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Capitolo 3 Giurisprudenza comunitaria: funzione interna o esterna?

2. Nozione di “funzione pubblica”.

2.1. Funzioni interne e funzioni esterne 318

Finora si è parlato delle funzioni interne, cioè quelle funzioni che fano capo agli Stati stessi.

Tuttavia, come già accennato nell’introduzione della presente ricerca l’ampliarsi della sovranità degli organi internazionali, ha portato alla tutela multilivello dei diritti fondamentali dell’uomo, una tutela, cioè, che viene offerta da più livelli di giudici comunitari.

Non è detto che i sistemi statali nazionali non conoscano questo tipo di formazione di fonti giuridiche.

Si pensi, ad esempio, del fenomeno della formazione del diritto giudiziale319. Si tratta, in particolare, di una formazione delle fonti del diritto da parte della giurisprudenza320, in particolare quella di ultima istanza, nel

316 COGNETTI, Profili sostanziali della legalità amministrativa. Indeterminatezza della

norma e limiti della discrezionalità, cit., p. 49.

317 Sul punto si veda, in generale, SCOCA, Giustizia amministrativa, Torino, 2011.

Quanto esposto, peraltro, è particolarmente rilevante con riferimento al sindacato del giudice amministrativo sulla discrezionalità e, dunque, sull’annullamento giudiziario degli atti per eccesso di potere: si vedano AZZENA, Natura e limiti dell’eccesso di potere amministrativo, Milano, 1976, pp. 240 e ss.; DE CESARE, Problematica dell’eccesso di potere amministrativo, vol. I, Padova, 1973, pp. 43 e ss.

318 La contrapposizione dei due termini deriva dalla lettura di BARONE, Giustizia

comunitaria e funzioni interne, Bari, 2008. La definizione si evince dal fatto che l’Autore intende per “funzioni interne” quelle appartenenti allo Stato (legislativa, esecutive ed amministrativa, giudiziaria). Pertanto, per contrapposizione, deve rilevarsi che le funzioni esterne sono quelle non appartenenti allo Stato, quali, appunto, la funzione giurisdizionale della Corte di Giustizia.

319 L’espressione è usata da PUBUSA, Procedimento amministrativo e interessi sociali,

Torino, 1988, p. 272.

320 ID., pp. 272 e ss. analizza anche le cause della formazione della suddetta modalità:

«(Essa) è riconducibile alle caratteristiche assunte dalla legislazione in conseguenza delle profonde mutazioni intervenute nello Stato dal periodo liberale ad oggi. Di esse sono già stati messi in evidenza i caratteri fondamentali: pluralismo, disomogeneità ideologica e sociale, complessità, policentrismo spesso conflittuale dei rapporti di potere, interventismo in economia e nelle relazioni sociali.

Orbene, tali caratteri, assunti dall’ordinamento in conseguenza della rapidità delle trasformazioni sociali, hanno impresso all’intervento legislativo una forte accelerazione ed un accentuato bisogno di aggiornamento che ha messo in crisi la vecchia idea, illuministica e razionalistica delle grandi codificazioni. Queste – come è stato giustamente rilevato – sono vantaggiose solo ove abbiano la possibilità di durare, altrimenti, oltreché inutili, sono anche dannose, poiché costringono all’affannoso ricorso ad aggiustamenti o ad una sempre più vasta legislazione speciale (…).

La incessante trasformazione dei rapporti sociali costringe il diritto legale a rimanere inevitabilmente indietro rispetto all’evoluzione della società in quanto lo rende inidoneo a comprendere in anticipo i processi in tutta la loro vitale mobilità e ricchezza storico- concreta. (…)

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caso, principalmente, di interessi sociali contrapposti321. In questo frangente, il Giudice si trova, dunque, a sviluppare un progetto legislativo che funge da matrice per la determinazione della norma concreta, dell’agire che meglio contemperi i diversi interessi in gioco.

È da chiarire che non si tratta di una giurisprudenza correttiva della norma, che sarebbe inammissibile. Al contrario, in queste circostanze gli organi giudiziari riempiono vuoti normativi, si limitano a concretizzare la legge, svolgendo una funzione supplettiva verso il legislatore, ma entro finalità e obbiettivi, nonché come sviluppo di principi, fissati dalla legge322.

Descritto il presente fenomeno, pare il caso di chiedersi se la Corte di giustizia sia svolgendo questo stesso ruolo e se detta condizione sia accettabile, dato che la Corte si trova in una posizione esterna rispetto alla maggioritaria dottrina dualista.

Con riferimento al primo quesito, effettivamente può essere notata l’analogia tra il comportamento del Giudice domestico ed la giurisprudenza comunitaria.

Infatti, anche l’organo giudiziario europeo agisce sulla base dei principi fissati dai Trattati. Talvolta, però, come visto, vi è anche una spinta creativa della Corte di Giustizia, la quale crea, nel suo sforzo nomofilattico e di unificazione delle normative nazionali, nuovi principi.

On solo: come si vedrà nel prossimo paragrafo, la stessa Corte espande il proprio sindacato attribuitole proprio dalla normativa comunitaria.

Sembrerebbe, dunque, che proprio quest’ultimo carattere creativo possa differenziare il ruolo svolto dal giudice nazionale e da quello comunitario. A prima vista, negli ultimi decenni la Corte di Giustizia ha svolto un ruolo di “co-legislatore”323.

Quanto al secondo quesito, prima dovrà essere analizzata la natura stessa della Corte di Giustizia come funzione esterna e quella dell’influenza sull’ordinamento nazionale.

Al fiorire del diritto giudiziale contribuisce poi fortemente la fuga del legislatore dalle proprie responsabilità politiche. (…) Alcune tematiche, inoltre, per la loro forte novità, dividono i partiti politici non solo nei loro reciproci rapporti, ma anche al loro interno, trasversalmente».

321 Si pensi, ad esempio, al caso della stabilizzazione del precariato pubblico, già analizzata

al cap. 2.

322 PUBUSA, Procedimento amministrativo e interessi sociali, cit., p. 278.

323 L’espressione è usata qui come termine semplificativo, non volendo per forza richiamare

l’intera disciplina della co-legislazione comunitaria.

Utile, peraltro, è il ragionamento proposto da PICOZZA, Diritto amministrativo e diritto comunitario, Torino, 2004, p. 185, il quale spiega anche il significato del termine “co- amministrazione”: «Le relazioni intercorrenti tra amministrazione comunitaria ed amministrazione italoana si articolano in compiti tra loro collegati.

All’amministrazione comunitaria spetta la potestà decisionale mentre all’amministrazione italiana sono attribuiti compiti strumentali allo svolgimento della funzione comunitaria, la quale non è idonea a realizzarsi autonomamente».

- 105 - 3. Poteri espansivi del Giudice Europeo.

La Corte di Giustizia tende ad espandere il proprio sindacato e le proprie competenze324. In particolare, la sua tendenza a dettare nuovi principi e ad estendere l’efficacia delle proprie pronunce non solo agli Stati membri, ma direttamente alle Amministrazioni interne ed ai cittadini, rende il proprio ruolo più ampio di quello descritto nei Trattati325.

Proprio questo comportamento può portare a pensare che la sua funzione sia, sempre più, diventando assibilabile ad un potere interno degli Stati, o che, nello specifico, influisca direttamente sugli stessi.

Con riferimento alla creazione di nuovi principi, nei termini specificati nella trattazione precedente, occorre aggiungere che parte della dottrina considera l’insieme dei suddetti principi come una vera e propria Costituzione europea, alla quale viene riconosciuta una funzione di primo piano nella regolazione della vita degli Stati e dei cittadini326.

Non solo. La tendenza espansiva si rivela anche nella applicazione degli stessi principi327.

Da questo punto di vista, dunque, i principi espressi dalla Corte di Giustizia non fungono più solo da criteri di interpretazione ma anche da parametri di legittimità delle norme e degli atti posti in essere dalle Amministrazioni nazionali328.

Conseguentemente, sempre più si afferma l’idea che il Giudice comunitario rivesta una funzione che contrasta o, meglio, che si affianca a quella svolta dall’Amministrazione interna.

324 SICILIANO, La legalità amministrativa (comunitaria ed interna) e certezza del diritto:

riflessi sui rapporti amministrativi ed istituzioni, cit., p. 98.

325 STARR-DEELEN DEELEN, The European Court of Justice as a Federator, in Fed. and

U.E., cit., p. 81.

326 HARTLEY, Federalism, Courts and Legal System: the emerging Constitution of the

Euroopean Community, in American Journ. of Comp. Law, 1986, p. 229.

327 SICILIANO, La legalità amministrativa (comunitaria ed interna) e certezza del diritto:

riflessi sui rapporti amministrativi ed istituzioni, cit., p. 99. Lo stesso Autore cita il principio di uguaglianza come esempio della suddetta statuizione: «Si consideri, a mero titolo esemplificativo, la considerazione comunitaria del principio di uguaglianza, inizialmente limitato alla previdenziale, confidenziale con le logiche di mercato, de divieto di discriminazione.

L’elaborazione giurisprudenziale della Corte di giustizia testimonia, invece, la progressiva espansione normativa del principio in questione, sino a farne universale chiave di lettura nel processo ermeneutico finalizzato a conformare le norme interne al diritto comunitario, a tutela di tutti i diritti fondamentali nei singoli paesi membri, cui è stata data cittadinanza nel sistema comunitario».

328 NAPOLI, La Corte dinanzi ai “vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario”: tra

applicazione dell’art. 117, primo comma e rispetto dei poteri interpretativi della Corte di Giustizia, in Le reg., 2006, p. 485-486, si occupa, principalmente, del rapporto tra legge e principio giurisprudenziale comunitario.

Si sofferma, invece, sul rapporto tra Amministrazione e diritto comunitario SINAGRA, La Corte europea di Giustizia comunitaria come giudice di legittimità amministrativa, in Comunicazioni e studi, XXII, 2007, pp. 789 e ss.

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3.1. La certezza del diritto e l’attività amministrativa: un