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Anacronismi: medievalizzazione, cristianizzazione e dimensione cortese come direttrici nella produzione medievale iberica a tema troiano

Il processo di traduzione che è alla base della maggior parte delle opere volgari appena descritte – tanto dei volgarizzamenti dal latino, quanto delle traduzioni tra lingue sorelle – è guidato, come ha evidenziato Rita Copeland, da un’esigenza erme- neutica di fondo «directed at textual appropriation and at the shaping and persuasive power of discourse»144. Nel solco di quel profondo cambiamento di dominio che vede il passaggio dell’ars vertendi dal campo della retorica – dove aveva trovato la sua collo- cazione dall’antichità classica fino all’epoca dei Padri della Chiesa – a quello della grammatica145, il processo di traduzione assume nel Medioevo un aspetto del tutto rinnovato, ben descritto dalle parole di Joaquín Rubio Tovar146:

141 L’edizione si deve a NORRIS II1970.

142 L’opera è conservata nello stesso codice escurialense che copia anche la Crónica de Alfonso XI e il

frammento di minore estensione della Historia Troyana Polimétrica. Rimando, dunque, per i dettagli,

allo Studio Critico.

143REY-GARCÍA SOLALINDE 1942:39notano una vistosa differenza qualitativa nella traduzione del

prologo rispetto al resto dell’opera, tanto che, nella scheda dedicata alla Corónica troyana in ALVAR- LUCÍA MEGÍAS 2002:268-269,L. M. Haywood ribadisce il sospetto di una distinta paternità tra le due

sezioni.

144COPELAND 1991:55.

145 Il cambiamento di dominio è da considerarsi nell’ottica di quella riorganizzazione (e confusione)

dei contenuti delle prime due artes del Trivium. 146RUBIO TOVAR 1997:208.Sottolineato mio.

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La enarratio poetarum no tiene porqué ser una simple sierva del texto sobre el que trabaja: a menudo lo reescribe y lo suplanta. Al igual que el comentario […] la traducción tiende a servir al texto, pero también desplaza la fuerza original de sus modelos. En la traducción medieval la enarratio asume un poder creativo: no es simple reproducción. Puede rehacer el texto primitivo e influir de manera importante en la recepción y posterior transmisión de este texto.

Si può dunque affermare, sulla scorta di quanto sostenuto da Alfonso D’Agostino, che ogni operazione di traduzione porta a un “testo secondo” che si discosta dalla sua fonte per soddisfare nuove istanze, siano esse legate alla sfera autoriale – mutate esi- genze poetiche, novità creative, … – oppure più vicine al panorama del destinatario- lettore147:

A ben vedere, quindi, non c’è da stupirsi del fatto che il lieve diaframma che nell’Età di mezzo separa traduzione (o volgarizzamento) e rifacimento sia con frequenza infranto: al contrario, si potrebbe quasi dire che la versione medievale è istituzionalmente un rifacimento.

Naturalmente, un’operazione di questo tipo può assumere forme tanto diverse da ri- sultare difficilmente razionalizzabile e riconducibile a tassonomie puntuali. È tuttavia possibile identificare quanto meno delle direttrici comuni nell’organizzazione interna dei testi e, in modo particolare, delle opere oggetto di questo lavoro: medievalizzazione, cristianizzazione e dimensione cortese rappresentano, infatti, tre differenti aspetti di una medesima idea che il Medioevo ha della materia troiana. Questa stessa visione delle vicende omeriche si basa sul delicato concetto di anacronismo, una tendenza tipica della cultura basso medievale, a lungo considerata frutto di un sostanziale fraintendi- mento degli autori nella comprensione della distanza temporale tra l’antiquitas e la mo- dernitas, in realtà semplice tentativo di instaurare un parellelo con quel mondo, nell’ot- tica di una più generale translatio studii.

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Come ben mostrato da Valero Moreno148, dunque, la rilettura in chiave medievale che Benoît compie del tema troiano incarna appieno quel «reflote de una civilización que iba a irrumpir de forma definitiva con los rasgos propios y conocidos de la cultura cortés»149, avvicinando in questo modo la materia antica ai suoi moderni lettori. La stessa linea è perseguita anche dai traduttori spagnoli del Roman che, pur costretti dalla natura stessa del processo traduttorio, in combinazione con il passaggio alla prosa, a rinunciare a un po’ del vigore espressivo dei versi francesi, estendono questa rilettura a più livelli, arricchendo il dettato con nuovi dettagli o modificando il testo della fonte.

Così, ad esempio, il «sages poëtes» Calcante dei vv. 5819-5820150 diviene un «sa- cerdote muy sabidor» nella Historia Troyana Polimétrica151 e un «preste de grand seso» nella Crónica Troyana de Alfonso XI152, oppure, nell’episodio dei festeggiamenti dei Proci a casa di Ulisse (vv. 28993-29901), appaiono, nella traduzione alfonsina, anche joglares e joglaresas che rallegrano la scena153, un po’ come del resto accade anche nella vicenda della sepoltura di Patroclo. Se, infatti, nel Roman de Troie (vv. 10371-10382) si parla soltanto di «Granz chanz, granz gieus» in onore del defunto, i traduttori spagnoli de- cidono di fornire ulteriori dettagli che rendono la scena più simile all’ambientazione medievale a cui i lettori erano certamente più avvezzi, inserendo le figure degli abili musicisti che «tañían muchos estrumentos»154.

Nella stessa ottica possiamo anche leggere il tentativo dell’autore della Polimétrica di rendere cristiana e profetica l’invettiva sulla caduta di Troia pronunziata con tanta

148 In VALERO MORENO 2011lo studioso propone un’interessante studio sulla medievalizzazione-

cristianizzazione degli spazi urbani di Troia nel Roman de Troie. La città rifondata da Priamo viene,

infatti, descritta da Benoît come la civitatem Ierusalem novam di cui si parla nell’Apocalisse, svincolan-

dosi, una volta di più, dalle sue dichiarate fonti.

149VALERO MORENO 2011:22. 150CONSTANS 1904:306. 151 Presente edizione, 3.3. 152DAMBRUOSO 2012: 213.

153 Rimando, per i dettagli, a DAMBRUOSO 2012:lxxii-lxiii.

154 Per il testo della Crónica rimando sempre a DAMBRUOSO 2012:389;per la Polimétrica invece cf.

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veemenza da Cassandra, la quale, non a caso, parla «por Spíritu Sanctu»155; così come intrisi di spirito cristiano sono i pellegrinaggi – narrati soltanto nella Crónica Troyana156 – di Pirro ed Elena verso luoghi che cristiani non sono, come i santuari di Apollo a Delfi o il tempio di Venere. Analogamente, ancora, va interpretato quello scivola- mento nell’identificazione della «Riche dame de riche rei» (v. 13468 del Roman) che si verifica nella Polimétrica: non potendo decodificare il velato riferimento ad Eleonora d’Aquitania157, il traduttore riconosce in questa nobile donna in cui abbondano bontà, santità e bellezza, la Vergine Maria, che infatti «mantiene todo tiempo a su amigo e su señor Iehsu Cristo leal amor»158.

Un ultimo elemento utile a dimostrare come i testi iberici insistano nel voler dare una cornice il più possibile cortese e medievale al loro dettato è certamente rappre- sentato dalla sovrabbondanza, anche rispetto alla fonte159, di proverbi e massime160 a

cui certamente dovevano essere abituati i lettori161. Ecco quindi che la paura di Priamo

che si ripeta quanto successo a suo padre, induce i traduttori spagnoli a chiosare: «De los escarmentados se fazen los arteros»162; oppure, che la disponibilità di Delon ad

accompagnare l’ambasceria greca da Priamo permette l’inserimento dell’adagio: «Faz bien e non cates a quién»163; o, ancora, che la valutazione a proposito dell’elevato

155 Il dettaglio (cf. presente edizione p. 70.14) è assente tanto nella Crónica Troyana de Alfonso XI (DAM-

BRUOSO 2012:391)quanto nel Roman de Troie (vv. 10417-10454). A proposito del significato di questo

dettaglio, rimando al bel contributo di HAYWOOD 1998.

156 Anche in questo caso manca il corrispettivo nel Roman de Troie. I frammenti della Polimétrica non

traducono questi episodi. Per maggiori dettagli rimando a D’AMBRUOSO 2012:lxxiii.

157 In realtà, l’identificazione della dama con la Madonna è anche nel ms. A1 del Roman de Troie (Paris,

Bibliothèque de l’Arsenal, 3340). JUNG 1996:32,52fa notare infattiche la mancanza di questi versi

in ben 13 manoscritti dell’opera siano un forte indizio per l’identificazione della «riche dame» proprio con Eleonora d’Aquitania, caduta prigioniera per una quindicina d’anni a partire dal 1173.

158 Cf. presente edizione p. 186.18-19. L’episodio, che incornicia l’addio a Troia di Briseida e offre

l’occasione per un’invettiva misogina sull’incostanza delle donne, è curiosamente assente nella Crónica Troyana de Alfonso XI, dove viene abbreviato in più punti, cf. D’AMBRUOSO 2012:lxvi-lxvii.

159 A fronte di tre aggiunte, c’è soltanto un’omissione rispetto al Roman di Benoît.

160 Nella Polimétrica viene sempre usato il termine «la palabra», nella Crónica alfonsina, invece, «el pro-

verbio».

161 Proprio questi esempi torneranno utili, come dimostrato da CASAS 1999:229-231,per le dimostra-

zioni ecdotiche, cf. Studio Introduttivo §4.

162 Cf. DAMBRUOSO 2012:290;presente edizione, p. 21.12. 163 Cf. DAMBRUOSO 2012:500;presente edizione, p. 148.15.

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numero di morti durante la quinta battaglia, fa mestamente commentare: «el mal de muchos conorte es»164. Oltre a questi esempi condivisi da entrambe le opere iberiche,

la versione prosimetrica ne propone un quarto, anche in questo caso originale rispetto ai versi francesi. A conclusione della lunga dichiarazione d’amore che Diomede ri- volge a Briseida mentre la sta accompagnando verso l’accampamento dei greci, il figlio di Tideo supplica la bella figlia di Calcante di proteggerlo da quella «palabra antigua […] que es muy verdadera, e dize "ama a quien non te ama, responde a quien non te llama, andarás carrera vana"»165.

Parallelamente a questi proverbi dal sapore popolareggiante, si possono apprez- zare, sempre nella Polimétrica, anche due citazioni colte, la prima di natura letteraria, la

seconda, invece, condivisa con la fonte, di natura biblico-sapienziale. Nell’attacco mi- sogino che commenta l’episodio della partenza di Briseida da Troia, l’autore del pro- simetro giudica l’incostanza e la volubilità delle donne con una citazione – assurta al rango di «verdat» – della massima auctoritas medievale in campo amoroso, cioè Ovi-

dio166:

E por esto me tengo e creo que es verdat lo que escrivió Ovidio, que fue muy sabidor en estas cosas, quando dixo "subcesore novo vincitur omnis amor", que quiere dezir "todo amor es vencido por el nuevo entendedor".

Sempre all’interno dello stesso episodio, poco dopo la menzione della Vergine, se- guendo fedelmente la fonte francese (vv. 13471-13474), il nostro traduttore inserisce

164 Così nella Polimétrica, cf. presente edizione, p. 137.19-20; in variatio nella Crónica Troyana de Alfonso XI «Mal de muchos confuerto es», cf. D’AMBRUOSO 2012:489.

165 Cf. presente edizione, p. 191.14-15.

166 La citazione ovidiana è dai Remedia Amoris, v. 462. Per il testo iberico, cf. presente edizione, p. 185,

16-19. Il concetto viene poi ribadito qualche episodio più avanti, all’arrivo di Briseida alla tenda di suo padre, presso l’accampamento dei greci. Qui il narratore, dopo l’uscita di scena di un Diomede, folgorato dalla bellezza di Briseida, commenta con un proverbio attribuito a un «sabio»: «múdase el amor con el nuevo entendedor», per il quale cf. presente edizione, p. 197.15.

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un detto attribuito a re Salomone che invita colui che riuscirá a trovare una donna forte di cuore a rendere grazie a Dio167.

In conclusione, ci sembra di poter sostenere che le traduzioni iberiche reagiscano in questa maniera tanto insistente nella resa medievale della materia antica per rispon- dere a un mutato gusto letterario, fatto che corrisponde a un cambiamento nel pub- blico destinatario di queste opere, composto di lettori più “moderni” e più “cortesi” rispetto a quelli della corte plantageneta. Non a caso, infatti, si ha un passaggio dai versi alla prosa – e un “parziale ritorno” ai versi nella Polimétrica, dove le inserzioni poetiche vogliono sottolineare momenti pregnanti del racconto – da un roman d’anti- quité a un’opera storiografica.

167 «[…] Salamon, que fue sabidor e muy entendido en todas cosas, dixo d'ellas "Quien fallar mogier

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STUDIO CRITICO