesistenza tra il ruolo nomofilattico della giurisprudenza comunitaria e l’esercizio dei poteri pubblici da parte degli ordinamenti interni.

In particolare, ci si deve chiedere se l’influsso della Corte di Giustizia sia soltanto esterno, da filtrare attraverso i poteri pubblici esistenti in ogni Stato membro, oppure se esso stesso influenzi direttamente le scelte degli ordinamenti interni. A questo punto, dunque, deve analizzarsi se la giurisprudenza europea assurga al rango di funzione interna.

La risposte ai suddetti di quesiti non è immediata e necessita una disamina delle modalità di influenza sugli ordinamenti interni da parte della Corte di Giustizia.

La stessa disamina verrà effettuata nel presente capitolo, mentre si rimanda al capitolo terzo per l’inquadramento o meno della giurisprudenza comunitaria nell’ambito delle funzioni interne.

istituzionale e procedurale degli Stati a degli standard comunitari più esigenti. Sul punto anche GRECO, Illegittimità comunitaria e pari dignità degli ordinamenti, in Riv. it. dir. pubbl. comunit., 2008, p. 505 e ss.

150 Si sottolinea che sono casi per il quale è giustificabile la sottoposizione dello Stato ad

una procedura di infrazione, ma non anche la suddetta disapplicazione. Si vedano ZILLER, Diritto delle politiche e delle Istituzioni dell’Unione europea, Bologna, 2013, p. 270 e GRECO, A proposito dell’autonomia procedurale degli Stati membri, cit., nota 30.

151 GALETTA, L’autonomia procedurale degli Stati membri dell’Unione europea: Paradise

lost?, Torino, 2009, p. 30, secondo la quale l’autonomia procedurale degli Stati membri può portare ad asimmetrie, in un contesto in cui l’obbiettivo principale è il primato del diritto comunitario e la sua applicazione uniforme.

152 Della questione si tratterà specificamente nel par. 2.1., alle cui citazioni di dottrina e

giurisprudenza ci si riferisce interamente. Per ora, basti la lettura di MASSARI, L’atto amministrativo antieuropeo: verso una tutela possibile, in Riv. it. dir. pubbl. comunit., 2014, par. 4.

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2. L’atto amministrativo contrario alla giurisprudenza comunitaria.