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Capitolo 2 Corte di Giustizia e Amministrazione nazionale: poteri,

5. Il potere “di riflessione”: il principio di precauzione.

Finora sono stati analizzati poteri e doveri derivanti dall’azione della Corte di Giustizia, dall’applicazione della sua giurisprudenza. Nei casi esaminati, dunque, il ruolo del Giudice comunitario era stabilito ab origine, con una funzione di riconosciuta nomofilachia. Dunque, all’interno del detto ruolo, la Corte impone principi che saranno di immediata applicazione nell’ambito degli ordinamenti nazionali.

Vi è un caso, tuttavia, in cui il principio stesso definisce una modalità di applicazione della giurisprudenza europea: si tratta del principio di precauzione290.

288 Principalmente, l’art. 119, T.U. sulle spese di giustizia n. 115/2002, stabilisce per la

materia civile, amministrativa, contabile e tributaria, che il trattamento previsto per il cittadino italiano è assicurato, altresì, allo straniero regolarmente soggiornante sul territorio nazionale, all'apolide, nonché ad enti o associazioni che non perseguono scopi di lucro e non esercitano attività economica. Pertanto, le società (commerciali) devono ritenersi allo stato escluse.

289 Si deve citare sul punto IANNIELLO, Anche le società possono essere ammesse al

patrocinio a spese dello Stato, cit., il quale riconosce una lieve apertura, già prima della sentenza della Corte di Giustizia in esame, da parte della giurisprudenza italiana: «In Italia, la evoluzione del pensiero interpretativo è giunta alla sentenza n. 24483 della Suprema Corte di Cassazione a Sezioni Unite in data 23 settembre 2008 (Pres. Carbone Rel. Morone), che senza dubbio può essere ritenuta fondamentale per ciò che riguarda la natura degli enti e associazioni ammessi al gratuito patrocinio.

La sentenza della Corte Suprema di Cassazione prendeva in esame il caso della Fondazione Opera Don Baronio la quale si era vista cancellare, per provvedimento preso dalla Agenzia delle Entrate, dall’Anagrafe Unica di cui all’art. 11 del D. Lgs 460/97 essendo emerso, a seguito di verifica, che l’attività svolta non era a favore di soggetti anziani in condizioni di assoluto e grave disagio e che mancava la condizione del perseguimento esclusivo delle finalità di solidarietà sociale di cui all’art. 10, comma 1, lett b) del citato d.lgs. 460/97. La sentenza in argomento, la cui ricchezza nell’esame e studio della potestas iudicandi appare senza alcun dubbio inconfutabile, ha in buona sostanza riconosciuto che “il fatto che le prestazioni vengano fornite dietro corrispettivo non fa venir meno il fine solidaristico” sempre che venga rispettato il divieto di distribuzione degli utili unitamente a tutte le altre prescrizioni contenute nell’art. 10 cit.. La prova dell’indebito utilizzo degli utili deve essere oggetto di specifica prova da parte dell’Agenzia delle Entrate e, in mancanza di tale prova, “il solo perseguimento di questi non è sufficiente a determinare la perdita dello status di Onlus”». Appare quasi superfluo aggiungere che lo stesso Autore non ritrova alcuna applicazione successiva alla sentenza del Giudice comunitario.

290 Senza pretesa di esaustività, si indicano alcuni essenziali riferimenti bibliografici sul

detto principio: MARCHESE, Il principio di precauzione tra luci ed ombre, in www.comparazionedirittocivile.it; STANZIONE, Principio di precauzione e diritto alla salute. Profili di diritto comparato, in www.comparazionedirittocivile.it; BARONE, Il diritto del rischio, Milano, 2006; JONAS, Il principio di responsabilità. Un’etica per la civiltà tecnologica, Torino, 2009.

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Il principio di precauzione è un precipitato della c.d. “società del rischio”291 e espressione di un nuovo atteggiamento politico e giuridico, imposto dalla presa di coscienza dell’inadeguatezza degli interventi di protezione meramente sanzionatori o risarcitori del danno verificatosi, nonché dell’esigenza di prevenzione del danno a causa della sua successiva irreparabilità292.

Detto principio, dunque, impone al legislatore (ma anche alle Amministrazioni, come si vedrà) di gestire un rischio tecnologico per cui non esistano dati certi ed univoci293.

Ciò che colpisce, ai fini delle presente ricerca, del suddetto principio è il fatto che non solo sia una regola che impone contenuti ma anche modalità. In altri termini, mediante il principio di precauzione, la Corte di Giustizia non solo impone delle misure di salvaguardia ma, altresì, dispone in merito alle procedure di utilizzazione negli ordinamenti interni delle citate misure. Dunque, non stretto adeguamento ma neppure una totale dichiarazione di intenti: le pronunce in tema di principio di precauzione si pongono a metà strada tra i primi due aspetti.

Autorevole dottrina ha definito il suddetto principio come “procedurale”294: l’applicazione, infatti, non determina, sic et simpliciter, una determinata decisione per la Pubblica Amministrazione, bensì un coinvolgimento partecipativo teso proprio alla gestione del rischio. Un’influenza comunitaria che colpisce, conseguentemente, il procedimento di attuazione e, dunque, il tipo di influenza stessa che la pronuncia comunitaria ha nell’ordinamento interno.

5.1. Origini del principio di precauzione.

Il principio in esame è stato codificato, a livello internazionale, nella Carta mondiale della Natura, adottata nel 1982 dall’Assemblea Generale delle

291 Si veda sul punto BARONE, Il diritto del rischio, cit., p. 9 e ss., il quale delinea anche la

gestione del suddetto rischio da parte degli ordinamenti statunitense ed europeo.

292 MARCHESE, Il principio di precauzione tra luci ed ombre, cit.

293 STANZIONE, Principio di precauzione e diritto alla salute. Profili di diritto comparato,

cit., p. 2. L’autrice, peraltro, rileva come sia «complicato (…) individuare una definizione chiara ed univoca del principio di precauzione, tanto che si è detto che esso continua ad avanzare una vera e propria sfida teorica ad ogni tentativo di classificazione, probabile conseguenza della pluralità e della disomogeneità delle sue fonti di rango internazionale, comunitario ed interno». Sul punto si veda anche DE SADELEER, Le statut juridique du principe de précaution en droit communiautaire: du slogan a la régle, in Ch. de dr. eur., 2001, p. 94.

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Nazioni Unite, ma la sua consacrazione è avvenuta con la Dichiarazione di Rio del 1992295.

A livello comunitario, è sancito dall’art. 191, par. 2 T.F.U.E.296 (ex 174, par. 2 Trattato CE).

Alla sua definizione, tuttavia, contribuisce tuttora la giurisprudenza della Corte di Giustizia297. Mediante il suo potere espansivo298, infatti, la Corte ha esteso il principio non più solo all’ambito ambientale ma a tutti i casi di rischio da ignoto tecnologico299, nei quali in cui una preliminare valutazione scientifica obiettiva indica che vi sono ragionevoli motivi di temere che i possibili effetti nocivi sull’ambiente, sulla salute degli esseri umani, degli animali e delle piante possano essere incompatibili con l’elevato livello di protezione della Comunità europea300.

5.2. L’Amministrazione riflessiva.

Merita un cenno l’azione che detto principio procedurale svolge nell’ambito dell’Amministrazione interna.

Infatti, come già accennato, la giurisprudenza della massima Corte comunitaria non impone le modalità di gestione del rischio, ma semplicemente che lo stesso venga gestito.

La gestione si risolve, per quanto riguarda l’ordinamento italiano, in una partecipazione al procedimento.

Più precisamente, il portato giuridico del principio in esame sembra poter essere meglio apprezzato nell’ambito di un approccio al rischio mediante procedimenti partecipati e meno mediante la riduzione del rischio con apposizione di limiti per mezzo di ordinanze301. Da qui deriva la lettura procedurale del principio di precauzione.

In questo può essere, dunque, riscontrata la diversità del principio in esame. Esso è quasi un meta-principio, un sistema di gestione che, a prescindere dalla decisione che l’Amministrazione nazionale prenderà, ha già portato, nello stesso provvedimento, la primazia del dettato comunitario.

295 BARONE, Il diritto del rischio, cit., p. 72, che sottolinea come il principio è applicato,

dapprima, al solo ambito della protezione ambientale.

296 «La politica dell’Unione in materia ambientale mira ad un elevato livello di tutela,

tenendo conto della diversità delle situazioni nelle varie regioni dell’Unione. Essa è fondata sui principi di precauzione e dell’azione preventiva, sul principio della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all’ambiente, nonché sul principio “chi inquina paga”».

297 BARONE, Il diritto del rischio, cit., p. 74, e giurisprudenza dall’Autore richiamata. 298 Sul quale infra, cap. 3.

299 BARONE, Il diritto del rischio, cit., pp. 26 e ss.

300 Commissione Europea, Comunicazione sul principio di precauzione, 2 febbraio 2000, in

www.europa.eu.

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Pare che, nella sua applicazione, maggiore sia l’autonomia procedurale riservata alle Amministrazioni. In realtà, deve comunque ricordarsi che il

risk management può essere sottoposto al vaglio comunitario ed essere

ritenuto sì rispettoso del principio di precauzione, ma non anche di ulteriori dettati dalla stessa Corte, quale il principio di effettività302.

302 Ne è un esempio Corte Giust., 4 marzo 2015, C-453/13, nel quale si è stabilità la non

colpevolezza del proprietario del fondo inquinato ed inquinante ma non nella sua disponibilità. Qui la Corte ha ritenuto pregevole la domanda pregiudiziale in punto di precauzione ma non in tema di effettività.

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Capitolo 3